orogenesi
La formazione delle montagne
Lo studio delle catene montuose, dette orogeni, è uno degli argomenti più importanti della geologia; queste strutture fondamentali del nostro ambiente riassumono, infatti, quasi tutti i fenomeni geologici. Nel complesso l’orogenesi è un processo di deformazione della crosta terrestre nel corso del quale agiscono importanti movimenti geologici
L’orogenesi avviene attraverso una serie di processi che si manifestano nell’arco di milioni di anni. Inizia con un’intensa attività di deformazione delle rocce e di raccorciamento della crosta; a questa si associano grandi episodi metamorfici (metamorfismo), con trasformazione di rocce preesistenti, e fenomeni magmatici (vulcano), con formazione di nuovo materiale roccioso (granito). Questi processi culminano con il sollevamento di una catena montuosa, fenomeno che coinvolge ingenti volumi di litosfera.
Le cause prime della formazione di un orogene sono descritte dalla teoria della tettonica delle placche, attualmente confermata da molte evidenze sperimentali. Le placche litosferiche sono in movimento relativo, una rispetto all’altra. Ai loro margini si possono pertanto determinare condizioni in cui l’opposta direzione di movimento origina l’insorgere di immani forze di compressione, da cui scaturiscono le deformazioni e gli altri fenomeni connessi (pieghe e faglie, terremoti, vulcanismo). Il margine può essere una fossa oceanica in cui la litosfera oceanica appartenente a una placca si subduce (cioè si ‘infila’), incurvandosi; in questo caso al di sotto di quella continentale caratteristica della placca che la fronteggia, si ha la formazione di una catena di tipo andino.
Come si riscontra nella cordigliera sudamericana delle Ande, l’ispessimento crostale che dà luogo al sollevamento della catena è alimentato da lembi di crosta e sedimenti oceanici estratti dalla placca in subduzione e dalla risalita di magma.
Una catena si può formare anche per collisione tra continente e continente: in questo caso, successivamente alla completa scomparsa della crosta oceanica per immersione, l’eventuale massa continentale che l’ha seguita giunge a contatto con il blocco continentale già coinvolto.
Ne conseguono deformazioni di grande portata, non di rado spinte fino a veri e propri giganteschi sovrascorrimenti, che interessano fasce rocciose lunghe centinaia di chilometri, con relativi accrescimenti di spessore della crosta. Si realizzano in questo modo le catene montuose forse più imponenti, come quella alpino-hymalaiana, che costituiscono anche grandi saldature attraverso le quali si fondono masse continentali prima distinte (v. fig.).
Può apparire bizzarro, ma le grandi catene montuose si comportano come gli iceberg nel mare. Esse cioè hanno ‘radici’ che affondano nel mantello terrestre. Non è difficile comprenderne la ragione. Le montagne sono in fondo notevoli accumuli di materia crostale deformata che, aumentando di spessore rispetto alle regioni vicine, vedono accrescere anche il proprio peso.
Quindi affondano solo parzialmente nel livello sottostante – il mantello della litosfera ha infatti densità superiore rispetto alla crosta – fino a che il peso del volume di mantello spostato non compensa quello dello spessore della catena montuosa, secondo il principio di galleggiamento di Archimede.
La ricerca di questo equilibrio, che si definisce isostatico, avviene attraverso lentissimi movimenti verticali di aggiustamento, in quanto i materiali in gioco hanno viscosità elevata, cioè scorrono l’uno sull’altro con molta difficoltà. Il sollevamento di una catena montuosa, per esempio, può rispondere a cause isostatiche, se le forze generatrici dell’orogenesi hanno dato origine a radici troppo grandi. Lo stesso si può affermare per l’emersione delle radici di antiche montagne, che risalgono verso la superficie per compensare lo smantellamento delle corrispondenti catene operato dall’erosione.