PALESTINA (XXVI, p. 73; App. I, p. 916)
Popolazione. (XXVI, p. 87; App. I, p. 916). - La Palestina - cui il dato ufficiale, oggi accolto, attribuisce, nei suoi confini politici, un'area di 27.009 kmq. (compresi 704 kmq. di acque interne) - ha veduto negli ultimi censimenti crescere ancora in misura assai notevole la sua popolazione: il censimento del 1931 dava infatti 1.035.821 ab., quello del gennaio 1941 1.590.592 ab., e una valutazione statistica alla fine del 1946 dava 1.912.112 ab. È noto che tale aumento della popolazione, mentre per gli Arabi è dato dall'alta natalità (cui si contrappone una mortalità tendente a decrescere progressivamente), per gli Ebrei è dato per circa quattro quinti dall'immigrazione. Su questa le statistiche ufficiali degli ultimi anni sono da accogliersi con cautela, a causa della corrente di emigranti clandestini. Si può tener presente che mentre nel 1922, allorché fu eseguito nel paese il primo censimento regolare, si trovavano 752.048 ab. dei quali 83.790 Ebrei (circa 1/9 della popolazione), al 31 dicembre 1941 la popolazione era così ripartita per religioni: Musulmani 905.865, Cristiani 125.365, Ebrei 473.880, di altre comunità 12.880; complessivamente quindi 1.517.990.
Gli immigrati legali in Palestina furono 11.441 nel 1938, 13.882 nel 1939 (più 10.000 illegali); in seguito non furono pubblicate statistiche ufficiali, ma si sa che negli anni 1945-47 l'immigrazione illegale prese grande sviluppo tanto da obbligare la potenza mandataria a istituire un controllo sulle coste palestinesi e a internare migliaia di Ebrei a Cipro. Si può ritenere che nel 1948 la Palestina avesse un milione di Arabi musulmani, circa 150.000 Arabi cristiani e 700.000 Ebrei. Nel 1946 si contavano 318 centri di colonizzazione ebraica, dei quali 28 urbani (in questi si raccoglieva circa il 74% della popolazione ebraica). Enormemente cresciuta è anche la popolazione urbana, il maggior centro è oggi Tel Avīv (183.200 ab. alla fine del 1946), città interamente ebraica; Gerusalemme ha 164.440 ab. (di cui 99.320 Ebrei), Haifā 145.430 ab. (di cui 74.230 Ebrei), Giaffa 101.580 ab. (di cui 30.820 Ebrei). Seguono: Gaza (37.820 ab.), Hebron (26.390 ab.), Nābulus (24.660 ab.), Lidda (18.250 ab.) e Petah-Tiqvah (18.160 abitanti).
Condizioni economiche (XXVI, p. 89). - Nonostante le infelici condizioni politiche l'economia palestinese ha fatto, nell'ultimo decennio, notevoli progressi. Essi si rivelano, per quanto riguarda l'agricoltura, in un cospicuo aumento nella produzione del grano (781.960 q. nel 1946; l'orzo è per contro in diminuzione), delle patate, dei legumi ed ortaggi, ma soprattutto nella vivace ascesa della produzione viticola ed agrumicola (aranci e pompelmi) ed anche di altre frutta mediterranee. Gli agrumi rappresentano ancora il maggior articolo di esportazione. Molte colonie ebraiche hanno curato l'incremento e il miglioramento delle colture foraggere per accrescere il patrimonio di bovini, che assomma a circa 250.000 capi (di contro a 430.000 caprini e 285.000 ovini, gli uni e gli altri in mano soprattutto di Arabi). Vi sono inoltre circa 110.000 asini e forse 30.000 cammelli (in gran parte di proprietà dei nuclei di Beduini nomadi calcolati a circa 80.000).
Il sottosuolo palestinese non ha rivelato, negli ultimi anni, nuove ricchezze; ma si è intensificata durante la guerra l'utilizzazione delle risorse del Mar Morto (bitume, potassa, bromo); e alla mancanza di combustibili fossili si è provveduto con lo sfruttamento dell'energia idroelettrica (la centrale principale è presso la confluenza dello Yarmūk con il Giordano in territorio ebraico). La raffineria del petrolio di Haifā da 73.000 t. lavorate nel 1939 è passata a oltre due milioni nel 1942 e a quattro nel 1945.
L'industria si è sviluppata, in varî rami, nelle città ebraiche, specialmente a Tel Avīv (v. in questa App.); manifatture di tabacco si hanno a Haifā, Gerusalemme, Nābulus, ecc.
Comunicazioni. - Per le comunicazioni, la Palestina si è avvantaggiata soprattutto dall'apertura della ferrovia libanese, per cui essa è ora allacciata alla Siria e alla Turchia: in tempi normali vi può perciò transitare il traffico ferroviario con l'Egitto. Anche il traffico automobilistico ha assunto grande sviluppo: alla fine del 1948 è stata terminata l'autostrada Gerusalemme-Tel Avīv. Il massimo porto è Haifā, sbocco dell'oleodotto iracheno, che è stato attrezzato modernamente in previsione di un più largo sviluppo avvenire: esso è oggi il più importante in tutto il Mar di Levante. Gli Ebrei hanno dotato Tel Avīv di un piccolo porto toccato nel 1938 da 818 vapori e nel 1939 da 845 con scarico di 158.507 t. e carico di 48.202. Si era costituita durante la guerra anche una piccola marina mercantile ebraica.
Finanze. - Le finanze pubbliche hanno avuto il seguente andamento:
Durante la guerra la Palestina ha accumulato, per forniture e servizî varî (fra cui, fra il 1940 e il 1946, la cessione al "dollar pool" dell'area sterlina di circa 170 milioni di dollari derivanti da esportazioni negli S. U. e da contributi di questi alle istituzioni nazionali ebraiche), saldi in sterline che alla fine del febbraio 1948 erano calcolati a circa 100 milioni di sterline e che, data l'attuale situazione politica, sono stati bloccati. Con il 21 febbraio 1948 la Palestina ha cessato di far parte dell'area sterlina. I biglietti in circolazione, che nel 1939 ammontavano a 7,8 milioni di sterline palestinesi, erano saliti nel dicembre 1947 a 40,6 milioni. I depositi presso le banche commerciali sono passati da 16,2 milioni (di cui 12,8 a vista) nel 1939 a 97,5 milioni (di cui 85,7 a vista) nel settembre 1947.
La spartizione della Palestina. - La situazione alla vigilia della seconda Guerra mondiale. - La Commissione Peel aveva presentato nel 1937 una relazione con un piano (v. palestina, App. I, p. 917 e la carta a p. 918) di triplice spartizione: stato arabo, stato ebraico, stato sotto mandato (Gerusalemme e il territorio adiacente).
Il piano non aveva accontentato gli Arabi, che persistettero nella rivolta. Una nuova commissione presieduta da sir J. Woodhead fece una inchiesta nel 1938 ed elaborò a sua volta un progetto analogo, che estendeva i limiti del territorio sotto mandato, comprendendovi tutto il distretto meridionale (Negeb). Anche quel progetto fu respinto decisamente dagli Arabi. Il governo britannico riconobbe che in quelle condizioni la spartizione non era possibile e convocò a Londra una conferenza arabo-ebraico-britannica che si tenne nel palazzo di San Giacomo (febbraio 1939). Vi erano rappresentati, oltre il governo britannico e l'Agenzia ebraica, gli stati arabi, esclusi il Libano e la Siria allora ancor sottoposti al mandato. Fu un completo insuccesso: un nuovo progetto britannico per uno stato arabo-ebraico, da costituirsi gradatamente in un periodo di transizione di dieci anni e legato con trattato alla Gran Bretagna, scontentò sia gli Arabi che gli Ebrei.
Gli Arabi, dopo la conferenza di Londra, tennero per loro conto una riunione al Cairo nell'aprile del 1939 e comunicarono al governo britannico le loro ultime richieste: formazione immediata di un governo nazionale palestinese; limitazione dell'immigrazione ebraica a 15.000 persone all'anno per un periodo di cinque anni e limitazioni per l'avvenire in modo che la popolazione ebraica in Palestina non potesse superare mai un terzo della popolazione totale. Subito dopo usciva un Libro Bianco britannico del 2 maggio 1939 che in parte accoglieva le richieste arabe: a) dava per la prima volta un' interpretazione ufficiale della dichiarazione Balfour del 2 novembre 1947, affermando che con essa il governo britannico non aveva avuto l'intenzione di assicurare agli Ebrei uno stato ebraico in Palestina, ma soltanto prometteva loro una "sede nazionale" ebraica, aggiungendo che tale programma poteva considerarsi compiuto con lo sviluppo allora raggiunto dalla popolazione ebraica; b) accettava il principio arabo della limitazione dell'immigrazione ebraica per il prossimo quinquennio e della limitazione della popolazione ebraica a un terzo del totale per l'avvenire. Non era però accolta la richiesta d'immediata formazione del governo nazionale palestinese; anzi si poneva come condizione indispensabile per l'esame di tale possibilità il ristabilimento dell'ordine e la cessazione dei torbidi che duravano dal 1936. Cinque anni dopo il ritorno a condizioni normali sarebbero state iniziate trattative per il futuro assetto del paese.
Durante la guerra. - Negli anni 1939-44 la Palestina non causò soverchie preoccupazioni alla potenza mandataria: ben più gravi problemi erano in gioco in tutto il mondo e lo spiegamento di forze militari inglesi, poi anche polacche, degaulliste e americane in tutto il Vicino Oriente erano garanzia per il rispetto dell'ordine. Però la Gran Bretagna andò ulteriormente incontro alle aspirazioni arabe emanando nel 1940 un regolamento sulla vendita delle terre, che poneva un freno all'acquisto di terre da parte dei non arabi, riconoscendo in tal modo la fondatezza della tesi sostenuta dagli Arabi e illustrata in precedenti relazioni delle commissioni d'inchiesta sull'insufficienza delle terre palestinesi coltivabili rispetto ai bisogni della popolazione rurale araba e sul pericolo di un continuo esproprio delle terre arabe, reso facile agli Ebrei da ingenti capitali a loro disposizione. Ma se non insistettero nella rivolta, gli Arabi palestinesi durante la guerra non mostrarono neppure grande simpatia per la causa britannica, non aderirono alla propaganda per gli arruolamenti e restarono passivi spettatori del conflitto; ma non furono neppure sensibili alla propaganda antibritannica svolta specialmente dalle potenze dell'Asse con l'opera personale del Muftī Amīn el-Ḥuseinī riparato dal 1941 in Europa.
Atteggiamenti nuovi assunsero invece durante la guerra gli Ebrei palestinesi esacerbati dalle persecuzioni che subivano i loro correligionarî in Europa e sostenuti dalla solidarietà degli Ebrei all'estero, specialmente degli Stati Uniti. Essi offrirono la loro effettiva partecipazione al conflitto a fianco degli Alleati e restarono in un primo tempo delusi per l'impedimento opposto alla formazione di un corpo ebraico. Contemporaneamente si formarono nel loro seno organizzazioni segrete armate, decise a aiutare la causa sionista con ogni mezzo, con attentati e azioni di guerriglia, come la banda Stern, che si specializzò in attività terroristica, provocando provvedimenti repressivi della potenza mandataria, specialmente dopo che apparve la complicità di quelle organizzazioni nell'attentato a Lord Moyne, ministro britannico nel vicino Oriente, assassinato al Cairo il 6 novembre 1944. Le organizzazioni terroristiche erano sconfessate dall'Agenzia ebraica, che non condivise le responsabilità della banda Stern e di un'altra formazione estremista sionista detta Irgun Zwai Leumi. Invece con l'appoggio dell'Agenzia ebraica si costituiva in quel tempo una organizzazione paramilitare ebraica detta Haganah.
Dopo la guerra. - L'atteggiamento deciso degli Ebrei, cresciuti di numero in Palestina per l'immigrazione legale e illegale, si manifestò apertamente nel dopoguerra. Nel frattempo la questione palestinese si sviluppava rapidamente verso la soluzione per altre cause: la situazione degli Ebrei in Europa, emersi come naufraghi dal conflitto e dalle persecuzioni raziali, che avevano commosso il mondo civile; il desiderio dei vincitori di dare ricetto alle molte migliaia di profughi e deportati ebrei; l'illusoria opinione che la Palestina potesse ospitare una così grande massa di profughi o una gran parte di loro; l'interessamento sempre più considerevole ed autorevole dei circoli politici statunitensi mosso da considerazioni di umanità e sostenuto dall'influente massa di Ebrei americani; la disperata volontà degli Ebrei di non lasciarsi sfuggire l'occasione che finalmente sembrava favorevole per realizzare il sogno del risorto stato d'Israele; l'altrettanto decisa volontà degli Arabi d'impedire la costituzione dello stato ebraico e di permettere soltanto una limitata e limitabile sede nazionale ebraica in uno stato nazionale palestinese a prevalenza araba. Gli Arabi erano anch'essi usciti dalla guerra più forti di prima e, se gli Ebrei potevano contare sulla cresciuta solidarietà all'estero, essi avevano al loro fianco la Lega Araba costituitasi nel 1945-46, nella quale erano ufficialmente rappresentati.
Il presidente Roosevelt diede molte speranze ai sionisti e ostentò di appoggiare le loro rivendicazioni; tuttavia nel febbraio del 1945, in un incontro con Ibn Sa‛ūd nel canale di Suez, calmò le sue apprensioni per le sorti della Palestina araba. Il successore Truman andò più in là di Roosevelt nell'interessamento a favore degli Ebrei; nell'ottobre del 1945 egli domandò al governo britannico che autorizzasse l'entrata in Palestina di 100.000 Ebrei reduci dai campi di deportazione tedeschi, ma non riuscì a convincere la potenza mandataria a un passo simile. Il 13 novembre 1945 i governi britannici e americano annunziarono la nomina di una commissione mista incaricata di svolgere una nuova inchiesta in Palestina e, insieme, sulla situazione degli Ebrei in Europa. Si riteneva allora che le due questioni fossero abbinabili, in seguito si capì che la questione ebraica non era risolvibile con la semplice immigrazione in Palestina. La Commissione mista anglo-americana riferì le sue conclusioni il 20 aprile 1946: possibilità di far affluire in Palestina 100.000 Ebrei d'Europa; mantenimento della Palestina sotto mandato britannico fino allo stabilimento di un'amministrazione fiduciaria delle Nazioui Unite per un notevole numero di anni. Successivamente un comitato di esperti anglo-americano propose (luglio 1946) la divisione della Palestina in 4 zone: una provincia araba, una ebraica, due territorî di mandato britannico a Gerusalemme e nel sud (Negeb). Le proposte furono respinte tanto dagli Arabi che dagli Ebrei, mentre la politica americana era ancora orientata verso una decisione che risolvesse insieme anche il problema degli Ebrei d'Europa; di essa si fece ancora interprete il presidente Truman, il quale a una lettera di protesta del re Ibn Sa‛ūd rispose (28 ottobre) spiegando i motivi che lo inducevano a persistere nell'umanitaria proposta da lui formulata.
La questione davanti alle N. U. Progetto di spartizione. - La diversità di pareri tra la Gran Bretagna e l'America ebbe inattese manifestazioni persino in una vivace polemica tra il ministro degli esteri Bevin e la Casa Bianca nella quale le due parti si accusarono a vicenda di aver fatto fallire la soluzione dell'imbroglio palestinese, l'una reclamando inconsideratamente l'immissione di centomila Ebrei e l'altra osteggiando una politica che l'America da tempo sosteneva con l'appoggio dell'opinione pubblica. Intanto era fallito l'ultimo tentativo di avvicinare Arabi ed Ebrei in una conferenza per la Palestina a Londra; il piano inglese prevedeva: un governo palestinese arabo-ebraico con partecipazione proporzionale dei due elementi (un terzo ebrei e due terzi arabi) da istituirsi entro cinque anni; riduzione dell'immigrazione a 4000 unità al mese, in modo che in due anni sarebbero entrati in Palestina 96.000 Ebrei; in seguito deferimento delle questioni dell'immigrazione a un consiglio consultivo arabo-ebraico. Sia gli Arabi che gli Ebrei si mostrarono avversi al progetto.
Il 13 maggio 1947 le N. U. nominarono una commissione speciale di undici membri per la Palestina, che fu presieduta dallo svedese Sandström. Essa andò in Palestina e non poté avvicinare gli enti arabi, avendo il supremo Consiglio arabo invitato tutti gli Arabi ad astenersi dal conferire con la commissione d'inchiesta. La relazione, in data 31 agosto 1947, concludeva con la proposta di spartire la Palestina in due stati, mantenendosi un'amministrazione fiduciaria internazionale a Gerusalemme. Lo schema di spartizione seguiva all'incirca il progetto della commissione Peel del 1937 (v. cartina).
Esso prevede l'attribuzione allo stato arabo della Galilea occidentale (versante del Mediterraneo), dell'intera Samaria e della Giudea tranne le pianure litoranee e sublitoranee, e della pianura costiera a sud di Isdūd; allo stato ebraico l'attribuzione della Galilea orientale (versante del Giordano e del lago di Tiberiade), della pianura di Esdraelon e di tutta la fascia costiera e subcostiera da Acri (che resta in territorio arabo) a Isdūd (esclusa) e di tutta l'Idumea e il Negeb (distretto di Birsheba) fino al confine egiziano. Gerusalemme coi dintorni immediati sarebbero sottoposti ad amministrazione fiduciaria internazionale. Con tale spartizione, mentre lo stato arabo verrebbe ad essere costituito nella quasi totalità da popolazione araba, quello ebraico avrebbe ancora meno del 60% di Ebrei. Nella zona di Gerusalemme l'elemento ebraico sarebbe in equilibrio con gli altri presi insieme.
Il mandato inglese doveva cessare al più presto per dar luogo ai due nuovi stati indipendenti. Il progetto incontrò il favore della Agenzia ebraica; invece gli si schierarono contro il supremo Comitato arabo manovrato dal Muftī Amīn el-Ḥuseinī, che dal 1946 si era portato da Parigi al Cairo, e la Lega Araba. Il governo britannico si dichiarò pronto a mettere in esecuzione le deliberazioni che stavano per prendere le N. U. L'Assemblea generale infatti, dopo che i governi americano e russo si furono accordati su uno schema di applicazione del progetto, decise (29 novembre 1947) che si desse corso alle raccomandazioni della commissione, terminasse il mandato britannico e fossero ritirate le truppe britanniche. Il governo britannico annunziò la decisione di far cessare il mandato il 15 maggio e ritirare le truppe entro il 1° agosto 1948.
Appena conosciuta la deliberazione delle N. U. gli Arabi di Palestina e degli altri paesi arabi fecero dimostrazioni di protesta; in qualche località, come a Aden, furono massacrati Ebrei; le organizzazioni ebraiche da parte loro cominciarono ad agire con atti di terrorismo e guerriglia contro gli Arabi in Palestina; ebbe inizio una nuova fase di guerra civile in Palestina.
Dal 2 dicembre 1947 gli attentati si susseguirono con migliaia di morti da ambo le parti, incendî di case e d'interi quartieri specialmente a Haifā, Giaffa, Gerusalemme. Gli stati arabi rappresentati nella Lega araba decidevano di opporsi anche militarmente alla spartizione e d'intervenire in Palestina appena fosse dichiarata la cessazione del mandato e si ritirassero le truppe britanniche. La Commissione ristretta delle N. U. incaricata di far eseguire la deliberazione sulla Palestina (composta di cinque membri) faceva intanto continuamente ricorso al Comitato di sicurezza per far presente la gravità della situazione e il pericolo che nell'intervallo tra la cessazione del mandato e l'insediamento di governi responsabili nei due stati la Palestina fosse abbandonata al caos ed alle stragi. Si chiedeva alle N. U. di mettere a disposizione della Commissione una forza sufficiente a far eseguire la spartizione. Ma non fu possibile trovare un punto d'accordo sull'invio di rinforzi militari. La notte del 15 maggio 1948 cessò il mandato britannico. Contemporaneamente (sera del 14 maggio) a Tel Avīv il Consiglio nazionale ebraico proclamò lo Stato d'Israele (capo del governo David ben Gurion; capo provvisorio dello Stato Chaim Weizmann), che fu subito riconosciuto dai governi degli Stati Uniti e della URSS, e truppe regolari degli stati arabi invadevano la Palestina, entrando in guerra con gli Ebrei. Le N. U. si limitarono a mandare in Palestina osservatori e un mediatore, il conte Folke Bernadotte, il quale riuscì a concludere una tregua di quattro settimane (11 giugno-8 luglio 1948) e, dopo colloqui con i contendenti, elaborò un nuovo progetto di spartizione che in parte modificava quello del 29 novembre 1947, attribuendo tutto il Negeb agli Arabi e tutta la Galilea agli Ebrei; il progetto fu reso noto il 18 settembre; il giorno prima il Bernadotte era caduto ucciso a Gerusalemme per opera di estremisti ebrei.
Nella guerra combattuta sporadicamente con soste e tregue da maggio a novembre del 1948 gli Arabi hanno avanzato da est occupando parte della Samaria e della Giudea e Gerusalemme vecchia (legione transgiordanica) e dal sud occupando la costa fino a Gaza (esercito egiziano), mentre gli Ebrei hanno avuto successo conquistando tutta la Galilea e la zona costiera da Giaffa al confine libanese e mettendo in imbarazzo seriamente le forze egiziane nel Negeb. Scarso o irrilevante è stato il concorso dei rimanenti stati arabi; circa mezzo milione di Arabi palestinesi scacciati dalle loro case vivono profughi nei confinanti territorî arabi in miserevoli condizioni. Il contrabbando d'armi riforniva i belligeranti, che disponevano anche di forze aeree; da parte egiziana furono condotte anche azioni per mare. Rimessa la questione alle N. U., l'Assemblea ha nominato (2 dicembre, a Parigi) una Commissione di conciliazione composta da delegati degli Stati Uniti, della Francia e della Turchia per consolidare la tregua e cercare una soluzione senza vincolo, né del progetto Bernadotte patrocinato dall'Inghilterra, né del progetto del 29 novembre 1947. Nello stesso tempo papa Pio XII richiamava l'attenzione del mondo e dei fedeli sulla dolorosa situazione della Terrasanta, raccomandando una sollecita pacificazione e lo stabilimento di un regime internazionale per Gerusalemme e i Luoghi Santi (enciclica del 24 ottobre 1948).
Nel frattempo sono emerse divergenze tra gli stati arabi con la manifesta intenzione della Transgiordania di annettere la parte araba della Palestina e di venire a un'intesa con lo Stato d'Israele.
Un governo arabo della Palestina, costituito a Gaza nel settembre del 1948 dai seguaci del Mufti Amīn el-Huseinī con appoggio egiziano, non ha avuto successo. Anche le truppe egiziane hanno concluso una tregua con le forze ebraiche. Negoziati furono iniziati a Rodi il 13 gennaio 1949 per consolidare la tregua in attesa delle decisioni della Commissione di conciliazione. La Gran Bretagna ha riconosciuto de facto lo Stato d'Israele (29 gennaio 1949); così anche l'Italia (7 febbraio 1949); gli Stati Uniti l'hanno riconosciuto anche de iure (31 gennaio).
Bibl.: The Palestine Arab Case, a cura del supremo Comitato arabo, Cairo 1947; The Future of Palestine, a cura dell'Arab Office di Londra, Ginevra 1947; Oriente Moderno, XVIII (1938) - XXVIII (1948); E. Rossi, Documenti sull'origine e gli sviluppi della questione araba, Roma 1944; K. Roosevelt, The partition of Palestine, in The Middle East Journal di Washington, gennaio 1948, pp. 1-16; R.. Socini, Il problema politico palestinense, in Rivista di studi politici internazionali di Firenze, gennaio-marzo 1948, pp. 3-32, M. F. Abcarius, Palestine, Londra 1948.
Archeologia.
Intensa l'attività archeologica in Palestina e in Transgiordania nell'ultimo decennio, ad iniziativa del Dipartimento delle antichità di Gerusalemme, del Pontificio Istituto Biblico, della Scuola Americana per le ricerche orientali, della Scuola francese, della Scuola Archeologica Britannica, del Dipartimento Islamico dei Musei di Berlino, dell'Exploration Fund e di altre istituzioni scientifiche, onde il quadro storico delle civiltà di queste regioni si è molto ampliato, dal Paleolitico superiore fino all'epoca delle Crociate:
Per il periodo preistorico sono molto importanti le esplorazioni nelle grotte ai piedi del pendio occidentale del Monte Carmelo a 20 miglia a S. di Caifa, di cui alcune con ricchi depositi di scheletri umani e di animali. Resti di ossa di elefanti si sono trovati in un deposito nella breccia a 790 m. sul livello del mare presso Betlemme insieme con ossa di Felis sp., Hippopotamus sp., Bos sp., etruscus, Testudo sp., Hipparion, fauna che pare di origine asiatica. In scavi a Hūleh vicino a Gisr Banāt Ya‛qūb si sono riscontrati tre strati: 1) con ossa di elefante e asce di basalto acheuleane-abbevilliane; 2) conchiglie vivipara cervidi, equidi, asce e frecce dell'Acheuleano superiore; 3) frecce levalloisiane-mousteriane.
Sembra che la Palestina e la Siria non presentassero nel periodo preistorico lo stesso quadro dell'Europa e non siano passate attraverso le oscillazioni climatiche di glaciazioni e interglaciazioni dell'Europa centrale, mancando i resti di fauna fredda. I resti animali sono associati con manufatti umani e la temperatura pare che non fosse molto diversa da quella odierna, tranne per il regime delle piogge. Nel paleolitico inferiore manca il Clactoniano, che è invece presente in Egitto. A et-Tabūn e a Umm Qatafa al Taiaziano, cultura di schegge, succede l'Acheuleano superiore di nuclei molto diffuso in Palestina e in Siria. La cultura levalloisiana-mousteriana fiorisce per un lungo periodo; mancano le culture solutreana e magdaleniana del paleolitico superiore, ma v'è una larga industria simile a quella dell'Aurignaciano medio, però con rari ossi lavorati. Il mesolitico è rappresentato dal Natufiano. A Gerico l'industria litica dei livelli X-XVIII è messa in relazione al Tahuniano, quella dello strato IX è più neolitica, l'VIII strato è definitivamente eneolitico. Numerosi sono stati gli scavi del periodo eneolitico: a Benī Beraq a est di Tel Avīv, a Maghāret Abī Usba, a Tell el-Faríah, dove la stratigrafia ha messo in evidenza un'importante stazione eneolitica sulle montagne che perdura nel periodo del bronzo con abitazioni; ad Affuleh nella pianura di Esdrelon, dalla fine dell'eneolitico fino al tardo bronzo anche con vasi micenei, e in varie altre località. Particolarmente importanti gli scavi di Megiddo, dove si è potuta fissare una precisa stratigrafia.
Lo strato XX del 3500 circa presenta le più antiche costruzioni sulla roccia con pietre brute; il XIX del tardo eneolitico con architettura massiccia, costruzioni di mattoni crudi su filari di pietre di base, un ambiente con altare, lastre di pavimenti incise con figure di uomini e di animali; il XVIII con mura larghe m. 4, e alte fino a m. 3,50 del primo periodo del bronzo, metà del III millennio; il XVII della fine del III millennio con costruzione circolare con gradini, forse altare, con ossa di animali alla base; il XV con architettura massiccia con tipi di megaron e ceramica rossastra, circa XX-XIX secolo; il XIII con case private, cinta di mura in mattoni crudi; il XII con una città raddoppiata e un diverso orientamento delle strade e delle case; l'XI del 1700-1650 circa, con nuovo piano della città che continua fino al tardo periodo degli Hyksos; il IX circa 1550-1479; l'VIII contemporaneo alla XVIII dinastia; il V con palazzo e avorî del XII sec.; il IV del 1000-800; il III del 780-650; il II del 650-600; il I del 600-350.
A Tell ed-Duweir, l'antica Lachish, altre importanti campagne di scavo hanno documentato la vita a partire dall'età del bronzo con numerose tombe, scarabei, sigilli databili dal 1600 al 1250, ceramica, frammenti di tazze con iscrizioni in corsivo geroglifico dell'ultimo quarto del XIII sec., vasi imitati da prototipi egei, attestanti un commercio con centri mediterranei, un pugnale bronzeo, opera locale del 1600 circa, con 4 segni pittografici, da considerarsi il più antico alfabeto databile trovato in Palestina.
Si è continuata anche l'esplorazione dei numerosi dolmen della Transgiordania a opera specialmente di M. Stekelis; sono in genere costruiti con quattro pietre ritte e una di copertura, qualche volta presentano una porta con lastra di chiusura; alcuni sono ricoperti di cumuli di pietre. In Transgiordania i numerosi scavi dimostrano una notevole estensione di occupazioni dalla fine del periodo antico del bronzo fino al primo periodo del medio bronzo, dal 2300 al 1800 circa, con una lacuna dal 1800 al 1300. La civiltà della prima età del ferro è molto sviluppata sia nel centro sia nel sud della Palestina; le più larghe ed estese documentazioni si hanno dal XIII all'VIII sec., con un rapido declino dopo il VI sec. Si notano complessi edilizî con grandi blocchi e torri megalitiche rotonde.
Per il periodo storico molto importante è lo scavo dell'antica Ezion Geber o Elath, oggi Tell el-Khuleifeh sulla costa nord del golfo di ‛Aqaba, che ha rivelato un'occupazione dal X al IV sec. a. C. con un centro di carattere industriale e commerciale per la lavorazione del rame e del ferro, fiorente sotto Salomone, con fortificazioni del IX sec.
Molti scavi si sono fatti a Gerusalemme sia nella città, sia nella necropoli. Molti saggi sono stati praticati per lo studio della terza cinta di mura e intorno alle torri della Porta di Damasco, della Porta di Erode, alla Torre di David, mettendone in luce le varie fondazioni, precisando il tracciato e la cronologia della cinta. La scoperta più interessante è avvenuta nel 1945 nel suburbio di Talpioth con una tomba a camera con dromos scavato nella roccia, ingresso sbarrato da una lastra rettangolare, pianta quadrata di m. 3,36÷3,42 di lato, con cinque loculi nelle pareti chiusi con lastre.
Si sono rinvenuti 14 ossuarî in calcare locale, di cui alcuni decorati con rosette e riquadrature. Su un ossuario è graffito il nome di Simeone Barsaba, su un altro quello di Miriam, figlia di Simeone, sul dietro di un terzo sono disegnate a carbone le parole in greco 'Ιησοῦς ἰού, mentre sul coperchio di un quarto ossuario sono incise sull'orlo le parole 'Ιησοῦς ἀλώϑ e sui quattro lati dello stesso ossuario sono disegnate a carbone croci a bracci uguali. La ceramica è di tipo tardo ellenistico e del primo periodo romano e la tomba si è datata nella prima metà del I sec. d. C. Il nome di Gesù che compare due volte sugli ossuarî seguito da parole che si sono interpretate come invocazione e lamentazione, il nome di Barsaba, famiglia i cui membri sono noti fra i primi discepoli, hanno suscitato molte discussioni e molto interesse.
Negli scavi fatti intorno alla chiesa medievale di Abū Ghush a 15 km. a ovest di Gerusalemme si è messa in luce una cisterna del II-III sec. d. C., costruita dalla legio X Fretensis, di cui una vexillatio aveva stanza su un'altura vicina.
In Transgiordania, a Khirbet et-Tannūr, su un colle isolato si è scavato tutto il complesso di un tempio nabateo, con cortile, tempio interno rialzato, altare centrale su piattaforma, mettendo in luce un pannello con Atargatis, uno con Tyche turrita, un fregio con busti di Hadad, Atargatis e Helios, un rilievo con Zeus-Hadad con due tori. Questo santuario si data verso la fine del I sec. a. C. Si sono esplorati altri templi nabatei a Qaṣr Rablah, Dhāt Rās, Khirbet eḍ-Ḍerīh, er-Rabbah, Kerak e in varie altre località, soprattutto a opera di N. Glueck. Il confine del regno nabateo pare si possa segnare con una linea corrente dall'estremità nord del Mar Morto verso est, attraverso Madaba; ceramica nabatea non si è rinvenuta a nord di questa linea. Del centro più importante, Petra, si è studiata la topografia, precisando anche il tracciato delle mura e i resti della cinta minore più tarda.
In Palestina si sono esplorate varie necropoli; a Sheikh Ibreiq, quella della città di Beth-Shearim (Besara) con tombe a camera che presentano architravi in rilievo e iscritti, arcosolî, sarcofagi, iscrizioni dipinte greche e palmirene; si sono scavate anche le mura della città e una sinagoga. Questo centro fiorisce dal I al IV sec. d. C. e vi hanno confluito famiglie da Palmira, dalla Palestina, dalla Transgiordania, dalla Nabatea, dall'Arabia.
Un'importante tomba a camera con pitture d'influsso orientale raffiguranti la coppia di Ade e Persefone, con festone e protomi femminili, è venuta in luce a Marwa o Maru, villaggio a N-E di Irbid in Transgiordania, e si data nel III sec. d. C.; un'altra tomba dipinta molto notevole, di piena tradizione ellenistica, con scena idillica con due ninfe, pesci, tralci, fiori nel muro sud e nel soffitto un intreccio di pampini con gorgoneion, busto femminile, putti, uccelli e animali, è stata scavata presso Ascalona in Palestina (IV sec. d. C.).
Per il periodo arabo degli Omayyadi è molto notevole lo scavo del grandioso complesso di una moschea e di un palazzo annesso a Khirbet el-Mafgiar, 5 km. a N. di Gerico. Il palazzo presenta un vasto cortile di m. 30 × 28 intorno a cui si dispongono i varî quartieri, dei quali quello ovest era la residenza del califfo con la sala del trono. Il palazzo misura m. 75 × 65, con torri agli angoli; la facciata est è a due file di arcate con logge a colonne di marmo. I muri erano decorati di stucchi a rilievo con teste di animali e figure umane; pannelli riccamente decorati di motivi geometrici ornavano le balaustre dei loggiati, e mosaici con motivi a tappeto abbellivano alcuni ambienti destinati al bagno. Il palazzo, dell'VIII sec., non fu mai finito.
Archeologia cristiana. - Gli scavi degli ultimi anni rivelarono a Gerasa un complesso di basiliche della più alta importanza. Messo in luce nel 1928-1934, fu compiutamente edito nel 1938 a cura di un gruppo di studiosi, e particolarmente del Crowfoot. Le iscrizioni di tali edifici, anche se non numerose, bastano ad individuarli e datarli. Vi è una successione monumentale che va dagli ultimi del IV sec. (il santuario più antico del gruppo - tipo longitudinale di basilica a tre navate - ritenuto la cattedrale) all'anno 611 circa (basilica del vescovo Genesio; costruzione con abside sporgente e due vani laterali in fondo alle navate secondarie). Nella zona principale, svolgentesi su terreno acclive, c'è una grande corte con in mezzo una fonte d'acqua veneratissima. La cosiddetta cattedrale si eleva sul fianco ed ha, nella parte retro-absidale, un'ampia scalea d'accesso che reimpiega parte delle anteriori costruzioni pagane. Tale scalea parte dalla grande strada colonnata della città; il muro superiore (cioè il portico) del duomo ha una nicchia già dedicata alla SS. Vergine ed agli Arcangeli. Su livello più alto di 5 metri, e con l'abside rivolta verso la corte, sta la chiesa di S. Teodoro (tipo basilicale; epoca: 494). Precede il suo ingresso con atrio colonnato. Ai fianchi di questa basilica si trovano: il Battistero, i bagni costruiti dal vescovo Placco (a. 474), le abitazioni ecclesiastiche. La disposizione di tal gruppo principale può far venire in mente quella degli edifici costantiniani sul Golgotha, a Gerusalemme. A Gerasa esistevano parecchie altre chiese che han lasciato considerevoli vestigia. È del 464-465 la basilica dei Profeti, Apostoli e Martiri che ha una singolare architettura: quadrato con abside: nell'interno un incrocio di colonnati determinante 4 grandi vani angolari. E insomma una specie di martyrium, che costituisce il tipo arcaico della struttura bizantina a croce inscritta in quadrato. Un altro gruppo interessantissimo è quello del S. Giovanni Battista con le sue "parecclesiae": S. Giorgio e i SS. Cosma e Damiano. Si tratta di un gruppo omogeneo eretto nel 529-533.
Il S. Giovanni Battista è una rotonda con 4 nicchie inscritta in quadrato. Le chiese adiacenti sono di tipo normale ad abside unica ed ambienti laterali. La basilica dei Ss. Pietro e Paolo ha le absidi laterali nel fondo delle navatelle e muro perimetrale in linea retta, includente le tre absidi (costruzione forse della metà del VI sec.). Somiglia a questa chiesa l'altra fondata da Procopio (526-527). La basilica ora chiamata "dei Propilei" ha utilizzato (nel 565) costruzioni esterne di un tempio d'Artemide, e perciò la si vede preceduta da strani muri divaricati e absidati che includono l'atrio colonnato.
La basilica "della Sinagoga", fu costruita nel 530-531 sui resti di una sinagoga (impostata a nord-ovest della città). I cristiani mutarono l'orientazione dell'edifizio giudaico. L'abside venne a situarsi sul vestibolo della sinagoga, ornato di un mosaico in parte conservatosi che mostra le scene dell'Arca di Noè, l'armadio della Thorà, ecc.: curioso esempio d'inversione d'edificio sacro destinato a un nuovo culto. Qui bisogna aggiungere che Gerasa ha dato notevolissimi litostrati. Oltre il già ricordato citiamo, nelle basiliche cristiane, due importanti resti (del VI sec.) con figurazioni di città (in SS. Pietro e Paolo e in S. Giovanni Battista; nella prima chiesa l'immagine ha la didascalia relativa ad Alessandria). Bellissimo è un mosaico di S. Giov. Batt. con una candeliera retta dagli amorini. Vi si appoggiano aironi, dai cui becchi pendono cestelli. Gerasa ha dato anche suppellettili cristiane: notevole è un calice vitreo con croce, pecore, albero. È stato datato al 500 circa, ma forse è di poco anteriore.
In altri luoghi della Palestina ricordiamo: gli scavi nella basilica della Natività a Bethlehem, che hanno messo in evidenza l'autentico tracciato costantiniano della basilica della Natività, che era pavimentata da interessanti mosaici e dove una costruzione poligonale dominava nel presbiterio. Nel centro i resti di un muro circolare. Giustiniano alterò questo dispositivo tramutandolo nella nota forma triabsidata che, fino a poco tempo fa, si scambiava con la primitiva. E poi: basilica di Suhmata (tipo allungato; l'abside, struttura bizantina del VI sec.; ricchi mosaici con flora stilizzata, vaso, intrecciature, epigrafe); chiesa di Khirbat e Asida, non lungi da Hebron (V. sec., pavimento con mosaici a rami di vite); chiesa a ‛Ain Hanniya, non lungi da Gerusalemme (V-VI sec.; con mosaici); chiesa bizantina di Mukhmâs (a 4 miglia dalla strada Gerusalemme-Ranallah; pavimento tessellato del VI sec.); basilica con mosaici sovrapposti a Beisān (precisamente a el-Ḥammām). È una cella con atrio: livello inferiore del IV sec. (costantiniano?), livello superiore del VI (stupendo mosaico di tal secolo con amorini che vendemmiano e pestan l'uva, ecc.; il pavimento inferiore è a poveri disegni geometrici, con qualche effetto di colori cangianti). La chiesa di Khirbet Kūfīn presso Hebron è del IV-VI sec. con un'abside. Importante la scoperta di un eremitaggio nestoriano fra il Giordano e Gerico. Una cappella rettangolare con abside pure rettangolare sporge entro un altro ambiente; tracce musive con un'epigrafe in siriaco del IX secolo.
Bibl.: Relazioni di scavi nelle riviste: Bulletin of the American Schools of Oriental Research, Journal of the Palestine Oriental Society, Mitteilungen und Nachrichten des Deutschen Palästina-Vereins, Palästina Jahrbuch, Quarterly of the Department of Antiquities in Palestine, Quarterly Statement Palestine Exploration Fund, Revue Biblique, Zeitschrift des Deutschen Pälastina-Vereins. Inoltre: A. G. Barrois, Manuel d'archéologie biblique, Parigi 1939; P. Abel, Géographie de la Palestine, Parigi, I, 1933, II, 1938; C. C. Mc Cown, The Ladder of Progress in Palestine, New York 1943; F. Nötscher, Biblische Altertumskunde, Bonn 1940; N. Glueck, The River Jordan, Filadelfia 1946; id., The other Side of the Jordan, New Haven 1940; J. Finegan, Light from the ancient Past: the archaeological Background of the Hebrew-Christian Religion, Princeton 1946; H. Robert, Transjordanien, vorgeschichtliche Forschungen, Stoccarda 1938; G. E. Wright, The Pottery of Palestine from the Earliest Times to the End of the Early Bronze Age, Ann Arbor 1937; W. F. Albright, Archaeology and Religion of Israel, Baltimore 1942. Fra le pubblicazioni di scavi: R. S. Lamon, G. M. Shipton, Megiddo I, Strata I-V, Chicago 1939; G. Lond, The Megiddo Ivories, ivi 1939; G. M. Shipton, Notes on the Megiddo Pottery of Strata VI-XX, ivi 1939; D. A. E. Garrod, A. Bate, The Stone Age of Mount Carmel, Excavations at the Wady el-Mughara, I, New York 1937; T. D. Mc Cown, Sir Arthur Keith, The fossil human Remains from the Lavalloi-musterian, II, New York 1939; R. Koeppel e altri, Teleilāt Ghassūl II, Istituto Biblico Pontificio, Roma 1940; H. Torczyner, The Lachish Ostraca, Letters of the Time of Jeremiah, Gerusalemme 1940; W. F. Albright, The Excavations of Tell Beit Mirsim, III: The Iron Age, New Haven 1943; F. Grant, G. E. Wright, Ain Shems Excavations, I-IV, Haverford 1931-1939; N. Glueck, Explorations in Eastern Palestine III, in The Annual of the American Schools of Oriental Research, XVIII-XIX, New Haven 1939; id., The Excavations of Solomon's Seaport, Ezion-Geber, Smithsonian Institution, Washington 1942; B. Masler, Beth Shéarim, Report on the Excavations during 1936-1940, I Catacombs I-IV, Gerusalemme 1944; J. D. Crowfoot, G. M. Crowfoot, Early Ivories from Samaria, Samaria-Sebaste, Londra 1938; J. W. Crowfoot, K. M. Kenyon, E. L. Sukenik, The Buildings at Samaria, Londra 1942; A. Rowe, The four Canaanite Temples at Beth-Shan (Scythopolis), Filadelfia 1940; G. e A. Horsfield, Sela-Petra, the Rock of Edom and Nabatène, in Q.D.A.P. VII, 1938, pp. 1-42; VIII, 1939, pp. 87-115; C. H. Kraeling, Gerasa, New Haven 1938. - Per l'archeologia cristiana, oltre il citato volume di C. H. Kraeling, v. le relazioni nel Quarterly of Department of Palestine dal 1933 in poi.