PALEOANTROPOLOGIA (XXVI, p. 1)
Primati affini agli ominidi. - Scoperte recenti nell'Africa del Sud e nell'isola di Giava hanno fatto conoscere nuovi tipi di primati nei quali si trovano insieme commiste caratteristiche morfologiche scimmiesche ed umane in misura differente.
Australopitecidi. - Plesiantropi e Parantropi. - Nel Sud Africa dopo il trovamento (1924) presso Taungs di un cranio infantile dell'Australopithecus africanus descritto da Dart, sono seguiti i rinvenimenti del Plesianthropus transvaalensis a Sterkfontein (1936) e del Paranthropus robustus a Kromdraai (1938) così detti da Broom, rappresentati da cranî incompleti con qualche scarsissimo frammento del resto dello scheletro. Essi vengono attribuiti al Pliocene da Breuil e sono riuniti insieme con l'Australopithecus nel gruppo Australopithecinae da Gregory ed Helmann. Broom vuole che siano ominidi primordiali e loro attribuisce insieme con l'attitudine bipede, la capacità di utilizzare strumenti per una appropriata struttura delle mani; mentre Schepers, che ha studiato la morfologia del cervello attraverso il calco endocranico, crede che abbiano avuto un certo linguaggio articolato e funzioni psichiche già umane. Ma non si può giungere a tanto. Si tratta di scimmie superiori che si separano dagli antropoidi conosciuti per la forma umanoide dei denti, per la fossa mandibolare e zona circostante (timpanico), con volume cerebrale ridotto che non supera quello del gorilla nel più evoluto, il Parantropo, ed è discutibile che abbiano avuto posizione eretta, sia per la ubicazione del foro occipitale che è molto arretrato, sia per la morfologia dell'astragalo.
Pitecantropi. - Alle antiche scoperte di Dubois seguirono quelle di v. Koenigswald con le quali il quadro dei Pitecantropi, cioè degli uomini-scimmie, si complica. Alla fine del secolo scorso, con i rinvenimenti del Pithecanthropus erectus (cranio I - calotta 1891), si ebbe la prova dell'esistenza di un primate intermediario tra uomo e scimmia, e mentre è ancora vivo il dibattito se esso sia già un uomo o ancora una scimmia, in seguito ai trovamenti di v. Koenigswald si conferma l'esistenza di questa forma intermedia (cranio II di Bapang 1937; cranio III di Sangiran 1938; mandibola B di Sangiran) per le caratteristiche morfologiche del cranio ed il volume ridotto del cervello e la morfologia di questo (scimpanzoide per Kappers). Si aggiungono ora le prove dell'esistenza di altri primati affini con aspetti più primitivi, come il Pithecanthropus robustus (cranio IV di Sangiran 1939) ed ancora di altri fossili ritenuti giganteschi rappresentati da un frammento di mandibola con denti umanoidi (Sangiran 1941) attribuito da v. Koenigswald ad un ominide da lui detto Meganthropus palaeojavanicus. Infine tre denti molari assai grandi umanoidi, trovati da v. Koenigswald presso una farmacia cinese e da lui ascritti ad un primate gigantesco, il Gigantopithecus blacki (1935), sono ritenuti da Weidenreich pure appartenenti ad ominidi giganti. Se un giudizio definitivo su queste ultime scoperte sembra prematuro per la loro insufficienza, si esclude intanto che questi primati giganteschi siano ominidi.
Gli ominidi. - Con questo termine si vogliono soltanto indicare i tipi di primati ai quali sono riconosciuti gli attributi somato-psichici dell'uomo. Gli uomini più antichi sono costituiti o da forme che oggi sono completamente scomparse, o da forme che oggi sono rappresentate dai viventi, o che almeno con queste hanno evidenti e strette affinità. Gli uomini di forme del tutto scomparse sono da S. Sergi distinti in due gruppi: i protoantropi o primi uomini ed i paleantropi che vengono più tardi. Gli uomini di forme attuali appartenenti a razze sia estinte, sia viventi, sono denominate da S. Sergi faneratropi, cioè che possiedono forme le quali cadono ancora oggi sotto i nostri occhi (ϕανερός = manifesto, visibile). Non conviene usare per questi il termine di neantropi (uomini nuovi) che pregiudica la loro posizione nel tempo rispetto alle forme scomparse, problema che è dibattuto.
I protoantropi. - Le forme più primitive e da tutti riconosciute indubbiamente come umane appartengono al Pleistocene antico e fino ad ora sono rappresentate dal Sinantropo della Cina e dall'uomo di Mauer (Heidelberg) del centro di Europa. Esse dimostrano che gli uomini almeno già da mezzo milione di anni hanno occupato regioni estremamente distanti dell'Eurasia. Il Sinantropo di Pechino è un protoantropo asiatico, l'uomo di Mauer è un protoantropo europeo. A questi si può aggiungere un protoantropo africano, l'Africanthropus njarasensis, con le dovute riserve per quanto riguarda la esattezza della ricostruzione che ne ha fatto Weinert, che si è servito per essa di numerosissimi frammenti di tre cranî, rinvenuti (1935) da Kohl-Larsen presso il lago Njarasa (Africa Orientale), molto fossilizzati, di età incerta (medio-pleostocenici?). Il cranio risulta di piccola capacità (1100 cmc. ?) e con aspetti morfologici intermedî tra il Sinantropo ed il cranio di Saccopastore I.
I paleantropi del Pleistocene medio ed il tipo di Neandertal. - In un tempo geologico più avanzato, nel Pleistocene medio, compaiono nuovi tipi umani, anch'essi oggi estinti e che si assomigliano per la convergenza di alcune loro caratteristiche. Questi sono i paleantropi che spaziano in tutto il vecchio mondo, Europa, Asia, Africa (mentre l'America e l'Australia non risultano ancora abitate dall'uomo) e che sono meglio conosciuti dei protoantropi, perché rappresentati da resti più numerosi e più completi. Le varie forme paleantropiche (che qualcuno persiste ancora a chiamare tutte neandertaliane) si distinguono per la loro morfologia che si svolge secondo piani strutturali differenti. Ad esse appartengono il paleantropo di Neandertal di Europa (Pal. neandertalensis = Homo neandertalensis), il paleantropo di Ngandong di Giava (Pal. soloensis = Homo soloensis), il paleantropo di Palestina (Pal. palestinus McCown-Keith = Homo palestinus), il paleantropo della Rhodesia (Pal. rhodesiensis = Homo rhodesiensis). I paleantropi europei, detti più comunemente neandertaliani, sono rappresentati da forme diverse che appartengono a momenti differenti del Pleistocene medio, cioè quello di Steinheim (preneandertaliano, secondo Weinert) che rimonta al secondo glaciale (Riss, tra I e II stadio) se non più indietro (Soergel), quelli di Ehringsdorf, Krapina, Saccopastore dell'interglaciale Riss-Würm e quelli ancora più tardivi di Neandertal, Spy, La Chapelle, La Ferrassie, Circeo dell'ultimo glaciale, il würmiano, nel quale si estinguono. Nuova luce in questi ultimi anni è stata portata al problema dei paleantropi, e particolarmente di quelli europei, dalle scoperte fatte in Italia. Il primo trovamento di paleantropo (S. Sergi) è costituito da un cranio senza mandibola (Saccopastore I) estratto da una cava di ghiaia nel 1929 a Saccopastore (località di Roma a tre km. fuori porta Pia) insieme con i resti di grandi mammiferi estinti, Elephas antiquus, Rhinoceros Merki e Hippopotamus maior e frammenti di ossa di mammiferi con segni di frattura intenzionale ad un livello del deposito fluviolacustre corrispondente all'interglaciale Riss-Würm. Il cranio (ved. fig. 1) ricuperato in un solo pezzo conserva intera la base e la parte più cospicua della faccia. Nonostante alcune mutilazioni che interessano le regioni sopraorbitarie e le arcate zigomatiche esso è uno dei fossili umani più antichi meglio conservati. Un secondo cranio (Saccopastore II, fig. 2), frammentario ed incompleto, fu rinvenuto (A. C. Blanc e Breuil) nella stessa località nel 1935. Restaurato da S. Sergi, risulta conservato in gran parte della faccia e nella porzione basale del cranio cerebrale. Nello stesso livello, nel quale si trovava, insieme con la fauna dei grossi mammiferi sopraddetti, furono estratti (1936) alcuni strumenti di selce e di diaspro di tipica fattura mousteriana. Un nuovo cranio di paleantropo venne rinvenuto (A. C. Blanc) nel 1939 sul suolo di una grotta del Monte Circeo, il cui ingresso era stato suggellato da una frana fino dall'epoca nella quale vi era stato deposto. Il cranio (Circeo I, fig. 3), conservato in massima parte, presenta alla base un'ampia mutilazione determinata artificialmente, per estrarne il cervello, al momento della morte. La forma della mutilazione è in modo sorprendente simile a quella che si riscontra in cranî di melanesiani moderni, che hanno subìto lo stesso trattamento ed il cui cervello è servito di pasto. La stessa pratica di cannibalismo era evidentemente in uso presso l'uomo del Circeo, collegata ad un rito magico, come è attestato dalla posizione nella quale fu trovato il cranio, circondato da un cerchio di pietre. Questo rituale rivela una caratteristica del tipo di civiltà posseduta da quest'uomo. Nella stessa grotta fu trovata una mandibola umana incompleta, che appartiene ad un altro individuo (Circeo II) dello stesso tipo al quale appartiene il cranio. I resti umani rinvenuti nella grotta vennero deposti dopo la regressione marina del Würm I, e dopo il suo riempimento quasi totale, e cioè rimontano a circa 70.000 anni, calcolati secondo la curva delle oscillazioni delle radiazioni solari di Milankovitch (A. C. Blanc). Applicando la stessa curva per la determinazione dell'età dell'uomo di Saccopastore, questo probabilmente risale a 130.000 anni.
L'uomo di Saccopastore si distingue da quello del Circeo. Il primo ha un volume cerebrale ridotto, è oligoencefalico, il secondo ha un volume cerebrale molto grande, alquanto superiore a quello medio degli europei attuali. Nel primo la flessione della base è pronunciata, nel secondo è ridotta. La forma della faccia del primo è diversa da quella del secondo per la morfologia generale del mascellare e quella particolare delle regioni orbitale, nasale ed alveolare, e per la posizione dello zigomatico.
L'Italia con i suoi reperti ha fornito i documenti della progressiva esistenza sul suo suolo di forme differenti di paleantropi che si sono seguite in età successive: Saccopastore è un uomo dell'interglaciale (Riss-Würm), Circeo è un uomo dell'ultimo glaciale (Würm). Nell'interglaciale europeo si manifesta una estrema politipia paleantropica (Gibilterra, Saccopastore, Krapina, Ehringsdorf), più tardi nell'ultimo glaciale sopravvive un tipo terminale costituito da paleantropi con grande volume cerebrale e con caratteri peculiari della faccia (La Chapelle, Circeo). Nell'esteso polimorfismo dei reperti dell'interglaciale si trovano, accanto a caratteristiche più primitive, caratteri che appartengono già alla linea evolutiva dei fanerantropi, cioè degli uomini attuali. Il tipo terminale del glaciale, al quale appartiene la calotta di Neandertal e di cui è paradigma l'uomo del Circeo, si estingue senza ulteriore continuità con i fanerantropi. A quest'ultimo tipo dovrebbe essere unicamente conservato l'appellativo di neandertaliani, perché corrisponde a quello della famosa calotta da cui ha preso il nome.
Antichità dei fanerantropi. - Assai incerta e discussa è la presenza dei fanerantropi (Homo sapiens) nel Pleistocene medio ed ancora più problematica nel Pleistocene antico, pur essendo molto verosimile la loro presenza, mentre vanno scomparendo i paleantropi, nel tardo Pleistocene medio, nel quale il cranio dell'Olmo (Arezzo) potrebbe ancora essere collocato con le debite riserve. Ma fino ad ora non si possiedono reperti sui quali non gravino opinioni fortemente contrastanti, o per la loro dubbia posizione stratigrafica, e quindi l'età geologica, o per la loro incompletezza, insufficiente per formulare un giudizio probativo. Tali sono i reperti di Kanam e di Kanjera al nord est del Lago Vittoria (Africa) attribuiti rispettivamente al Pleistocene più antico ed al medio (Leakey); essi sono da scartare per la mancata conferma geologica (Bosswell). Permane insoluto il problema di Piltdown tanto che di recente (1946) Weidenreich propose di non prenderlo in considerazione, mentre Boule e Vallois dichiaravano (1946) che la sua interpretazione resta dubbia su punti fondamentali. Gli unici resti di un cranio a caratteri fanerantropici, l'occipitale con uno dei parietali, rinvenuti (1935) a Swanscombe (Kent) in uno strato pleistocenico della riva del Tamigi attribuito ad un interglaciale con industria acheuleana, non permettono che si concluda per la assoluta appartenenza ai fanerantropi, perché non si conosce il resto del cranio che potrebbe pure avere caratteri paleantropici (Morant), come è già stato dimostrato per il cranio di Steinheim. Un occipitale frammentario rinvenuto (1935) a Quinzano (Verona) di notevole spessore come quello di Swanscombe, descritto da Battaglia, con morfologia fanerantropica e attribuito al Riss-Würm, è incerto per la sua posizione stratigrafica e quindi per l'età geologica nonché per lo stato di fossilizzazione.
Nel Pleistocene superiore non si incontrano più i paleantropi, e tutti i continenti compresa l'America e l'Australia risultano abitati solamente da fanerantropi (Homo sapiens), cioè da uomini che sono senza dubbio legati geneticamente agli attuali. Sono questi i fanerantropi fossili di Grimaldi, Combe Capelle, Brünn, Cro-Magnon, Chancelade (Europa); Shukbah e Athlit (Palestina); Wadjak (Giava); Elmenteita, Oldoway (Kenia); Boskop, Springbok, Fish Hock, Cape Flats (Sud Africa); Mechtael-arbi, Afalu-bu-rummel (Algeria); Talgai, Cohuna (Australia); Punin (Equador) e Lagoa Santa (Brasile). La straordinaria e generale polimorfia dei fanerantropi appare così in tutta la sua estensione al chiudersi del Pleistocene già con le differenze etniche in più linee corrispondenti alle speciali divisioni raziali dell'ecumene attuale. Le cosiddette razze umane attuali sono fin da allora in evoluzione.
Antropogenia. - Dal complesso dei fossili scoperti risulta che l'uomo non si può fino ad ora riannodare ad un phylum nel quale si veda un solo tipo di precursore alle sue origini come il tronco da cui si dipartono i rami. Si intravede ad ogni modo che i varî stadî di sviluppo delle razze umane hanno legami di interdipendenza, ma le origini delle connessioni ed i fattori da cui esse sono condizionate non possono essere fissate allo stato delle conoscenze attuali.
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