OTTONE I di Monferrato
OTTONE I (Oddone) di Monferrato. – Come i fratelli Guglielmo e Anselmo, nacque nella prima metà del secolo X, da Aleramo di Guglielmo – il vero fondatore delle dinastie aleramiche – e dalla sua prima moglie (ignota).
In vita, compare nella documentazione per la prima e unica volta nell’agosto 961 quando Aleramo marchese, insieme con lui e Anselmo oltre che con la seconda moglie Gerberga, figlia del re Berengario II, in memoria del quondam Guglielmo (il terzo figlio, già defunto) donò al monastero di Grazzano le tre corti di Grazzano, Cisgnano (presso la cascina Mongetto di Vignale) e di Cardalona (Colle San Iorio presso Crea), oltre a 14 massaricie in località adiacenti, tutti luoghi siti nel Monferrato tranne Penango appartenente al comitato di Asti.
In questa carta offertionis i tre discendenti di Aleramo – definiti germani tra di loro, filii nei confronti del pater Aleramo e filiastri rispetto alla maternia Gerberga – sono detti aver vissuto o vivere secondo la legge salica. Non si sa se Anselmo e Ottone nel 961 fossero maggiorenni e quale dei due fosse il più anziano: probabilmente Anselmo, citato per primo e in seguito ricordato con il titolo di marchio, cosa che non sembra verificarsi per il fratello.
Le successive notizie biografiche di Ottone devono essere ricavate dalla documentazione post mortem, concernente i suoi agnati e discendenti. Uniformandosi a scelte correnti per l’aristocrazia dell’epoca, egli promosse infatti la costruzione di un monastero a Spigno (Alessandria): «desideravit construere monasterium in locum et fundo Spigni ad locum ubi montem Sancti Quintini dicitur, in onore domini Dei Salvatoris, santique Thome apostoli et beati martiris Christi Quintini», come risulta da un atto del 4 maggio 991, rogato a Visone (Alessandria) nel quale Ottone è appunto indicato come già defunto; il suo nome non è accompagnato dal titolo marchionale, mentre è ricordato come marchese il fratello Anselmo che agisce con la moglie Gisla, e i nipoti Guglielmo e Riprando, figli di Ottone, qui citati per la prima volta come «Wilielmus et Riprandus germanis, filio [sic] bone memorie Oddoni».
Il monastero di S. Quintino di Spigno è dotato nell’occasione di 110 iugeri di terreno, della corte di Piana Crixia, dell’abbazia di Pulcherada (San Mauro Torinese), di 130 massarici e alcuni beni appartenenti all’abbazia di Giusvalla.
Nulla si conosce di certo della moglie di Ottone ed è solo una debole congettura onomastica quella di Ferdinando Gabotto (1919) e di Leopoldo Usseglio (1926), che lo ritengono sposato a una figlia di Riprando, conte di Piacenza: lo proverebbe appunto il nome di uno dei figli (attestato tra il 991 e il 1012-14, mentre Guglielmo è menzionato ancora nel 1031). I discendenti diretti di Ottone agiscono insieme ancora nel decennio successivo, donando a Primo, vescovo di Acqui, diversi beni, come attesta un documento redatto tra dicembre 991 e gennaio 1002 circa.
Il nome di Ottone è usato come patronimico in altri due documenti, nei quali è ricordato come marchese: una conferma di beni dell’abbazia di Fruttuaria del 1014 e in una carta di permuta, redatta a Pavia nel 1035. Si può ragionevolmente supporre che in vita Ottone non fosse designato come marchese e solo tempo dopo la sua morte gli sia stato assegnato tale titolo, largamente usato nel suo lignaggio.
Ottone ebbe una figlia chiamata Otta (1028) e forse un’altra di nome Gualderada (1029). L’ascendenza della prima e la sua appartenenza alla stirpe aleramica è certa; in un documento redatto il 3 ottobre 1028, «infra castellum dicitur Montefalconio» in cui insieme a Gualderada fa alcune donazioni al monastero di S. Pietro di Savigliano è definita «filia quondam Oddoni». Gualderada («Walderada filia quondam Oddonis qui fuit marchio») è ricordata in un documento nonantolano del 23 gennaio 1029, stilato a Reggio Emilia: nell’occasione Agelburga, vedova di Frugerio, dichiara di aver ricevuto da Walderada, figlia del defunto marchese Ottone, la somma di 400 libre d’argento in cambio di beni e terre. In un altro atto, datato 12 settembre 1029, «rogato in burgo qui dicitur Fontana Tederia», Rodolfo, abate del monastero di S. Silvestro di Nonantola, dichiara di aver ricevuto da Ingelfredus alcuni beni già appartenuti a Gualderada, figlia del defunto marchese Ottone.
Alla discendenza di Ottone appartiene anche il nipote Ottone (Oddone) II, figlio di Guglielmo conte e marchese e di Wasa. È ricordato in un unico documento, stilato a Romagnano Sesia il 20 ottobre 1040, ma pervenuto soltanto in una tarda copia risalente al secolo XV. In tale atto, con cui Olderico e sua moglie Giulitta, arduinici del ramo poi detto di Romagnano, donavano al monastero di S. Silano (Romagnano Sesia) numerosi beni («una cum notitia domini Ottonis marchionis et comitis suprascripti comitatus et marchio Monteferadensi [sic]». Di questo tormentato passo documentario sono state proposte numerose interpretazioni ed è stata persino messa in dubbio l’appartenenza di Ottone agli Aleramici. In particolare è stata ritenuta dubbia la doppia titolatura di marchese e conte attribuita a Ottone: nel Settecento Gian Tommaso Terraneo (Torino, Biblioteca reale, Storia patria 438, cap. V, La principessa Adelaide contessa di Torino con nuovi documenti illustrata, p.te III, p. n.n.) propose la sostituzione di suprascripti con Seprensi, lezione non accettata da Iacopo Durandi (1774, pp. 267 s.) poiché il comitato lombardo del Seprio risulta troppo distante dal Monferrato; inoltre nel documento non si afferma che Ottone fosse marchese o conte e tanto meno che il suo intervento fosse motivato in quanto responsabile della giurisdizione pubblica delle terre donate. Anche Giovanni Battista Moriondo (1790, II, col. 303, nn. 4 e 6) ha respinto le tesi di Terraneo escludendo ogni riferimento a un ipotetico comitato di Monferrato. Dopo quasi cento anni la questione fu ripresa da Harry Bresslau (1879, pp. 411 s.) che considerò interpolate le parole «et marchio», mentre Leopoldo Usseglio (1926, I, pp. 116-119) escluse l’esistenza di un comitato di Monferrato. Ferdinando Gabotto (1919, p. 31) dal canto suo propose la lezione «una cum notitia domini Ottonis comitis comitatus Monteferandis», supponendo l’intervento di Ottone non come magistrato pubblico, come riteneva Usseglio, ma come patrimonialmente interessato a una zona al di fuori dei possedimenti aleramici. Infine, Aldo A. Settia (1983, pp. 42-50), basandosi su di un atto del 1064 in cui compare la scritta «et in commitatu Astense et in predicti Taurinensis seu Monteferradiense», giustamente ritiene che si indichi, anche se in modo impreciso, un territorio tra Asti e Torino, ovvero il Monferrato. Quindi Ottone fu marchese di Monferrato e non conte di quelle terre e, certamente, appartenne al casato aleramico.
Da Ottone e da sua moglie, di cui non si conosce né il nome né il casato, discese Guglielmo, «marchese de Ravenna» (1059 - m. ante 1100).
Fonti e Bibl.: Per Ottone I: G. Tiraboschi, Storia dell’augusta badia di S. Silvestro di Nonantola, II, Modena 1735, doc. CXXIV, pp. 159 s.; G.B. Moriondo, Monumenta Aquensia, II, Torino 1790, doc. 1, coll. 517 s.; Monumenta Germaniae Historica, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, IV, Hannover 1909, doc. 305, p. 425; F. Gabotto, Gli Aleramici fino alla metà del secolo XII, in Rivista di storia arte archeologia per le province di Alessandria e Asti, XXIX (1919), pp. 1-35; L. Usseglio, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente durante i secoli XII e XIII, I, Casale Monferrato 1926, pp. 51, 101-103; B. Bosio, La “charta” di fondazione e donazione dell’abbazia di S. Quintino in Spigno, Spigno 1972; R. Pavoni, Le carte medievali della Chiesa d’Acqui, Genova 1977, doc. 8, pp. 46-48; R. Merlone, Gli Aleramici. Una dinastia dalle strutture pubbliche ai nuovi ordinamenti territoriali (secoli IX-XI), Torino 1995, pp. 70 s.; doc. I, pp. 269-273; doc. III, pp. 276-281. Per Ottone II: J. Durandi, Il Piemonte cispadano antico, Torino 1774, pp. 267 s.; G.B. Moriondo, Monumenta Aquensia, cit., II, col. 303; H. Bresslau, Jahrbücher des deutschen Reichs unter Konrad II, I, Leipzig 1879, pp. 411 s.; B. Baudi di Vesme - E. Durando - F. Gabotto, Carte inedite e sparse dei signori e luoghi del pinerolese fino al 1300, Pinerolo 1900, doc. 7, p. 183; F. Gabotto, Gli Aleramici..., 1919, cit; L. Usseglio, I marchesi di Monferrato..., cit., 1926, I, pp. 116-119; A.A. Settia, Monferrato. Strutture di un territorio medievale, Torino 1983, pp. 42 s., 50; R. Merlone, Gli Aleramici..., cit., Torino 1995, pp. 135 s., 150.