orologi
La misura del tempo che passa
Gli orologi misurano lo scorrere del tempo durante la giornata, dividendolo in unità che possono essere usate come riferimento per la vita sociale. I primi orologi si servivano di fenomeni astronomici come la rotazione terrestre; in seguito sono stati inventati strumenti meccanici, basati sul pendolo, e poi è stata la volta degli orologi al quarzo e di quelli atomici
L’orologio è uno strumento che consente di misurare lo scorrere del tempo durante la giornata. Senza orologi sarebbe impossibile avere punti di riferimento precisi per gli appuntamenti, per gli orari di lavoro e... per arrivare in tempo alla stazione o all’aeroporto.
I primi strumenti per misurare il passare del tempo durante una giornata – noti fin dall’antico Egitto – furono le meridiane, che utilizzano come riferimento la rotazione terrestre, misurata per mezzo dell’ombra proiettata dagli oggetti. Una meridiana è composta da un’asta – detta gnomone – e da un quadrante su cui sono indicate le ore. Lo gnomone deve essere parallelo all’asse di rotazione terrestre e puntato verso il Polo Nord (nel nostro emisfero). La sua ombra si sposta sul quadrante nel corso della giornata indicando l’ora. Infatti la lunghezza dell’ombra dipende dall’altezza del Sole: è minima a mezzogiorno, quando il Sole è al culmine, mentre tende ad allungarsi nelle ore pomeridiane quando il Sole si approssima al tramonto.
Durante il Medioevo furono realizzate anche meridiane portatili; questi strumenti erano formati da due quadranti uniti tra loro come le pagine di un libro e tra i quadranti era teso un filo di lino o canapa che funzionava da gnomone. Per allineare le meridiane portatili era necessario orientarle in modo che i due quadranti indicassero la stessa ora, che coincideva con l’ora solare corretta.
Un altro antico strumento di misurazione del tempo è la clessidra. Nella sua forma più antica è costituita da due contenitori d’acqua collegati da un foro; sulla superficie interna del secondo contenitore erano incisi segni che indicavano lo scorrere del tempo. L’orologio ad acqua era noto fin dall’antico Egitto, e un esemplare è stato ritrovato nella tomba del faraone Amenofi I, risalente al 16° secolo a.C.
Un’altra versione della clessidra, che ci è più familiare, è costituita da due bulbi di vetro contenenti sabbia al posto dell’acqua. Si tratta in realtà di una versione successiva rispetto all’orologio ad acqua, ed è stata importante in particolare per la navigazione, perché per molto tempo fu l’unico strumento per misurare il tempo in mare anche di notte. Si sa per certo che il suo uso si diffuse a partire dal 14° secolo, e durante il suo viaggio attorno al mondo Magellano aveva disposto sulle navi della sua flotta diciotto clessidre.
Alla fine del 13° secolo comparvero finalmente gli orologi meccanici. Questi dispositivi erano mossi da un peso legato a una corda avvolta intorno a un bastone cilindrico o tamburo. Il peso, scivolando lentamente e regolarmente verso il basso, faceva girare il tamburo su sé stesso e metteva così in azione una serie di ingranaggi collegati a una lancetta. Quando la corda si era completamente srotolata bisognava riavvolgerla sul tamburo (cioè ricaricare l’orologio): è da qui che deriva l’espressione «dare la corda», che si userà poi anche per i successivi orologi da polso a bilanciere. Un apposito meccanismo, chiamato scappamento, faceva in modo che l’energia prodotta dal peso non si liberasse tutta insieme, ma ‘scappasse’ un po’ per volta.
La precisione nel computo del tempo aumentò notevolmente con l’orologio a pendolo. La sua invenzione è attribuita all’olandese Christiaan Huygens, nel 1656, ma prima ancora era stato Galileo Galilei a dimostrare la regolarità del moto del pendolo e a proporre il suo uso per far funzionare un orologio. Galilei aveva studiato il cosiddetto isocronismo del pendolo: per un dispositivo di una data lunghezza il periodo di oscillazione è sempre lo stesso, qualunque siano la massa del pendolo e l’ampiezza dell’oscillazione, purché questa rimanga sempre abbastanza piccola. Galilei lasciò alcuni schizzi di un possibile orologio basato su questo principio, ma fu poi Huygens a costruirlo effettivamente.
Il cuore di un orologio a pendolo è costituito da una barra fissata su un fulcro, con una massa collocata sull’altra estremità. Il moto alternato del pendolo deve essere trasformato in una rotazione regolare di ingranaggi, che a loro volta fanno girare le lancette. Questo compito viene svolto dagli scappamenti, costituiti da una ruota dotata di speciali denti e collegata a un meccanismo che si muove insieme al pendolo.
Sul quadrante dell’orologio sono disegnate dodici tacche per le ore in cui si divide ogni metà della giornata, altre sessanta per i minuti e, in alcuni casi, quelle per i secondi. La lancetta più lunga segna convenzionalmente i minuti, mentre quella corta indica le ore. Oggi gli orologi a pendolo non sono molto utilizzati perché esistono strumenti decisamente più precisi. Tuttavia, sono ancora apprezzati come oggetti ornamentali, anche perché sono spesso incassati in mobili di legno molto pregiati.
Nel corso del 19° secolo furono sviluppati anche i più maneggevoli orologi da tasca. Il principio su cui si basano è quello del bilanciere, simile a quello del pendolo. Si tratta infatti di una ruota fissata a una spirale, in modo da poter fare solo mezzo giro in una direzione prima di essere richiamata nell’altra. Una molla che scarica gradualmente la sua energia trasmette, per mezzo di una ruota dentata, una spinta regolare al bilanciere mantenendo costante il suo moto, che viene trasmesso alle lancette con un meccanismo di scappamenti simile a quello del pendolo. La molla deve essere periodicamente ricaricata, cosa che si fa per mezzo di una piccola rotella girevole posta sul lato sottile dell’orologio (è appunto il «dare la corda» all’orologio, che già abbiamo visto per gli orologi meccanici medievali). Il sistema – anch’esso inventato da Huygens – fu usato prima per gli orologi da tasca e poi esteso a quelli da polso.
L’orologio da polso fu inventato alla fine del 19° secolo dallo svizzero Patek Philippe, fondatore di una delle più famose fabbriche di orologi al mondo. Inizialmentefu considerato un accessorio esclusivamente femminile e il pubblico maschile si convinse della sua utilità solo durante la Prima guerra mondiale, quando gli eserciti fornirono agli ufficiali orologi da polso, indispensabili per sincronizzare l’artiglieria e la fanteria durante gli attacchi. Questo stimolò la produzione di strumenti da polso precisi e allo stesso tempo economici perché realizzati in scala industriale su commessa. Tali orologi dopo la guerra arrivarono sul mercato ed ebbero subito una grande diffusione. A partire dagli anni Cinquanta l’elettricità fornita tramite piccole batterie fu usata al posto della molla per muovere il bilanciere.
Negli anni Sessanta comparvero sul mercato gli orologi al quarzo, nei quali il moto oscillatorio è ottenuto da un cristallo di quarzo che, quando sottoposto a una corrente elettrica, vibra a frequenza costante. I cristalli usati per gli orologi hanno di solito una frequenza di oscillazione di 32.768 vibrazioni al secondo. Un opportuno congegno, detto demoltiplicatore, è in grado di contare le vibrazioni e dà un impulso ogni volta che arriva a 32.768. È questo l’impulso che muove le lancette. Il primo modello destinato alla produzione commerciale fu realizzato dall’azienda giapponese Seiko, nel 1969. Questi orologi erano ancora con quadrante analogico, cioè a lancette. Con lo sviluppo dell’elettronica e la riduzione dei prezzi, divennero popolari a partire dagli anni Settanta gli orologi digitali, che mostrano l’ora direttamente mediante le cifre visualizzate su un display e non più con le lancette.
Gli orologi più precisi oggi esistenti sono quelli atomici. Questi strumenti si basano sul fatto che gli atomi, posti in opportune condizioni, assorbono ed emettono radiazioni elettromagnetiche di frequenza determinata a intervalli di tempo costanti. Semplificando, si può dire che l’orologio atomico è un dispositivo che misura il tempo contando le oscillazioni tra livelli energetici diversi di un atomo.
La precisione ottenibile dai moderni orologi atomici al cesio (il tipo più diffuso) è altissima. Questi orologi sbagliano all’incirca di un secondo ogni milione di anni. Sono questi gli strumenti usati in tutto il mondo per stabilire l’ora esatta che fa da riferimento ufficiale o per sincronizzare e controllare dispositivi tecnici come le reti informatiche.