ORFANOTROFIO
. Una delle opere più benefiche, nate dal sentimento della carità e dall'amore verso i deboli, sono gli ospizî per gli orfani poveri. Sorti fin dai primi tempi del cristianesimo attraverso la paternità adottiva, mantenuti dalle offerte dei fedeli e diretti e sorvegliati dai sacerdoti, gli orfanotrofî ebbero dai primi imperatori cristiani non pochi e notevoli privilegi. Le finalità di questi ospizî e la loro origine religiosa emergono dal decreto degl'imperatori Leone e Antemio al prefetto di Costantinopoli, che li destina "ad educare, con affezione paterna, i ragazzi privi e di parenti e di mezzi: ministero pio, gli strumenti del quale adempiono alla funzione di tutore riguardo ai pupilli, di curatore rispetto agli adolescenti". Lo stato moderno, nel disciplinare l'assistenza dei poveri e dei bisognosi, ha regolato anche gli ospizî per gli orfani, con modalità diverse secondo le varie legislazioni, ma dappertutto con lo scopo di prestare loro protezione giuridica e assistenza, diretta o indiretta, fino alla maggiore età.
Nella legislazione italiana la tutela degli orfani è compresa nel campo del diritto pubblico nella parte concernente la beneficenza e l'assistenza, e viene esercitata da enti appositi detti appunto "orfanotrofî, o ricoveri speciali, per raccogliere i fanciulli a cui siano venuti a mancare i genitori, od uno solo di essi, e si trovino in istato di bisogno". La natura di questi enti è quella delle persone giuridiche stabilmente istituite per sovvenire un pubblico, più o meno esteso. Osservati nella loro struttura, gli orfanotrofî sono istituzioni, ossia un complesso di beni, destinate a uno scopo benefico, a favore di una categoria di soggetti (orfani), e amministrate secondo determinate prescrizioni. Derivando dalla volontà privata, e per lo più da una disposizione mortis causa, la loro organizzazione e amministrazione è regolata dalle tavole di fondazione, ovvero dagli statuti particolari, debitamente approvati. Ove, però, le tavole o gli statuti non provvedano, l'amministrazione viene assunta dalla locale congregazione di carità, alla quale spetta promuovere i provvedimenti amministrativi e giudiziarî di assistenza e di tutela.
Una particolare posizione assumono gli orfanotrofî nel campo del diritto privato. I fanciulli ammessi negli ospizî, a qualunque titolo e sotto qualsivoglia denominazione, che non abbiano parenti conosciuti e capaci dell'ufficio di tutore, sono affidati all'amministrazione dell'ospizio in cui si trovano, la quale forma per essi il consiglio di tutela, senza intervento del pretore; e l'ospizio può, ove le circostanze lo esigano, eleggere uno degli amministratori per esercitare le funzioni di tutore. Analogamente, allorché venga dimesso un ricoverato che, per effetto di tale dimissione, rimanga privo di legale rappresentanza, i direttori degli ospizî di cui all'art. 262 del cod. civ. devono darne avviso scritto alla congregazione di carità e al procuratore del re, per i provvedimenti a norma di legge.
Il regime giuridico degli orfanotrofi non si differenzia da quello delle opere pie in genere, in quanto concerne l'amministrazione, la contabilità, la tutela della giunta provinciale amministrativa, la vigilanza e ingerenza governativa. È stato discusso se gli orfanotrofî siano tra gli enti soggetti al concentramento nelle congregazioni di carità. Ma è chiaro, che, avendo gli orfanotrofî per scopo l'educazione e l'istruzione a favore degli adolescenti poveri, tendono a soddisfare a un bisogno espressamente contemplato dalla legge sulle opere pie, e sono perciò enti di beneficenza speciale. Vero è che vi sono ospizî che non raccolgono soltanto orfani poveri, ma anche altri giovanetti orfani, non bisognosi dell'assistenza pubblica. In questi casi bisognerà ricercare se l'ammissione degli orfani poveri costituisce lo scopo principale o accessorio dell'ospizio. Ma quando l'ammissione negli orfanotrofî è regolata dalla preferenza di diritto ai poveri, trattandosi di istituti di beneficenza veri e proprî per l'istruzione e l'educazione, detti istituti non sono soggetti al concentramento nella congregazione di carità. Il divieto nasce dall'art. 59 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, che sottrae al concentramento gli orfanotrofî, sia a cagione dell'indole della fondazione, delle condizioni speciali per le quali le prestazioni benefiche si attuano, e della necessità di una gestione amministrativa distinta e separata, sia anche per evitare la preoccupazione nei privati che le loro elargizioni vengano devolute ad altri scopi, mentre la missione sociale degli orfanotrofî è distinta da quella di qualsiasi altra opera pia.
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