JANNELLA, Ottaviano
Nacque ad Ascoli Piceno il 23 dic. 1635 da Jannello e Ippolita Tuzj.
La nobile famiglia Jannella risiedeva nella via poi dedicata allo J., al numero 16. Le notizie sulla vita dell'artista si ricavano soprattutto dalla biografia pubblicata nel 1676 dal cugino, G.B. Tuzj, canonico della cattedrale ascolana e principe dell'Accademia degli Innestati. Lo scritto di Tuzj, oltre a riferire degli eventi riguardanti la vita dello J., testimonia del clima culturale nell'ambito del quale trovano spiegazione le originali opere dell'intagliatore.
Lo J. studiò grammatica presso i padri gesuiti di Ascoli ed ebbe come maestro di disegno il sacerdote G. Bennati. Fin da giovane si dedicò all'intaglio minutissimo del legno, arte appresa da autodidatta traducendo disegni propri e di Bennati. La riuscita di tali lavori, singolari nel loro genere poiché visibili nei dettagli solo con l'ausilio di lenti, lo rese immediatamente noto. Desideroso di progredire nello studio della microscultura, intorno al 1651 si recò a Roma, ospite dell'ascolano G. Mucciarelli. Questi lo introdusse a G.L. Bernini che lodò molto le sue opere, ma, giudicando quella particolare arte troppo diversa per tecnica e dimensioni dalla scultura, ritenne di non potergli giovare con i propri insegnamenti. A Roma lo J. iniziò a imitare modelli di Michelangelo e di altri maestri, dei quali acquistò incisioni costituendo un piccolo repertorio personale (Pascoli, p. 900). Nel 1652 entrò a servizio del cardinale Pietro Ottoboni (poi papa con il nome di Alessandro VIII) come coppiere e nel 1654 lo seguì a Brescia, dove Ottoboni era stato nominato vescovo. In questi anni realizzò quattro delle sue opere più celebrate: un piccolo ovale raffigurante Cristo incoronato di spine, una complessa scena ricca di figure e animali intagliata all'interno di una finta pigna, un bassorilievo con diversi volatili in un bosco, un putto recante una conchiglia avente all'interno divinità marine e Giunone sul carro (tutte nella collezione K. Thomson, presso l'Art Gallery of Ontario, Toronto). Si occupò inoltre degli intagli per i cori della cattedrale di Brescia e per S. Fermo a Verona, lavori commissionati dal cardinale Ottoboni e dei quali non esiste più traccia.
I microintagli eseguiti dallo J. durante il periodo bresciano, tra le poche opere pervenuteci, sono di misure così minute (pochi centimetri) da denotare una particolare abilità nella realizzazione. Modello di microcosmo, immagine "artificiale" del mondo, esse costituivano probabilmente parte di una serie rappresentante gli elementi (il putto, simbolo dell'Acqua; la finta pigna gremita di figure, della Terra; il bosco abitato da volatili, dell'Aria). La dialettica tra naturale e artificiale, cara alla cultura barocca, risulta la chiave interpretativa più adeguata a comprendere tali oggetti. Il loro interesse risiede inoltre nelle probabili relazioni con il sapere scientifico dell'epoca, poiché, volutamente, richiedevano per essere apprezzati l'ausilio di strumenti ottici, identificando l'idea di una realtà al limite del visibile (Levy).
Nel 1660 motivi di salute costrinsero lo J. a fare ritorno a Roma. Lungo il tragitto si fermò a Firenze, dove venne ricevuto dal principe Mattia de' Medici, che gli offrì di rimanere presso la corte granducale. Intenzionato a entrare a servizio di Cristina di Svezia, lo J. rifiutò la proposta. Giunto a Roma, eseguì un minuscolo intaglio raffigurante La difesa di Orazio sul ponte Sublicio, ricavato da un nocciolo di ciliegia, che, a causa dell'eccessiva fragilità, subito si ruppe. In seguito a questo episodio iniziò a dedicarsi alla miniatura, arte in cui gli fu maestra la pittrice Giovanna Garzoni. Al riguardo Tuzj (pp. 13 s.) racconta che lo J. dipinse sull'avorio una miniatura con la raffigurazione della Pietà tratta da J. Robusti, detto il Tintoretto e che la maestra, a cui il lavoro fu mostrato, volle correggerne alcune parti, rovinando irrimediabilmente l'opera. Questa sola testimonianza dell'attività di miniatore dello J. è stata comunque sufficiente a farlo considerare, insieme con I. Galantini, unico allievo diretto della pittrice (Casale, p. 21). La miniatura rappresentante la Pietà era stata inoltre realizzata per farne dono al papa Alessandro VII, nel corso di un'udienza che non ebbe mai luogo, poiché lo J. fu costretto dall'aggravarsi delle proprie condizioni di salute a far ritorno ad Ascoli, dove morì il 10 dic. 1661.
Dello J. si conserva un ritratto, opera dell'incisore ascolano B. Consorti, realizzato intorno al 1819 (collezione K. Thomson, presso l'Art Gallery of Ontario), copia di un prototipo disperso.
I pochi lavori rimasti dell'intagliatore si conservano tutti a Toronto presso la collezione K. Thomson. Essi sono inseriti in una teca che contiene anche gli strumenti da lavoro dello J. e costituiscono un insieme tradizionalmente chiamato Monumentino. Si tratta di un nucleo di opere che l'artista aveva voluto tenere con sé: tra queste, oltre ai pezzi realizzati nel periodo bresciano, un rilievo a ornati e un intaglio appena abbozzato. Di tali lavori gli scultori A. Canova e A. Thorvaldsen rilasciarono nel 1822 dei certificati che ne attestavano l'alto pregio artistico. Acquisiti nell'Ottocento dalla famiglia Sajenni, insieme con un album di disegni a penna dello J., che fu poi venduto a un antiquario milanese, furono portati negli Stati Uniti al principio del Novecento.
Fonti e Bibl.: G.B. Tuzj, Breve racconto delle opere prodigiose fatte con minutissimo intaglio da O. J. ascolano…, Ascoli 1676; L. Pascoli, Vite de' pittori… (1730-36), a cura di V. Martinelli - A. Marabottini, Perugia 1992, pp. 899-901, 906; Copia dei documenti autentici dei chiarissimi scultori Antonio marchese Canova ed Alberto cav. Thorvaldsen relativi agli intagli minutissimi a tutto rilievo, fatti in busso da O. J., Ascoli Piceno 1873; R. Gabrielli, La vita e le opere di O. J. singolarissimo scultore ascolano del XVII secolo, Ascoli Piceno 1938 (con bibl. precedente); Gli incanti dell'iride: Giovanna Garzoni… (catal., San Severino Marche), a cura di G. Casale, Cinisello Balsamo 1996, p. 21; E. Colle, Il mobile barocco in Italia, Milano 2000, pp. 86, 88, 352, 357, 455; E. Levy, O. J.: micro-sculptor in the age of the microscope, in The Burligton Magazine, CXLIV (2002), pp. 420-428; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XVIII, pp. 391 s.; Diz. enc. Bolaffi dei pittori… italiani, VI, p. 306; Diz. storico-biografico dei Marchigiani, a cura di G.M. Claudi - L. Catri, I, p. 310.