PALEOLOGHI
Ultima dinastia bizantina, che resse l'impero tra il 1258 e il 1453 - anno della caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi -, dando vita, nonostante la forte decadenza politica e istituzionale, a una fase di persistente vitalità culturale e artistica.Il fondatore della dinastia, Michele Paleologo, rappresentante di una famiglia della nobiltà terriera di antico lignaggio, destituì l'erede lascaride al governo bizantino in esilio, costituitosi a Nicea dopo la conquista latina di Costantinopoli del 1204. Divenuto imperatore con il nome di Michele VIII (1258-1282), nel 1261 egli riuscì a sottrarre Costantinopoli al dominio crociato e veneziano. Scaltro politico, fronteggiò con successo i tentativi occidentali di rivalsa: vanificò le minacciose ambizioni di Carlo d'Angiò, negoziando con il papato il primo tentativo di riunificazione della Chiesa greco-ortodossa con quella romana (concilio di Lione, 1274) e contribuendo nel contempo a provocare l'insurrezione dei Vespri siciliani contro lo stesso Carlo (1282); la sua politica determinò tuttavia un'aspra contesa religiosa e una dura pressione fiscale all'interno dell'impero bizantino.L'attività diplomatica internazionale ad alto livello che caratterizzò il regno di Michele VIII non continuò sotto suo figlio Andronico II (1282-1328), sovrano debole, durante il cui lungo regno la politica di progressivo ripiegamento dai territori asiatici e balcanici assunse i caratteri di una vera e propria disfatta: i Serbi nei Balcani e i Turchi in Asia Minore ridussero drasticamente il territorio imperiale, mentre il dissenso all'interno della famiglia regnante determinava il diffondersi di una paralisi amministrativa. Andronico associò al governo il figlio, Michele IX (1294-1320), mentre la pressione perché egli conferisse potere anche ai figli nati dal secondo matrimonio preannunciava un processo di dissolvimento del potere centrale. Il suo inquieto nipote omonimo sfruttò il diffuso dissenso per dare inizio a una guerra civile che condusse prima a una divisione del potere e del territorio e quindi alla conquista da parte sua del diritto di successione con il nome di Andronico III (1328-1341).Nonostante l'energica attività di questo imperatore, era troppo tardi per arrestare il declino dell'impero bizantino verso una condizione di piccolo Stato locale. La sua morte prematura lasciò una situazione intricata, nella quale il primo ministro, il nobile Giovanni Cantacuzeno, poté reclamare per sé la corona, mettendo in ombra il legittimo erede Giovanni V Paleologo (1341-1391) e governando come Giovanni VI (1347-1354). Questa nuova discordia interna rese l'impero bizantino pericolosamente vulnerabile alle pressioni dei vicini Serbi e dei turchi Ottomani.Quando Giovanni VI fu costretto ad abdicare, il governo fu assunto effettivamente dal legittimo erede dinastico, Giovanni V, che si mostrò però subito privo di energia e di iniziativa, manipolato sia dai Turchi, dei quali divenne un vero e proprio vassallo, sia dagli occidentali, che ignorarono la sua richiesta di aiuto anche dopo la sua conversione al cattolicesimo. La disputa dinastica si ripeté quando egli venne sfidato prima dal figlio Andronico IV (1376-1379) e poi dal nipote Giovanni VII (1390). Logorato dalle contese, Giovanni V concesse quel che restava dell'impero al figlio più giovane, Manuele II (1391-1425).Manuele reputò impossibile un accordo con i Turchi a causa delle loro continue aggressioni e ripose la propria speranza nell'aiuto dell'Occidente, compiendo egli stesso un viaggio in Italia, Francia e Inghilterra, che si rivelò tuttavia privo di risultati. L'improvviso attacco portato ai Turchi dai Mongoli di Tamerlano fece sì che Manuele e il suo successore Giovanni VIII (1425-1448) potessero godere di alcuni decenni di tregua, ma ciò non fece che ritardare il colpo definitivo con il quale gli Ottomani avrebbero coronato il loro processo di conquista, che a quest'epoca interessava già l'antico nucleo dell'impero bizantino. Giovanni VIII ripose le sue ultime speranze nell'aiuto da parte dell'Occidente dando nuovo corpo all'ideale dell'unione della Chiesa: guidò infatti personalmente la delegazione bizantina che capitolò davanti alla Chiesa di Roma al concilio di Firenze del 1439, ma fu costretto a tornare in patria screditato e disilluso circa la capacità delle potenze occidentali di fermare i Turchi. Suo fratello minore, formalmente mai incoronato, gli successe sul pericoloso trono di Costantinopoli come Costantino XI (1449-1453) per morire sulle mura della città in occasione della conquista turca del 29 maggio 1453. I fratelli minori governarono a loro volta sul territorio bizantino di Morea, l'antico Peloponneso (v.), ancora per pochi anni, prima che i Turchi estinguessero anche questo regno.I sovrani bizantini ebbero sempre un ruolo centrale nel sostenere l'attività artistica nella loro società, e in particolare i P. furono al centro di una fioritura culturale decisamente ricca, il cui splendore contrastava con il profondo declino delle condizioni politiche ed economiche durante i quasi due secoli del loro regno.L'interesse primario della vita culturale in epoca paleologa fu comunque, specialmente nell'ambito della corte, di carattere intellettuale. Dal governo lascaride di Nicea venne ereditata una fiorente ripresa degli studi classici, dell'insegnamento e della scrittura formale. La produzione letteraria fu abbondante nell'ambito della storia, della retorica, della teologia, della filosofia e della poesia. Tale rinascita proseguì con ciclici momenti di rinnovamento fino al sec. 15°: da allora in poi le attrattive e le opportunità offerte dal movimento umanistico italiano cominciarono ad attirare verso l'Occidente gli intellettuali di Costantinopoli, che contribuirono in modo significativo al Rinascimento, soprattutto nel recupero e nella diffusione della lingua e della letteratura greca classica.A causa della disastrosa diminuzione delle loro rendite fondiarie, i P. non furono in grado di esercitare il ruolo di committenti artistici nella misura dei loro predecessori. Non sembra che Michele VIII abbia ricostituito uno scriptorium imperiale e non sembra quindi aver avuto luogo una produzione organizzata di manoscritti su diretta committenza degli imperatori, anche se indubbiamente furono elaborati dei singoli progetti (in particolare sotto Manuele II) e occasionalmente vennero emessi dalla cancelleria elaborati documenti dalla ricca decorazione.Parimenti, le scarse risorse degli imperatori ridussero infine a nulla una delle più consuete forme di committenza: la costruzione e la decorazione di edifici pubblici e in particolare di chiese. Oltre all'ampliamento della chiesa di S. Maria dei Mongoli a opera di Michele VIII, sono poche le testimonianze di attività costruttiva nella capitale, anche se esponenti non regnanti della famiglia imperiale (specialmente donne) vennero talvolta associati a fondazioni pie, specie di ambito monastico.Nel campo delle arti figurative, la dinastia, e specialmente Michele VIII, esordì con alcune opere musive di alta qualità in preesistenti chiese di Costantinopoli (v.). Ad Andronico II, celebre per la sua devozione religiosa, viene attribuita la committenza di alcuni affreschi, come quelli del monastero del Protáton al monte Athos (v.), oppure la donazione di alcune icone, quali quelle offerte al S. Clemente di Ochrida (v.).Sotto questo imperatore, inoltre, nel 1317 vennero ampliati i contrafforti esterni sui lati nord ed est della Santa Sofia di Costantinopoli. Nel 1346, tuttavia, l'arco orientale collassò, causando un terribile danno alla cupola centrale e alla semicupola orientale; la corte imperiale era così impoverita che dovette affidarsi ai contributi russi - alcuni dei quali furono stornati per altri scopi - e a tecniche frettolose per effettuare sciatti restauri, e ciò avvenne comunque soltanto dopo sette anni. Comunque, l'imperatore dell'epoca, Giovanni V, venne effigiato in un mosaico sull'arco orientale all'interno del grande edificio.Oltre alla corte, fu sul secondo livello della società, la ricca aristocrazia, che ricadde il peso di gran parte delle iniziative artistiche che distinguono in modo così splendido l'era paleologa. Per un intervento straordinario come la ricostruzione e la decorazione con mosaici e affreschi del monastero di S. Salvatore di Chora (Kariye Cami) a Costantinopoli, ad Andronico II potrebbe essere riconosciuto il ruolo di committente indiretto, dal momento che l'impresa venne sostenuta dal suo stretto collaboratore e ministro, il logoteta Teodoro Metochite. Il ritratto musivo di quest'ultimo al di sopra del portale del nartece - che lo presenta nelle sue vesti di corte, inginocchiato davanti al Salvatore - è uno degli elementi di maggior spicco nell'insieme decorativo di questa chiesa e costituisce per molti aspetti il capolavoro finale e culminante della decorazione bizantina.Se gli imperatori ormai impoveriti furono fortemente limitati nella loro committenza nella capitale, i membri della loro famiglia ebbero maggiori possibilità nelle province, in particolare nel distretto di Morea, i cui principi, o despoti, fungevano, in un'epoca di decentralizzazione del potere, da viceré dei loro padri o fratelli a Costantinopoli. Dalla metà del sec. 14° la capitale del despotato, Mistrà (v.), visse una prima fase di ampliamento a opera dei figli di Giovanni Cantacuzeno (1348-1384) e si sviluppò sotto tre generazioni di despoti paleologhi (1384-1460) come centro di relativa stabilità e prosperità, in netto contrasto con lo stato di decadenza di Costantinopoli.Gli edifici costruiti in quest'epoca non appaiono di altissima qualità strutturale, ma sono caratterizzati da soluzioni ingegnose per adattarsi alla difficile orografia del terreno, e molti di essi sono pervenuti in discreto stato di conservazione. Per quanto riguarda la decorazione, scartato il costoso mosaico, la pittura ad affresco fiorì con brillante creatività: tra ciò che si conserva si trovano alcuni esempi di epoca cantacuzena e altri che si spingono persino oltre l'epoca bizantina, fino al 17° e al 18° secolo. Nel loro nucleo essenziale gli affreschi di Mistrà costituiscono tuttavia una testimonianza della ricchezza dell'arte paleologa dei secc. 13°-14° (chiesa metropolitana di S. Demetrio, Ss. Teodori, Vergine Odighitria o Afendiko, Santa Sofia, Peribleptos) e del 15° (Evanghelistria, Pantanassa).Nonostante le gravi difficoltà incontrate nella loro attività di committenti, almeno alcuni imperatori della dinastia paleologa sono tra i personaggi più vividamente riprodotti in opere d'arte. Per la verità, molti di questi ritratti sono di genere convenzionale, tipici di tutte le tradizioni iconografiche bizantine. Tutti gli imperatori della dinastia - forse a eccezione di Costantino XI - sono ritratti sulle monete coniate nel corso del loro regno, anche se con un ridotto grado di qualità artistica e ritrattistica. A dispetto della saltuaria produzione di manoscritti, sotto la diretta committenza della corte vennero occasionalmente prodotti documenti o libri con rappresentazioni dei sovrani in veste di donatori o di regnanti. In un modo o nell'altro si hanno così rappresentazioni di tutti gli esponenti della dinastia, anche se si tratta di opere piuttosto convenzionali. Tra le raffigurazioni più belle vanno ricordati i ritratti ufficiali, a figura intera, di Manuele II: uno mostra l'imperatore, da solo, nel frontespizio di un manoscritto della sua orazione funebre per il fratello Teodoro (Parigi, BN, cod. suppl. gr. 309); l'altro lo presenta a figura intera con la moglie e i tre figli maggiori (il futuro Giovanni VIII, Teodoro e Andronico) - tutti benedetti dalla Vergine e da Cristo bambino - nel frontespizio di uno splendido manoscritto delle opere di Dionigi l'Areopagita che l'imperatore inviò come dono all'abbazia reale di Saint-Denis presso Parigi (Louvre, Dep. des Objets d'Art, MR 416).Di particolare interesse è la serie degli imperatori presentati a mezza figura in una copia del sec. 15° della Epitome historiarum di Giovanni Zonara (sec. 12°), conservata a Modena (Bibl. Estense, α.S.5.5, già gr. 122). I ritratti sono stereotipati e pesantemente idealizzati, ma, almeno per i più recenti P., è possibile vi siano stati una certa caratterizzazione individuale e un certo realismo (c. 294v). La particolare ricchezza della ritrattistica paleologa appare comunque il risultato della frequenza dei loro viaggi nell'Europa occidentale, esperienza sconosciuta agli imperatori di ogni altra dinastia bizantina. Il patetico viaggio di Giovanni V in Italia nel 1369-1370, finalizzato alla propria personale conversione al cattolicesimo a Roma e a negoziare i propri debiti a Venezia, passò ampiamente inosservato. Tuttavia i viaggi di Manuele II, nel 1400-1402, e di suo figlio Giovanni VIII, nel 1437-1440, colpirono l'immaginazione degli artisti occidentali. Il nobile aspetto di Manuele II, giunto a Parigi per chiedere aiuti militari contro i Turchi, ispirò alcune rappresentazioni in cui egli era chiaramente visto come uno dei Magi, in due delle straordinarie miniature realizzate da Paul Limbourg e dai suoi fratelli nelle Très Riches Heures del duca di Berry (Chantilly, Mus. Condé, 65, già 1284, cc. 51v-52r). Sembra inoltre che egli sia stato utilizzato come modello per la raffigurazione dell'imperatore tedesco Carlo IV in tre illustrazioni di Jean Fouquet per le Grandes Chroniques de France, del 1460 ca. (Parigi, BN, fr. 6465, cc. 444r-444v, 446r). Più evidente risulta l'uso del suo ritratto per la raffigurazione degli imperatori Costantino il Grande ed Eraclio in due medaglioni a due facce (Parigi, BN, Cab. Méd.) che celebrano questi due sovrani, anch'essi posseduti dal duca di Berry, se non addirittura realizzati per lui.
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