opinione
Concetto di rilevanza filosofica soprattutto nel pensiero antico, nel quale corrisponde al termine δόξα, che designa in generale tutto ciò che δοκεῖ («sembra, appare»). Originariamente si riferisce al contenuto della personale e riflessa o. (ἔδοξεν corrisponde, nelle formule dei decreti, al latino placuit), ma comprende in seguito anche il dato dell’esperienza sensibile, nei contesti in cui esso viene svalutato di fronte a quello della conoscenza razionale. Così Parmenide oppone il mondo «secondo verità» al mondo «secondo o.» (κατὰ δόξαν, cioè «secondo il modo in cui si presenta» al senso fallace; framm. 28 B 1 Diels-Kranz, 29-30) ed Empedocle distingue tra «un’intelligenza divina» e piena del mondo religioso e «l’oscura opinione» che caratterizza l’attegiamento superstizioso dei più (framm. 31 B 132). La distinzione tra o. e scienza è consolidata da Platone e da Aristotele, per i quali δόξα è essenzialmente la conoscenza sensibile, nella sua contingenza opposta alla necessità della conoscenza razionale. La logica stoica, che tende a identificare verità logica e verità di fatto, non distingue tra sfera del razionale e sfera del sensibile e considera la δόξα come «assenso labile e non veritiero» (Sesto Empirico, Contro i matematici, VII, 151), mentre Cicerone ne sottolinea il carattere provvisorio e il tratto comune «cum falso incognitoque» (Academica posteriora, I, 41), individuando in essa e nei giudizi errati l’origine dei turbamenti e delle passioni (De finibus, III, 35). L’opinio assume quindi i contorni della semplice tesi interiore, che si ritiene vera senza per questo possederne la certezza; ed è questo il significato generale che il termine conserva anche nel pensiero moderno. Descartes ne rinnova il significato di nozione imperfetta e sulla necessità di revocare in dubbio tutte le opinioni consolidate insiste sia nel Discours de la méthode (1637; parte II) sia nelle Meditationes (1641; I); Spinoza la riconduce, con l’immaginazione, a una conoscenza di primo grado, la più bassa e incerta (Ethica, post., 1677, II, 40, scol. II); Kant ne richiama il carattere di soggettività, rinvendicando invece ai giudizi sintetici a priori della ragion pura autenticità, necessità e universalità. Hegel, nelle Lezioni sulla storia della filosofia (post., 1833-36), sostiene che «la filosofia non contiene opinioni, dal momento che non esistono opinioni filosofiche», mentre la tendenza nella filosofia contemporanea a relativizzare il concetto di verità sfuma il carattere negativo tradizionalmente attribuito all’o., recuperandole un certo spazio di sostenibilità e condivisibilità.