Ortega y Gasset, Jose
Filosofo e saggista spagnolo (Madrid 1883 - ivi 1955). Prof. di metafisica nell’univ. di Madrid dal 1910 al ’36, deputato nell’assemblea costituente della seconda repubblica spagnola dal 1931, allo scoppio della guerra civile lasciò il paese, ritornando nel 1948 a Madrid, dove fondò l’Instituto de Humanidades, nel quale cominciò a insegnare. Ha influito largamente sulla formazione intellettuale della gioventù spagnola (nel 1923 fondò la Revista de Occidente, nella quale si dava ampio conto delle principali correnti della cultura europea). Al pari di Unamuno e di A. Ganivet si è interessato alle cause storiche e psicologiche del disagio del suo paese; e al pari di E. D’Ors si è innalzato a una sistematica di valore universale con il suo «prospettivismo», che considera la realtà composta, come un paesaggio, da un infinito numero di prospettive, alcune delle quali noi perveniamo a conoscere attraverso la mediazione selettiva della razón vital («ragione vitale»), di qui il termine razio-vitalismo con cui è anche designato il suo pensiero, che storicamente si colloca tra il relativismo di Simmel e lo storicismo di Dilthey. Ebbe anche una larga conoscenza della sociologia francese e tedesca: da Comte a Durkheim, da Tönnies a Weber. Nella sua opera più nota, La rebelión de las masas (1930; trad. it. La ribellione delle masse), tradotta in molte lingue, O. ha sottoposto a critica spietata la società occidentale nata alla fine dell’Ottocento e ai primi del Novecento, nella quale le masse hanno travolto le élites culturali. Le masse hanno disconosciuto tutto ciò che è originale, qualificato, selezionato. L’uomo-massa è inerte, conformista; non trascende sé stesso, non ha obiettivi di largo respiro, non si pone interrogativi, non ha inquietudini, non tollera il dissenso. Ma quando parla di masse O. non intende affatto le masse operaie, bensì «l’uomo medio», «l’uomo in quanto non si differenzia dagli altri uomini, ma ripete in sé stesso un tipo generico, colui che non valuta sé stesso né nel bene né nel male, e che si sente perfettamente a suo agio e appagato per il fatto di riconoscersi identico agli altri». Ha scritto: Meditaciones del Quijote (1914; trad. it. Meditazioni del Chisciotte); El espectador (1916-34; trad. it. Lo spettatore); España invertebrada (1921); La deshumanización del arte (1925; trad. it. La disumanizzazione dell’arte); Goethe desde dentro (1932; trad. it. Goethe: un ritratto dall’interno); En torno a Galileo (1933); Meditación de la técnica (1939); Estudios sobre el amor (1941); Teoría de Andalucía y otros ensayos (1942). Tra gli scritti postumi si ricordano: ¿Qué es filosofía? (1958; trad. it. Che cos’è la filosofia); Meditación del pueblo joven (1958); Pasado y porvenir para el hombre actual (1962).