PALEOGRAFIA (XXVI, p. 34)
Dopo il 1935 ricerche ulteriori nel campo della p. hanno non soltanto offerto risultati parziali di grande interesse e aperto prospettive nuove per taluni problemi, ma addirittura sovvertito il quadro tradizionale del procedimento storico della scrittura: e per quanto numerosi studî rivelino tuttora una continua oscillazione tra il vecchio e il nuovo, almeno il principio del carattere unitario del fenomeno grafico in ogni sua manifestazione si è ormai affermato in maniera incontestabile, al punto che non è più possibile accedere alla definizione stessa della p. che ne limitava il campo alle scritture "dei documenti di carattere non monumentale": non solamente i papiri, ma anche le epigrafi costituiscono anzi il materiale su cui maggiormente si è accentrata la ricerca prettamente paleografica, mentre papirologia ed epigrafia hanno acquistato sempre più un carattere esclusivamente contenutistico.
Tale rinnovamento, peraltro, si è manifestato in prevalenza - per non dire esclusivamente - nel settore della p. latina, mentre i paleografi greci (o meglio i papirologi e bizantinisti che si sono occupati di storia della scrittura) sono rimasti sostanzialmente ancorati alla vecchia tripartizione (onciale - corsiva - minuscola), senza verificarne la legittimità e senza entrare nel vivo dei problemi che il modificarsi non tanto delle forme quanto dell'intero sistema grafico comporta. Si può dire tuttavia che è maturo il tempo per una revisione radicale anche in rapporto alla storia della scrittura greca: lo lasciano prevedere sia la constatazione che certi punti di vista non sono più sostenibili in seguito ai nuovi orientamenti dell'indagine paleografica nel terreno delle scritture latine, sia i risultati, sebbene finora molto incerti, scaturiti da indagini compiute nell'altro campo rispettivamente da una papirologa grecista (Medea Norsa) e da un paleografo latinista (Robert Marichal): soprattutto significativo, sotto questo aspetto, il saggio del Marichal, che ha cercato di superare, nel confronto scrittura greca - scrittura latina, gli elementi soltanto esteriori per puntare invece sull'essenza stessa del fenomeno grafico. Altro sintomo di rinnovamento si può scorgere nell'avvertita esigenza di una più rigorosa terminologia non tanto negli appellativi delle scritture quanto nel vocabolario tecnico usato per la descrizione degli elementi e dei processi grafici: le soluzioni proposte da André Bataille non sono forse del tutto e sempre soddisfacenti, ma rivelano tendenze ancora piuttosto nebulose e tuttavia suscettibili di sviluppi a breve scadenza.
Per il resto i paleografi greci hanno affrontato di preferenza questioni di dettaglio, studiando singoli manoscritti o tentando, tutt'al più, l'identificazione di caratteristiche proprie di un determinato centro scrittorio.
Nel campo della paleografia latina, invece, il primo impulso rivoluzionario è venuto dalla scuola francese, che ha i suoi maggiori esponenti in Jean Mallon, Robert Marichal e Charles Perrat: fin dal 1938, muovendo dall'esame, condotto sui più antichi monumenti di scrittura latina, sia del tratteggio di alcune lettere (B, D, O, P) sia dell'orientamento dei tratti spessi a confronto con quelli sottili, che rivela l'ampiezza dell'angolo di scrittura (dato dalla posizione dell'asse dello strumento scrittorio in rapporto alla riga base dello scritto), essa giungeva a stabilire che tra il 1° e il 2° sec. d. C. si era verificato un vero e proprio capovolgimento nel sistema grafico e di conseguenza tutta la classificazione delle scritture dell'età romana e altomedievale andava soggetta a revisione. Il mutamento veniva collegato, quando in forma dubitativa, quando in forma più recisa, con la sostituzione del codex al volumen, in quanto il codice, meno ingombrante del rotolo, avrebbe permesso e anzi suggerito la rotazione sinistrorsa della materia scrittoria facendo perno sullo spigolo inferiore sinistro, sicché il supporto su cui l'amanuense veniva tracciando i suoi segni non sarebbe stato più in linea con le spalle dello scrivente, bensì obliquo: circostanza non dimostrata, ma certamente suggestiva per spiegare il mutamento dell'angolo di scrittura.
Prima conseguenza di questa visione del fenomeno grafico fu il capovolgimento totale dei termini in un problema che è sempre stato alla base dell'evoluzione storica della scrittura latina: il passaggio dalla fase maiuscola alla fase minuscola, visto tradizionalmente come evoluzione interna del processo corsivo, non ammetteva più, per l'inconciliabilità dei tratteggi delle medesime lettere nelle due fasi, tale spiegazione, ma andava ricercato semmai nel filone librario, che conduce diritto fino alla carolina, mentre gli esempî corsivi rivelano, tra maiuscola e minuscola, uno iato incolmabile.
A questo punto le posizioni dei paleografi francesi cominciarono però a divergere tra loro, e mentre il Mallon, sviluppando fino al punto estremo la sua teoria, ha indicato come terreno della trasformazione la "scrittura comune", diversa sia dalla capitale classica (quella chiamata fino allora "capitale rustica", limitatamente però agli esempî più rigidamente canonizzati) sia dalla corsiva, e documentata in maniera tipica dal P. Oxy, I, 30 (frammento membranaceo del De bellis Macedonicis) per il sistema antico (scrittura comune classica) e dal P. Oxy, IV, 668 (frammento papiraceo dell'Epitome di Tito Livio) per il sistema modificato (scrittura comune nuova), il Marichal ha riferito in un primo tempo il fenomeno alla scrittura libraria in genere (e per di più calligrafica), mentre in seguito ha parlato di "corsiva libraria", una scrittura cioè non costretta da canoni come la capitale pura, ma tuttavia sufficientemente stilizzata da dare rilievo al contrasto tra linee ingrossate e linee sottili.
Nella controversia si è inserito, con idee nuove, l'italiano Giorgio Cencetti, il quale ha introdotto il concetto di "scrittura usuale" costituita dagli elementi costanti e comuni (in primo luogo il modello ideale, lo schema a cui le singole lettere si adeguano come a una norma: più di recente il Cencetti ha adottato il termine di scrittura "normale" in luogo di "usuale") che uniscono le scritture individuali di una stessa epoca e di uno stesso ambiente: aperta a tutte le tendenze grafiche, la scrittura usuale è suscettibile di canonizzazioni sia cancelleresche sia librarie, a seconda delle esigenze che via via si manifestano, come pure di corsivizzazioni di grado diverso.
Il capovolgimento nel sistema grafico non sarebbe ricostruibile nel suo processo evolutivo né seguendo esclusivamente il filone librario né basandosi soltanto su quello corsivo: esso sarebbe avvenuto nell'ambito della scrittura usuale; quanto alla causa, pur senza pronunciarsi in maniera categorica, il Cencetti sembra propendere, piuttosto che per la sostituzione del codice al rotolo, per una mutata posizione della mano e del braccio dello scrivente (mano posata, anziché sollevata come nelle scritture incise o a graffio) o per un diverso taglio della punta del calamo. Sviluppato sistematicamente, il concetto di "scrittura usuale" investe poi anche i problemi connessi con l'origine delle singole scritture medievali e rinascimentali, mentre la "scrittura comune" del Mallon porta a una serie di negazioni successive per cui, almeno come posizione transitoria, viene abolita la distinzione tra maiuscola e minuscola, vengono assai ristretti i campi della capitale e dell'onciale, negata l'esistenza di una semionciale (indicata in un primo tempo come "minuscola primitiva"), lasciata nel dubbio la possibilità e la legittimità di distinguere le varie scritture nazionali.
La posizione più valida sembra dunque quella del Cencetti, nella quale tuttavia sarà opportuno inserire un nuovo elemento, tenendo separati i concetti di "scrittura usuale" e di "scrittura normale": quest'ultima va intesa come uno schema astratto, non documentato nelle manifestazioni pratiche di scrittura e tuttavia reale come le lettere-tipo degli odierni sillabarî, caratterizzato da un rapporto preciso nel numero, nella successione, nella direzione e nello sviluppo dei tratti dei singoli segni letterali; la scrittura usuale è invece qualcosa di molto vicino alla "scrittura comune" del Mallon, è la scrittura dell'uso quotidiano in tutte le sue multiformi manifestazioni che, lasciata libera da rigidi canoni scolastici, modifica, inconsciamente e in maniera più o meno evidente, misura, numero, successione e direzione dei tratti, e finisce con il mutare anche la forma delle lettere; in questo processo la scrittura "usuale" si discosta quindi dalla "normale" fino a non trovare più alcun riscontro tra la morfologia dei segni realizzati sulla materia scrittoria e lo schema ideale da cui aveva preso le mosse: di qui la necessità di cambiare, di ridimensionare quello schema secondo strutture più aderenti alla situazione concreta; la scrittura normale assume così nuovi moduli, che aprono la via da un lato a canonizzazioni diverse dalle precedenti, dall'altro a nuove applicazioni usuali.
Il panorama della scrittura latina nel suo procedimento storico presenta quindi aspetti assai diversi da quelli teorizzati alcuni decennî fa. Per l'età più antica, a parte il problema del passaggio dalla fase maiuscola a quella minuscola, va rilevato che la cosiddetta capitale elegante, già considerata come la più antica canonizzazione grafica latina, è da ritenersi invece un caso isolato, un esercizio calligrafico in deroga al canone della capitale e non anteriore al 4° secolo; che l'onciale - sussistano o meno nella sua formazione influenze della scrittura greca - rappresenta una canonizzazione della scrittura normale nuova (minuscola) con tendenza alla monumentalità (e molti esempî già classificati sotto questa denominazione rappresentano in realtà stadî intermedî tra le forme usuali e le forme canonizzate); che la semionciale non è una scrittura a sé, bensì l'insieme di manifestazioni calligrafiche del nuovo sistema o piuttosto una scrittura avviata alla canonizzazione sulla base della normale nuova, ma interrotta nel suo processo evolutivo dal frantumarsi dell'Impero romano e dal conseguente insorgere del particolarismo grafico; che la cosiddetta cancelleresca imperiale ("litterae caelestes") non è una stilizzazione della minuscola corsiva, ma piuttosto della corsiva antica, cioè un processo di canonizzazione cancelleresca della scrittura normale classica; al sistema maiuscolo appartiene anche la cosiddetta "scrittura grande", tramandata nel primo rigo di alcuni papiri ravennati del 6° e 7° secolo d. C., contenenti protocolli di gesta municipalia, scrittura considerata fino a qualche tempo fa misteriosa e soltanto adesso finalmente letta e spiegata paleograficamente da J. O. Tjäder.
Per il periodo altomedievale l'interesse degli studiosi si è concentrato di preferenza su due problemi, connessi tra loro: le scritture precaroline e l'origine della carolina. L'incertezza della terminologia e la varia molteplicità delle manifestazioni scrittorie nell'età tra il 6° e l'8° secolo hanno dato alimento a numerose discussioni che però, a parte l'atteggiamento negativo del Mallon e il tentativo di chiarire talune posizioni ancora suscettibili di sviluppo, non hanno portato a risultati definitivi. Si è precisato tuttavia che il termine di "precarolina" non ha significato distintivo per una scrittura particolare, ma è piuttosto una denominazione di comodo per indicare tutti gli esempî diversi dall'onciale, dalla semionciale e dalle scritture nazionali canonizzate fino all'affermazione della minuscola carolina: in questo coacervo vanno distinte alcune scritture tipizzate, proprie di determinati centri scrittorî, tra i quali si colloca ora, grazie alle ricerche del Cencetti, anche la scrittura di Nonantola. Dubbî sono stati invece affacciati a proposito dell'attribuzione a Luxeuil della scrittura che andava sotto questo nome.
Circa l'origine della carolina, la scuola francese tende a vedervi la conseguenza naturale e diretta del nuovo sistema scrittorio, mentre il Cencetti la considera il risultato di una riacquistata coscienza unitaria della scrittura normale (nuova), favorita dalle circostanze politiche e giunta a canonizzazione dopo un periodo formativo di manifestazioni parallele che arriva alla metà del secolo 9°: fino a tale data non si dovrebbe parlare di minuscola carolina ma soltanto di classe carolina (o, come suggerisce il Pratesi, di scritture precaroline, trasferendo questo termine al periodo fine dell'8°-prima metà del 9° sec. e dando così a esso un significato genetico oltre che cronologico, per eliminare l'equivoco insito nel nome secondo l'uso che fin qui ne è stato fatto: le scritture già precaroline e non tipizzate dovrebbero designarsi semplicemente come altomedievali).
Per l'età gotica va registrato il tentativo, patrocinato nel I Colloque international de paléographie, di giungere a una nomenclatura nuova dei diversi generi di scrittura documentati tra la fine del 12° e il 15° sec.: ma la terminologia proposta, basata su elementi formali e soggettivi, estranei all'essenza stessa del fenomeno grafico, ha in sé il pericolo di ridursi a mera classificazione, facendo perdere di vista il problema di fondo.
Bibl.: Si indicano i lavori più significativi pubblicati a partire dal 1935:
Repertorî bibliografici: P. Sattler e G. von Selle, Bibliographie zur Geschichte der Schrift bis in das Jahr 1930, Linz 1935; A. Pratesi, Paleografia latina, in Doxa, II (1949), pp. 167-79, 193-218. Si vedano inoltre i periodici Revue d'histoire ecclésiastique, International Bibliography of historical Sciences, e soprattutto, Scriptorium e Bullettino dell'"Archivio paleografico italiano", nuova serie, nonché la rassegna period. della Library Association: A. Esdaile, The year's work in librarianships.
Manuali: per la paleografia greca: A. Sigalas, ‛Ιστορία τῆς ‛Ελληνικῆς γραϕῆς, Salonicco 1934; R. Devreesse, Introduction à l'étude des manuscrits grecs, Parigi 1954. Per la paleografia latina: H. Förster, Mittelalterliche Buch- und Urkundenschriften..., Berna 1946; A. C. Floriano Cumbreño, Curso general de paleografía y diplomática españolas, 2 voll., Oviedo 1946; H. Fichtenau, Mensch und Schrift im Mittelalter, Vienna 1946 (Veröffentlichungen des Instituts für österreichische Geschichtsforschung, 5); H. Förster, Abriss der lateinischen Paläographie, Berna 1949; G. Battelli, Lezioni di paleografia, 3ª ed., Città del Vaticano 1949; B. Bischoff, Paläographie, mit besonderer Berücksichtigung des deutschen Kulturgebiets, in Deutsche Philologie im Aufriss, Berlino 1950, coll. 379-452; G. Cencetti, Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna (1954-56; in litografia).
Raccolte di facsimili: greci: K. e S. Lake, Dated greek minuscule manuscripts to the year 1200, 10 fasc., Boston Mass., 1934-39 (Monumento palaeographica vetera, First Series, I-X); M. Norsa, La scrittura letteraria greca dal secolo IV a. C. all'VIII d. C., Firenze 1939 (Pubblicazioni della Scuola normale superiore di Pisa); C. H. Roberts, Greek literary hands. 350 B.C.-A.D. 400, Oxford 1956. Latini: Oltre alla continuazione, dell'Archivio paleografico italiano, E. A. Lowe, Codices latini antiquiores, Oxford, dal 1934 (manoscritti anteriori al sec. 9°, presentati secondo il criterio geografico della conservazione attuale: in continuazione); A. Bruckner, Scriptoria medii aevi Helvetica, Ginevra, dal 1935 (in continuazione); A. Bruckner, e R. Marichal, Chartae latinae antiquiores, Olten e Losanna, dal 1954 (scritture documentarie anteriori al sec. 9°, ordinate con lo stesso criterio dei Codices del Lowe, ma con trascrizione integrale: in continuazione); J. Mallon, R. Marichal, Ch. Perrat, L'écriture latine de la capitale romaine à la minuscule, Parigi 1939; I. Kirchner, Scriptura latina libraria a saeculo primo usque ad finem medii aevi..., Monaco 1955. Si veda anche il vol. di tavole che accompagna il Catalogue des manuscrits en écriture latine portant des indications de date, de lieu ou de copiste, par Ch. Samaran et R. Marichal, I, Parigi 1959 (Comité international de paléographie). Nuove collane di codici riprodotti integralmennte: Early english manuscripts in facsimile, Copenaghen, dal 1951 (in continuazione); Umbrae codicum occidentalium sub auspiciis Societatis codicum mediaevalium studiis promovendis editae curis G. Battelli, B. Bischoff, A. Bruckner, N. R. Ker, G. I. Lieftinck, R. Marichal, Amsterdam, dal 1960 (in continuazione).
Problemi generali: R. Marichal, De la capitale romaine à la minuscule, in M. Audin, Somme typographique, I, Parigi 1948, pp. 63-111 (v. anche la Paléographie romaine del Mallon, citata più avanti); G. Cencetti, Vecchi e nuovi orientamenti nello studio della paleografia, I, in La Bibliofilia, L (1948), pp. 4-23; A. Bataille, Pour une terminologie en paléographie grecque, Parigi 1953 (in litografia); F. Bartoloni, La nomenclatura delle scritture documentarie, in Relazioni del X Congresso internazionale di scienze storiche, Roma 4-11 settembre 1955, I, Firenze [1955], pp. 434-43.
Problemi particolari: Sulla scrittura latina fino al 5° secolo e le varie questioni connesse: C. Manaresi, Nuovi orizzonti sugli sviluppi della scrittura latina nei primi secoli della nostra era, in Acme, III (1950), pp. 383-409 (riassume i risultati delle ricerche della scuola francese fino al 1950); G. Cencetti, Note paleografiche sulla scrittura dei papiri latini dal I al III secolo d. C., in Memorie dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, Classe di scienze morali, ser. v, I (1950), pp. 5-58; J. Mallon, Paléographie romaine, Madrid 1952 (Scripturae monumenta et studia, III); R. Marichal, L'écriture latine de la chancellerie impériale, in Aegyptus, XXXII (1952), pp. 336-50; id., Le B "à panse à droite" dans l'ancienne cursive romaine et les origines du B minuscule, in Studi di paleografia, diplomatica, storia e araldica in onore di Cesare, Manaresi, Milano 1953, pp. 347-63; Ch. Perrat, Paléographie romaine, in Relazioni del X Congresso cit., pp. 345-84; R. Marichal, L'écriture du Paul de Leyde, in Pauli Sententiarum fragmentum Leidense, Leida 1956 (Studia Gaiana, IV), pp. 25-57.
Per i rapporti tra scrittura greca e scrittura latina: M. Norsa, Analogie e coincidenze tra scritture greche e scritture latine nei papiri, in Miscellanea Giovanni Mercati, VI, Città del Vaticano 1946 (Studi e testi, 126), pp. 105-21; R. Marichal, L'écriture latine et l'écriture grecque du Ier au VIe siècle, in L'Antiquité classique, XIX (1950), pp. 113-44; F. Masai, La paléographie gréco-latine, ses taches, ses méthodes, in Scriptorium, X (1956), pp. 281-302.
Per la scrittura epigrafica: J. S. e A. E. Gordon, Contributions to the palaeography of latin inscriptions, Berkeley e Los Angeles 1957, e l'atlante degli stessi autori Album of dated latin inscriptions. Rome and neighborhood, I (2 voll.), Augustus to Nerva, Berkeley e Los Angeles 1958.
Sulla scrittura latina fino alla minuscola carolina: J. O. Tjäder, La misteriosa "scrittura grande" di alcuni papiri ravennati..., in Studi romagnoli, III (1953), pp. 173-221; id., Die nichtliterarischen lateinischen Papyri Italiens aus der Zeit 445-700, 2 voll., Lund 1954-1955; F. Bartoloni, Note paleografiche. Ancora sulle scritture precaroline, in Bullettino dell'Istituto storico italiano per il medio evo e Archivio muratoriano, 62 (1950), pp. 139-57; A. Pratesi, Note per un contributo alla soluzione del dilemma paleografico: "Semicorsiva o precarolina?", in Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Bari, III (1957), pp. 159-69; G. Cencetti, Scriptoria e scritture nel monachesimo benedettino, in Il monachesimo nell'alto medioevo e la formazione della civiltà occidentale, Spoleto 1957 (Settimane di studio del Centro italiano di studi sull'alto medioevo, IV), pp. 187-219; P. Rabikauskas, Die römische Kuriale in der päpstlichen Kanzlei, Roma 1958 (Miscellanea historiae pontificiae, XX, n. 59); F. Masai, Essai sur les origines de la miniature dite irlandaise, Bruxelles [1947], (les publications de Scriptorium, I); id., Pour quelle église fut exécuté le lectionnaire de Luxeuil?, in Scriptorium, II (1948), pp. 37-46; C. Charlier, Note sur les origines de l'écriture dite de Luxeuil, in Revue bénédictine, LVIII (1948), pp. 149-57; E. A. Lowe, The "Scripts of Luxeuil", a title vindicated, in Revue bénédictine, LXIII (1953), pp. 132-42; G. Cencetti, Postilla nuova a un problema paleografico vecchio: l'origine della minuscola "carolina", in Nova historia, VII (1955), pp. 9-32; B. Bischoff, Paläographie der abendländischen Buchschriften vom V. bis zum XII. Jahrhundert, in Relazioni del X Congresso cit., pp. 385-406.
Sulle scritture del periodo gotico e rinascimentale: J. Destrez, La pecia dans les mss. universitaires du XIIIe et du XIVe siècle. Premier colloque international de paléographie latine..., Parigi [1954] (Colloques internationaux du Centre national de la recherche scientifique. Sciences humaines, IV); G. Post, A general report: Suggestions for future studies in late medieval and renaissance latin paleography, in Relazioni del X Congresso, cit., pp. 407-23; I. Hajnal, L'enseignement de l'écriture aux Universités médiévales, 2ª ed., Budapest 1959; B. L. Ullman, The origin and development of humanistic script, Roma 1960.
Sulle abbreviazioni: D. Bains, A supplement to Notae Latinae, Cambridge 1936; A. Mentz, Geschichte der Kurzschrift, Wolfenbüttel [1949]; A. H. R. Paap, Nomina sacra in the greek Papyri of the first five centuries A. D. The source and some deductions, Leida 1959 (Papyrologica Lugduno-Batava, VIII).