Palatia
Una presentazione dei palatia fridericiani deve cominciare con l'enunciazione di un apparente paradosso. Federico II è, se non l'inventore, almeno il primo promotore in Occidente del palazzo regio o imperiale, quale si imporrà definitivamente in età moderna a Versailles, Caserta, Sanssouci, poi a S. Pietroburgo e Tsarskoe Selo. La parola palatium, in uso sia durante il XII sec. normanno che, poi, in età angioina, scompare completamente dal lessico ufficiale sotto Federico II. Le residenze del sovrano sono qualificate come castrum o domus solaciorum (casa di svago): così compaiono nello Statutum de reparatione castrorum, compilato alla fine del regno dell'imperatore. Chiaramente, dunque, le parole e le realtà ad esse corrispondenti a quest'epoca seguono due evoluzioni non parallele. Per capirle è necessario tornare sia sul lessico che sulle realtà precedenti.
Il termine palatium, di origine antica, designa innanzitutto il grande complesso residenziale e amministrativo del Palatino a Roma. Con un significato uguale, durante l'Alto Medioevo, sia nel mondo franco che in quello longobardo, indica un edificio solenne che funge nello stesso tempo da residenza per il sovrano e da centro dell'amministrazione statale. Mentre i palazzi franchi erano generalmente rurali, quelli italiani erano ubicati in città: è il caso del palazzo di Pavia, funzionale come centro amministrativo fino all'inizio dell'XI secolo. Nella Longobardia meridionale, la parola designa anche il luogo di residenza e il centro amministrativo dei duchi di Benevento, poi dei principi di Benevento, di Salerno e di Capua. Per quanto ne possiamo sapere, si trattava di edifici di prestigio, protetti ma non veramente fortificati (l'ingresso solenne costituiva una delle parti più importanti del palazzo). Il palazzo di Benevento (distrutto da Federico II) si apriva su una piazza ornata con una statua equestre antica; quello di Salerno (che è stato oggetto di scavi) aveva due piani; al piano superiore si trovava, fra l'altro, la cappella. La tradizione antica dunque fu trasmessa fino all'età normanna.
La presenza bizantina nell'Italia meridionale non ha lasciato edifici dello stesso tipo: il palazzo imperiale si ergeva a Costantinopoli, le diverse province ospitavano soltanto la residenza di rappresentanti dell'imperatore, chiamata praetorium (così a Napoli e a Bari).
Quando ci rivolgiamo alla Sicilia musulmana, l'impostazione è diversa. In primo luogo, le parole arabe adoperate non hanno lasciato tracce nel lessico normanno-svevo, mentre le realtà sono fondamentali in proposito. Non di rado, un emiro faceva edificare una nuova cittadina a fianco della capitale per stabilirvi la propria residenza: così a Palermo, dove il governatore Khalīl Ibn Isḥāq fondò al-Khālisa (la Kalsa, "l'eletta") sul modello di Mahdia. Sembra inoltre che gli emiri di Sicilia avessero edificato, vicino a Palermo, almeno una residenza suburbana, la Favara (al-Fawwāra, "la fonte ribollente"). Si trattava di un edificio costruito in campagna, a fianco di un piccolo lago artificiale (Maredolce) con un'isola: il motivo dell'acqua e del paesaggio irriguo era ritenuto, nel mondo arabo, necessario al benessere del sovrano. Il modello di questo tipo di residenza fu importante per Federico II, che l'aveva conosciuto quando era giovane, e lo fu anche per la genesi del palazzo occidentale, con il suo contorno 'paradisiaco' di alberi e di acque correnti; a nostro parere, sono le prime 'case di svago'.
Quando si stabilirono in Italia, i normanni portarono con sé il modello del castello fortificato, spesso edificato su una motta artificiale, residenza e centro del potere militare del signore. La tradizione del palazzo non fortificato fu invece ripresa dai sovrani normanni a Capua e a Salerno. Quanto al conte di Sicilia, si sa come Ruggero II scelse di insediarsi nella città musulmana di Palermo. Fece edificare il palatium novum, poi divenuto palazzo regio, del quale oggi resta in piedi la torre Pisana, che ospita la Cappella Palatina e la sala di re Ruggero, quest'ultima decorata con mosaici rappresentanti paesaggi. Una descrizione del palazzo di Palermo è fornita dalla lettera al tesoriere Pietro del cosiddetto Ugo Falcando. Lo stesso palazzo era un edificio probabilmente simmetrico, che comprendeva una parte centrale di rappresentanza, più bassa, chiamata Ioharia (al-Djawhariyya, "la parte essenziale" o "il gioiello"), fiancheggiata da due torri, la Pisana e la Greca. Come i castelli feudali, era ubicato al margine della città, all'estremità della via di Marmo; era circondato da un muro di cinta, ma non proprio fortificato; nello spazio delimitato dal muro si ergevano anche dei palatiola, forse chioschi o piccoli edifici.
Inoltre i re normanni, che si insediarono nella Favara, fecero edificare altre residenze suburbane dello stesso tipo, come la Cuba (al-Qubba, "la cupola"), circondata da un piccolo lago, e la Zisa (al-῾Azīza, "la cara"), la cui facciata si apre su un bacino nel quale scende l'acqua.
Fino alla sua partenza per la Germania, nel 1212, Federico visse a Palermo, certo in condizioni non piacevoli; ma, per lui, l'ambiente nel quale dimorava il sovrano doveva essere uguale a quello della città regia normanna. In seguito non fece più soggiorni lunghi nell'isola, troppo eccentrica rispetto ai territori che intendeva dominare, ma riprodusse sul continente, e in particolare in Capitanata, il modello palermitano. Abbandonò però l'idea di un palazzo fisso, centro stabile dello stato, che i suoi predecessori normanni avevano conservato e che le altre monarchie occidentali, una volta itineranti, cominciavano ad adottare (in Francia per esempio): il centro dello stato era il re-imperatore, ovunque si trovasse, il che certo non facilitò l'amministrazione del Regno, né la conservazione dei documenti della Curia.
Scelse tuttavia di insediarsi in Puglia, più precisamente in Capitanata (e d'estate in Basilicata).
La fonte principale riguardante le residenze imperiali è lo Statutum de reparatione castrorum, compilato alla fine del regno; elenca due tipi di edifici, che devono essere mantenuti dalla popolazione degli insediamenti vicini: da una parte i castra (o rocche), cioè le fortezze demaniali, dall'altra le domus solaciorum (case di svago), residenze di riposo del sovrano. Al contrario dei castelli fortificati, le domus sono distribuite in modo del tutto ineguale nelle diverse province del Regno (lo statuto non si occupa della Calabria né della Sicilia, ma l'imperatore non vi fece lunghe permanenze): nel Principato, l'imperatore aveva due domus, una a Eboli e l'altra vicino a Battipaglia, e un palacium (l'unico così definito) a Sarno; nella Terra di Lavoro, nessuna domus; nell'Abruzzo, tre, ad Atri, Trasacco e Sulmona; nella Terra d'Otranto, due, quella di Castellaneta e la domus Girifalci ("casa del Girifalco") vicino a Matera; nella Terra di Bari, due (presso Gravina e a Garagnone, a est di Spinazzola), alle quali occorre aggiungere il castrum Sancte Marie de Monte (Castel del Monte); in Basilicata, le domus erano dieci: Cisterna (Torre della Cisterna a nord-ovest di Melfi), S. Nicola dell'Ofanto (presso Melfi), Lavello, Gaudiano, Boreano (vicino a Lavello), Monte Serico (a est di Genzano), Mons Morconus, Agromonte (a nord di Lagopesole), Lagopesole, Montalbano Ionico; infine la Capitanata, con ventisette domus, ospitava più della metà del totale di esse: si tratta di Fiorentino, Guardiola (vicino a Lucera), Lucera (domus massarie Lucerie), Apricena, S. Eleuterio (ad est di S. Severo), Rigale (forse Lido di Rivoli, ad est di Foggia), S. Chirico (ad ovest di Siponto), Lama, Celanum, Sala, Visceglieto (a sud di S. Severo), Salsiburgum, S. Maria in Bircis, Castiglione (a nord-est di Foggia), domus Girifalci (la seconda così chiamata), Sanctus Spiritus de Gulfuniano (vicino all'Incoronata), Salpi, S. Maria de Mari, Sancta Maria de Salinis (non lontano da Salpi), Trinitapoli, Cerignola, Stornara, Ordona, Ponte Albanito (ad est di Troia), Orta, Foggia, domus pantani Sancti Laurentii (a sud-sud-est di Foggia), l'Incoronata.
Invece gli edifici chiamati castrum o rocca erano particolarmente numerosi nelle province occidentali e settentrionali del Regno, minacciate dallo Stato pontificio ‒ ventisette in Abruzzo, quarantaquattro nel giustizierato di Terra di Lavoro e contea di Molise, trentotto in quello di Principato e Terra Beneventana ‒, più rari in Puglia: ventitré in Capitanata, diciannove in Basilicata, tredici (incluso Castel del Monte) sia nella Terra di Bari che nella Terra d'Otranto. Questo significa che la Puglia, non troppo lontana dall'Italia centrale e ben collegata con l'Oriente cristiano, era anche la regione naturalmente meglio protetta del Regno (v. Castelli, Regno di Sicilia, sistema dei).
Il moltiplicarsi delle residenze imperiali e la loro nuova designazione di 'case di svago' erano espressione di novità ideologiche. L'imperatore non era più, come i re normanni, legato a una sola città (Palermo) e ai suoi dintorni, con l'aggiunta del Palatium Terracine a Salerno. In tutte le regioni del Regno poteva trovare una residenza e quindi spostarsi nelle province dove soggiornava più spesso. Inoltre, queste residenze erano adibite allo svago del sovrano. L'autore del Liber de regno Siciliae afferma che, dopo gli avvenimenti che seguirono l'omicidio di Maione di Bari, re Guglielmo I si dedicò allo svago e al riposo (otio quietique vaca[bat]), chiedendo ai suoi consiglieri di non dargli nessuna notizia triste e, secondo l'esempio paterno, decise di edificare un nuovo palazzo simile alla Favara. Ma morì improvvisamente. Sembra dunque che il re avesse bisogno di riposo e di svago per essere in grado di compiere il suo dovere. L'espressione usata sotto Federico II non mirava chiaramente a far credere che l'imperatore non governasse, tanto che si applica anche al palazzo di Foggia, dove spesso erano concentrati molti uffici della Curia. Ma la nozione di svago deve essere messa in rapporto con quella di serenitas che, richiamandosi probabilmente ad autori del VI sec., l'imperatore applica alla propria maestà. Nel 1240, convocò i rappresentanti delle città e dei castra a Foggia non certo per discutere dello stato del Regno, bensì per "serenitatem vultus nostri respic[ere]" (Il registro della cancelleria, 2002, nr. 651, p. 621). Il compito del sovrano dunque era di conservare la serenità necessaria al compimento del suo ruolo, di origine divina. L'imperatore non condivideva più un palatium con i suoi consiglieri e funzionari, perché la sua natura era diversa come i suoi bisogni; il modello delle residenze suburbane prevalse su quello del palazzo urbano.
Un tipo particolare ‒ e nobile ‒ di svago spinse Federico a stabilirsi in Capitanata: la caccia con il falcone. Di origine persiana, probabilmente introdotta in Sicilia dagli arabi, già praticata da re Tancredi, ispirò all'imperatore il De arte venandi cum avibus. Nella pianura del Tavoliere, spesso paludosa, gli uccelli erano numerosi. Inoltre, la presenza dell'acqua svolgeva già, come si è detto, un ruolo importante nelle residenze suburbane nei dintorni di Palermo.
Le domus imperiali erano talvolta ‒ ma raramente ‒ ubicate in città: così a Foggia, perché la permanenza della Curia necessitava un ambiente urbano (molti funzionari dell'imperatore abitavano in città); o anche a Fiorentino, piccola città a fianco della quale la domus prese il posto del castello normanno precedente, e probabilmente a Castellaneta. Molto spesso la domus era collegata alla campagna, e anche alcune domus designate con il nome di una città erano su-burbane: così quella di Lucera, i cui resti sono ancora visibili all'interno della grande cinta muraria fatta edificare da Carlo I d'Angiò a una certa distanza dalla città; lo stesso vale per Gravina, dove la domus è sita ad alcuni chilometri dalla città. Generalmente per le residenze imperiali si preferiva la vicinanza di un insediamento minore, tipo casale, i cui abitanti probabilmente dovevano fornire alcuni servizi. Dal 1230 Federico II fece edificare in Capitanata i nova imperialia casalia, dove fece venire coloro che risiedevano in casalia non demaniali. Con questo progetto fondò il casale di Ordona, vicino all'omonima città antica scomparsa nei secc. VI-VII e a un castello normanno dell'XI secolo. Sembra che sia stata la chiesa di questo castello, rimaneggiata, a svolgere la funzione di domus imperiale.
Certo le domus di Capitanata e di Basilicata ‒ per quanto si può sapere (gli edifici superstiti sono piuttosto rari) ‒ non erano ispirate all'architettura araba. In realtà, la loro forma, la cui costruzione si deve probabilmente (come a Foggia) a maestranze locali, è estremamente varia. Inoltre, la concezione che è alla base di questi edifici si è evoluta durante il regno: la domus di Foggia è stata iniziata nel 1223, Castel del Monte nel 1240.
In primo luogo, prendiamo in considerazione le domus di Foggia e del pantanum (o vivarium) Sancti Laurentii, in quanto sembrano riprodurre il dualismo palermitano palazzo nuovo-residenze suburbane. È inoltre possibile che altre domus vicine a Foggia (come, ad esempio, Sanctus Spiritus de Gulfuniano e l'Incoronata) si ispirino alle residenze dei dintorni di Palermo, ma non hanno lasciato nessuna traccia, né nella documentazione scritta, né, a quanto sembra, in quella archeologica.
Della domus di Foggia restano soltanto il grande portone d'ingresso e un'epigrafe, che sono stati spostati e murati nel palazzo Arpi (Museo Civico), sicché ignoriamo dove originariamente si ergesse la domus, della quale abbiamo solo alcune descrizioni, tutt'altro che precise. Altre descrizioni di età angioina ci danno un'idea della domus pantani Sancti Laurentii, che probabilmente occupava un posto situato oggi al limite della zona urbana di Foggia; sappiamo infatti che era collocato tra Foggia e il castrum di San Lorenzo in Carminiano. Ora, in questa zona a sud-sud-est di Foggia, la carta segnala una masseria Pantano e una porta Palazzo. Invece, il sito descritto da Arthur Haseloff (1920) risulta essere non quello della domus, ma quello del castrum.
Il portone del palazzo di Foggia è molto imponente: 7,38 m di altezza e 3,20 m di larghezza. Si compone di due pilastri con una mensola scolpita e di un archivolto decorato a foglie d'acanto sorretto da due capitelli a forma di aquila con le ali spiegate. Le iscrizioni dell'epigrafe dicono che fu edificato, dietro ordine imperiale, dal protomagister Bartolomeo e che fu iniziato nel giugno 1223. Bartolomeo è forse il padre di Nicola, autore del pulpito della cattedrale di Ravello e probabilmente dei quattro capitelli della cripta di S. Maria di Foggia: furono dunque maestranze locali a edificare la domus (nella voce Nicola di Bartolomeo da Foggia, in Enciclopedia dell'Arte Medievale, Roma 1997, VIII, pp. 685-687, F. Aceto ha negato l'identificazione del protomagister Bartolomeo col padre di Nicola). L'iscrizione posta sulla cornice inferiore dell'epigrafe recita: "HOC FIERI IUSSIT FREDERICUS CESAR UT URBS SIT FOGIA REGALIS SEDES IMPERIALIS". Gli scarsi dati forniti dai registri angioini sembrano dimostrare una parentela fra la domus di Foggia e il palazzo palermitano.
Secondo un testo del 1273, scritto in occasione del matrimonio, celebrato a Foggia, di Beatrice, figlia di Carlo I d'Angiò, con Filippo, figlio primogenito dell'ultimo imperatore latino di Costantinopoli, il palazzo comprendeva un hospitium, cioè un edificio residenziale principale, ma anche numerosi altri fabbricati (domus quamplures) disseminati in uno spazio non esiguo: Carlo I aveva fatto sistemare logias magnas (probabilmente delle tende) per i numerosi invitati, per i quali aveva anche ordinato quarantamila scodelle di legno. Come a Palermo, dunque, un grande edificio e altri minori erano sparsi in uno spazio importante, che sicuramente era circondato da un muro; ma le dimensioni del portone conservato (che probabilmente permetteva di valicare il muro di cinta) fanno supporre che non si trattasse di una vera e propria opera di difesa: l'ingresso sembra solenne piuttosto che fortificato. La domus non era situata nel quartiere di S. Maria; forse si trovava, come a Palermo, al margine dell'insediamento. La domus di Foggia, munita di colonne di marmo, fu ancora restaurata nel 1281 e nel 1328, ma era già in rovina nel Cinquecento. Ricerche sono in corso sul suo presunto sito.
Quanto alla domus pantani (o vivarii), sembra richiamare abbastanza apertamente la Favara (il cui lago è chiamato vivarium da Romualdo Salernitano). Ubicata tra Foggia e S. Lorenzo in Carminiano, nel 1255 venne a trovarsi fra le truppe di Manfredi e l'esercito pontificio, che la privò di tutto il legno per edificare palizzate difensive intorno a Foggia, sprovvista di mura. Sembra essere stata edificata poco dopo quella di Foggia: l'imperatore vi soggiornò nel 1229 e nel 1230. Niccolò Jamsilla ne parla come di edifici assai belli: "domus valde pulchras" (1726, col. 573); alla metà del Trecento è descritta come uno spazio circondato da un muro, con numerosi edifici (domus quamplures), un lago o stagno (pantanum aque), artificialmente rifornito tramite una condotta (come alla Zisa), e popolato da daini, come in un parco dei dintorni di Palermo, secondo Romualdo Salernitano; Villani la chiama "parco dell'uccellagione" (cf. Haseloff, 1920, p. 79), senza dubbio perché vi si praticava la caccia con il falcone. L'importanza degli edifici dislocati nel parco della domus pantani si desume dal fatto che, nel 1269, Carlo d'Angiò ordinò di costruirvi cento porte e altrettante finestre (probabilmente per riparare i danni del 1255). Si aggiunga che la domus pantani (come le residenze dei dintorni di Palermo) non ospitava alcun edificio religioso: Carlo I vi fece edificare una cappella.
Tutto sommato, a dispetto della scarsa precisione delle descrizioni, il paragone di questa domus con il palazzo di Palermo appare giustificato.
Fortunatamente, alcune altre domus fridericiane hanno lasciato tracce materiali più o meno importanti: è il caso di quelle di Lucera, Castelfiorentino (recentemente scavata), Gravina, Lagopesole, Ordona; si aggiunga Castel del Monte che, a dispetto della sua qualifica di castrum, è un tipo di edificio residenziale. Il riscontro di questi edifici evidenzia in primo luogo che, malgrado i comuni elementi di lusso, essi sono del tutto diversi sia per l'importanza che per la forma architettonica.
La domus di Castelfiorentino, o semplicemente Fiorentino, che non mancava di particolari pregevoli (finestre con colonnine scolpite, capitelli, cornicioni, vetrate policrome), era edificata su una pianta molto semplice: due lunghe aule affiancate, ma leggermente spostate, costituivano un ambiente quasi rettangolare lungo 29 m e largo 17 m, con uno spazio interno utile di 275 m2 (per il piano inferiore). Tre archi di tufo sostenevano un soffitto o una volta in ogni stanza, una delle quali era munita di due camini, mentre l'altra di banchi di pietra; i muri, rivestiti di belle pietre, erano inoltre coperti di intonaco. Il suolo era pavimentato con mattoni disposti in opus spicatum. L'edificio includeva un piano superiore, oggi scomparso, adibito a residenza. La domus non era proprio fortificata, ma non comprendeva nessuno spazio aperto; si apriva sull'esterno con quattro entrate strette e protette. Lo spazio disponibile, quello del castello normanno della città, era esiguo.
La domus di Gravina fu costruita probabilmente nel 1227. Si tratta di un edificio rettangolare, ma molto più imponente del precedente, lungo circa 58,50 m e largo 29 m, prolungato da uno spazio cinto da un muro basso e non fortificato. Si ergeva vicino a una zona allagata, abbastanza lontano dalla città. Racchiudeva anche un cortile interno. Come quella di Fiorentino, era edificata su due piani ed è probabile che la zona residenziale occupasse la parte occidentale del piano superiore; era munita di grandi finestre ad arco a tutto sesto, di un balcone, nonché di camini, di imposte, di archi ogivali e via dicendo.
Sembra che, la crociata e la permanenza dell'imperatore in Terrasanta, nel 1228-1229, abbiano portato delle novità per la costruzione dei castelli, ma anche delle residenze. Allora furono edificate, probabilmente secondo modelli ispirati dall'Oriente latino, grandi fortezze a pianta centrale (spesso quadrata), quali Castel Maniace di Siracusa, il castello di Augusta, Castel Ursino di Catania, tutti posteriori al 1232 (v. Castelli, Regno di Sicilia, architettura). Si ritiene che lo stesso modello, ma ancora più sofisticato, sia stato adoperato per la costruzione di residenze poco o per nulla fortificate. Ne conosciamo due esempi: quello di Lucera, del quale resta soltanto la base, ma che è anche raffigurato in un disegno del Settecento, quando era ancora parzialmente in piedi; quello di Castel del Monte, perfettamente conservato (e restaurato).
È probabile che, nello Statutum de reparatione castrorum, l'edificio di Lucera sia qualificato domus, ma non è sicuro, in quanto la città e i suoi dintorni ospitavano due castra e una domus. Invece è certo che Castel del Monte è qualificato come castrum, anche se è poco difeso e non veramente fortificato; il che dimostra come la differenza fra domus e castrum non fosse chiarissima. È possibile che sia stata l'importanza dell'edificio a farlo classificare fra i castra; ma non si deve nemmeno dimenticare che altri castelli, realmente fortificati, presentano pure, all'interno, il carattere solenne che conviene a una residenza imperiale: basta richiamare il caso di Gioia del Colle.
Prima di tornare a Lucera e Castel del Monte, possiamo ricordare un altro caso ambiguo: quello di Lagopesole. Lo Statutum definisce domus questa residenza; ma si è pensato che, alla fine del regno, la domus sia stata trasformata in un castello vero e proprio. Infatti, come si vede oggi (dopo il restauro), si tratta di un grandissimo edificio fortificato, rettangolare, lungo quasi 100 m e largo circa 30, con torri agli angoli. Si organizza intorno a due cortili, uno dei quali ospita un torrione isolato, forse di età normanna. Una cappella si trova a metà del grande lato orientale. Il portone (di fronte alla cappella) è fiancheggiato da due torri; nel piano superiore si aprono grandi finestre. Sono pure visibili elementi decorativi di lusso: marmo rosso, alcune sculture figurative, mensole e capitelli scolpiti. Infine era vicino a un 'lago sospeso' che gli diede il nome. Ma è difficile decidere se si tratti di un castrum qualificato come domus per il suo evidente carattere residenziale, o di un castello edificato sul sito di una precedente domus; può anche darsi che questa residenza di montagna, edificata a un'altitudine di 828 m, sia stata concepita per resistere al freddo. Comunque la domus di Lagopesole non adotta una pianta centrale. Federico vi soggiornò pochi mesi prima della sua morte.
Meno oscura sembra la destinazione, almeno teorica, degli edifici imperiali di Lucera e di Castel del Monte, che presentano entrambi una pianta centrale e appartengono al tipo ultimo e più peculiare delle residenze imperiali, anche se l'originalità di Castel del Monte non è evidente.
Della domus di Lucera resta soltanto la base quadrata, scarpata, lunga circa 45 m. Sul disegno di Jean-Louis Desprez (1778) si vede che era alta tre piani (più un quarto interrato). Era edificata intorno a un grande cortile centrale, anch'esso quadrato; ma all'ultimo piano l'apertura sul cortile adottava una forma ottagonale (come quello di Castel del Monte); finestre geminate e triplici, ad arco acuto, si aprivano a ogni piano affacciandosi sul cortile.
Dobbiamo, infine, soffermarci su Castel del Monte, edificio perfettamente conservato, ma ben poco documentato, nel quale Federico II forse non ha mai soggiornato. Alla fine del XIII sec., Carlo I d'Angiò ne fece una prigione per i figli di Manfredi; in seguito passò a Consalvo di Cordova, e poi alla famiglia Carafa che vi abitò fino al XVII sec.; abbandonato, fu comprato nel 1876 dallo stato italiano, che lo fece restaurare.
Da Gubbio, in Umbria, il 29 gennaio 1240, l'imperatore scrisse a Riccardo di Montefusco, giustiziere di Capitanata, ordinandogli di raccogliere pietre, calce e tutto il necessario per fare la malta, poiché intendeva edificare un castrum vicino al monastero di S. Maria de Monte, nella Terra di Bari; evidentemente, il giustiziere di Capitanata era più pratico nella costruzione di palazzi imperiali rispetto al suo collega di Terra di Bari. In seguito il castrum Sancte Marie de Monte compare nello Statutum de reparatione castrorum. L'edificio, con le sue grandi finestre aperte sull'esterno, è tutt'altro che fortificato; perciò supponiamo che la qualifica di castrum si riferisca alla mole dell'edificio, non alla sua destinazione.
La posizione di Castel del Monte è bella, ma strana. È infatti sito sulle Alte Murge, a un'altitudine di 540 m, su un piccolo poggio, in un paesaggio arido e pietroso che si distingue nettamente da quello irriguo di alcune domus di pianura, ma che è anche adatto alla caccia. Dal castello si gode inoltre uno splendido panorama su tutta la parte settentrionale della Puglia, dal Gargano ai dintorni di Bari; allo stesso modo anche il castello è ben visibile da lontano. Già con la fondazione di Altamura, iniziata precedentemente, l'imperatore aveva tentato di umanizzare il paesaggio desertico delle Alte Murge; si può ipotizzare che il nuovo castello abbia rappresentato una presa di possesso simbolica, una sorta di sigillo imperiale apposto alla regione. Inoltre Castel del Monte è ubicato a meno di 20 km da Andria, dove già era stata sepolta Isabella di Brienne, morta nel 1228, e dove l'avrebbe raggiunta Isabella d'Inghilterra, scomparsa nel 1241.
Se la scelta del sito è dovuta all'imperatore, l'idea di ritenere Federico II l'architetto dell'edificio non ha il minimo fondamento. Nel suo aspetto attuale, Castel del Monte si presenta come un prisma complesso ma regolare, nel quale le linee orizzontali e verticali si equilibrano perfettamente. L'edificio ha la forma di un prisma ottagonale, in cui ciascuno degli angoli è fiancheggiato da una torre ottagonale; il centro è occupato da un cortile ottagonale. Secondo Heinz Götze (1984) l'ottagono sarebbe, una figura intermedia fra il quadrato, simbolo della terra e del potere terrestre (Roma quadrata), e il circolo, che raffigura l'infinito del cielo; simboleggerebbe, dunque, l'unione nella figura dell'imperatore del regnum e del sacerdotium. Federico conosceva senz'altro antichi edifici a pianta ottagonale, quali la Cupola della Roccia a Gerusalemme ‒ città della quale era re ‒ e la Cappella Palatina di Aquisgrana.
La complessità della struttura volumetrica di Castel del Monte consente giochi di luce e ombra. Inoltre, mentre il castello è edificato con una pietra calcarea bianca leggermente dorata, le porte e le finestre sono circondate da elementi di breccia rossa, mentre al primo piano sono state reimpiegate colonne di marmo cipollino, il cui rigonfiamento era stato raschiato.
La simmetria, carattere primario dell'edificio, è, almeno in parte, fittizia. I lati fra due torri, lunghi una decina di metri all'esterno e circa 6-7 m sul cortile, non sono uguali: quello dell'ingresso è più lungo di quello di fronte. Il grande portone, che si apre al di sopra di una doppia scalinata esterna, si presenta come un arco trionfale con un frontone acuto e due pilastri scanalati; permette l'ingresso in una prima stanza che non si apre direttamente sul cortile, il che costituisce uno dei rari elementi di difesa (paragonabile all'ingresso alla domus di Fiorentino). Una saracinesca (come a Lagopesole) poteva chiudere l'ingresso; le torri sono munite di feritoie; ma il castello non ha né fossato, né caditoie, né merloni. Invece ogni lato è provvisto di due finestre, una più piccola al pianterreno, una più grande al primo piano, circondata da una modanatura di forma rettangolare; altre finestre si aprono sul cortile.
Al pianterreno come al piano superiore, ogni lato dell'ottagono principale è occupato da una stanza a pianta trapezoidale; due archi paralleli delimitano uno spazio rettangolare, coperto da una volta a ogive, che si saldano al pianterreno su spessi pilastri rotondi, al piano superiore su gruppi di tre colonnine, con capitelli d'ispirazione francese; le chiavi di volta sono scolpite. Il gotico d'Oltralpe è ben adattato a tale architettura modulare, ma gli elementi gotici si mescolano ad altri: sculture di ispirazione classica ornavano infatti il portale e il cortile. Le stanze inferiori erano rivestite di breccia rosa; al primo piano, le finestre e una specie di armadio, che fiancheggiano i camini, presentavano lo stesso materiale; una sala ha conservato un pavimento di mosaico in marmo, di possibile origine siciliana.
A dispetto dell'aridità dell'ambiente circostante, l'acqua è presente all'interno del castello grazie a un sistema piuttosto sofisticato: la parte più alta delle torri d'angolo è costituita da cisterne sospese, che raccoglievano l'acqua pluviale della terrazza e rifornivano il castello di acqua corrente; una grande cisterna sotterranea si trovava sotto il cortile, un'altra all'esterno: anche sui gradini più alti e aridi delle Murge, l'acqua poteva dunque scorrere come alla Zisa.
Per concludere, possiamo affermare che non esiste un'unica tipologia architettonica di residenza imperiale: dal castello residenziale a Castel del Monte, dal complesso foggiano alla piccola domus di Fiorentino, i modelli sono del tutto diversi fra loro. Quel che conta è che la domus solaciorum, ispirata alle residenze suburbane di Palermo, occupa il primo posto fra le residenze imperiali, sottolineando la natura unica del sovrano, il cui modo di vita e il cui ambiente non possono essere paragonati a quelli dei suoi sudditi. Perciò, quali che siano lo stile e l'importanza delle domus, tutte presentano alcuni elementi in comune. In primo luogo il sovrano si appropria di uno spazio poco protetto, ma recintato. In questo spazio, la natura è parzialmente addomesticata, in particolare grazie all'acqua; resta selvaggia soltanto in quanto il sovrano desidera 'domesticarla' personalmente tramite la caccia. Infine, negli edifici, a Fiorentino come a Gravina, a Lagopesole come a Castel del Monte, la qualità e il lusso dei materiali e dei colori segnalano la presenza dell'imperatore.
In questo campo come in altri, l'ideologia di Federico II comportò elementi nuovi e duraturi, ma anche arcaismi, quale il carattere itinerante del governo del Regno e dell'Impero. Tuttavia l'invenzione e il moltiplicarsi delle 'case di svago' segnano una nuova tappa nell'ideologia del potere e nel suo modo di manifestarsi, e costituiscono uno dei tratti più moderni dell'eredità di Federico II.
Le domus fridericiane, ribattezzate palatia ‒ nel senso moderno della parola, quello di residenze nobiliari, non di centri amministrativi ‒, furono mantenute e regolarmente occupate da Carlo I d'Angiò, che ne edificò anche altre. Ma Carlo II si stabilì a Napoli alla fine del XIII sec., in un castello fortificato, e il declino delle domus cominciò, anche se egli conservò residenze nei dintorni della capitale (Torre S. Erasmo). Non è impossibile tuttavia che gli Angioini, collegati in particolare con i re di Francia, abbiano favorito la divulgazione del modello imperiale del palazzo.
fonti e bibliografia
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