arcobaleno
Sette colori fra il cielo e la terra
La deviazione e la riflessione dei raggi solari all'interno delle gocce d'acqua causano il fenomeno dell'arcobaleno, frequente dopo un acquazzone. L'arcobaleno ha incuriosito per millenni gli esseri umani e ha alimentato miti e leggende prima della sua corretta spiegazione scientifica. Eppure già Aristotele , ne aveva intuito ventitré secoli fa le sue reali cause fisiche (v. fig.).
Usciamo di casa dopo un temporale. Le nubi si sono diradate, la pioggia è quasi finita, il Sole è basso sull'orizzonte e i suoi raggi penetrano nell'atmosfera ancora carica di minute goccioline. Se alziamo appena lo sguardo al cielo si presenta davanti ai nostri occhi uno spettacolo maestoso: fra le nuvole si è formato un grande semicerchio, come un nastro arcuato e variopinto. L'arco è rivolto verso l'alto e le due estremità, in basso, sembrano poggiare sul terreno. Se si fa attenzione, sul nastro luminoso si possono distinguere ben sette colori diversi. Procedendo dall'esterno verso l'interno del semicerchio sono: rosso, giallo, arancione, verde, azzurro, indaco e violetto.
Quelle appena descritte sono le condizioni meteorologiche e di luce necessarie affinché si formi l'arcobaleno. Ma, alle volte, si può assistere a questo fenomeno anche mentre si innaffia un giardino con un nebulizzatore, purché siano soddisfatte le condizioni di illuminazione adatte.
L'arcobaleno è un evento frequente, conosciuto e studiato fin dall'antichità. Aristotele, uno dei filosofi che si è dedicato con maggiore impegno alla spiegazione dei fenomeni naturali, ne aveva già intuito le reali cause fisiche. Malgrado ai suoi tempi l'arcobaleno fosse ritenuto un evento soprannaturale, nella sua opera Meteorologia lo descrive come una "riflessione della luce solare sulle nuvole". Per questo, precisa il filosofo, lo vediamo formarsi dalla parte opposta al Sole.
Sia prima sia dopo Aristotele, per spiegare l'arcobaleno si è fatto ricorso spesso alla religione e alla mitologia, invece che alla scienza. La mitologia greca associa il fenomeno alle periodiche uscite dall'Olimpo di Iride, la messaggera degli dei, vestita di un drappo multicolore e non a caso figlia del titano Taumante, il cui nome significa "stupore". Nella Bibbia, l'arcobaleno diventa il segno della riconciliazione fra Dio e il genere umano dopo il diluvio universale. Per alcune filosofie orientali, come il buddismo, l'arcobaleno è il ponte di cui si serve la divinità per scendere dal cielo alla terra.
Per quanto isolata, però, l'ipotesi di Aristotele dà l'avvio allo studio dell'arcobaleno come fenomeno ottico. Nel Medioevo se ne occupano gli scienziati arabi, per i quali si tratta di una modificazione dei raggi solari attraverso il passaggio fra le gocce di pioggia. Più tardi il fenomeno è indagato anche da fondatori della scienza moderna, come Cartesio e Newton. Quest'ultimo dimostra con un esperimento che un raggio di luce solare, passando attraverso un prisma di cristallo, può essere scomposto nei sette colori dell'arcobaleno. A questo punto ci sono tutti gli elementi per elaborare una solida teoria scientifica che spieghi il fenomeno.
Ogni minuta goccia d'acqua sospesa nell'aria si comporta come un piccolo prisma. Quando un raggio di Sole l'attraversa, la goccia può provocare tre tipi di fenomeni ottici: la rifrazione, se il raggio viene deviato dalla traiettoria; la dispersione, quando la luce solare è scomposta nei sette colori fondamentali; e infine la riflessione. In questo caso il raggio torna indietro perché la superficie interna della goccia agisce come uno specchio concavo. La forma dell'arcobaleno è dovuta al fatto che le goccioline d'acqua sono pressoché sferiche, sicché tutte le riflessioni si compongono in un'immagine arcuata. Per ragioni legate alle leggi dell'ottica, un osservatore sulla superficie terrestre vede l'arcobaleno solo se il Sole si trova alle sue spalle e non è troppo alto sull'orizzonte.