tempo, misura del
La grandezza che stabilisce la successione degli eventi e la loro durata
Il tempo è una grandezza fisica che permette di determinare l’ordine con cui accadono gli eventi e, grazie a uno strumento, l’orologio, di stabilire anche la distanza temporale tra due avvenimenti che si verificano in successione. L’unità di misura del tempo è il secondo, definito in passato grazie a fenomeni astronomici e oggi in base a proprietà fisiche della materia. Secondo le teorie attuali non è sempre possibile stabilire se due eventi sono simultanei o meno e dunque non esiste un tempo assoluto
Il tempo è il concetto che permette di determinare l’ordine degli eventi, stabilendo in particolare quale fra essi è avvenuto prima e quale dopo. Ma è anche possibile conoscere la durata di un intervallo di tempo, cioè ‘quanto tempo’ un evento si è verificato prima o dopo un altro. Il tempo, quindi, è una grandezza fisica misurabile.
Nella fisica classica, fondata sulle ricerche di Galileo Galilei e di Isaac Newton, il tempo (tempo, idea del) e lo spazio esistono di per sé – sono concetti assoluti –, costituiscono una sorta di ‘scenario’ in cui si manifestano i fenomeni e si muovono i corpi, ma tempo e spazio esistono a prescindere dalla presenza di corpi e fenomeni. Tuttavia, a differenza dello spazio dove i corpi possono spostarsi in qualsiasi direzione, il tempo fluisce in modo continuo e regolare dal passato verso il futuro, e non dipende dal verificarsi dei fenomeni che permettono di misurarlo né da chi effettua l’operazione di misura.
Gli strumenti per la misura del tempo sono gli orologi, dispositivi che per questo scopo si servono di fenomeni periodici, cioè di fenomeni che si ripetono uguali a sé stessi e con regolarità dopo un ben determinato intervallo di tempo chiamato periodo.
I primi fenomeni periodici osservati dall’uomo e impiegati per misurare il tempo e per stabilire calendari e scale del tempo sono stati i fenomeni astronomici. La rotazione della Terra attorno al suo asse determina l’alternarsi del dì e della notte – con periodo di un giorno –, e la rivoluzione della Terra attorno al Sole determina l’alternarsi delle stagioni – con periodo di un anno.
Da questi fenomeni, studiati sistematicamente dagli astronomi dell’antichità, deriva l’unità di misura del tempo usata oggi, il secondo, ricavata in passato suddividendo il giorno – più precisamente il giorno solare medio, definito come la media annua del giorno solare – in 86.400 parti. Qualche decennio fa, usando orologi estremamente accurati, si è però trovato che i fenomeni astronomici presentano piccole irregolarità. La durata del giorno, per esempio, cambia leggermente a seconda delle stagioni, e il moto di rotazione terrestre – a causa delle maree e di altri fenomeni – subisce un continuo rallentamento di circa 2 millesimi di secondo ogni secolo. Oggi si preferisce quindi utilizzare una diversa e più affidabile definizione di secondo e la scala di tempo che ne deriva è chiamata tempo universale.
Da esso deriva il tempo legale usato nei diversi paesi del mondo attraverso il sistema dei fusi orari, e i segnali che scandiscono il tempo sono distribuiti da stazioni radio e da reti di satelliti artificiali. Per mantenere in accordo la scala del tempo universale con il giorno solare è necessario però aggiungere di tanto in tanto un secondo al tempo universale, allo stesso modo con cui si aggiunge un giorno agli anni bisestili.
Un miglioramento decisivo nella misura del tempo si ebbe con l’invenzione nel 1656 dell’orologio a pendolo da parte dello scienziato olandese Christiaan Huygens. Rispetto agli orologi usati in precedenza – le clessidre e gli orologi ad acqua dell’antichità e gli orologi meccanici che si erano diffusi nel tardo Medioevo – fu possibile effettuare misurazioni più precise ottenendo un’accuratezza di circa 1 secondo al giorno.
Lo strumento messo a punto da Huygens sfruttava la regolarità delle oscillazioni di un pendolo, il cosiddetto isocronismo, scoperto da Galilei. La durata dell’oscillazione di un pendolo, infatti, non dipende dall’ampiezza di oscillazione, se questa è sufficientemente piccola. A Huygens si deve anche l’introduzione del bilanciere, il meccanismo impiegato negli orologi meccanici da taschino e da polso, usati comunemente fino a pochi decenni fa.
I più diffusi oggi sono invece gli orologi al quarzo, con accuratezza di frazioni di secondo al giorno. Sono stati realizzati dopo aver scoperto che la periodicità delle vibrazioni di un cristallo di quarzo si mantiene all’incirca costante nel tempo e dipende molto poco dalla temperatura.
Orologi assai più accurati, ma che richiedono apparati di notevole complessità tecnica, sono quelli realizzati grazie alla periodicità dei fenomeni che si verificano a livello atomico. Fra essi il dispositivo di maggior precisione è l’orologio atomico al cesio – la sua accuratezza è di frazioni di miliardesimo di secondo al giorno – che sfrutta il periodo della radiazione emessa dall’elettrone di un atomo di cesio quando ‘salta’ fra due determinati livelli energetici . Questo fenomeno è utilizzato oggi per realizzare il campione di tempo ufficiale e attualmente il secondo è definito come la durata di tempo pari a 9.192.631.770 periodi della radiazione anzidetta.
La fisica classica, come si è detto, ammette l’esistenza di un tempo assoluto – il medesimo in tutto l’Universo – che fluisce in modo uniforme e non dipende da alcun fenomeno. Il tempo costituisce così un riferimento per il verificarsi degli eventi e permette di stabilire se due eventi sono simultanei, indipendentemente dal luogo in cui avvengono. Se viene lanciato un lampo luminoso in corrispondenza di ciascuno dei due eventi, un osservatore dirà che sono simultanei quando viene raggiunto dai due lampi nello stesso istante e due osservatori potranno sempre sincronizzare i propri orologi.
Questa concezione del tempo concorda con l’esperienza dei fatti che noi osserviamo – dove le velocità in gioco sono sempre molto più piccole della velocità della luce –, ma è corretta solo in apparenza. La luce infatti non viaggia con velocità infinita, ma con una velocità costante di circa 300.000 km/s. La velocità della luce non dipende né dal moto della sorgente che emette i raggi luminosi né dal moto dell’osservatore. Proprio questo fatto è alla base della teoria della relatività di Albert Einstein, secondo la quale non è possibile stabilire la simultaneità di due eventi: non esiste un tempo assoluto e il tempo scorre in modo diverso per due osservatori in moto l’uno rispetto all’altro. In particolare, il tempo scorre più lentamente per l’osservatore che si muove più rapidamente.
Non si tratta di una semplice ipotesi: la teoria della relatività, infatti, è stata verificata sperimentalmente in diverse situazioni. Per esempio è stato possibile determinare la differenza del tempo trascorso considerando un orologio atomico che ha viaggiato per un certo tempo su un aereo rispetto a un dispositivo identico, ma fermo: si è accertato che quello in movimento ritarda rispetto a quello in quiete.
Inoltre, le correzioni relativistiche che la teoria introduce rispetto alla usuale scala dei tempi sono essenziali sia nelle esplorazioni spaziali sia per il funzionamento dei sistemi di posizionamento globale mediante satelliti (gps, Global positioning system).
Il termine tempo è utilizzato nella lingua italiana (gli Inglesi e i Tedeschi usano invece due termini distinti) anche per indicare il tempo meteorologico, cioè le condizioni atmosferiche in una data regione a un dato momento o in un dato periodo di tempo (meteorologia). Particolare interesse pratico rivestono le previsioni del tempo che sono formulate elaborando, mediante potenti calcolatori, i risultati di misure della pressione atmosferica, della temperatura dell’aria, della velocità del vento e di altre grandezze raccolte in un gran numero di apposite stazioni di rilevamento.
Alcuni secoli fa, nell’epoca delle grandi esplorazioni navali attorno al mondo (navigazione), era decisiva la disponibilità di orologi molto accurati per consentire ai marinai di ‘fare il punto’ nel corso dei lunghi viaggi attraverso gli oceani. Per determinare la longitudine del luogo in cui si trovava l’imbarcazione era necessario confrontare l’ora lì rilevata con quella della località di partenza e calcolare la differenza tra le due. Alcune nazioni istituirono addirittura premi per chi avesse realizzato orologi molto accurati da impiegare a questo scopo.