OTRANTO
(lat. Hydruntum)
Cittadina della Puglia, in prov. di Lecce, attraversata dal torrente Idro e ubicata su un'insenatura della costa salentina, sulla sponda occidentale del canale omonimo.In età romana sede di municipio, con ruolo di primo piano come porto per l'Oriente, O. viene ricordata nei principali itinerari tardoantichi e più tardi nel catalogo delle province italiane inserito nella Historia Langobardorum (II, 21) di Paolo Diacono. Nel sec. 6° Cassiodoro (Variae, I, 2) testimonia che O. era un centro importante per la produzione della porpora; nello stesso secolo Procopio di Cesarea (De bello Gothico, III, 10) ricorda ancora la città come una roccaforte bizantina. Dal 680 al 710 ca. O. venne occupata dai Longobardi e solo dal 758 rientrò sotto il controllo dei Bizantini, che perdurò fino all'avvento dei Normanni, alla metà dell'11° secolo. Con le continue lotte tra Bizantini e Longobardi per il possesso del Salento va messo in relazione il Limitone dei Greci, una sorta di linea di demarcazione, vista ora come divisione ideale ora come vero e proprio confine fortificato con muraglioni.O. fu sede vescovile solo a partire dal tardo sec. 6°, come indicano alcune lettere di papa Gregorio Magno (Lanzoni, 1927, p. 317); le sottoscrizioni dei due vescovi otrantini Andrea e Giovanni nei concili romani del 649 e 680 attestano che la città e la relativa diocesi dipendevano dalla Chiesa di Roma (Kehr, 1962, p. 408). Nell'830 O. ebbe un vescovo iconoclasta (Falkenhausen, 1978) e forse fu già vescovado autocefalo a partire dal terzo quarto del sec. 9° (Safran, 1992, pp. 224-225); nel 967 o 968 fu elevata al rango metropolitano da Polieuto, patriarca di Costantinopoli, e da Niceforo II Foca (Falkenhausen, 1978, p. 49).Nel tardo sec. 9° O. era parte del tema di Sicilia, poi di quello di Longobardia; dalla seconda metà del secolo seguente entrò a far parte del catapanato bizantino d'Italia (Falkenhausen, 1978, pp. 48-51). Tra il 1068 e il 1194 la città fu in mano normanna; in questi anni si assistette alla coesistenza di due classi religiose distinte, una latina e una greca, nell'ambito del processo di rilatinizzazione della Chiesa greca promosso da Roma e dai Normanni. In questo periodo di relativa floridezza vennero costruiti la cattedrale e il monastero di San Nicola di Casole. In età sveva sembra che O. abbia rivestito una minore importanza dal punto di vista politico ed economico, come pure in età angioina e aragonese, in cui si registrano numerose migrazioni. Solo il monastero greco di San Nicola di Casole continuò a essere un centro di cultura vivace, in stretto contatto con il mondo bizantino.Poco si conosce della fisionomia di O. per i primi secoli del cristianesimo, come anche per l'Alto Medioevo, privo di fonti documentarie. Solo attraverso recentissime indagini archeologiche sono state identificate - sia nella zona detta Collina di San Giovanni sia lungo il fiume Idro a N e nella valle delle Memorie a S - alcune gallerie cimiteriali, con arcosoli e ambienti più vasti, e piccole celle anacoretiche, riferibili con molta probabilità agli insediamenti più antichi della zona (Uggeri, 1979). Sono attestate anche piccole chiese rupestri, S. Angelo e S. Nicola, di cui sopravvivono pochi avanzi con tracce di affreschi (Uggeri, 1979). In contrada Maldonato, nei pressi dell'abitato, altre indagini archeologiche hanno evidenziato un ambiente, interpretato come una piccola chiesa funeraria, con tombe a fossa scavate nella roccia che hanno restituito materiale del 6°-7° secolo. Nella zona dell'altare si è rinvenuto un reliquiario formato da due capselle, la prima, più piccola, in argento e la seconda, più grande, in marmo a forma di sarcofago, databile intorno al sec. 6° (D'Angela, 1995).Sopravvivono pochi elementi del circuito murario bizantino e medievale di O., di cui si hanno notizie nel De situ Iapygiae (1510-1511) di Antonio de Ferrariis, detto il Galateo, mentre una pianta della fine del sec. 16° (Maggiulli, 1893, tav. I) riproduce una doppia cinta muraria, l'esterna caratterizzata da una folta serie di torri, l'interna includente la zona del castello e il nucleo più antico dell'abitato. Alcuni elementi relativi a strutture architettoniche, identificati in recenti interventi di scavo, sembrano riferibili al percorso della cinta esterna. Altri interventi di scavo sono stati condotti nell'area a ridosso delle mura spagnole della città, dove sono stati evidenziati, tra l'altro, momenti relativi a un abitato fortificato, sviluppatosi in età medievale, che ha restituito abbondante materiale ceramico e vitreo (Patterson, Whitehouse, 1992). Nella zona del porto è stato poi individuato un quartiere artigianale con fornaci per anfore, attivo nel sec. 7° (Fornaci medievali ad Otranto, 1992). Anche l'area su cui sorge la cattedrale medievale è stata oggetto di indagini archeologiche (Ciongoli, 1988). È stata messa in luce l'esistenza, intorno al sec. 5°, di un edificio religioso, arricchito da un mosaico pavimentale a fiori quadripetali, oggi al Mus. Diocesano, e sono state inoltre individuate alcune sepolture a fossa con materiale del sec. 6°-7° (D'Angela, 1995). L'esistenza di un edificio precedente la cattedrale era già stata studiata (Falla Castelfranchi, 1984) attraverso la tomba ad arcosolio affrescata con croci, che è collocata lungo la scala che conduce alla cripta e databile tra il sec. 8° e il 10°, in relazione con il mondo pittorico beneventano.La chiesa nota a partire dal sec. 16° con il nome di S. Pietro (Falkenhausen, 1988), ubicata su una piccola altura nel centro della città, è stata ascritta di recente alla seconda metà del sec. 10°, quando la Chiesa di O. venne elevata a sede autoctona dipendente da Bisanzio (Brown, 1992, p. 33), con funzioni di cattedrale bizantina (Guillou, 1974, p. 184); più probabilmente, può essere identificata con un edificio di fondazione privata, che svolse funzioni funerarie a partire dalla fine del sec. 11° (Safran, 1992, pp. 411-417). L'impianto icnografico dell'edificio, costruito in conci di calcare e blocchi di tufo, è quello ricorrente in ambito bizantino dalla fine del 9° secolo. Già la critica (Teodoru, 1932; Prandi, 1964), dopo aver ascritto il monumento a periodi differenti, ha evidenziato una comune matrice architettonica, nel sec. 10°, tra il S. Pietro, la Cattolica di Stilo (prov. Reggio Calabria) e il S. Marco di Rossano (prov. Cosenza); negli edifici calabresi, però, lo spazio interno è arricchito da cupole anche agli angoli e le tre absidi hanno uguale ampiezza. Generici confronti icnografici con edifici realizzati nelle aree provinciali del mondo bizantino e, soprattutto, l'esame delle iscrizioni dipinte sugli affreschi hanno permesso di riconoscere nel S. Pietro di O. un'opera di maestranze locali, in parte legate a modelli bizantini provinciali, e di datarlo nel tardo sec. 9° o agli inizi del 10° (Guillou, 1974, pp. 181-182; Farioli Campanati, 1982, p. 240), oppure, più recentemente, tra la fine del sec. 10° e gli inizi del seguente (Safran, 1992). Lungo il lato settentrionale della chiesa fu costruito nel corso del sec. 11° o 12° un parekklésion, piccolo edificio absidato a una sola navata, con funzioni funerarie, come dimostra la presenza di alcune tombe (D'Andria, 1981; Safran, 1992, p. 236).L'interno del S. Pietro presenta una serie nutrita di affreschi, frutto di cinque interventi decorativi: i primi tre risalenti a età medievale, il quarto e il quinto al sec. 16° (Safran, 1992, p. 430). All'interno degli affreschi medievali, un momento più antico va riconosciuto nelle scene con l'Ultima Cena, la Lavanda dei piedi, il Tradimento di Giuda e alcuni piccoli frammenti figurati e ornamentali; poco distante, come esecuzione, risulta la scena con la Natività e l'Arrivo dei Magi. Già ascritti variamente ai secc. 14° (Bertaux, 1903), 12° (Prandi, 1964), 9°-10° (Belting, 1974; Guillou, 1974), seconda metà del 10° (Falla Castelfranchi, 1991), a un ultimo esame critico (Safran, 1992; Pace, 1994) hanno rivelato rimandi a opere cappadoce del tardo sec. 10°, con possibilità di confronti stilistici e paleografici con affreschi di chiese salentine (cripta delle Ss. Marina e Cristina a Carpignano Salentino; cripta di S. Stefano a Vaste, per gli strati più antichi; chiesa di Casaranello presso Casarano), il che circoscrive ulteriormente la data tra la fine del sec. 10° e gli inizi dell'11° e indica attivi artisti italomeridionali che dovevano utilizzare iconografie bizantine.A un secondo momento appartiene una serie più estesa di affreschi con scene della Vita di Cristo e della Genesi, di cui alcune difficilmente identificabili; in alcune pitture viene impiegato il costosissimo azzurro oltremare, spia di una committenza molto agiata. Sono state proposte datazioni diverse: il sec. 12° (Prandi, 1964; Guillou, 1974), intorno al primo quarto del sec. 14° (Pace, 1989), o ancora il tardo sec. 12° (Wharton, 1988); più recentemente sono stati individuati due stili diversi, collocabili entro la seconda metà del sec. 13° (Falla Castelfranchi, 1991, p. 176; Safran, 1992). I frescanti, italo-meridionali, si rifanno a opere bizantine del sec. 13° (Safran, 1992, pp. 408-409, 418, nn. 450-451).L'altro polo religioso di O. è costituito dalla cattedrale, dedicata alla Vergine, fondata dopo la conquista normanna della città, forse intorno al 1080. Un solo documento, non più rintracciato (Maggiulli, 1893; Alle Sorgenti del Romanico, 1975, p. 157, n. 1), informa che nel 1088, all'epoca dell'arcivescovo otrantino Guglielmo I, venne consacrato l'altare maggiore, identificato con quello collocato nella cripta o, più probabilmente, con quello della chiesa superiore. Questa è ipotizzabile, attraverso l'analisi delle strutture odierne (Alle Sorgenti del Romanico, 1975; Belli D'Elia, 1986), in forme diverse da queste ultime, articolata in un corpo longitudinale a tre navate absidate, suddiviso da bassi pilastri, di cui sopravvive qualche elemento, e un transetto ad aula unica. Nel corso del sec. 12° furono operate sostanziali trasformazioni, tra cui la sostituzione dei pilastri con colonne e la tripartizione del transetto, che ha fatto pensare (Thümmler, 1939; Raspi Serra, 1973) a desunzioni da Cluny, mediate dalla chiesa desideriana di Montecassino, oppure dalla cattedrale di Salerno (Alle Sorgenti del Romanico, 1975; Belli D'Elia, 1986). I lavori di risistemazione si dovettero concludere con la messa in opera del grandioso pavimento musivo, che tiene conto infatti della planimetria della nuova fabbrica.Il mosaico pavimentale della cattedrale, recentemente restaurato, si stende lungo le tre navate e nel transetto. Una ricca serie di figurazioni si dispiega nella navata centrale: un grande albero, elefanti, Alessandro Magno in volo con i due grifoni e poi animali mostruosi, mostri marini, la torre di Babele, episodi del Diluvio universale, le raffigurazioni dei Mesi e dello Zodiaco in tondi, la Cacciata dal paradiso, re Artù a cavallo di un capro, Caino e Abele, ancora Adamo ed Eva, re Salomone e la regina di Saba, Sansone, il profeta Giona. La decorazione della navata destra è poco conservata, mentre nella sinistra si può ancora identificare un filo conduttore narrativo con la raffigurazione dell'Inferno, di Satana, delle torture inflitte ai dannati e del Paradiso. Nel complesso le figurazioni appaiono riprese da fonti occidentali, bizantine e arabe, sacre e profane, ben note in età medievale, come i vangeli apocrifi, il Physiologus latino, il Romanzo di Alessandro dello pseudo-Callistene, noto da una rielaborazione del sec. 11° detta Historia de proeliis, e gli scritti legati alla leggenda di re Artù. Le raffigurazioni sono arricchite da varie scritte e da quattro iscrizioni in cui vengono ricordati il committente, l'arcivescovo Gionata, l'esecutore, il prete Pantaleone, e gli anni in cui il mosaico fu eseguito (1163-1165). Nella scelta di alcuni temi, per es. l'Ascensione di Alessandro Magno, si è voluto scorgere nella corte normanna la fonte ispiratrice (Frugoni, 1980).Della prima redazione della cattedrale sembra far parte la cripta a oratorio, di vaste dimensioni. Al di sopra delle numerose colonne che suddividono lo spazio compaiono capitelli parte di reimpiego e parte coevi alla costruzione (Wackernagel, 1911; Raspi Serra, 1972; Alle Sorgenti del Romanico, 1975; Belli D'Elia, 1980; Vergara, 1980; 1981-1982; Bertelli, 1990), che abbracciano un arco cronologico molto ampio, dal 5°-6° alla fine dell'11° secolo. Nell'abside destra della cripta sono ancora visibili alcuni affreschi.Nei pressi di O. sussistono alcune imponenti strutture architettoniche relative al monastero greco di San Nicola di Casole, fondato nel 1099 da Giuseppe, che ne fu il primo egumeno, il cui scriptorium ebbe nei secc. 12°-13° un ruolo di primo piano come centro diffusore della cultura greca (Diehl, 1886; Parlangeli, Parlangeli, 1951).
Bibl.:
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