Pallanuoto
La pallanuoto fu uno dei primi sport di squadra a essere introdotto nel programma dei giochi olimpici moderni: la sua prima apparizione risale alle Olimpiadi di Parigi del 1900.
Il gioco si sviluppò contemporaneamente in Europa e negli Stati Uniti negli anni compresi tra il 1860 e il 1880 secondo modalità diverse. Nonostante la documentazione sulle origini della pallanuoto sia piuttosto scarsa, è accertato che la versione acquatica di alcuni sport 'di terra' nacque negli Stati Uniti: fra essi il calcio, il rugby, la pallamano e il polo. Il rugby acquatico divenne ben presto il gioco più popolare, ma spesso veniva identificato con il nome del polo acquatico, water polo. Lo scopo del gioco consisteva nel toccare il bordo della piscina opposto a quello della propria metà campo (o la sponda opposta, se giocato nei fiumi o nei laghi) tenendo il pallone con entrambe le mani. Fu proprio il rugby acquatico a evolversi in pallanuoto, mentre il water polo intendeva somigliare al polo a cavallo, tanto che i giocatori si spostavano nell'acqua sopra barili vuoti, dipinti con le forme dei cavalli, e colpivano la palla con bastoni a forma di maglio, simili a quelli usati nel polo equestre.
I primi esemplari di palla erano realizzati con lo stomaco di maiale gonfiato, mentre dal 1869 si iniziò a usare la gomma piena, di provenienza indiana.
Nel 1870 il London Swimming Club codificò alcune regole per giocare in acqua quello che veniva chiamato football, ma che in realtà era il rugby (nel Regno Unito si chiama tuttora rugby football). Il primo incontro ufficiale si disputò in uno specchio d'acqua situato nei pressi del Crystal Palace.
Anche negli Stati Uniti il gioco era piuttosto ruvido e spesso degenerava in autentici scontri. Nel 1897 Harold Reeder, di New York, formulò le prime regole 'americane' per questa disciplina, con lo scopo di ridurre l'eccessiva durezza del gioco. La gara era incentrata sulla forza ed erano frequenti gli scambi di colpi 'proibiti' e le lotte sotto la superficie dell'acqua, nonché i casi di giocatori che presentavano sintomi di asfissia.
Nel 1877 in Scozia il gioco cominciò ad assumere sembianze più simili a quelle attuali. Furono aggiunte le porte, furono sostituite le palle di gomma piena con palle da calcio e vennero adottate regole che proibivano di affondare sia il pallone sia l'avversario, a meno che non fosse in possesso di palla; di conseguenza il gioco divenne più veloce e più popolare.
La versione scozzese della pallanuoto si diffuse rapidamente in Inghilterra e in tutto l'Impero britannico, per raggiungere poi l'Austria e la Germania (1894), la Francia (1895), l'Ungheria (1899) e il Belgio (1900).
Nel 1911 la Fédération internationale de natation amateur (FINA) impose a tutti i paesi membri le regole scozzesi.
Nel 1912 fu reso obbligatorio il pallone di cuoio, che però assorbiva acqua e diventava pesante e scivoloso, sfuggendo dalla mano del portatore. Fu solo dopo le Olimpiadi di Berlino (1936) che la palla venne costruita con materiali diversi: prima con uno speciale cotone e poi con nailon ricoperto da un sottile strato di gomma, inizialmente di colore rosso e dal 1948 di colore giallo. Questi palloni divennero ufficiali solo nel 1956.
Come detto, la pallanuoto è sempre stata presente nel programma dei giochi olimpici dall'Olimpiade di Parigi del 1900; in quell'occasione fu la Gran Bretagna a vincere la prima medaglia d'oro in questa disciplina.
Il decollo della pallanuoto a livello internazionale si può far coincidere con la settima edizione delle Olimpiadi, disputata ad Anversa nel 1920, con la partecipazione di 12 squadre e l'esclusione di Germania, Austria e Ungheria a seguito della prima guerra mondiale.
La pallanuoto femminile ha invece debuttato alle Olimpiadi di Sydney del 2000, con un torneo a 6 squadre composte ciascuna da 13 giocatrici. Ha vinto l'Australia sugli Stati Uniti, con la Russia al terzo posto. Il secondo torneo olimpico femminile si è disputato ad Atene, nel 2004, con 8 squadre di 13 giocatrici ciascuna. Ha vinto l'Italia sulla sorprendente Grecia. Al terzo posto gli Stati Uniti, unica squadra a salire sul podio in entrambe le Olimpiadi.
Ad Atene 2004 la pallanuoto ha attirato il maggior numero di spettatori complessivo mai riscontrato da questo sport alle Olimpiadi: molte partite sono state giocate davanti a tribune gremite da circa 10.000 spettatori; tuttavia il record di spettatori paganti in una singola gara (oltre 17.000) è stato registrato in occasione della finale del torneo femminile a Sydney, tra Australia e Stati Uniti.
Dal 1870, anno convenzionalmente indicato come data di nascita, la pallanuoto è stata praticata, con diverso successo, in tutti i continenti.
La Gran Bretagna vinse 4 dei primi 5 tornei olimpici, tra il 1900 e il 1920: la gara olimpica ai Giochi di St. Louis nel 1904 fu vinta dagli Stati Uniti (va precisato che a quel torneo non parteciparono squadre straniere ma solo tre squadre statunitensi).
Con l'affermarsi di altri paesi europei, in particolare dell'Ungheria, il predominio britannico venne meno e dall'ultima vittoria olimpica, nel 1920, la Gran Bretagna non figurò più tra le nazioni di spicco, tanto da non essere riuscita a qualificarsi per le Olimpiadi dal 1973.
Lo stesso si può dire della Svezia, della Francia e del Belgio, che negli anni Venti raggiunsero i vertici di questa disciplina; anche l'Austria, con quattro partecipazioni olimpiche dal 1908 al 1952 (il miglior piazzamento fu un quarto posto nel 1912), è poi scomparsa dalla scena internazionale.
Dalla fine degli anni Venti la nazione più forte del mondo è stata l'Ungheria, che ha ottenuto 20 partecipazioni olimpiche vincendo 8 medaglie d'oro, 3 d'argento e 3 di bronzo; inoltre, è sempre stata presente ai campionati del mondo (10 edizioni), conquistando 2 ori, 4 argenti e un bronzo.
Dopo l'Ungheria è la Iugoslavia a vantare il palmarès più ricco, con 3 titoli olimpici (13 partecipazioni), 2 titoli mondiali (8 partecipazioni) e 2 Coppe del mondo (9 partecipazioni). A questi successi vanno aggiunti quelli della Iugoslavia successiva alla scissione (oggi Serbia-Montenegro), che ha vinto un argento olimpico nel 2004 e un bronzo mondiale nel 2003 a Barcellona, e quelli della Croazia, medaglia d'argento olimpica nel 1996 ad Atlanta.
L'Italia è storicamente al terzo posto nella classifica mondiale, con 3 titoli, una medaglia d'argento e 2 di bronzo alle Olimpiadi (17 partecipazioni), 2 titoli, 2 secondi posti e un terzo posto ai campionati mondiali (10 partecipazioni); inoltre, una vittoria, 3 secondi posti e un terzo posto in Coppa del mondo (10 partecipazioni) e un secondo posto in World League (la più recente competizione della FINA). Con Australia, Spagna, Ungheria, Unione Sovietica (poi Russia) e Stati Uniti, l'Italia è uno dei sei paesi ad aver preso parte a tutte le edizioni dei campionati del mondo. Nel gennaio 2005, a Imperia, arrivando seconda dietro la Croazia nel torneo di qualificazione, l'Italia ha conquistato il diritto di partecipare anche agli undicesimi Campionati mondiali di Montreal di luglio 2005.
Se si considerano anche i successi nella pallanuoto femminile, l'Italia passa al primo posto, avendo vinto un titolo olimpico, 2 titoli mondiali oltre a una medaglia d'argento e una di bronzo, due secondi posti in Coppa del mondo e un terzo posto nella World League. Le altre nazioni più titolate nel settore femminile sono l'Olanda e l'Australia, che però non figurano nelle posizioni di vertice nel settore maschile.
Nel novero dei paesi dove la pallanuoto è tra gli sport più importanti c'è la Russia, che ha vinto un oro e un bronzo ai giochi olimpici, 2 bronzi ai campionati mondiali, un oro e un bronzo in Coppa del mondo e un'edizione della World League. L'Unione Sovietica fece il suo ingresso sulla scena internazionale della pallanuoto nel 1952, alle Olimpiadi di Helsinki, classificandosi settima; nei successivi quarant'anni vinse 2 medaglie d'oro, 2 d'argento e 4 di bronzo alle Olimpiadi; 2 titoli mondiali, oltre a una medaglia d'argento e a una di bronzo; e un oro, un argento e 2 bronzi in Coppa del mondo. Dopo lo scioglimento dell'Unione Sovietica, in alcune ex repubbliche sovietiche (Kazachstan, Ucraina e Bielorussia) sono nate squadre di scarso valore.
Tra i paesi dell'Europa orientale incuriosisce il caso della Cecoslovacchia, che vanta 5 partecipazioni olimpiche (1920, 1924, 1928, 1936, 1992), nessuna delle quali raggiunta durante il periodo in cui questa nazione fu nell'orbita sovietica. Recentemente la Repubblica Ceca si è riaffacciata sulla scena internazionale con una giovanissima squadra femminile che ha partecipato al torneo di qualificazione olimpica, svoltosi a Imperia nel 2004. La Slovacchia, che esprime una discreta squadra nazionale maschile, vanta una partecipazione e 3 presenze ai campionati del mondo.
Fra i paesi dell'ex blocco sovietico va ricordata la Romania, sulla scena internazionale da oltre cinquant'anni, con 8 partecipazioni olimpiche (migliore risultato il quarto posto a Montreal nel 1976), 6 mondiali e 2 in Coppa del mondo.
Anche la Bulgaria ha una buona squadra di pallanuoto che vanta 2 partecipazioni olimpiche, 3 mondiali, 2 in Coppa del mondo.
Negli ultimi venticinque anni è cresciuta molto anche la Spagna, che ha conquistato il quarto posto a Mosca (1980) e si è ripetuta quattro anni dopo a Los Angeles; sesta nel 1988 a Seul, è salita sul podio nel 1992 a Barcellona, quando si è classificata seconda dopo aver perso la finale contro l'Italia; ad Atlanta (1996) la Spagna ha vinto il titolo olimpico e a Sydney (2000) è entrata in semifinale, ma è stata poi sconfitta dalla Iugoslavia; ad Atene (2004) si è piazzata sesta, preceduta dalla Germania, tornata dopo molti anni nelle posizioni di vertice.
In Grecia la pallanuoto è il terzo sport di squadra nazionale, dopo il calcio e la pallacanestro. La Grecia ha partecipato a 12 Olimpiadi (la prima nel 1920), 9 campionati del mondo, 7 Coppe del mondo e 3 World League; nel 1997 è arrivata seconda in Coppa del mondo. Gli ellenici hanno conseguito i risultati più prestigiosi dall'inizio del nuovo secolo, sotto la guida dell'allenatore italiano Alessandro Campagna: quarto posto in World League nel 2002, quarto posto ai Mondiali del 2003, terzo posto in World League nel 2004 e, infine, quarto posto alle Olimpiadi 2004.
L'Olanda ha partecipato a 17 Olimpiadi (la prima nel 1908, l'ultima nel 2000, con 2 medaglie di bronzo conquistate nel 1948 e nel 1976), 7 campionati mondiali, 3 Coppe del mondo e una World League; è inoltre la nazione che ha vinto di più nel settore femminile, con un titolo mondiale e 8 Coppe del mondo.
La Germania ha vinto un'Olimpiade nel 1928 ed è arrivata seconda sia nel 1932 sia nel 1936; ha partecipato a 6 Olimpiadi, 4 campionati del mondo e una Coppa del mondo. La Germania Occidentale ha preso parte a 8 Olimpiadi (bronzo nel 1984), 5 mondiali (bronzo nel 1982) e 5 Coppe del mondo (oro nel 1985, argento nel 1983 e bronzo nel 1987). La Germania Orientale è stata presente alle Olimpiadi solo due volte, nel 1964 e nel 1968; il 1968 fu l'unica occasione in cui le due Germanie furono presenti contemporaneamente e quella Orientale (sesta) fece meglio di quella Occidentale (decima).
Altri paesi europei che hanno partecipato ad almeno una delle grandi manifestazioni mondiali sono: Irlanda, Islanda, Israele (che nelle competizioni sportive appartiene all'Europa), Lussemburgo, Malta, Portogallo e Svizzera.
Nel continente americano gli Stati Uniti svettano con 20 partecipazioni olimpiche (un oro, 2 argenti e 3 bronzi), 10 mondiali, 12 in Coppa del mondo (2 vittorie, più altri piazzamenti sul podio) e 3 in World League. Cuba annovera 16 partecipazioni tra Olimpiadi (5), campionati del mondo (7) e Coppa del mondo (4), ma dal 1994 è assente dalle competizioni internazionali. Il Brasile, con 14 partecipazioni tra Olimpiadi (7), mondiali (4) e World League (3), è il paese sudamericano più presente sulla scena internazionale. Vantano partecipazioni olimpiche o mondiali anche Canada, Messico, Colombia, Cile, Argentina e Uruguay.
In Asia e in Africa il movimento pallanuotistico non è altrettanto florido. Il paese asiatico più attivo è il Giappone (7 partecipazioni olimpiche, 2 mondiali), seguito da Cina e Kazachstan, entrambi con 2 partecipazioni olimpiche e 3 mondiali; vi sono poi India, Iran, Corea del Sud (una partecipazione olimpica nel 1988, a Seul) e Singapore.
L'Egitto è il paese africano più presente nelle grandi competizioni internazionali (6 Olimpiadi e 2 campionati del mondo). Il Sudafrica è l'unico altro paese africano a vantare partecipazioni olimpiche (2) e mondiali (1).
A partire dal 1948 l'Oceania è stata quasi sempre presente nelle grandi manifestazioni internazionali, grazie all'Australia che ha partecipato a tutte le edizioni olimpiche, eccettuata quella del 1996 (13 partecipazioni), e che ha preso parte anche a tutti i campionati del mondo, a 6 Coppe del mondo e a 2 tornei di World League, ed è salita sul podio (bronzo) nella Coppa del mondo del 1993. La Nuova Zelanda ha partecipato a 4 campionati del mondo.
Sotto l'egida della FINA si disputano, ormai da molti anni, anche i campionati del mondo juniores maschili e femminili.
Per sostenere lo sviluppo della pallanuoto, agli inizi degli anni Novanta la FINA ha lanciato un intenso programma di formazione, sia di tecnici sia di arbitri. Numerosi corsi si svolgono ogni anno in vari paesi del mondo su richiesta delle singole federazioni nazionali.
Diffusa in quasi tutto il territorio nazionale, la pallanuoto ha le sue roccaforti in Liguria e in Campania.
Le squadre liguri più quotate si trovano nei dintorni di Genova: dal Recco (il club più blasonato della pallanuoto italiana, con 19 titoli italiani, 2 Coppe dei campioni e una Coppa Italia) al Camogli (6 titoli tra il 1935 e il 1957); dal Nervi al Pegli; dal Bogliasco (uno scudetto nel 1981) al Chiavari; dall'Andrea Doria (9 titoli fra il 1920 e il 1931, ma da tempo non figura più fra le squadre di vertice) allo Sturla (un titolo nel 1922) e alla Mameli di Voltri. Da parecchi anni anche il Savona (2 scudetti nel 1991 e nel 1992) rappresenta una realtà di prim'ordine fra le squadre di eccellenza.
In Campania tutte le maggiori squadre sono di Napoli. La realtà più importante è rappresentata dal Posillipo, secondo solo al Recco per numero di scudetti vinti (11), tutti negli ultimi vent'anni. Vi sono poi la Canottieri Napoli, vincitrice di 8 scudetti, e la Rari Nantes Napoli, con 5 scudetti vinti tra il 1939 e il 1950.
Altre aree di grande tradizione pallanuotistica sono: la Toscana, con la Rari Nantes Florentia (vincitrice di 9 scudetti, il primo nel 1933, l'ultimo nel 1980); l'Abruzzo, con il Pescara, fra le migliori squadre dagli anni Ottanta (3 titoli italiani nel 1987, 1997 e 1998); il Friuli-Venezia Giulia, con la Triestina, vincitrice di uno scudetto nel 1929 (Trieste intende rinverdire gli antichi fasti grazie al nuovo, prestigioso impianto di cui la città si è dotata nel 2004). Anche Milano ha collezionato glorie, sia pure in un passato remoto, con la Rari Nantes Milano (scudetti nel 1919 e nel 1932) e la Canottieri Olona (scudetto nel 1947). Un altro club lombardo, il Brescia, in tempi recenti sempre presente fra le squadre di vertice, ha vinto uno scudetto nel 2003. Le squadre romane, alla pari delle milanesi, hanno vinto 3 scudetti: la Roma nel 1954 e nel 1999, la Lazio nel 1956.
Gli 85 titoli finora assegnati ‒ il primo nel 1912, il più recente nel 2004 ‒ risultano così distribuiti: Liguria 41, Campania 24, Toscana 9, Lombardia 4, Abruzzo 3, Lazio 3, Friuli Venezia Giulia 1.
Nella pallanuoto femminile la regione guida è la Sicilia, con molte squadre ‒ soprattutto a Catania e Palermo ‒ e il maggior numero di scudetti. L'Orizzonte Catania è il club più decorato, avendo vinto 13 titoli sui 20 assegnati, dal 1992 al 2004. I precedenti 7 titoli furono conquistati dalla squadra campana del Volturno, di Santa Maria Capua Vetere.
Veneto, Emilia, Sardegna e Piemonte, pur non rappresentate nel massimo campionato, esprimono una considerevole attività, sia nel settore maschile sia in quello femminile.
Nella stagione 2004-05 sono stati 16 i campionati (9 maschili e 7 femminili) svolti sotto l'egida della Federazione italiana nuoto (FIN); di essi 7 sono a carattere nazionale (4 maschili e 3 femminili), i restanti sono a carattere regionale o giovanile.
I campionati maschili sono costituiti da: serie A1 (16 squadre), serie A2 (24 squadre divise in 2 gironi, Nord e Sud), serie B (40 squadre divise in 4 gironi), serie C (76 squadre divise in 8 gironi), serie D (a carattere regionale), Juniores, Allievi, Ragazzi, Esordienti. I campionati femminili sono costituiti da: serie A1 (12 squadre), serie A2 (20 squadre divise in 2 gironi, Nord e Sud), serie B (34 squadre divise in 5 gironi), serie C (a carattere regionale), Juniores, Allieve, Ragazze.
Alcune regole organizzative sono comuni, altre variano da campionato a campionato. Le società di serie A1, maschile e femminile, e quelle di serie A2 maschile devono essere dotate di: un campo di gara di dimensioni massime; un tabellone elettronico segnatempo e segnapunteggio che riporti i nominativi delle squadre e dei giocatori e, per la serie A1, che indichi il numero di falli gravi; una coppia di apparecchiature dei 35 secondi, da posizionare lateralmente ai due giudici di porta; un dispositivo di chiamata del time-out (obbligatorio anche per la serie A2 femminile), via cavo o via telecomando, in grado di attivare, su una console posta sul tavolo della giuria, un segnale luminoso indicante la provenienza della chiamata e un dispositivo acustico (minimo 80 decibel) che permetta ad arbitri, giocatori e pubblico di identificare l'evento.
La temperatura dell'acqua deve essere di 25 °C al coperto e di 27 °C all'aperto (è possibile giocare all'aperto anche d'inverno); in entrambi i casi è ammessa una tolleranza di un grado in più o in meno.
Le squadre sono composte al massimo da 13 giocatori, di cui non più di 7 in acqua nello stesso momento. La tenuta di gara è la stessa in tutti i campionati. Giocatori e giocatrici devono indossare costume e copricostume. I copricostumi devono essere identici (per colore, marchio e sponsor) per tutti i giocatori appartenenti alla stessa squadra. Le calottine, numerate da 1 a 13, sono bianche per la squadra di casa, blu o nere per la squadra ospite, a eccezione della numero 1 di entrambe le squadre, destinata al portiere, che deve essere di colore rosso. Le società possono predisporre una seconda calottina con il numero 13 e di colore rosso da far indossare al secondo portiere nel caso questi venga schierato in campo. Le società di casa dei campionati di serie A1 maschile e femminile e di serie A2 maschile possono indossare calottine con i colori sociali, purché non si creino problemi di identificazione.
In tutti i campionati l'arbitro deve controllare che i giocatori non indossino alcun oggetto (anelli, catenine, bracciali o orologi), che abbiano le unghie delle mani e dei piedi ben tagliate e il corpo non unto con sostanze grasse e scivolose.
Le società ospitanti sono responsabili, pena sanzioni, della presenza di un medico di servizio e della forza pubblica. Esse sono inoltre obbligate a mettere un dirigente a disposizione dell'arbitro, a partire da mezz'ora prima dell'incontro e fino a quando l'arbitro non abbia lasciato l'impianto dopo l'incontro.
La durata della partita è di 4 tempi per tutti i campionati. Ogni tempo dura 9 minuti effettivi nei campionati di serie A1 e serie A2 maschili, 7 minuti in tutti gli altri campionati, a eccezione di quelli Esordienti e Ragazze in cui la durata di ogni tempo è di 8 minuti fissi. La durata degli intervalli tra un tempo e l'altro è di 2 minuti per tutti i campionati.
Il possesso di palla è fissato in 35 secondi per tutti i campionati, a eccezione di quelli Esordienti e Ragazze.
La durata dell'espulsione è di 20 secondi, a eccezione dei campionati Esordienti e Ragazze per i quali esiste una specifica normativa. Il giocatore espulso, o un suo sostituto, può rientrare in campo o allo scadere dei 20 secondi su segnalazione della giuria o dopo la realizzazione di un gol oppure se la propria squadra riconquista il possesso del pallone prima dello scadere dei 20 secondi.
Il numero massimo dei falli gravi è 3; dopo il terzo fallo grave i giocatori sono esclusi dalla partita ma possono rimanere in panchina, continuando a indossare la calottina. I giocatori che siano stati espulsi definitivamente per brutalità, gioco violento, proteste, mancanza di rispetto per l'arbitro o per la giuria devono immediatamente lasciare il campo di gioco e recarsi negli spogliatoi.
In tutti i campionati, e nell'arco dei 4 tempi, è concessa a ogni allenatore la facoltà di richiedere 2 time-outs; la richiesta deve essere fatta quando la propria squadra è in possesso del pallone (altrimenti è punita con un tiro di rigore); la durata del time-out è di un minuto per tutti i campionati, tranne per quelli giovanili in cui è di un minuto e mezzo.
A ogni partita sono assegnati 3 punti per la vittoria, 1 punto per il pareggio, 0 punti per la sconfitta. Le classifiche delle manifestazioni e dei campionati costituiscono la risultante della somma dei punti acquisiti dalle singole squadre. Nel caso di parità in classifica fra due squadre, si dà preferenza, fino a definizione, alla squadra che ha nell'ordine: la miglior sommatoria dei punti in palio negli incontri diretti; la miglior differenza reti negli incontri diretti; il maggior numero di reti segnate nell'incontro vinto; la miglior differenza reti generale; il maggior numero di reti generale. Nell'improbabile caso di una perdurante parità si ricorre al sorteggio.
Per tutti i campionati è designato un pallone ufficiale con le caratteristiche previste dal regolamento internazionale. Nei campionati Ragazzi ed Esordienti si gioca con il modello junior, in quelli femminili con l'apposito modello woman.
In serie A1 e in serie A2 è previsto il doppio arbitraggio, mentre negli altri campionati l'arbitro è unico. I giudici di porta sono previsti solo nel campionato maschile di serie A1.
Le società di serie A1 maschile possono tesserare fino a 3 giocatori non italiani; quelle di serie A2 maschile e serie A1 femminile fino a 2 giocatori non italiani. Per favorire l'inserimento dei giovani, le società di serie A2 sono obbligate a schierare in formazione almeno 2 giocatori di età non superiore ai 19 anni.
Il campionato di serie A1 si disputa in due fasi: nella prima le squadre sono suddivise in 4 gironi, ciascuno formato da 4 squadre che si incontrano in partite di andata e ritorno, secondo la formula del 'girone all'italiana'; la seconda fase si svolge in 2 gironi all'italiana, denominati A e B, formati da 8 squadre ciascuno in base alla classifica finale della prima fase. Vengono giocate partite di andata e ritorno. Dopo la seconda fase le prime 6 squadre classificate sono ammesse ai play-offs. La settima e l'ottava del girone A e la prima e la seconda del girone B giocano partite di spareggio con lo scopo di designare le altre 2 squadre partecipanti ai play-offs. Le perdenti degli spareggi e le ultime 6 del girone B disputano i play-outs. I play-offs si articolano in altre 2 fasi in cui sono previsti confronti diretti: nei quarti di finale, cui partecipano 8 squadre, si gioca al meglio di 2 partite su 3; le 4 vincitrici accedono alle semifinali, dove gli incontri diretti si giocano al meglio di 3 partite su 5. Le vincitrici disputano la finale, sempre al meglio di 3 partite su 5. La squadra che per prima realizza 3 vittorie si aggiudica il titolo di campione d'Italia. Nei quarti, nelle semifinali e nella finale gli incontri devono finire con la vittoria dell'una o dell'altra squadra. In caso di pareggio, dopo i 4 tempi regolamentari vengono disputati 2 tempi supplementari di 3 minuti ciascuno; in caso di persistente parità si procede a oltranza ‒ sempre con tempi da 3 minuti ciascuno ‒ fino a che una delle due squadre non realizza una rete (silver goal), che pone termine all'incontro assegnandole la vittoria. Play-offs per l'assegnazione del titolo sono previsti anche per il campionato di serie A1 femminile e per designare le squadre promosse nella serie A2 maschile. Per ogni campionato sono stabiliti criteri specifici per la determinazione delle promozioni e delle retrocessioni.
Chiamati a fornire le loro prestazioni in una piscina con acqua profonda circa 2 m, i giocatori di pallanuoto devono possedere congiuntamente numerose abilità: quelle tecniche e di resistenza di un campione di nuoto, quelle di un giocatore di rugby pronto a lottare per entrare in possesso della palla o per difenderla, quelle di un lottatore capace di divincolarsi dall'avversario e quelle di un buon giocatore di pallacanestro o di pallamano.
Nonostante la sua complessità, lo scopo del gioco è, tuttavia, semplice e immediato: segnare più gol della squadra avversaria.
La pallanuoto è, in assoluto, il gioco di squadra più duro. In nessun altro sport ai giocatori viene richiesto di allenarsi tanto intensamente sia in acqua ‒ per effettuare la preparazione fisica specifica nell'ambiente di gioco e per esercitarsi tanto nei 'fondamentali' individuali quanto nell'attuazione degli schemi tattici e nell'assimilazione dei concetti strategici ‒ sia a secco, fuori dall'acqua, in palestra o all'aperto.
Per affermarsi nella pallanuoto occorre possedere spiccate doti fisiche, tecniche e mentali, compresa un'elevata propensione al sacrificio individuale e un grande senso di altruismo. Nella pallanuoto lo sforzo collettivo e il gioco di squadra vengono esaltati come non mai. Gli assists sono altrettanto importanti quanto i gol.
I migliori giocatori sono anche dotati di grande autocontrollo: nelle fasi concitate si possono riscontrare fino a 12 falli per volta (ogni giocatore può commettere fallo sul diretto avversario e riceverlo contemporaneamente), mentre gli arbitri possono sanzionare solo un fallo per volta, scegliendo di fischiare quello che più impedisce il corretto svolgimento dell'azione. In alcune occasioni, lo stesso fallo può essere decretato dall'arbitro in maniera opposta, a sua discrezione.
In Italia le misure massime del campo di gioco sono di 30 m in lunghezza (si misura la distanza tra una linea di porta e l'altra) e di 20 m in larghezza (distanza tra una linea laterale e l'altra). La profondità minima è di 1,80 m, quella consigliata di 2 m (2,20 m in campo internazionale). Queste misure sono obbligatorie per tutte le manifestazioni internazionali, sia maschili sia femminili, e anche per i campionati nazionali di serie A1, serie A2 maschile e femminile e serie B maschile. Per i campionati minori, serie B femminile, serie C e campionati giovanili, la FIN accetta campi di gioco che misurino almeno 25 m di lunghezza e 16 m di larghezza.
Le normative federali internazionali stabilite dalla FINA fissano una serie di parametri riferiti al campo di gioco, alla durata della gara e all'equipaggiamento.
Le misure minime consentite sono teoricamente di 20 m di lunghezza e 10 m di larghezza; la profondità minima dell'acqua non è indicata, ma quando è inferiore a 1,50 m la traversa della porta deve essere posizionata, sempre teoricamente, a 2,40 m sopra la superficie dell'acqua.
La linea di fondo campo è situata 30 cm dietro la linea di porta. A destra della porta, tra la linea di fondo campo e la linea di porta, a partire dalla linea laterale e per la lunghezza di 3 m, è ricavato uno spazio tecnicamente definito di 'rientro' ma comunemente chiamato 'pozzetto': è in questo spazio che i giocatori espulsi temporaneamente devono permanere per tutta la durata dell'espulsione (20 secondi), ed è da questo spazio che essi, o i loro sostituti, devono rientrare in campo. La distanza minima tra la linea di porta e la parete della piscina deve essere di 1,60 m.
Il campo di gioco è delimitato da separatori galleggianti di plastica bianca analoghi ai separatori che delimitano le corsie di nuoto. Alle origini il campo era delimitato da corde infilate in galleggianti di sughero dipinti di bianco, poi sostituiti da asticelle di legno collegate l'una all'altra da appositi moschettoni.
La dimensione interna delle porte è di 3 m di larghezza, 90 cm di altezza e 30 cm di profondità. Tanto i pali quanto la traversa sono costruiti in materiale rigido, con profilo rettangolare di 7,5 cm. Alle porte sono agganciate reti resistenti ma non tese.
Sulle corsie di delimitazione del campo e/o sul bordo vasca devono essere apposti, su entrambi i lati, segnali colorati non in ferro: i segnali bianchi indicano le linee di porta e la linea di metà campo; i segnali rossi indicano le linee dei 2 m (area del fuori gioco) dalle linee di porta; i segnali gialli indicano le linee dei 4 m (area di rigore) dalle linee di porta; i segnali verdi indicano le linee dei 7 m dalle linee di porta (dalla linea dei 7 m, o più indietro rispetto a questa linea, un tiro libero può essere indirizzato direttamente verso la porta).
Ai due lati del campo, sul bordo vasca, deve esserci uno spazio sufficiente per consentire agli arbitri ‒ due negli incontri internazionali e in quelli dei campionati di serie A ‒ di muoversi liberamente da una linea di fondo campo all'altra. Nelle grandi competizioni internazionali gli arbitri normalmente si spostano su apposite passerelle costruite lungo le linee laterali a un'altezza di circa 1 m rispetto al piano vasca. Alla destra di ogni porta e all'altezza delle linee di porta devono esserci le postazioni (sedie) per i giudici di porta (che sono due, uno per ciascuna porta).
Su un lato del campo deve essere previsto uno spazio adeguato e l'attrezzatura necessaria per la giuria: un lungo tavolo e sedie per cronometristi, speakers, commissario di gara, delegato tecnico, rilevatori statistici e altri.
La temperatura dell'acqua deve essere di 26 °C, con una tolleranza di 1 °C in più o in meno.
Negli incontri internazionali e in quelli dei campionati nazionali di serie A, gli organizzatori delle manifestazioni o le squadre ospitanti devono predisporre le apparecchiature di cronometraggio elettronico, di amplificazione della voce nonché il tabellone elettronico collegato al computer della giuria. Oltre ai nomi delle squadre e a quelli dei giocatori in acqua, il tabellone deve evidenziare numericamente il punteggio corrente e i punteggi parziali relativi ai tempi già giocati e, graficamente (di solito con appositi pallini luminosi), le espulsioni subite. La giuria è dotata anche di una bandierina bianca e una blu per segnalare il rientro di un giocatore una volta trascorsi i 20 secondi dall'espulsione temporanea.
A bordo vasca, all'altezza delle linee dei 2 m, accanto ai giudici di porta ‒ ma preferibilmente anche nella stessa posizione sul lato opposto ‒, devono essere posizionati i 'segnalatori dei 35 secondi', ovvero apparecchi elettronici contasecondi che segnalano in ogni momento il tempo a disposizione della squadra in attacco per il possesso di palla residuo a scalare dai 35 secondi (tempo massimo di possesso consentito).
All'inizio della partita e di ognuno dei tempi successivi va posizionato a centrocampo il cosiddetto cestello, collegato a una corda manovrabile dal bordo vasca, al cui interno viene deposto il pallone. Al fischio d'inizio di ciascun periodo un giocatore per ciascuna squadra, partendo dal centro della propria porta, nuota il più velocemente possibile verso il centrocampo per conquistare il pallone. Contestualmente al segnale dell'arbitro, un addetto, tirando la corda, fa scendere il cestello verso il fondo della piscina.
Il pallone. - Il pallone deve essere rotondo e contenere una camera d'aria chiusa da una valvola ermetica; deve essere di materiale idrorepellente e non scivoloso; deve pesare tra i 400 g (per gli Esordienti e le squadre femminili) e i 450 g, ma in realtà il peso dei palloni attuali è di almeno 500 g. Per le competizioni maschili la circonferenza deve essere compresa tra 68 e 71 cm, mentre la pressione può variare da 90 a 97 kPa (kilopascal). Per le competizioni femminili la circonferenza deve essere compresa tra 65 e 67 cm, mentre la pressione può variare da 83 a 90 kPa.
Le calottine. - Le calottine delle due squadre devono essere di colore contrastante ‒ di solito bianche per la squadra di casa e blu (o nere) per la squadra ospite ‒ ma non rosse, colore riservato a quelle dei portieri. La squadra di casa può utilizzare calottine con i colori sociali, a patto che non si confondano con quelle della squadra ospite. Le calottine devono essere dotate di lacci in modo da poter essere legate sotto il mento e devono essere corredate da paraorecchi dello stesso colore, realizzati in materiale solido, resistente ma malleabile. Le calottine devono essere numerate su entrambi i lati, e i numeri, che vanno da 1 (il portiere) a 13, devono essere alti 10 cm.
Negli incontri internazionali le calottine devono mostrare sul davanti il codice di tre lettere, alto 4 cm, che identifica il paese rappresentato dalla squadra. Sopra o sotto il codice del paese può comparire la bandiera della nazione (è tollerata anche la sua esposizione sul retro).
I costumi. - I giocatori di pallanuoto devono indossare due costumi o un costume doppio. L'esterno deve essere in materiale antistrappo e rispettare norme di decenza. I costumi di ultima generazione sono generalmente fabbricati in materiale leggero, resistente, avvolgente e idrorepellente. Sui costumi può essere apposto un logo pubblicitario o ripetuto il codice del paese, per un'ampiezza massima di 20 cm2.
Le piscine. - Per le Olimpiadi e i campionati del mondo, le piscine che contengono il campo di gara devono essere dotate di tribune con una capienza di almeno 10.000 spettatori. Gli organizzatori devono mettere a disposizione anche una piscina con campo regolare per gli allenamenti e il riscaldamento delle squadre.
Le partite del campionato italiano di serie A1 devono essere disputate in piscine con tribune in grado di ospitare almeno 2000 spettatori, ma finora sono sempre state concesse deroghe alle società con piscine meno capienti.
Gli impianti devono essere dotati di tutti i servizi. In particolare deve esserci un'area riservata all'anti-doping e adeguati servizi per i media: tribuna stampa, sala stampa e zona mista ‒ all'interno della quale i giornalisti possono incontrare giocatori e allenatori subito dopo la conclusione della partita ‒ debitamente attrezzate.
Occorrono dai sei agli otto anni per dotare un giovane allievo del bagaglio tecnico necessario a farne un giocatore completo. Oltre a coltivare assiduamente la preparazione natatoria pura e quella fisica, sia in acqua sia in palestra, il giovane giocatore deve impadronirsi alla perfezione dei 'fondamentali' specifici della pallanuoto.
La pallanuoto non può essere praticata da chi non abbia elevate abilità natatorie, sia generiche sia specifiche. In questa disciplina gli spostamenti orizzontali avvengono attraverso i vari stili di nuoto, mentre gli spostamenti verticali e obliqui sono effettuati con due tecniche specifiche di questo sport ‒ la forbice (trudgeon) e la bicicletta ‒ e con una tecnica tipica del nuoto puro, le gambe a rana.
Condizione necessaria per essere iniziati alla pallanuoto è la padronanza degli stili fondamentali del nuoto: stile libero (crawl), dorso, rana, delfino e farfalla (simile alla rana per il movimento delle gambe, al delfino per quello delle braccia). Ognuna di queste nuotate ha un proprio ambito applicativo e un'importanza specifica.
Il crawl, nuotato a testa alta, serve per gli spostamenti veloci in orizzontale, con o senza palla, soprattutto nelle azioni di contrattacco. Il dorso serve per meglio ricevere il pallone dal portiere, soprattutto nell'azione di contropiede, o da chi è in possesso del pallone, e per attestarsi in posizione di tiro. All'utilità delle gambe a rana si è già accennato.
Il nuoto a forbice (trudgeon) serve sia per la partenza da fermo sia per il cambio di direzione sia per l'elevazione. La bicicletta è fondamentale per l'attacco ‒ al centravanti (centroboa) serve per meglio resistere alla stretta marcatura del difensore centrale, mentre agli altri attaccanti serve per elevarsi nella fase precedente al tiro ‒, ma anche quando ci si difende (più alti si è sulla superficie dell'acqua e più efficace è la barriera difensiva).
Preparazione a secco. - La preparazione fuori dall'acqua deve accompagnare quella tecnica in acqua. Normalmente si svolge in palestra ma, condizioni climatiche permettendo, può svolgersi anche all'aperto. Gli esercizi a secco hanno alcuni scopi fondamentali: acquisizione di una maggiore flessibilità articolare, prevalentemente attraverso idonei esercizi a corpo libero o con l'ausilio di attrezzi leggeri; aumento della forza e del tono muscolare, con esercizi sia a corpo libero sia con pesi e macchine; riscaldamento prima della partita e prima del riscaldamento in acqua (corpo libero, pesi leggeri). Una buona preparazione a secco deve, da un lato, conseguire un potenziamento (generale e specifico) muscolare, articolare e cardiocircolatorio idoneo a sviluppare le qualità neuro-muscolari necessarie per un'ottimale esecuzione dei gesti tecnici; dall'altro, rendere più rapidi e pronti i riflessi e più efficaci le capacità reattive e di coordinamento. Per evitare che gli esercizi incidano negativamente sulle capacità di coordinamento, sulla scioltezza dei movimenti e sulla rapidità dei riflessi si deve evitare di ricorrere ai carichi massimali. A secco è anche utile palleggiare, in piedi o seduti, con una o due mani, con palloni medicinali da 1,5 o 2 kg.
Nuoto a testa alta. - La nuotata a testa alta serve sia a portare il pallone sia a spostarsi orizzontalmente, continuando ad avere una buona visione del campo. Si tratta di un'evoluzione dello stile libero. La posizione del corpo del pallanuotista, che deve imparare a respirare frontalmente, è più alta rispetto a quella del nuotatore; essa si ottiene piegando maggiormente i gomiti, accorciando la bracciata e aumentando la frequenza della stessa. Oltre a garantire un'ideale visione del gioco, questa nuotata consente maggiore velocità su scatti brevi; inoltre rende più difficile la marcatura da parte dell'avversario e serve a evidenziare un fallo subito. La posizione della testa deve altresì consentire al giocatore di vedere sopra il pallone. La bracciata corta e alta permette di nuotare e portare avanti il pallone fra le braccia in condizioni di massima sicurezza e di essere pronti a eseguire qualsiasi tiro in movimento. Questa nuotata richiede un notevole dispendio d'energie. Per il suo apprendimento sono necessarie numerose ripetizioni, a varie distanze (10 m, 25-50 m, 100-200 m).
Forbice (trudgeon). - Questa nuotata si è diffusa nel 19° secolo come prima interpretazione dello stile libero. Usata dai primi pallanuotisti come nuotata prevalente, essa è anche una necessità della pallanuoto attuale, perché è l'unica che permette al giocatore di iniziare uno scatto da fermo. Va dunque appresa alla perfezione, con respirazione da entrambi i lati in modo da poter essere sfruttata in ogni occasione. Grazie ai suoi movimenti particolari, la forbice consente al pallanuotista di crearsi in acqua un appoggio efficace: al momento della partenza il corpo è in posizione laterale, un braccio è piegato e in appoggio sotto il livello dell'acqua ed esegue un movimento a stile libero fino al petto, mentre l'altro braccio esegue il recupero a stile libero; il movimento delle gambe, asimmetrico, ha un'importanza fondamentale. Questa nuotata, con cui si procede quasi a balzi, permette al giocatore che si trova in posizione obliqua di elevarsi e saltare per ricevere o intercettare il pallone in arrivo.
Bicicletta. - Il nome con cui si indica questa nuotata rimanda al movimento della pedalata, rispetto al quale essa è tuttavia più complessa, comprendendo anche movimenti rotatori laterali e non solo movimenti sagittali (sul piano antero-posteriore). Questa nuotata consente al giocatore di stare in posizione verticale; più è vigorosa, più alte saranno le spalle rispetto alla superficie dell'acqua e più efficaci i movimenti fuori dall'acqua. La bicicletta è usata sia dai portieri ‒ i quali si aiutano con rapidi movimenti delle braccia per ottenere una maggiore elevazione (bicicletta a pressione) ‒ sia dai giocatori in campo: questi usano quasi solo le gambe, dovendo adoperare le braccia per giocare il pallone o per tenere a bada l'avversario. L'azione delle gambe avviene in tre fasi: recupero con flessione della coscia sul bacino, con il ginocchio in posizione leggermente aperta in fuori; rotazione in fuori della gamba, con il piede a martello; spinta e distensione della gamba (mantenendo il piede a martello), con ritorno del piede sulla verticale del corpo, pronto a iniziare il nuovo movimento. Una gamba spinge, mentre l'altra recupera. La nuotata a bicicletta è la più difficile e per apprenderla serve molta applicazione e pratica di esercizi specifici.
Nuoto sul dorso. - Questa nuotata è modificata rispetto al dorso dei nuotatori: il bacino è più affondato e la bracciata è più corta e veloce per consentire alle spalle di restare fuori dall'acqua e per mantenere la testa alta. Si usa per ricevere un passaggio, per cambiare direzione, per smarcarsi da un avversario, per ricevere il pallone dal portiere o da un difensore, per iniziare un contrattacco dopo che il proprio avversario diretto ha scoccato il tiro, per smarcarsi e ricevere il pallone da un compagno in attacco ponendosi nel contempo in posizione idonea a scoccare il tiro, per avere una visione più ampia della situazione in campo.
Nuoto con il pallone. - In acqua il pallone si porta fra le braccia utilizzando la nuotata a testa alta (bracciate corte, gomiti alti). Il giocatore può interrompere il nuoto con il pallone per eseguire un passaggio, sia dalla posizione verticale sia girandosi sul dorso; per eseguire un tiro; per effettuare un dribbling.
Sollevamento del pallone dall'acqua. - Si può sollevare il pallone dall'acqua in due modi: da sotto, facendo scivolare la mano sotto il pallone per poi sollevarlo; da sopra, esercitando con il palmo della mano una leggera pressione verso il basso sul pallone affinché, per reazione, esso salti fuori dall'acqua e si appoggi sul palmo della mano, repentinamente ruotato di 180°.
Il passaggio. - Tutti i passaggi ‒ brevi (fino a 5 m), medi (da 5 a 10 m), lunghi (oltre i 10 m) ‒ presuppongono che il pallone sia impugnato da sotto, da sopra o di fianco: in questi modi si possono eseguire i passaggi di mezza rovesciata, quelli a spinta 'a colonnello' e quelli con altre modalità.
Il palleggio. - Gli esercizi di palleggio servono per acquisire padronanza nel maneggio del pallone, condizione necessaria per eseguire con efficacia passaggi e tiri in porta. Per esercitarsi nel palleggio si parte dalla posizione verticale, che viene mantenuta grazie a un intenso movimento delle gambe a bicicletta. Dopo aver sollevato il pallone in uno dei modi indicati, lo si afferra con la mano ricurva e le dita aperte, per ricoprirne quanta più superficie possibile. L'esercizio più frequente è il palleggio a due, con i giocatori posti l'uno di fronte all'altro. Varianti: palleggio a due con posizione obliqua in avanti; palleggio a due mani, destra-sinistra; palleggio a tre; palleggio a tre con rotazione del giocatore da sinistra a destra; palleggio a quattro; palleggio 'a raggiera'; palleggio a raggiera con passaggio al centro; palleggio in movimento (con i giocatori disposti in due file che si passano la palla da sinistra a destra e viceversa, oppure con i giocatori disposti in circolo, ognuno dei quali passa il pallone al compagno che lo precede).
Il tiro. - È il gesto tecnico più espressivo, perché finalizza ogni altro movimento oltre che la manovra del collettivo. La sua efficacia dipende dalla bontà, dal tempismo e, a eccezione del tiro a parabola (detto anche 'colombella' o 'palombella'), anche dalla velocità e dalla forza con cui è eseguito. L'efficacia del tiro consegue direttamente dall'abilità tecnica del giocatore che lo esegue e dalla sua elevazione rispetto alla superficie dell'acqua (soprattutto nel caso del tiro frontale). Esiste una grande varietà di tiri. Il giocatore che dopo un'azione di contrattacco (contropiede) si trova davanti al portiere avversario può utilizzare il tiro 'a schizzo': con una mano infilata sotto il pallone, lo solleva e lo porta vicino al viso per colpirlo immediatamente e lanciarlo verso l'alto e in avanti con l'altra mano nella fase di recupero della bracciata. Oppure il 'colonnello': con una mano si fa pressione sul pallone per farlo saltare fuori dall'acqua, poi, con continuità di movimento, si ruota la mano in modo che la stessa appoggi sulla parte posteriore del pallone e infine si stende il braccio con forza e velocità per scagliarlo in porta. In questo tipo di situazioni è frequente anche il tiro a parabola. Dalla posizione di centrattacco (centroboa), con il giocatore posizionato a distanza ravvicinata ‒ tra i 2 e i 4 m dal portiere avversario ‒, spesso con le spalle rivolte alla porta, sono frequenti i tiri 'di polso' (l'attaccante riesce a tirare anche se strettamente marcato e talvolta semisommerso), 'a sciarpa' (girata laterale), 'beduina' (rovesciata), 'al volo' (di mezza rovesciata), 'sul dorso' (quando l'attaccante riesce a smarcarsi dal difensore). L'attaccante che per qualsiasi motivo viene a trovarsi in posizione frontale rispetto al portiere scaglia il tiro nella maniera classica, caricando il corpo al massimo con il movimento a forbice delle gambe, ruotando tronco e braccio sinergicamente e lanciando il pallone ‒ teso o con rimbalzo sull'acqua ‒ in direzione della porta avversaria.
Tipologie di preparazione. - Ciascun allenatore pianifica la preparazione della propria squadra in funzione del livello tecnico della squadra stessa ‒ tipo di campionato, età media, caratteristiche fisiche e tecniche dei giocatori ‒, degli obiettivi possibili che si propone di conseguire, della lunghezza del campionato o del numero e della frequenza delle partite da giocare.
Per i giocatori che fanno parte delle squadre nazionali la preparazione dura tutto l'anno, a eccezione di qualche settimana di vacanza, normalmente nel mese di settembre.
A una prima fase in cui l'obiettivo della preparazione è il potenziamento organico e quello muscolare (quest'ultimo soprattutto delle gambe e delle braccia), con un'alternanza di carichi pesanti che favoriscono il potenziamento e di carichi leggeri idonei a incrementare la velocità dei movimenti, fa seguito una fase di allenamenti più specifici. Essa comprende: esercitazioni di nuoto per la pallanuoto, fondamentali (palleggi, tiri ecc.), schemi e tattiche di gioco, partite di allenamento.
Le squadre partecipanti ai campionati giovanili o ai cosiddetti campionati minori si allenano normalmente da 3 a 5 volte alla settimana. Le squadre di serie A o nazionali, in parte formate da professionisti o semiprofessionisti, si allenano fino a 2 volte al giorno per almeno 5 giorni alla settimana. Ciascuna seduta ha una durata di circa 2 ore. Al sabato si gioca, di solito, la partita del campionato cui si prende parte.
Le squadre che partecipano alle competizioni internazionali, soprattutto Coppe europee, devono modificare la loro preparazione in funzione dei frequenti incontri infrasettimanali.
Le squadre nazionali devono essere preparate per giocare una partita al giorno (in passato anche 2 al giorno) in tornei ad alta intensità (olimpici, mondiali, europei), della durata di 7-8 giorni.
Ciascun allenamento inizia sempre con una fase di riscaldamento che, in acqua, è normalmente eseguita alternando allo stile libero le varie nuotate per la pallanuoto. Si passa poi all'allenamento con il pallone (passaggi, tiri, esercizi vari) e al nuoto con il pallone; poi ci si esercita negli schemi.
I portieri, le cui maggiori doti, naturali o acquisite, devono essere la capacità di elevazione e la prontezza dei riflessi, sono sottoposti a specifici programmi di preparazione, nell'ambito dei quali trovano ampio spazio gli esercizi di gambe a bicicletta, a forbice e a rana.
Fa parte della preparazione tecnica specifica anche il gioco a due porte fra squadre di pari forza, in grado di sviluppare un buon gioco d'insieme. Prima di iniziare, l'allenatore deve illustrare ai giocatori gli schemi da applicare, come la posizione dei singoli giocatori in caso di uomo in più o uomo in meno, la costruzione del contrattacco e così via.
L'evoluzione della pallanuoto, caratterizzata da una crescente dinamicità, ha portato alla riduzione dei ruoli ricoperti dai giocatori in vasca.
In passato i ruoli erano più marcati e potevano essere distinti in: portiere, terzino fisso, terzino mobile, metà-campo o centrovasca, centrattacco o centroboa, ala e ala di punta. Per molti decenni l'identificazione di un singolo giocatore con il ruolo da lui ricoperto fu pressoché totale, fino a quando le partite erano giocate solamente da 7 giocatori.
Con l'introduzione delle sostituzioni ‒ dapprima con 4 giocatori in panchina, poi con i 6 attuali ‒ la specializzazione è andata sfumando e i giocatori, a eccezione del portiere e del centrattacco, hanno assunto caratteri di maggiore completezza. Nella pallanuoto moderna i giocatori in campo sono tutti polivalenti: difensori, metà-campo o attaccanti, a seconda delle necessità e delle circostanze. In particolare, terzini e ali sono spesso ottimi giocatori anche a metà-campo e potenti tiratori. In ogni squadra, tuttavia, c'è quasi sempre un giocatore di metà-campo dotato di grande visione di gioco e caratterizzato da una marcata capacità di leadership, che funge da regista.
Il portiere è l'unico giocatore a possedere sempre la visione completa di ciò che accade in campo. Segue i movimenti del pallone ed è sempre pronto a intervenire, sia per parare un tiro degli avversari sia per ricevere un retropassaggio da un compagno di squadra. Con le sue parate e i suoi precisi lanci ai compagni in controfuga, il portiere infonde sicurezza alla squadra e pone le premesse per la costruzione di un'efficace azione d'attacco. Spesso di statura superiore alla media, deve essere dotato di grande elevazione e di ampia apertura di braccia per coprire meglio lo specchio della porta. Tra le sue doti spiccano la prontezza di riflessi e la visione di gioco. Una parte dell'allenamento specifico dei portieri riguarda il bombardamento di tiri ‒ di vario tipo e da diversa distanza e angolazione ‒ che i compagni, a turno, scagliano in direzione della sua porta.
Il difensore deve marcare bene l'attaccante, recuperare il pallone e promuovere azioni di contrattacco. Deve inoltre possedere gambe forti, per potersi elevare più dell'attaccante eseguendo i movimenti a bicicletta o a forbice, braccia lunghe e grandi riflessi; deve altresì essere pronto a togliere il pallone all'attaccante o a intercettare un passaggio che lo stesso sta per ricevere da un compagno. La marcatura del centrattacco può essere fatta da dietro, quando il gioco è a zona, di lato o davanti, quando il pallone è ancora lontano dalla coppia difensore centrale-centrattacco o la difesa è a pressing. Quest'ultimo tipo di marcatura tende a creare un ostacolo fra l'attaccante e il suo compagno di squadra in possesso del pallone e rende difficile, o rischioso, il passaggio al centrattacco stesso.
Il centrovasca è veloce nel nuoto e agile negli spostamenti; possiede riflessi pronti, tiro potente e veloce. Con i suoi tiri da lontano, questo giocatore talvolta riesce a segnare più gol degli attaccanti puri. Egli è fondamentale sia nella fase di costruzione del gioco d'attacco ‒ spesso è l'uomo dell'ultimo passaggio ‒ sia in fase di copertura, in aiuto alla difesa in caso di contrattacco avversario.
L'ala è rapida, veloce, capace di scatti brevi, nervosi e veloci, ma anche di nuotate lungo tutto il campo. La sua intesa con il centrattacco è fondamentale per risolvere positivamente le azioni di attacco. L'ala si muove davanti alla porta avversaria, alla ricerca dello spiraglio per tirare o per eseguire un preciso assist a un compagno. È capace di tirare, sia da ferma sia in corsa, da tutte le posizioni, con grande estro e fantasia. All'ala destra solitamente viene posizionato un giocatore mancino.
Il centrattacco è normalmente dotato di un fisico possente e di grande forza, indispensabili per sopportare il cospicuo carico di fatica con cui si deve confrontare in ogni incontro. La grande usura cui è sottoposto il centrattacco impone all'allenatore di schierarne sempre due in formazione e di procedere a frequenti sostituzioni dell'uno con l'altro. Questo giocatore deve essere in grado di fare un gran lavoro con le gambe, sia per resistere alla marcatura del difensore sia per poter scagliare il pallone in porta nell'attimo in cui riesce ad avere il braccio o il polso liberi. È capace di una grande varietà di tiri dalla corta distanza, comprese le rovesciate, le girate, i tiri al volo. Quando non riesce a svolgere un'azione personale, egli funge da torre o da boa, smistando rapidamente il pallone ai compagni meglio appostati o cercando di conquistare un'espulsione temporanea a favore.
Una volta entrata in possesso del pallone una squadra mette in atto una serie di azioni di attacco che devono essere finalizzate entro 35 secondi a un tiro contro la porta avversaria. Una squadra conquista il pallone quando: il proprio portiere para un tiro avversario; un proprio giocatore intercetta un tiro o un passaggio avversario; un avversario commette un fallo in attacco; scadono i 35 secondi di tempo consentiti all'altra squadra per finalizzare l'azione.
Schematicamente si identificano alcune tipologie di azioni d'attacco: controfuga, attacco verticale, attacco in superiorità numerica.
La controfuga è un'azione dinamica e spettacolare che inizia quando un giocatore della squadra che difende intuisce che la squadra avversaria sta per perdere il pallone e parte prendendo il vantaggio sul diretto avversario. La controfuga può svilupparsi con un solo giocatore oppure con più giocatori che arrivano contemporaneamente in zona tiro, in superiorità numerica rispetto ai difensori; più alto è il numero dei giocatori coinvolti nell'azione più difficile, ma anche più spettacolare, è l'azione per andare al tiro ed eventualmente realizzare un gol. Durante la controfuga i giocatori devono mantenersi distanziati fra loro, per evitare che un solo difensore possa disturbare l'azione di due giocatori contemporaneamente. Le azioni di controfuga hanno una buona percentuale di realizzazione, specialmente quelle in due contro uno o tre contro due.
Nell'attacco verticale l'attaccante più pericoloso, il centrattacco (o centroboa), si posiziona tra la linea dei 2 m (o linea di fuorigioco, oltre la quale non si può andare senza essere in possesso della palla o senza che la palla si trovi comunque più avanti) e la linea dei 4 m (linea che delimita l'area di rigore). Egli viene servito a ripetizione dai compagni con lo scopo sia di andare direttamente al tiro, se riesce a liberarsi anche per una frazione di secondo dalla marcatura del difensore, sia di guadagnare falli gravi o l'espulsione del giocatore avversario, consentendo alla propria squadra di giocare l'azione d'attacco in superiorità numerica per 20 secondi.
Nell'attacco in superiorità numerica i 6 giocatori che attaccano, contrastati da 5 difensori, si schierano secondo schemi preordinati per cercare, con il giocatore più affidabile, la soluzione di tiro più efficace. Per poter funzionare, gli schemi devono essere a lungo preparati e perfettamente assimilati dai giocatori. La loro esecuzione, che spesso appare naturale e spontanea agli spettatori, è in realtà frutto di un lavoro lungo, duro e metodico. Lo schieramento d'attacco più frequente in superiorità numerica prevede 4 giocatori schierati sulla linea dei 2 m e 2 giocatori su quella dei 4 m. L'obiettivo è favorire il tiro del giocatore più smarcato nel momento in cui il portiere è più spiazzato. L'attacco può partire da sinistra e concludersi a destra o viceversa; oppure può partire da dietro e concludersi al centro, spesso con un tiro al volo di uno degli interni. Poiché i giocatori in campo non sono sempre gli stessi, a causa di sostituzioni o di formazioni diverse a seconda dell'incontro, l'allenatore deve prevedere una serie di varianti. Una variante specifica va giocata quando è presente in acqua un giocatore mancino.
La continua alternanza fra le azioni di attacco e quelle di difesa determina la loro interdipendenza: le azioni di difesa iniziano quando finiscono quelle di attacco; i giocatori si trasformano tutti, immediatamente, da attaccanti in difensori.
I giocatori della squadra in difesa devono agire in modo che gli avversari non vadano al tiro, cercando di intercettare un passaggio o un lancio oppure di far tirare l'attaccante avversario in condizioni difficili e con scarsa possibilità di realizzazione. Lasciare all'attaccante un po' di movimento per indurlo a eseguire un tiro 'in sofferenza' è spesso la tattica difensiva più efficace, poiché consente al giocatore che prevede l'esito del tiro di scattare in controfuga lasciandosi dietro l'autore del tiro. La capacità di passare repentinamente dalla difesa all'attacco è fondamentale e definisce spesso il livello qualitativo della squadra. L'azione difensiva per arginare una controfuga è difficile, ma può essere efficace e spettacolare se attuata tempestivamente, con azioni diagonali di copertura, cosiddette di taglio, attuate dai giocatori della squadra in difesa su quelli più avanzati della squadra in attacco.
Le tattiche difensive sono fondamentalmente due: la difesa a uomo e la difesa a zona. Vi è, poi, la difesa in inferiorità numerica.
La difesa a uomo presuppone la marcatura stretta di tutti gli attaccanti allo scopo di contrastare il tiro e di far commettere nei passaggi errori tali da consentire al difensore di intervenire in anticipo 'rubando' il pallone all'attaccante che sta per riceverlo. Questo tipo di marcatura è molto efficace nell'impedire agli esterni di tirare, ma è anche rischioso in quanto rende difficile il cambio di marcatura sul centrattacco e più probabile l'espulsione del difensore che lo marca.
Nella difesa a zona l'obiettivo è neutralizzare il centrattacco senza farsi espellere, utilizzando cambi di marcatura sullo stesso giocatore in funzione dei suoi spostamenti. L'effetto solitamente conseguente è quello di indurre al tiro gli esterni, lasciati relativamente liberi, da una distanza non inferiore a 7-8 m. Questo tipo di difesa è meno dispendioso ed è normalmente adottato se si può fare affidamento su un bravo portiere e se si dispone di giocatori dotati di buona elevazione. La zona può essere anche utilizzata per portare il contropiede ed è comunemente chiamata 'a M', con la squadra in difesa che sceglie di far tirare la squadra avversaria, rischiando di subire un gol, per poi ripartire velocemente sfruttando i due giocatori più avanzati. La difesa a zona è usata spesso nelle fasi conclusive di una partita per difendere un vantaggio di stretta misura.
La difesa in inferiorità numerica è, secondo i dati statistici, estremamente rilevante per l'esito di una partita. Nella pallanuoto, infatti, le situazioni di inferiorità o superiorità numerica sono frequenti e spesso determinanti. Una volta subita l'espulsione, la squadra schiera solitamente 3 giocatori tra la linea dei 2 m e la linea dei 4 m e 2 giocatori in posizione più esterna. Gli obiettivi sono due: disturbare la manovra degli avversari per impedire il tiro o per costringere al tiro l'attaccante che si trova nella posizione meno favorevole (più distante o più laterale rispetto alla porta); entrare in possesso del pallone grazie a un'intercettazione, a una parata del portiere o a un fallo di un attaccante. In alcuni momenti decisivi la squadra in difesa attua schemi diversi dal resto della partita per sorprendere l'attacco avversario e impedire la segnatura.
Le principali regole stabilite dalla FINA e attualmente in vigore sono le seguenti.
Numero di giocatori: ciascuna squadra può schierare un numero massimo di 13 giocatori ma solo 7, compreso il portiere, possono scendere in campo contemporaneamente.
Sostituzioni: ogni giocatore può essere sostituito durante tutta la durata dell'incontro. Il giocatore da sostituire raggiunge l'area di rientro (pozzetto degli espulsi), da dove può entrare in campo il giocatore designato a rimpiazzarlo.
Tempo di gioco: le partite si giocano su 4 tempi della durata di 7 minuti effettivi ciascuno (ma nei campionati europei maschili la durata dei tempi è stata recentemente portata a 9 minuti). Il cronometro è fermato a ogni fischio dell'arbitro e i tempi morti non sono conteggiati. Fra un tempo e l'altro è previsto un intervallo di 2 minuti effettivi. A metà gara, dopo il secondo tempo, le due squadre cambiano campo. In caso di tempi supplementari, di 3 minuti ciascuno, l'intervallo tra l'ultimo tempo regolamentare e il primo supplementare è di 5 minuti.
Inizio del gioco: all'inizio di ogni tempo le squadre si allineano sulle opposte linee di porta. Al fischio dell'arbitro, il giocatore più veloce di ciascuna squadra nuota verso il centro del campo per conquistare il pallone (nel frattempo liberato dal cestello in cui era deposto) e consentire alla propria squadra di iniziare un'azione di attacco.
Gol: un gol è concesso quando il pallone è lanciato o spinto completamente oltre la linea di porta.
Contatto fisico: durante le fasi di attacco i giocatori manovrano per conseguire la posizione migliore davanti alla porta avversaria; in queste fasi il contatto fisico è la norma, non l'eccezione. L'arbitro indica i falli con un fischio e con segnalazioni codificate delle braccia, indicando la direzione dell'attacco e a chi spetta l'esecuzione del tiro libero.
Espulsione: il giocatore che ha commesso un fallo grave è espulso; egli deve rimanere fuori del campo per la durata di 20 secondi o fino a quando la propria squadra riconquista il possesso del pallone.
Regola dei 35 secondi: la squadra in possesso del pallone deve tirare in porta prima che scadano i 35 secondi. Il conteggio, a scendere, scatta dopo ogni tiro in porta oppure dopo il cambio del possesso di palla o, infine, dopo ogni espulsione.
Time-out: durante l'incontro ciascuna squadra può chiamare 2 time-outs, in qualsiasi momento, purché abbia il possesso del pallone; ogni time-out dura un minuto.
Falli. - Nella pallanuoto si distinguono falli semplici (ordinari) e gravi. La categoria dei falli semplici comprende le seguenti azioni: toccare il pallone con due mani (portiere escluso); affondare il pallone per meglio difenderlo dalla pressione del difensore; ostruire i movimenti di un avversario non in possesso di palla; spingere un avversario; fare deliberato ritardo nell'esecuzione di un tiro libero. Quando l'arbitro fischia un fallo ordinario, la squadra che lo subisce beneficia del possesso della palla sul punto in cui il fallo è stato commesso oppure sul punto in cui si trova il pallone se esso è più lontano dalla porta avversaria; il giocatore incaricato (quello più vicino al pallone) deve eseguire il tiro libero e rimettere la palla in gioco nel più breve tempo possibile.
La categoria dei falli gravi comprende le seguenti azioni: colpire l'avversario con calci, pugni, gomitate o in qualsiasi altro modo; spruzzare deliberatamente acqua sulla faccia dell'avversario; commettere un fallo semplice durante i tempi morti; interferire nell'esecuzione di un tiro libero; avere una condotta scorretta o irriguardosa; commettere qualsiasi fallo all'interno dell'area dei 4 m inteso a impedire la realizzazione di un gol; chiamare (allenatore) il time-out senza essere in possesso del pallone; rovesciare la porta per impedire una marcatura. I falli gravi possono dar luogo a quattro situazioni diverse, secondo le circostanze: il giocatore sanzionato può essere escluso per 20 secondi o finché il possesso del pallone passa da una squadra all'altra (vale la situazione che occorre per prima); essere punito con un tiro di rigore, il che non gli impedisce di restare in campo (se non ha commesso il terzo fallo grave); essere escluso dal resto dell'incontro con sostituzione; essere escluso dal resto dell'incontro senza sostituzione (in caso di fallo brutale). È escluso per il resto dell'incontro anche il giocatore che abbia commesso tre falli gravi.
Tornei olimpici. - Alle ultime Olimpiadi (Atene 2004) hanno preso parte 12 squadre maschili e 8 femminili.
Nel torneo maschile le squadre sono state suddivise in 2 gironi di qualificazione, ciascuno formato da 6 squadre. Nell'ambito di ciascun gruppo, ogni squadra ha incontrato tutte le altre una volta sola, secondo la formula del girone all'italiana o del round robin. Le seconde e le terze squadre classificate di ciascun girone si sono affrontate in incontri diretti (la seconda del primo gruppo ha affrontato la terza del secondo gruppo e viceversa); le vincitrici, a loro volta, hanno incontrato le vincitrici dei rispettivi gironi negli incontri di semifinale.
Divise in 2 gruppi, dove si sono affrontate con la formula del girone all'italiana, sono state anche le squadre femminili. Le seconde e le terze di ogni girone sono state ammesse ai quarti di finale. Le vincitrici dei quarti hanno poi giocato contro le vincitrici dei singoli gironi nelle semifinali. Le quarte classificate in ogni girone hanno giocato per il settimo e l'ottavo posto.
La pallanuoto è sport olimpico per eccellenza, sempre presente ai giochi dalla seconda Olimpiade, quella disputatasi a Parigi nel 1900. In tutto sono 25 le presenze olimpiche della pallanuoto maschile. La storia della pallanuoto femminile, invece, è molto più giovane: soltanto 2 edizioni dei giochi hanno visto la disputa del torneo femminile, nel 2000 a Sydney e nel 2004 ad Atene.
Nel 1973, a Belgrado, sotto l'egida della FINA e limitatamente al torneo maschile, ebbero inizio i campionati del mondo. Sono 10 le edizioni disputate finora. Il torneo mondiale femminile fu invece introdotto ai Campionati di Madrid del 1986. Da allora sono 6 le edizioni disputate.
Sotto il patrocinio della FINA si disputano altre due competizioni di livello mondiale: la Coppa del mondo e la World League. La Coppa del mondo maschile si svolge dal 1979, anno della prima edizione a Belgrado e Rijeka (Fiume), approssimativamente ogni due anni; anche l'ultima edizione, la dodicesima, disputatasi nel 2002, ha avuto luogo a Belgrado. Nello stesso periodo, tra il 1979 e il 2002, si sono disputate invece 13 edizioni della Coppa del mondo femminile: la prima a Merced (California), l'ultima a Perth. Recente è la storia della World League. La formula di questa competizione, pure riservata alle squadre nazionali, è diversa da quella degli altri tornei internazionali fin qui menzionati. Finora si sono disputate, ogni anno, 3 edizioni maschili ‒ la prima nel 2002, l'ultima nel 2004 ‒ e una femminile, nel 2004.
Nella pallanuoto, dato che le più forti squadre del mondo appartengono quasi tutte all'Europa, hanno grande importanza anche i campionati europei. Il primo torneo maschile fu disputato nel 1926 a Budapest, il secondo l'anno dopo a Bologna. Complessivamente ‒ con un'interruzione di dieci anni a causa della seconda guerra mondiale e con cadenza saltuaria in seguito (quadriennale dal 1950 al 1981, biennale dal 1981) ‒ si sono svolte 26 edizioni. Il primo torneo europeo femminile ebbe luogo nel 1985 a Oslo; poi, con cadenza biennale, si sono svolte altre 9 edizioni. A partire dal 1999 ‒ edizione di Firenze per il settore maschile, di Prato per quello femminile ‒ i campionati europei di pallanuoto si disputano separatamente da quelli delle altre specialità natatorie (nuoto, tuffi, nuoto sincronizzato, nuoto in acque aperte).
Si svolgono anche altre importanti competizioni continentali per squadre di club, definite per semplicità 'Coppe europee': fra esse la più prestigiosa è la Coppa dei campioni, che si conclude in un'unica sede con un torneo fra le 4 migliori squadre, denominato Final Four.
Torneo maschile. - La pallanuoto fece il suo debutto olimpico a Parigi, con un torneo cui presero parte 7 squadre di club. Il torneo fu vinto dagli inglesi dell'Osborne Swimming Club di Manchester. La Gran Bretagna vinse tutti e tre gli incontri disputati e in finale sconfisse i belgi dello Swimming and Water Polo Club di Bruxelles. Al terzo posto si piazzarono i francesi del Libellule Club di Parigi.
A St. Louis nel 1904 parteciparono solo 3 club statunitensi; di questo torneo si è conservata soltanto la classifica finale e non i risultati dei singoli incontri: al primo posto New York Athletic Club, al secondo Chicago Athletic Club, al terzo Missouri Athletic Club.
Quattro anni dopo, a Londra, per la prima volta il torneo si svolse fra squadre nazionali, che sarebbero dovute essere 6, se Austria e Ungheria non si fossero ritirate. Delle squadre rimaste finirono ai primi tre posti, nell'ordine, Gran Bretagna, Belgio e Svezia.
Alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912 la Gran Bretagna conquistò la sua terza medaglia d'oro olimpica; la squadra annoverava tre fra i più grandi giocatori di quel periodo: George Wilkinson, Paul Radmilovic e Charles Sydney Smith. Al torneo parteciparono 6 squadre, con la seguente classifica delle prime tre: Gran Bretagna, Svezia, Belgio.
Ai Giochi di Anversa del 1920 si impose per la quarta volta la Gran Bretagna, battendo ancora una volta il Belgio nella partita di finale; terza finì la Svezia. Nella squadra britannica il leggendario Charles Sydney Smith vinse la sua terza medaglia d'oro all'età di quarantuno anni. Al torneo presero parte 11 squadre nazionali europee e, per la prima volta, la nazionale statunitense. In questo torneo fece il suo debutto olimpico anche l'Italia, che finì al decimo posto pareggiando un incontro e perdendone due. Dal torneo furono escluse l'Austria, l'Ungheria e la Germania per ragioni politiche legate agli esiti della prima guerra mondiale.
Il torneo di Parigi del 1924 si svolse con la partecipazione di 13 squadre, 12 europee più il team statunitense. La vittoria fu appannaggio della Francia, squadra di casa, vincitrice sul Belgio nell'incontro di finale. Il torneo fu caratterizzato dalla ripetizione dell'incontro fra Stati Uniti e Belgio, in seguito a una protesta statunitense, ma l'esito del secondo incontro, favorevole al Belgio, fu identico al primo. L'Italia, alla sua seconda partecipazione, fece peggio della prima volta e si classificò undicesima, dopo aver perso l'unico incontro disputato.
Alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928 parteciparono 14 squadre: di nuovo 12 squadre europee, gli Stati Uniti e, per la prima volta, l'Argentina. Assente l'Italia, che tornò ai giochi olimpici solamente nel 1948. Nella finale per la medaglia d'oro la Germania batté l'Ungheria, grazie a 3 gol realizzati da Erich Rademacher nei tempi supplementari (fu questa la prima delle 3 finali olimpiche consecutive fra le due squadre). La Francia conquistò la medaglia di bronzo battendo la Gran Bretagna.
Solo 5 squadre parteciparono alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932. Una di esse, il Brasile, fu squalificata in seguito all'aggressione dell'arbitro da parte dei suoi giocatori nell'incontro con la Germania: a suo carico furono registrate solamente due sconfitte a tavolino, rispettivamente con l'Ungheria e il Giappone (alla sua prima partecipazione e anche prima squadra asiatica a partecipare a un torneo olimpico di pallanuoto). La squadra giapponese perse tutti e tre gli incontri disputati, senza riuscire a realizzare nemmeno un gol, e si classificò quarta. L'importanza storica di questo torneo risiede nella vittoria olimpica dell'Ungheria, la prima di una serie di otto che hanno guadagnato ai magiari il titolo, di cui si fregiano tuttora, di 'maestri della pallanuoto'. János Németh, il giocatore degli anni Trenta con più gol realizzati (nella sua lunga carriera giocò 110 incontri perdendone solo uno), fu incontestabilmente il miglior giocatore del torneo. Seconda si classificò la Germania; al terzo posto gli Stati Uniti.
Ai Giochi di Berlino del 1936 parteciparono 16 squadre. L'Ungheria vinse la medaglia d'oro sulla Germania per differenza reti: in 7 incontri i magiari realizzarono ben 46 gol e ne subirono solamente 4; entrambe le squadre finirono il torneo con 6 vittorie e un pareggio nell'incontro diretto. L'ungherese Olivér Halassy, alla sua terza partecipazione olimpica, fu ammirato come il miglior giocatore del torneo; nella sua carriera riuscì a vincere alle Olimpiadi 2 medaglie d'oro e una d'argento nonostante avesse dovuto subire l'amputazione della gamba sinistra; morì assassinato all'età di 37 anni. Al terzo posto si classificò il Belgio.
Ai Giochi di Londra del 1948 furono ben 18 le squadre in lizza. Per la prima volta erano rappresentati tutti i continenti: l'Europa con 11 squadre, l'America con 4 (oltre agli Stati Uniti erano presenti 3 squadre sudamericane: Argentina, Uruguay e Cile), l'Asia, l'Africa e l'Oceania con una squadra (rispettivamente India, Egitto e Australia). Al suo rientro nell'agone olimpico l'Italia riuscì a conquistare la medaglia d'oro, finendo il torneo imbattuta e consolidando la leggenda del Settebello, iniziata l'anno precedente a Montecarlo con la vittoria nei Campionati europei. La squadra azzurra fece scalpore per essere riuscita nell'impresa di scalzare l'Ungheria dal gradino più alto del podio; terza giunse l'Olanda. Nelle prime due squadre classificate militavano due giocatori di grande personalità: l'anziano (38 anni, capitano) italiano Mario Majoni e il debuttante ungherese Dezső Gyarmati: entrambi sarebbero poi divenuti allenatori delle rispettive squadre nazionali. Gyarmati risulta tuttora il vincitore del più alto numero di medaglie olimpiche da giocatore (alla pari con il connazionale György Kárpáti): 3 d'oro, una d'argento e una di bronzo.
Ben 21 squadre, in rappresentanza di tutti i continenti, presero parte alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, un record nella storia dei giochi olimpici. L'Ungheria trionfò nuovamente, grazie alla formidabile accoppiata Kárpáti-Gyarmati. La squadra magiara, che aveva terminato il torneo a pari punti con la Iugoslavia, si vide assegnare la vittoria in virtù del miglior quoziente reti. L'Italia riuscì nuovamente a salire sul podio con la medaglia di bronzo, dopo aver concluso il torneo con lo stesso numero di vittorie (6) delle prime due classificate. L'incontro tra l'Olanda e la Iugoslavia, terminato con la vittoria degli olandesi, venne giocato una seconda volta in seguito a una protesta degli iugoslavi, che riuscirono a far proprio il secondo incontro e a guadagnarsi la medaglia d'argento.
Alle Olimpiadi di Melbourne del 1956 parteciparono 10 squadre e fu un nuovo trionfo dell'Ungheria ‒ forte di numerosi fuoriclasse guidati dai soliti Kárpáti e Gyarmati ‒, con 6 vittorie in altrettanti incontri, e solamente 4 gol subiti. Per la seconda volta consecutiva la medaglia d'argento fu conquistata dalla Iugoslavia, mentre quella di bronzo fu vinta dall'Unione Sovietica, per la prima volta sul podio. Questo torneo è ricordato anche per aver dato vita a un incontro storico, quello fra Ungheria e Unione Sovietica. Circa un mese prima i sovietici avevano invaso l'Ungheria e tra i giocatori delle due squadre c'era molta tensione; a un tratto, con gli ungheresi già in vantaggio per 4-0, fra i giocatori in acqua scoppiò un furioso combattimento, con pugni e colpi proibiti, così violento e prolungato che per placarlo si dovette far intervenire la polizia. Al termine delle Olimpiadi numerosi membri della delegazione magiara rifiutarono di tornare in patria. L'Italia, quarta, si confermò tra le migliori squadre del mondo.
Ai Giochi di Roma del 1960, davanti al proprio pubblico, l'Italia conquistò con autorevolezza la sua seconda medaglia d'oro olimpica, con 6 vittorie e un pareggio, contro i pronostici che vedevano favorite le squadre dell'Europa orientale. Il Settebello, guidato dal tecnico ungherese Endre 'Bandi' Zólyomi, si avvaleva di un fortissimo portiere, Dante Rossi, di attaccanti altrettanto potenti, come Eraldo Pizzo, Franco Lavoratori e l'ambidestro Giancarlo Guerrini, dell'impareggiabile centrovasca Gianni Lonzi e di una formidabile difesa, in cui primeggiava Giuseppe 'Geppino' D'Altrui. Proprio la difesa, con soli 12 gol subiti in 7 incontri, fu la chiave di volta del successo degli italiani. La medaglia d'argento andò all'Unione Sovietica, mentre l'Ungheria, pur con il miglior attacco del torneo, dovette accontentarsi del terzo posto.
Ai Giochi di Tokyo del 1964 per la quinta volta l'Ungheria conquistò la medaglia d'oro, grazie anche alle prestazioni di Dezső Gyarmati, trascinatore della squadra nonostante i suoi 37 anni. Ancora una volta la vittoria fu assegnata ai magiari in virtù del loro miglior quoziente reti rispetto alla Iugoslavia, che aveva concluso il torneo a pari punti (l'incontro diretto era terminato 4-4, con gli ungheresi capaci di raggiungere il pareggio solo negli ultimi secondi). La medaglia di bronzo fu vinta dall'Unione Sovietica mentre l'Italia si confermava fra le grandi con il quarto posto. A fine torneo italiani e ungheresi protestarono perché l'acqua troppo bassa aveva avvantaggiato i giocatori iugoslavi, i quali, essendo di statura più alta, avevano potuto spingersi dal fondo.
Alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968 la Iugoslavia, dopo 3 medaglie d'argento, vinse meritatamente la sua prima medaglia d'oro olimpica, al termine di un torneo fra i più avvincenti. Gli iugoslavi, forti di attaccanti del calibro di Zoran Janković, Mirko Sandić e Ivo Trumbić, segnarono 86 gol in 9 partite, un record nella storia delle Olimpiadi. In finale gli iugoslavi batterono i sovietici dopo i tempi supplementari. Miglior marcatore dell'incontro fu il sovietico Aleksej Barkalov, realizzatore di ben 7 gol. Al torneo parteciparono 15 squadre (decise invece di non prendervi parte l'Australia). L'Italia conquistò ancora il quarto posto, dietro all'Ungheria.
Nell'edizione di Monaco 1972 il torneo, a 16 squadre, non fu eccelso dal punto di vista tecnico. Prevalsero, invece, agonismo e passione. Gli incontri tra Cuba e Iugoslavia e fra Italia e Ungheria passarono alla storia per l'alto numero di pugni e di nasi sanguinanti. I giocatori sovietici, meglio degli altri, si adattarono al clima di rissa; così, alla fine, l'Unione Sovietica riuscì a vincere la sua prima medaglia d'oro. L'Ungheria conquistò la medaglia d'argento e gli Stati Uniti quella di bronzo (la terza, dopo quelle del 1924 e del 1932). L'Italia non giocò bene e si classificò sesta. Nella squadra italiana serpeggiarono troppe rivalità e polemiche, a fatica sedate dall'allenatore Mario Majoni.
Ai Giochi di Montreal 1976 dopo sedici anni l'Italia tornò sul podio. Il Settebello, allenato da Gianni Lonzi, conquistò la medaglia d'argento, confermando i progressi che lo avevano portato alla conquista della medaglia di bronzo l'anno precedente ai Campionati Mondiali di Cali. A vincere il torneo ‒ il primo a 12 squadre (formato rimasto in vigore da allora) ‒ fu l'Ungheria, che collezionò, così, la sua sesta medaglia d'oro olimpica, un successo che non avrebbe più assaporato per altri ventiquattro anni (i magiari, infatti, torneranno a vincere il titolo olimpico nel 2000, a Sydney, e riusciranno a ripetere l'impresa, per l'ottava volta, ad Atene nel 2004). Protagonista del successo di Montreal fu una grande squadra, composta da fuoriclasse come Tamás Faragó, György Horkai, György Gerendas, Gábor Csapó e Attila Sudár. Al terzo posto giunse l'Olanda. Per la prima volta dopo vent'anni l'Unione Sovietica restò fuori dal podio e si classificò all'ottavo posto. La delusione dei sovietici fu così forte da spingerli quasi a non giocare (adducendo a motivo la malattia di cinque giocatori) gli incontri valevoli per l'assegnazione dei posti dal settimo al dodicesimo. Lo fecero solo dopo essere stati persuasi a fatica dalla FINA.
A Mosca 1980 la squadra di casa, allenata da Boris Popov, vinse la sua seconda medaglia d'oro olimpica, frutto di una schiacciante superiorità (8 vittorie in altrettanti incontri). Pilastri della formazione vincente furono il gigantesco portiere Evgenij Šaronov e il centrovasca Aleksandr Kabanov (attuale allenatore della nazionale russa). L'Unione Sovietica conquistò il titolo battendo la Iugoslavia nella partita di finale. Il bronzo andò all'Ungheria che, superando la Spagna, salì sul podio olimpico per la dodicesima volta. L'Italia, campione del mondo in carica (aveva vinto a Berlino i Mondiali del 1978), disputò un'Olimpiade deludente e finì all'ottavo posto, uno dei peggiori risultati di sempre (ripetuto poi ad Atene 2004), superata persino dall'Australia. Il torneo vide il debutto nella squadra spagnola del sedicenne catalano Manuel Estiarte, che in vent'anni di carriera internazionale avrebbe collezionato ben 6 partecipazioni olimpiche (l'ultima a Sydney, nel 2000, all'età di trentasei anni) e sarebbe divenuto una leggenda dello sport. Al torneo non parteciparono, per boicottaggio, gli Stati Uniti e la Germania Occidentale.
Alle Olimpiadi di Los Angeles 1984 il boicottaggio deciso dall'Unione Sovietica pesò più di quello statunitense di quattro anni prima, poiché raccolse le adesioni di Ungheria, Romania e Cuba. Per colmare le defezioni, all'ultimo momento, furono invitati Canada, Brasile e Giappone. Favoriti dalle assenze e dal fattore campo, gli Stati Uniti speravano di poter vincere la medaglia d'oro e vi andarono vicini: infatti, nel terzo tempo del decisivo incontro con la Iugoslavia erano in vantaggio per 5-2, ma non furono in grado di resistere al furioso ritorno degli avversari che riuscirono a segnare 3 gol consecutivi e a concludere la partita sul risultato di 5-5. La medaglia d'oro andò alla Iugoslavia, allenata da Ratko Rudić (al suo primo trionfo olimpico da allenatore), grazie al maggior numero complessivo di gol realizzati. Bronzo alla Germania Occidentale. Ancora un modesto risultato per l'Italia, solamente settima. Presente alle Olimpiadi, per la prima volta, anche la Cina.
A Seul 1988 la Iugoslavia di Ratko Rudić riconfermò la sua supremazia e vinse la sua seconda medaglia d'oro consecutiva a conclusione di un torneo di alto livello. La finale, disputata di nuovo contro gli Stati Uniti, sembrò quasi una fotocopia di quella dell'Olimpiade precedente. Alla fine del terzo tempo gli Stati Uniti conducevano per 5-2. Poi gli iugoslavi reagirono efficacemente e realizzarono 4 gol consecutivi, portando il punteggio sul 6-5 in loro favore. Ma, a 2 minuti e 12 secondi dalla fine dell'incontro, gli statunitensi segnarono il gol del pareggio (6-6). Poiché le regole erano cambiate, furono necessari i tempi supplementari per determinare il vincitore. L'incontro si concluse con il punteggio di 9-7 a favore della Iugoslavia. Il bronzo andò all'Unione Sovietica, alla sua ultima apparizione olimpica con questa denominazione. Per la prima volta dopo cinquantadue anni l'Ungheria si trovò fuori dal podio, relegata in quinta posizione. L'Italia, ancora poco brillante, seppe soltanto ripetere il settimo piazzamento di quattro anni prima.
Ai Giochi Olimpici di Barcellona 1992 la Iugoslavia sembrava destinata a vincere la sua terza medaglia d'oro consecutiva, ma il Comitato olimpico internazionale, in linea con le sanzioni decretate dall'ONU, la escluse dalle Olimpiadi. Questo fatto, unito alla crescita tecnica della loro squadra, indusse gli spagnoli a pensare che fosse giunto il momento di vincere il loro primo oro olimpico nella pallanuoto. Ma non fu così. Ratko Rudić, vincitore come allenatore delle due precedenti edizioni olimpiche, era passato nel frattempo alla guida della squadra italiana che riuscì a vincere contro la Spagna ‒ la quale, giocando in casa, era sostenuta dall'incitamento del pubblico in tribuna e dell'intero paese ‒ una finale tra le più incerte, emozionanti e affascinanti di sempre. Alla fine dei quattro tempi regolamentari il punteggio era in parità: 7-7. Il gol della vittoria fu realizzato da Ferdinando Gandolfi, a 32 secondi dalla fine del sesto tempo supplementare. Il punteggio finale fu di 9-8 a favore dell'Italia. Alle manifestazioni di giubilo degli azzurri si contrapponevano la delusione e lo sconforto degli avversari. La CSI (Comunità degli Stati Indipendenti, nuova e temporanea denominazione di una parte dell'ex Unione Sovietica) batté gli Stati Uniti conquistando il bronzo. Cambiamenti anche nella denominazione della squadra tedesca occidentale che, dopo la riunificazione del paese, tornò a chiamarsi semplicemente Germania.
Ad Atlanta 1996 gli spagnoli riuscirono a prendersi quella medaglia d'oro che era loro sfuggita a Barcellona, quattro anni prima. Contro ogni previsione, la brillante formazione iberica, ispirata da Manuel Estiarte, in piena maturità tecnica e agonistica, batté l'Ungheria al termine di un'intensa semifinale. A quel punto le attese erano per una ripetizione della finale di quattro anni prima, Spagna contro Italia. Ma in semifinale il Settebello azzurro fu sorprendentemente sconfitto dalla Croazia, esordiente nel torneo olimpico (assieme all'Ucraina). In finale la Spagna prevalse abbastanza agevolmente sui croati per 7-5. A 10 secondi dalla fine Estiarte si impossessò del pallone e non lo lasciò più, dichiarando in seguito che il sogno della sua vita si era avverato. Drammatico l'incontro per la medaglia di bronzo, fra Italia e Ungheria. A un secondo dalla fine dei tempi regolamentari, con l'Italia in vantaggio per 16-15, virtualmente medaglia di bronzo, i giocatori della panchina azzurra si tuffarono in acqua per festeggiare. Questa infrazione venne punita con un tiro di rigore che permise all'Ungheria di pareggiare (16-16). L'Italia trovò la via del podio solo alla fine dei tempi supplementari: 20-18 il risultato finale a favore degli azzurri.
Alle Olimpiadi di Sydney 2000 furono due i fatti salienti: il ritorno dell'Ungheria alla medaglia d'oro olimpica (la settima) e il podio formato da sole squadre dell'Europa orientale, con la Russia e la Iugoslavia rispettivamente al secondo e al terzo posto. Con superiorità schiacciante i magiari vinsero, per 13-6, una finale senza storia contro la Russia. I giocatori russi avevano però un'attenuante significativa: nessuno di loro aveva completamente recuperato la fatica accumulata nell'estenuante semifinale contro la Spagna, conclusasi dopo i tempi supplementari. Ma anche gli spagnoli ‒ fra i quali spiccava Manuel Estiarte, alla sua sesta Olimpiade ‒ erano esausti e non in grado di opporsi validamente alla Iugoslavia nella partita per la medaglia di bronzo. L'Italia, ancora guidata da Ratko Rudić, guadagnò solo il quinto posto, ritenuto non soddisfacente. Non piacquero neanche le polemiche, ritenute inopportune anche se non del tutto infondate, di Rudić nei confronti di alcuni arbitri. Per questo, a conclusione del torneo, lasciato libero dalla Federazione italiana, diventò l'allenatore della nazionale statunitense. Nuove nazioni entrate in questa Olimpiade furono il Kazachstan e la Slovacchia.
Ad Atene 2004 si impose ancora l'Ungheria: ottava medaglia d'oro per i magiari che, per la terza volta nella storia delle Olimpiadi, riuscirono a vincere due titoli di seguito. L'Ungheria difese con successo il titolo di Sydney, vincendo per 8-7 la finale contro la Serbia-Montenegro (nuova denominazione della Iugoslavia), dopo un torneo lungo ed estenuante (64 incontri). La squadra ungherese, allenata da Dénes Kemény, soffrì molto la forza degli avversari, trascinati dall'irresistibile Aleksandar Šapić, miglior realizzatore del torneo con 18 gol. Il terzo tempo si concluse a favore degli iugoslavi per 7-5. Nel quarto e ultimo tempo gli ungheresi riuscirono a rimontare lo svantaggio di 2 gol, grazie a una doppietta di Tamás Kásás. Il mancino Gergely Kiss, autore di 4 gol nella finale e miglior giocatore del torneo, realizzò il gol della vittoria, a uomini pari e a 2′17″ dal fischio finale. Incerto pure l'esito della finale per il terzo posto, conclusasi con la vittoria di stretta misura (6-5) della Russia di Aleksandr Kabanov sulla Grecia, allenata dall'italiano Alessandro Campagna. La vittoria russa fu propiziata dal potente centroboa Revaz Tčomakidze, autore di 3 gol. Ottavo posto per l'Italia, un risultato deludente, considerato che l'anno prima gli azzurri avevano vinto la medaglia d'argento ai Campionati Mondiali di Barcellona. Curiosamente gli azzurri, allenati da Paolo De Crescenzo, furono sconfitti in entrambi gli incontri che li vedevano opposti a squadre guidate da ex allenatori del Settebello azzurro: quello decisivo con la Grecia (4-6), nei quarti di finale, e quello contro gli Stati Uniti di Rudić, nella finale per il settimo posto (8-9).
Torneo femminile. - Il debutto olimpico della pallanuoto femminile, avvenuto in occasione di Sydney 2000, fu un trionfo per due ragioni connesse fra loro: la prima legata alle ambizioni di medaglia d'oro da parte delle padrone di casa; la seconda al numero record, per un incontro di pallanuoto di qualsiasi tipo (anche maschile), di spettatori paganti sulle tribune del Sydney Aquatic Centre. Furono ammesse solamente 6 squadre, ciascuna composta da 13 giocatrici. L'Italia, pur essendo campione del mondo in carica, fu costretta a partecipare al torneo di qualificazione di Palermo ma non riuscì a guadagnare l'accesso ai giochi olimpici. L'Australia si aggiudicò la medaglia d'oro, secondo pronostico, sconfiggendo gli Stati Uniti per 4-3 con un gol realizzato all'ultimo secondo dall'esperta Yvette Higgins. Una beffa per le statunitensi, un trionfo per le australiane. Unica squadra europea sul podio la Russia, che si era qualificata a spese dell'Italia e che nella finale per la medaglia di bronzo sconfisse l'Olanda per 4-3. La sconfitta dell'Olanda fece scalpore: per la prima volta le olandesi erano rimaste senza medaglia dopo 18 presenze consecutive sui podi delle maggiori competizioni internazionali. Anche le due semifinali si conclusero con un solo gol di scarto: l'Australia ebbe ragione della Russia per 7-6, gli Stati Uniti dell'Olanda per 6-5.
Ad Atene 2004 la pallanuoto femminile conobbe un ulteriore stadio della sua evoluzione. Otto le squadre ammesse (ciascuna di 13 giocatrici). Fra queste l'Italia, allenata da Pierluigi Formiconi, che si era classificata seconda, dietro l'Ungheria, nel torneo di qualificazione di Imperia. La finale fra la Grecia, squadra di casa, e l'Italia ‒ due volte campione del mondo, nonché vice-campione del mondo in carica, e quattro volte campione d'Europa ‒ fu giocata con grande passione, intensità e abilità tecnica dalle due squadre, di fronte a tribune esaurite (circa 10.000 spettatori) e a personalità della politica e dello sport. Per l'Italia fu un successo senza marcia trionfale; difficile e sofferto il percorso per conseguirlo. Davvero ostiche le avversarie, soprattutto l'Ungheria nei quarti e gli Stati Uniti in semifinale. Quest'ultimo incontro, considerato da qualcuno la vera finale del torneo, fu probabilmente il più duro. Il Setterosa ‒ etichetta popolare della nazionale italiana femminile ‒ riuscì a vincere, per 6-5, grazie a un gol di Manuela Zanchi a due secondi dalla fine. Di stretta misura, per 10-9, anche la vittoria contro la Grecia nella finale per il titolo. Per Carmela Allucci, 34 anni, capitano, e per le altre veterane ‒ Giusi Malato, Martina Miceli, Melania Grego e Francesca Conti ‒ il titolo olimpico suggellò una prestigiosa carriera. A imporsi come personaggio simbolo del Setterosa vincente fu, tuttavia, la giovane centrovasca Tania Di Mario, migliore realizzatrice con 14 gol e miglior giocatrice del torneo. Gli Stati Uniti furono l'unica squadra capace di salire sul podio una seconda volta.
Tra il 1973 e il 2003 si sono disputati dieci tornei validi per l'assegnazione del titolo di campione del mondo, tutti a 16 squadre eccetto il torneo di Madrid (1986), giocato da 15 squadre. Fino all'edizione di Madrid gli incontri duravano 20 minuti effettivi (quattro tempi da 5 minuti ciascuno). Dopo le Olimpiadi del 1976 e, per i mondiali, a partire dall'edizione di Berlino 1978, gli arbitri divennero due. Nelle prime edizioni dei mondiali l'espulsione temporanea durava 45 secondi (poi ridotti a 20) e il portiere non poteva lanciare il pallone oltre la linea dei 4 m avversaria. Tutti i tornei maschili hanno avuto luogo all'aperto tranne le partite di finale del torneo maschile di Barcellona svoltesi al coperto, nel Palau San Jordi, dov'era stata allestita una piscina temporanea.
Belgrado 1973. - Con decisione innovativa la FINA, il cui presidente era Ante Lambasa, stabilì di organizzare i campionati mondiali per tutte le proprie discipline a partire dal 1973. I primi si svolsero a Belgrado, presso il bellissimo complesso natatorio Tasmajdan, dal 31 agosto al 9 settembre. Grazie anche all'attenzione del pubblico locale, il torneo di pallanuoto in particolare ebbe un gran successo.
Vinse l'Ungheria, dieci anni dopo la sua ultima grande affermazione (Olimpiadi di Tokyo, 1964). Gli ungheresi, frenati nella loro marcia trionfale da un pareggio con gli iugoslavi, tornarono al vertice nella finale, battendo l'Unione Sovietica per un solo gol. Determinante fu l'apporto del gigantesco centrattacco Gábor Csapó fino ad allora sconosciuto all'estero. Terza la Iugoslavia e quarta l'Italia (che pure aveva battuto gli iugoslavi nello scontro diretto).
Cali 1975. - Il secondo torneo ebbe luogo due anni dopo nella città di Cali, a circa 1000 m di altitudine sull'altopiano della Colombia, tra il 19 e il 27 luglio. Le squadre giunte ai primi due posti a Belgrado si scambiarono le posizioni: l'Unione Sovietica fu prima, l'Ungheria seconda (5-4 il risultato in finale a favore dei sovietici). L'Italia, che contro la stessa Unione Sovietica era riuscita a pareggiare (5-5), conquistò la medaglia di bronzo dopo la ripetizione del decisivo incontro con Cuba, nell'ultima giornata del torneo, facendo un bel passo avanti rispetto a Belgrado. Emozionanti le circostanze dell'incontro decisivo: all'Italia sarebbe bastato il pareggio; gli azzurri segnarono il gol del 4-4 esattamente nel momento in cui suonava la sirena di fine incontro. L'arbitro, il belga Abele Fuchs, annullò il gol non avendo calcolato il recupero di 2 secondi che avrebbe dovuto concedere per un precedente errore di cronometraggio. In seguito al reclamo dell'Italia, la partita fu rigiocata nel pomeriggio, con lo stesso arbitro e con lo stesso risultato finale (4-4). L'ossatura della squadra, allenata da Gianni Lonzi, comprendeva Alberto Alberani (portiere), Roldano Simeoni, Silvio Baracchini, Sante Marsili, Gianni De Magistris e Alessandro Ghibellini. Attorno a questi sei si alternarono Luigi Castagnola, Vincenzo D'Angelo, Marcello Del Duca, Massimo Fondelli, Mario Scotti-Galletta (secondo portiere), Marco Galli e Romeo Collina. La medesima formazione aprì un ciclo e, in sequenza, vinse l'argento alle Olimpiadi di Montreal nel 1976, il bronzo ai Campionati Europei di Jönköping nel 1977 e l'oro ai Campionati del Mondo di Berlino nel 1978. Fu un torneo vivace quello di Cali. Oltre alla ripetizione di Italia-Cuba vi fu una rissa fra sovietici e statunitensi (l'incontro finì 4-4, dopo che gli Stati Uniti avevano condotto per 3-0), e una sconcertante vicenda di doping (presunto) che estromise la Iugoslavia dalla lotta per le medaglie.
Berlino 1978. - Il torneo si svolse dal 18 al 27 agosto; gli incontri della fase eliminatoria e quelli delle semifinali ebbero luogo nella piscina di Spandau, quelli delle finali nella piscina olimpica, dove l'Italia tornò a vincere una medaglia d'oro dopo quella olimpica di diciotto anni prima. Gli azzurri faticarono a qualificarsi per la fase semifinale (vittoria per 6-5 sull'Australia, con l'ultimo gol a poco più di 2 minuti dalla fine, e pareggio per 5-5 con l'Unione Sovietica), in cui rischiarono di essere eliminati dagli Stati Uniti, che erano in vantaggio per 4-1 nel terzo tempo. Un gol di Roldano Simeoni e due prodezze di Gianni De Magistris nel quarto tempo consentirono di arrivare al decisivo pareggio. Nel girone finale l'Italia batté la Iugoslavia per 6-5, con 4 gol di De Magistris, miglior giocatore del torneo, e l'Unione Sovietica per 5-4. Nell'ultima partita, contro l'Ungheria, che schierava il potentissimo Tamás Faragó, fu pareggio (4-4), e tanto bastò per vincere il titolo. L'Unione Sovietica si qualificò quarta grazie alla controversa vittoria per 5-0 sulla Romania, decretata a tavolino dalla giuria.
Guayaquil 1982. - Il torneo del 1982 si svolse nella maggiore città portuale dell'Ecuador, dal 29 luglio all'8 agosto. Schierando otto dei campioni olimpici del 1980, l'Unione Sovietica si riprese il titolo che era stato suo a Cali. Argento nuovamente all'Ungheria. Scivolone dell'Italia, solo nona. Nell'inedito girone finale, nel quale erano entrate anche Germania Occidentale e Olanda, tutto si decise nello scontro fra Unione Sovietica e Ungheria, terminato con il punteggio di 7-7, un esito controverso che assegnava la medaglia d'oro ai sovietici. Ma gli ungheresi protestarono a lungo perché un gol del loro György Gerendas, segnato in coincidenza con il suono della sirena finale, fu dapprima convalidato e poi annullato dagli arbitri. La medaglia di bronzo andò alla Germania Occidentale.
Madrid 1986. - Il torneo successivo si disputò a Madrid tra il 13 e il 23 agosto 1986. All'ultimo secondo dell'ultima gara, definita l'incontro del secolo, l'Italia vide svanire il titolo che avrebbe ampiamente meritato. Iugoslavia e Italia, allenate rispettivamente da Ratko Rudić e Fritz Dennerlein, disputarono la finale di fronte a tribune gremite. Grazie alla lunghissima diretta televisiva l'incontro, che si concluse oltre la mezzanotte, fu seguito anche in Italia da un vastissimo pubblico. Oltre ai quattro tempi regolamentari furono giocati otto tempi supplementari. Ci fu anche una lunga interruzione, per sostituire la rete di una porta che si era lacerata. Dopo infinite fasi alterne e numerose espulsioni, con i giocatori in acqua stremati e le panchine ormai sguarnite, a 3 decimi di secondo dalla fine dell'ottavo tempo supplementare (che, secondo il regolamento di allora, se fosse finito in parità avrebbe dovuto essere seguito da altri due tempi supplementari), Igor Milanović, il più temibile attaccante iugoslavo, indovinò il tiro decisivo, da lontano. L'incontro finì dopo 52 minuti di gioco effettivo ‒ un primato per una partita di pallanuoto ‒, con il punteggio di 12-11 a favore della Iugoslavia. L'Unione Sovietica conquistò la medaglia di bronzo battendo gli Stati Uniti. Male l'Ungheria: il suo nono posto fece scalpore.
A Madrid, per la prima volta, si disputarono anche i Campionati mondiali femminili. Vinse l'Australia, curiosamente trionfatrice anche nella prima edizione del torneo olimpico femminile a Sydney 2000; al secondo posto l'Olanda; al terzo gli Stati Uniti.
Perth 1991. - Il successivo torneo fu disputato fra il 3 e il 13 gennaio 1991, nel mezzo dell'estate australe. Secondo titolo consecutivo per la Iugoslavia. Guidati dal nuovo tecnico, Nicola Stamenić, e privi dell'apporto dei giocatori croati (nel frattempo c'era stato lo smembramento politico del paese), gli iugoslavi superarono in semifinale gli Stati Uniti (7-6) e in finale la Spagna (vera novità del torneo): gli iberici, in gran progresso, salivano per la prima volta su un podio importante, dopo anni di paziente scalata. Ci fu anche il ritorno alla conquista di una medaglia da parte dell'Ungheria, vincitrice sugli Stati Uniti nell'incontro per il terzo posto. Solo sesta l'Italia.
Nel torneo femminile la medaglia d'oro andò all'Olanda, mentre l'Australia, squadra di casa, fu solamente quinta. Al secondo e terzo posto, rispettivamente, Canada e Stati Uniti.
Roma 1994. - Si giocò nello stadio del nuoto del Foro Italico dal 1° all'11 settembre. L'Italia tornò campione del mondo vincendo agevolmente la finale contro la Spagna, questa volta per 10-5. Gli azzurri, guidati da Ratko Rudić, realizzarono così il Grande Slam: in tre anni avevano conquistato, nell'ordine, il titolo olimpico (1992), quello europeo (1993) e quello mondiale (1994). Al torneo, a causa delle travagliate vicende che affliggevano il paese, non fu presente la Iugoslavia. Partecipò, invece, per la prima volta con una propria formazione, la Croazia, che si classificò quarta, sconfitta dalla Russia (pure presente per la prima volta ai mondiali con questa denominazione) nella finale per il terzo posto. Anche questo torneo fu caratterizzato da una rissa, con scambio di colpi proibiti, fra giocatori italiani e ungheresi: gli incidenti scoppiarono a 14 secondi dal termine, con l'Italia in vantaggio per 11-10; dopo alcuni minuti il gioco poté riprendere e il punteggio rimase identico. La squadra italiana era composta da Francesco Attolico (portiere), Marco D'Altrui (figlio di Giuseppe, vincitore del titolo olimpico nel 1960), Alessandro Bovo, Pino Porzio, Alessandro Campagna, Roberto Calcaterra, Mario Fiorillo, Franco Porzio, Massimiliano Ferretti, Amedeo Pomilio, Ferdinando Gandolfi, Carlo Silipo (migliore degli azzurri e risolutore di situazioni difficili) e Gianni Averaimo (secondo portiere). Miglior realizzatore del torneo fu ancora una volta lo spagnolo Manuel Estiarte, con 25 reti.
Nel torneo femminile il titolo andò all'Ungheria, vincitrice della finale sull'Olanda. L'Italia, alla sua prima partecipazione mondiale, conquistò la medaglia di bronzo, battendo gli Stati Uniti. Per la squadra italiana venne coniato l'appellativo di Setterosa. In quella formazione, già allenata da Pierluigi Formiconi, militavano cinque giocatrici che in seguito avrebbero vinto due medaglie d'oro e una d'argento ai mondiali, l'oro olimpico ad Atene 2004 e altre medaglie ai campionati europei (tra cui 3 d'oro). I loro nomi: Francesca Conti (portiere), Martina Miceli, Carmela Allucci (capitano), Giusi Malato e Melania Grego.
Perth 1998.- Quattro anni dopo i Campionati si disputarono nuovamente a gennaio, dal 7 al 18. Completando la sua scalata al vertice la Spagna, allenata dall'ex capitano Juan Jané, vinse il titolo sconfiggendo sorprendentemente l'Ungheria nell'inedita finale. Ispirati e trascinati dal solito Estiarte (17 reti) e da Jordi Sans, gli iberici sopperirono all'inferiorità fisica con una maggiore agilità, mobilità e fantasia. Il bronzo andò alla rientrante Iugoslavia che superò l'Australia nella finale per il terzo posto; per gli australiani la quarta posizione rappresentava comunque il piazzamento migliore di sempre. Per l'Italia un non soddisfacente quinto posto.
Nel torneo femminile l'Italia passò dall'orlo del baratro ‒ due sconfitte contro Ungheria (10-11) e Grecia (4-10) nei primi due incontri ‒ al trionfo finale, con un crescendo irresistibile propiziato dal gioco vario e movimentato e dai continui contrattacchi, la vera arma vincente. Giusi Malato segnò diversi gol risolutivi e Cristina Consoli realizzò la rete decisiva nella finale vinta dall'Italia per 7-6 sull'Olanda, fino ad allora la nazione più vincente. L'Australia tornò sul podio sconfiggendo la Russia e conquistando il bronzo. Miglior realizzatrice l'australiana Bridgette Gusterson.
Fukuoka 2001. - I Campionati del 2001 si disputarono, dal 16 al 29 agosto, in Giappone e per la prima volta in assoluto in Asia. Temperature alte, con punte di 40 °C, e umidità relativa fino al 90%. Giocatori stremati dal caldo, pochi spettatori sulle tribune. La Spagna, ancora guidata da Jané, grazie a un gioco brillante e fantasioso, pur senza Estiarte (ritiratosi l'anno prima, dopo l'Olimpiade di Sydney), si riconfermò meritatamente campione del mondo. I giocatori chiave della formazione iberica furono il portiere Jesús Rollán, il poderoso centroboa di origine cubana Iván Pérez e il giovane attaccante Gabriel Hernández, autore di 3 gol nella finale vinta sulla Iugoslavia per 4-2. Nella partita per il terzo posto l'Italia, in vantaggio per 4-2 dopo i primi due tempi, fu sconfitta dalla Russia per 7-6. Gli azzurri erano allenati da Alessandro Campagna.
Il torneo femminile vide il secondo trionfo consecutivo dell'Italia, stavolta senza difficoltà iniziali. Dopo un pareggio per 8-8 con gli Stati Uniti nel primo incontro, il Setterosa si aggiudicò autorevolmente tutte le altre gare, compresa la finale contro l'Ungheria, vinta con superiorità schiacciante (7-3). Risolutori furono i 4 gol di Martina Miceli. I primi tre furono realizzati da Tania Di Mario (che aveva debuttato in nazionale ai Campionati Europei di Prato del 1999), Carmela Allucci e Giusi Malato. Al terzo posto finì il Canada.
Barcellona 2003. - Due anni dopo, campionati di nuovo in luglio, dal 13 al 27. Vittoria dell'Ungheria, al suo secondo titolo mondiale, per 11-9 sull'Italia, allenata da Paolo De Crescenzo, davanti a 11.000 spettatori. Poiché dopo i tempi regolamentari il punteggio era di 8-8, furono necessari due tempi supplementari, vinti dai magiari con il punteggio parziale di 3-1. L'Italia non disputava una finale mondiale da Roma 1994. Al terzo posto la Iugoslavia. Determinanti i gol del poderoso Aleksandar Šapić, miglior realizzatore dei mondiali per la seconda volta consecutiva (lo era stato anche a Fukuoka).
Nel torneo femminile, dopo due medaglie d'oro, l'Italia, sconfitta dagli Stati Uniti per 8-6, vinse la medaglia d'argento. La differenza fu tutta nel terzo tempo della gara finale, in cui gli Stati Uniti realizzarono 3 gol e l'Italia solamente uno. A metà gara, infatti, le due squadre erano in parità (3-3), e così nell'ultimo tempo (punteggio parziale 2-2). Migliori realizzatrici della finale Erica Lorenz per gli Stati Uniti (4 gol) e Martina Miceli per l'Italia (3 gol). Medaglia di bronzo per la Russia.
La storia dei campionati europei maschili di pallanuoto iniziò nel 1926, a Budapest, città ricca di piscine scoperte alimentate da acqua termale e, soprattutto, capitale dell'Ungheria, già divenuta all'epoca il paese guida di tutto il movimento della pallanuoto internazionale. Da allora si sono disputate 26 edizioni, la più recente a Kranj, in Slovenia, nel 2003. Le prime ventitré edizioni si sono svolte assieme alle altre discipline acquatiche; le ultime tre, invece, hanno avuto luogo separatamente, in sedi e date diverse. Il medagliere per nazioni vede al primo posto l'Ungheria con 19 medaglie (12 d'oro, 4 d'argento e 3 di bronzo). I primi cinque titoli, dal 1926 al 1938, furono conquistati dagli ungheresi; essi vinsero consecutivamente tre titoli dal 1954 al 1962, e in altre due occasioni ne conseguirono due di seguito (1974 e 1977; 1997 e 1999). Seconda per numero di medaglie la Iugoslavia con 15 (3 d'oro ‒ la più recente nel 2003 ‒, 8 d'argento e 4 di bronzo). Terza l'Unione Sovietica con 11 medaglie (5 ori, 3 argenti, 3 bronzi). Quarta l'Italia con 9 medaglie (3 ori, un argento, 5 bronzi). Quinta la Germania con 9 medaglie (2 ori, 4 argenti, 3 bronzi) sotto tre denominazioni (Germania, Germania Occidentale, Germania Orientale). L'Olanda ha vinto un titolo e un terzo posto. Due argenti e un bronzo per la Spagna e due argenti anche per la Croazia.
Le regole del gioco furono spesso modificate. In origine gli incontri erano articolati su due tempi da 7 minuti effettivi ciascuno; il portiere non poteva uscire dalla propria area dei 4 m né lanciare il pallone oltre la metà campo; dopo la concessione di un tiro libero (per fallo commesso dagli avversari) i giocatori dovevano restare sul punto dov'erano fino al momento in cui il pallone lasciava la mano del giocatore che doveva effettuare il tiro libero; il giocatore espulso poteva rientrare solo dopo la marcatura di un gol; il giocatore che commetteva fallo da rigore doveva essere espulso. Successivamente i tempi diventarono quattro, ciascuno della durata di 5 minuti effettivi. La durata di ciascun tempo fu poi incrementata a 7 minuti effettivi e, più di recente e solo per i campionati europei (non per i mondiali né per le Olimpiadi), a 9 minuti: una partita dura, dunque, 36 minuti effettivi. Furono anche liberalizzati i movimenti del portiere e quelli dei giocatori dopo un fallo; il periodo di espulsione fu progressivamente ridotto a 20 secondi; il possesso di palla per la squadra in attacco fu limitato a 35 secondi. Partite più lunghe e gioco più dinamico e spettacolare furono conseguenze positive dei tanti mutamenti di regole occorsi negli anni.
Budapest 1926. - Alla prima edizione, disputatasi dal 18 al 22 agosto 1926, parteciparono solamente 4 squadre: Ungheria, Svezia, Germania e Belgio, classificatesi nell'ordine. Ciascuna squadra incontrò le altre, secondo la formula del girone all'italiana. La superiorità degli ungheresi ‒ che nei tre incontri disputati realizzarono 16 reti subendone solamente 3 ‒ fu schiacciante.
Bologna 1927. - I Campionati di nuoto, water polo (come allora veniva definita la pallanuoto anche in Italia) e tuffi si disputarono tutti dal 31 agosto al 4 settembre 1927 nel nuovissimo stadio del nuoto Littoriale, con la partecipazione di ben 12 squadre nazionali. Nella pallanuoto l'Ungheria vinse di nuovo tutti e tre gli incontri e il titolo. L'Italia fu sconfitta dalla Cecoslovacchia (1-3) al primo turno e, poiché la formula era cambiata, fu eliminata dopo quell'unico incontro. Al secondo e terzo posto si classificarono, rispettivamente, Francia e Belgio.
Parigi 1931. - Sette squadre e torneo nuovamente con un unico girone all'italiana, dal 23 al 30 agosto. La fortissima Ungheria segnò 52 gol e ne subì solamente 7; vinse cinque partite (12-1 con la Francia e con la Svezia, 13-0 con l'Austria, 9-2 con il Belgio, 4-1 con la Cecoslovacchia) ma, sorprendentemente, fu costretta al pareggio dalla Germania (2-2). La classifica finale fu, nell'ordine, Ungheria, Germania, Austria.
Magdeburgo 1934. - Torneo dal 12 al 19 agosto con 10 squadre, suddivise nella fase preliminare in due gruppi da 5 squadre ciascuno. L'Italia, con tre sconfitte e un solo pareggio (0-5 con la Germania, 0-2 con la Spagna, 3-7 con la Cecoslovacchia, 1-1 con la Svezia), fu ultima del gruppo B e subito eliminata. Stessa sorte per l'Olanda, ultima del gruppo A. Ungheria ancora senza rivali: quattro vittorie su quattro incontri ed enorme differenza gol (22 realizzati, 3 subiti). Seconda la Germania, terzo il Belgio.
Londra 1938. - Torneo a 7 squadre, dal 6 al 15 agosto, girone unico all'italiana. L'Italia, in progresso, vinse due partite (5-3 sulla Gran Bretagna, 2-1 sul Belgio), ne pareggiò una (1-1 con la Francia) e ne perse tre (pesante la sconfitta per 0-9 patita con l'Ungheria nell'incontro inaugurale; poi 0-4 con la Germania e 3-4 con l'Olanda). Come al solito l'Ungheria non ebbe rivali, vinse tutte e sei le partite con una strepitosa differenza gol (35 fatti, 3 subiti) e collezionò il suo quinto titolo consecutivo. Seconda la Germania, terza l'Olanda.
Montecarlo 1947. - Dopo gli eventi bellici si riprese con un torneo a 10 squadre, dal 10 al 14 settembre. Nella fase preliminare furono formati tre gruppi: il gruppo A, comprendente l'Italia, di 4 squadre; i gruppi B e C di 3 squadre ciascuno. La prima di ogni gruppo avrebbe disputato il girone finale. L'Italia rischiò l'eliminazione, avendo vinto una sola partita (5-0 sull'Austria) e pareggiato le altre due (3-3 con l'Olanda, 4-4 con la Francia). Ma le rivali, Olanda e Francia, non fecero di meglio e il passaggio alla finale fu determinato dal quoziente reti, che fu di 1,71 per l'Italia (12 gol fatti, 7 subiti), 1,67 per l'Olanda (10, 6) e 1,63 per la Francia (13, 8). L'Italia dunque passò quasi miracolosamente il primo turno e nel girone finale vinse il titolo battendo la Svezia per 3-2 e il Belgio per 4-1. L'Ungheria restò sorprendentemente fuori dal podio e si classificò quarta. L'Italia, allenata da Giuseppe Valle, schierò la formazione base in tutti gli incontri. Scesero in acqua sempre gli stessi sette giocatori: Pasquale Buonocore, Emilio Bulgarelli, Mario Majoni, Geminio Ognio, Gianfranco Pandolfini, Aldo Ghira e Gildo Arena. Non scesero mai in vasca i fratelli Gigi e Berto Raspini, Tullo Pandolfini e Cesare 'Rino' Rubini.
Vienna 1950. - Torneo con 7 squadre, dal 20 al 27 agosto. Si tornò alla formula del girone all'italiana. All'Italia, che pure aveva vinto le Olimpiadi di Londra nel 1948, non riuscì la difesa del titolo. Con tre vittorie (11-6 sulla Francia, 12-1 sulla Svizzera, 6-4 sull'Austria) e altrettante sconfitte (7-9 con la Iugoslavia, 4-9 con l'Olanda e 2-6 con la Svezia) gli azzurri si ritrovarono fuori dal podio, al quarto posto. Vinse proprio l'Olanda ‒ irresistibile con sei vittorie su sei incontri ottenute grazie a 58 gol a favore e solamente 16 contro ‒, sostituitasi all'assente Ungheria nel ruolo di prima forza. Seconda la Svezia, terza la Iugoslavia.
Torino 1954. - Torneo a 12 squadre, dal 31 agosto al 5 settembre. Fase preliminare con le squadre suddivise in quattro gruppi. L'Italia vinse agevolmente il gruppo 1 (6-0 alla Germania Occidentale, 7-3 al Belgio) e anche il gruppo A di semifinale (5-4 sull'Olanda, 4-3 sulla Gran Bretagna; nei confronti della Germania Occidentale, inserita nello stesso gruppo, si tenne conto del risultato acquisito nel primo turno). Nel girone finale, valido per l'assegnazione dei primi quattro piazzamenti, l'Italia fu sconfitta nettamente due volte, prima dalla Iugoslavia (1-3) e poi dall'Ungheria (1-8): quest'esito valse agli ungheresi la medaglia d'oro, grazie al miglior quoziente reti nei confronti degli iugoslavi. Nell'Ungheria militavano alcuni fra i più grandi giocatori di sempre: Dezső Gyarmati, György Kárpáti e István Szívós Sr. (padre dell'omonimo giocatore che in epoca successiva colse trionfi altrettanto importanti). Anche l'Olanda, quarta finalista, perse contro Ungheria e Iugoslavia; così la medaglia di bronzo andò all'Italia, che aveva battuto l'Olanda in semifinale. Nella formazione italiana c'era uno solo degli olimpionici di Londra 1948, il triestino Cesare Rubini, il quale, successivamente, ebbe successo nella pallacanestro, sia come giocatore sia come allenatore. Questo grande campione ebbe il raro privilegio di essere ammesso sia nella International Hall of Fame della pallacanestro sia in quella della pallanuoto.
Budapest 1958. - Quattordici squadre disputarono il torneo fra il 31 agosto e il 6 settembre. Nella fase preliminare furono suddivise in quattro gruppi: i primi due, A e B, formati da quattro squadre; gli altri due, C e D, da tre squadre ciascuno. Per l'Italia, inserita nel gruppo D nella prima fase e nel gruppo 2 nella fase di semifinale, questo torneo fu quasi una ripetizione di quello precedente: superati agevolmente i primi due turni ‒ vittorie su Francia (7-3) e Spagna (8-2) in quello preliminare, e su Germania Orientale (8-3) e Unione Sovietica (4-2) in semifinale ‒, gli azzurri furono nettamente sconfitti nel girone finale, dall'Ungheria (0-7) e dalla Iugoslavia (2-3). I magiari, trascinati dal solito Gyarmati, vinsero l'oro, gli iugoslavi l'argento. Il terzo posto fu assegnato all'Unione Sovietica che vantava un miglior quoziente reti nei confronti dell'Italia (quarta).
Lipsia 1962. - Pur con sole 11 squadre partecipanti, il torneo, svoltosi dal 18 al 25 agosto, fu gestito come il precedente: quattro gruppi nella fase preliminare, due nella fase semifinale, tre in quella finale (per l'assegnazione dei posti dal primo al quarto, dal quinto all'ottavo e dal nono all'undicesimo). Le prime due squadre classificate in ogni girone furono ammesse alle semifinali, mentre le prime due delle semifinali passarono al girone finale per disputarsi le medaglie. Gli azzurri purtroppo fornirono una delle peggiori prestazioni di sempre. L'Italia, infatti, superò automaticamente il primo turno, pur sconfitta per 1-3 dalla Germania Orientale, in quanto il gruppo B comprendeva solamente queste due squadre; ma in semifinale gli azzurri furono nettamente battuti dall'Ungheria (0-5) e non andarono oltre un modesto pareggio contro la Romania (2-2). Nella finale per il piazzamento dal quinto all'ottavo posto persero anche contro l'Olanda e il Belgio, con l'identico punteggio di 3-4, e conclusero il campionato senza nemmeno una vittoria, in ottava posizione. Anche questo titolo fu conquistato dalla formidabile squadra ungherese di Gyarmati e Kárpáti, con l'Unione Sovietica e la Iugoslavia al secondo posto ex aequo (la medaglia di bronzo non fu assegnata).
Utrecht 1966. - A questo torneo, che si disputò fra il 20 e il 27 agosto, parteciparono addirittura 17 squadre. Di nuovo quattro gruppi (il primo di cinque squadre) nella fase preliminare; per la prima volta quattro gruppi anche nella fase semifinale, e, al fine di classificare tutte le squadre, quattro gruppi anche nella fase finale. L'Italia fu prima nel gruppo D, avendo vinto tutti gli incontri (6-5 sulla Germania Occidentale, 2-1 sul Belgio, 12-3 sull'Irlanda), seconda nel gruppo B di semifinale (vittoria sulla Romania per 2-1, pareggio con l'Unione Sovietica, 3-3) e ultima (quarta) nel girone finale per l'assegnazione delle medaglie, avendo perso entrambi gli incontri, contro la Germania Orientale e la Iugoslavia, con l'identico punteggio di 1-2. Dopo un quinto, un terzo e un secondo posto, l'Unione Sovietica, alla quarta partecipazione, vinse il suo primo titolo europeo. Le partite di finale dei sovietici si conclusero con un pareggio per 1-1 contro la Iugoslavia, giunta terza, e una vittoria per 1-0 sulla Germania Orientale, seconda. Nelle quattro partite di finale furono realizzati complessivamente appena 9 gol, il minimo storico.
Barcellona 1970. - Il torneo iniziò il 5 settembre e si concluse il 12. Vi presero parte 15 squadre, suddivise in tre gruppi da 5 nella fase preliminare. Passarono alla fase finale, valida per l'assegnazione dei primi sei posti, le prime due squadre di ogni gruppo. Niente semifinali. Andò in finale anche l'Italia, seconda del gruppo C: sconfitta dalla Iugoslavia per 3-4, prevalse su Germania Occidentale, Svezia e Irlanda, rispettivamente per 6-4, 8-4 e 11-4. In finale l'Italia vinse due incontri (con l'Olanda per 6-4 e con la Romania per 5-4) e ne perse altri due, con l'Ungheria e l'Unione Sovietica, subendo 8 gol da entrambe e segnandone 5 ai magiari e 3 ai sovietici. Gli azzurri furono quarti, dietro ai sovietici, riconfermatisi campioni, agli ungheresi e agli iugoslavi (terzi anche a Utrecht).
Vienna 1974. - Torneo a 16 squadre, dal 18 al 24 agosto, e nuovo cambio di formula. Due soli gruppi, ciascuno di 8 squadre, e una sola fase. Le 8 squadre ritenute migliori si affrontarono nel gruppo A, secondo la formula del girone all'italiana, per disputarsi i primi otto posti; le altre 8 squadre, inserite nel gruppo B, si disputarono i secondi otto posti in un torneo parallelo. Per l'Italia due vittorie nelle prime due partite, con la Romania (4-3) e l'Olanda (5-4), due sconfitte nelle seconde due partite, con la Germania Occidentale (4-5) e l'Ungheria (3-8), due pareggi negli ultimi due incontri, con la Iugoslavia (4-4) e la Spagna (3-3), e sconfitta finale con l'Unione Sovietica (2-5). Il quinto posto finale non fu ritenuto soddisfacente. Sul podio, nell'ordine, Ungheria, Unione Sovietica e Iugoslavia. Schiacciante la superiorità degli ungheresi ‒ sei vittorie e un pareggio, 50 gol fatti, 27 subiti ‒ che schieravano, fra gli altri, grandissimi campioni come Tamás Faragó, Gábor Csapó, István Szívós Jr., Zoltán Kásás (padre del più noto Tamás) e György Horkai.
Jönköping 1977. - Quindici squadre, stessa formula dell'edizione precedente, torneo dal 13 al 21 agosto. Il gruppo B, con le squadre che giocavano per classificarsi dal nono al quindicesimo posto, fu disputato nella città di Falköping. L'Italia salì di nuovo sul podio, stavolta per ricevere la medaglia di bronzo. Quattro le vittorie: con la Germania Occidentale (6-4), la Romania (10-7), la Spagna (8-4), l'Unione Sovietica (7-5). Tre le sconfitte: le prime due, con l'identico punteggio di 4-5, contro la Iugoslavia nel primo incontro e contro l'Olanda nel terzo; l'ultima nell'incontro conclusivo con l'Ungheria, stavolta di stretta misura, per 7-8. Altro titolo per l'Ungheria, che schierava anche György Gerendás e Attila Sudár, e medaglia d'argento per la Iugoslavia.
Spalato 1981. - Torneo a 19 squadre, dal 5 al 12 settembre. Le migliori 8 si disputarono le medaglie con un girone all'italiana, le altre 11 si affrontarono per gli altri piazzamenti secondo una formula più complicata (due gruppi nella fase preliminare, tre gironi in quella finale). Meritato trionfo della Germania Occidentale, forte di una squadra con parecchie individualità, come il portiere Peter Rohle, l'attaccante Frank Otto, formidabile tiratore, il centroboa Hagen Stamm e il centrovasca Roland Freund. La Germania vinse sei incontri e ne pareggiò uno (il primo), contro l'Italia, con il punteggio di 7-7. Sul podio, rispettivamente per l'argento e il bronzo, salirono anche l'Unione Sovietica e l'Ungheria. L'Italia fu sesta: vinse una sola partita, con la Romania (8-3); ne pareggiò due (oltre alla prima con la Germania, anche l'ultima con la Spagna, per 9-9); e fu sconfitta nelle altre quattro, con l'Olanda (6-11), l'Ungheria (10-12), l'Unione Sovietica (8-9) e la Iugoslavia (7-8).
Roma 1983. - Furono i terzi campionati europei ospitati dall'Italia. Quindici squadre, stessa formula di Jönköping, torneo dal 20 al 27 agosto. Sul podio, nell'ordine, Unione Sovietica, Ungheria e Spagna. Perni della formazione sovietica erano il portiere Evgenij Šaronov, il centrovasca Aleksandr Kabanov, gli attaccanti Sergej Kotenko ed Erkin Šagaev, l'incontenibile centroboa Georgij Mšvenieradze. L'Unione Sovietica vinse cinque incontri e ne pareggiò due: con la Iugoslavia (8-8) e con la Germania Occidentale (9-9). L'Italia collezionò quattro sconfitte (6-9 con l'Unione Sovietica, 3-9 con l'Ungheria, 8-10 con l'Olanda, 8-9 con la Germania Occidentale), un pareggio (9-9 con la Iugoslavia) e due vittorie (10-3 con la Romania, 18-13 con la Spagna). Per gli azzurri solo un modesto settimo posto, con polemiche. Dopo i campionati, l'allenatore Gianni Lonzi, che aveva guidato la nazionale per un decennio, fu sostituito con Fritz Dennerlein.
Sofia 1985. - Sedici squadre, torneo con la formula ormai consueta dal 4 all'11 agosto. L'Unione Sovietica, con una squadra imperniata sui campioni di Roma, difese con successo il proprio titolo, con cinque vittorie e due pareggi; seconda e terza risultarono Iugoslavia e Germania Occidentale. L'Italia si riavvicinò al podio e fu quarta. Gli azzurri vinsero quattro partite (14-9 con la Grecia, 11-7 con la Spagna, 6-5 con l'Olanda, 8-7 con l'Ungheria) e ne persero tre (6-7 con l'Unione Sovietica, 9-10 con la Iugoslavia, 9-12 con la Germania Occidentale).
Strasburgo 1987. - Quattordici squadre e stesso schema organizzativo per il torneo svoltosi dal 16 al 23 agosto. L'Unione Sovietica, con l'inserimento di nuovi talenti come Dmitrij Apanasenko e Sergej Kotenko, conquistò il terzo titolo consecutivo. Per i sovietici fu un cammino trionfale: sei vittorie e un pareggio (9-9) nell'ultimo incontro, con la Iugoslavia, vincitrice della medaglia d'argento. L'Italia, che l'anno prima aveva vinto l'argento ai Mondiali di Madrid, tornò sul podio per la medaglia di bronzo. Gli azzurri, ancora guidati da Fritz Dennerlein, vinsero cinque partite (7-4 con la Romania, 11-9 con l'Ungheria, 10-7 con la Spagna, 8-4 con la Bulgaria, 10-9 con la Germania Occidentale), ne pareggiarono una (7-7 con la Iugoslavia) e furono sconfitti solo dai sovietici (10-12).
Bonn 1989. - Parteciparono 16 squadre, suddivise in quattro gruppi preliminari. Furono introdotti i quarti di finale e la formula si complicò. Il torneo si svolse dal 13 al 20 agosto. Sotto la guida del nuovo allenatore, il croato Ratko Rudić, l'Italia confermò la medaglia di bronzo di Strasburgo. Questo il cammino degli azzurri: tutte vittorie nella fase preliminare (12-7 con la Grecia, 8-7 con l'Ungheria, 14-2 con la Gran Bretagna); nei quarti una vittoria (11-8 sulla Cecoslovacchia) e due pareggi (10-10 con la Germania Occidentale, 11-11 con la Spagna); una sconfitta in semifinale con la Iugoslavia (7-8) e vittoria sull'Unione Sovietica nella finale per il terzo posto (12-11). Vinse il torneo la Germania Occidentale, che schierava ancora gli esperti Frank Otto e Hagen Stamm, e che batté la Iugoslavia nella finale per la medaglia d'oro.
Atene 1991. - Con l'identico formato di Bonn il torneo ebbe luogo, tra il 17 e il 25 agosto, al coperto. L'Italia collezionò sei vittorie consecutive nelle prime due fasi: vinse il gruppo A1 della fase preliminare (sconfiggendo l'Ungheria 10-8, la Turchia 22-4 e la Cecoslovacchia 17-9) e il gruppo C dei quarti (con vittorie sulla Francia per 13-6, sull'Unione Sovietica per 12-10 e sulla Romania per 10-9), ma perse la semifinale con la Iugoslavia (9-11) e, per un solo gol, la finale per il terzo posto con l'Unione Sovietica (10-11). La Iugoslavia conquistò il titolo battendo la Spagna per 11-10 nella finale.
Sheffield 1993. - Torneo a 12 squadre, dal 29 luglio all'8 agosto; si giocò al coperto. Due i gruppi preliminari, di 6 squadre ciascuno. Le prime due di ciascun gruppo furono ammesse direttamente alle semifinali. L'Italia si guadagnò l'ammissione alle semifinali con il primo posto nel gruppo A, frutto di quattro vittorie (9-8 con la Germania, 13-7 con la Croazia, 9-8 con la Russia, 14-7 con l'Ucraina) e una sconfitta (10-11 con la Romania); al termine di una semifinale tesa e spettacolare si impose sulla Spagna per 10-9. In finale gli italiani, allenati da Rudić (che nello stesso anno ottenne la cittadinanza italiana per meriti sportivi e sociali), seppero fornire una prestazione superba e sconfissero l'Ungheria per 11-9, conquistando meritatamente la medaglia d'oro. La Spagna si aggiudicò il bronzo battendo la sorprendente Romania per 13-12. La squadra campione d'Europa era formata da: Francesco Attolico (portiere), Marco D'Altrui, Alessandro Bovo, Giuseppe Porzio, Alessandro Campagna, Roberto Calcaterra, Mario Fiorillo (capitano), Franco Porzio, Amedeo Pomilio, Ferdinando Gandolfi, Massimiliano Ferretti, Carlo Silipo, Paolo Petronelli, Gianni Averaimo (portiere) e Paolo Caldarella (che morì nello stesso anno per un incidente stradale).
Vienna 1995. - Furono ancora 12 le squadre ma si tornò ai quattro gironi preliminari, ai quarti di finale, alle semifinali e alle finali. Si giocò dal 18 al 25 agosto, con soluzione inedita, all'interno dello stadio di calcio del Prater in una piscina installata temporaneamente sul terreno di gioco. L'allenatore Rudić rivoluzionò la squadra. Escluse ben otto 'senatori' ‒ Fiorillo, Campagna, D'Altrui, Averaimo, Gandolfi, i fratelli Porzio e il centroboa Massimiliano Ferretti ‒ e affrontò il torneo con una squadra assai ringiovanita. Fu criticato ma ebbe ragione lui. L'Italia vinse il suo secondo titolo, collezionando un solo pareggio (con la Croazia nei quarti, per 8-8) e sei vittorie: sulla Grecia (9-7) e la Germania (10-6) nella fase preliminare; sull'Ucraina (13-7) e la Russia (11-9) nei quarti; di nuovo sulla Germania (10-9) in semifinale e sull'Ungheria (10-8) in finale. Questi i campioni d'Europa: Francesco Attolico (portiere), Francesco Postiglione, Alessandro Bovo, Angelo Temellini, Roberto Calcaterra, Alessandro Calcaterra, Alberto Angelini, Amedeo Pomilio, Paolo Petronelli, Leonardo Sottani, Carlo Silipo, Alberto Ghibellini, Fabio Bencivenga, Luca Giustolisi, Marco Gerini (portiere). Italia campione, dunque, con l'esaltante trionfo sull'Ungheria nella finale per la medaglia d'oro, grazie alle ottime prestazioni di Attolico, Bovo e Silipo (miglior realizzatore azzurro con 14 reti). Medaglia di bronzo alla fortunata Germania, vincitrice per 11-10 sulla Croazia: il gol della vittoria fu convalidato nonostante la palla non fosse entrata in porta.
Siviglia 1997. - Formula simile alla precedente ma con due soli gironi preliminari, da 6 squadre ciascuno. Si giocò dal 13 al 23 agosto. L'Ungheria tornò sul trono d'Europa battendo di misura la Iugoslavia (3-2) in una finale tesa, in cui prevalsero le difese. Nella squadra ungherese erano presenti numerosi giocatori poi vincitori di due Olimpiadi (Sydney 2000 e Atene 2004): fra essi Tamás Vargas, Attila Vári, Gergely Kiss, Tibor Benedek, Rajmund Fodor, Tamás Molnár, Balász Vincze e Barnabás Steinmetz. Per il terzo posto la Russia si impose sulla Croazia per 8-7 grazie al golden goal (la rete che chiude automaticamente la partita nei tempi supplementari) del centroboa Revaz Tčomakidze. Scivolone dell'Italia, solo sesta. Per gli azzurri questi i risultati: nella fase preliminare vittorie su Grecia (7-2), Germania (8-4) e Bulgaria (16-5), e sconfitte con Iugoslavia (3-4) e Russia (4-5); nei quarti sconfitta con l'Ungheria (8-9); nella semifinale per il piazzamento dal quinto all'ottavo posto vittoria sulla Slovacchia (12-9); nella finale per il quinto e sesto posto sconfitta contro la Spagna (6-8).
Firenze 1999. - Torneo dal 2 all'11 settembre; per la prima volta la pallanuoto andò da sola agli Europei. Titolo confermato per l'Ungheria di Dénes Kemény, lo stesso allenatore del trionfo di Siviglia. Il miglior incontro per gli ungheresi fu quello vinto con la Croazia, seconda classificata, per 15-12 nella partita di finale. Miglior realizzatore per i magiari Tamás Kásás, che fu anche il miglior giocatore del torneo. Tra gli ungheresi, brillante come sempre, Gergely Kiss, autore di due gol decisivi alla Croazia. Italia di nuovo sul podio, con il bronzo strappato alla Grecia, quest'ultima per la prima volta vicina alla medaglia. In testa alla classifica dei marcatori lo spagnolo Salvador Gómez (16 gol), più prolifico di Estiarte (14 gol). I risultati degli azzurri: nella fase preliminare pareggio con l'Ungheria (7-7), sconfitta contro la Croazia (6-7), vittorie su Grecia (7-6), Slovacchia (6-5) e Slovenia (9-7); nei quarti vittoria sulla Russia (7-6); in semifinale sconfitta contro l'Ungheria (5-7); nella finale per il terzo posto vittoria sulla Grecia (7-6).
Budapest 2001. - Il torneo si svolse, nuovamente con 12 squadre, dal 15 giugno al 24 luglio. Dopo un decennio la Iugoslavia si riprese il titolo battendo in finale l'Italia (8-5). La squadra iugoslava, rinnovata e ben amalgamata dall'allenatore Nenad Manojlović e forte di una superiorità fisica e tecnica, alternò momenti di gioco rude ad azioni spettacolari. Miglior realizzatore della squadra il colosso centroboa Aleksandar Šapić (19 gol), secondo solo al russo Aleksandr Eryšov (23 gol). Miglior giocatore del torneo Vladimir Vujasinović. L'Italia, allenata da Alessandro Campagna, vinse i primi due incontri della fase preliminare (10-4 sull'Olanda, 9-4 sulla Romania) ma perse contro l'Ungheria (5-10); poi sconfisse la Spagna (8-7), cedette alla Iugoslavia (8-9) e vinse sulla Grecia (7-6). In semifinale il Settebello sconfisse l'Ungheria (8-7), forse troppo presuntuosa, ma in finale fu sconfitto dalla Iugoslavia.
Kranj 2003. - Di nuovo la Iugoslavia, con la nuova denominazione di Serbia-Montenegro, salì, meritatamente, sul gradino più alto del podio. Miglior giocatore del torneo ancora Vujasinović. Miglior marcatore Šapić (24 gol). Medaglia d'argento alla Croazia, sconfitta per 9-10 dalla Iugoslavia in una finale drammatica e durissima; bronzo all'Ungheria, nettamente vincitrice sulla Russia nella finale per il terzo posto (13-6). La cerimonia di premiazione non ebbe luogo per prevenire possibili incidenti da parte della numerosa tifoseria croata, già responsabile di turbolenze sia fuori dall'impianto sia sulle tribune. Esordio sfortunato per Paolo De Crescenzo, nuovo allenatore dell'Italia, scivolata al nono posto (il peggiore piazzamento conseguito dagli azzurri agli europei); positive le prestazioni dei giovani Goran Fiorentini e Maurizio Felugo. La miglior partita dell'Italia fu quella contro la Grecia, vinta per 7-5.
Tre squadre hanno finora iscritto il loro nome nell'albo d'oro dei campionati: Italia e Olanda, con 4 medaglie d'oro ciascuna, e Ungheria, con 2 medaglie d'oro. Italia e Olanda hanno vinto complessivamente otto dei dieci titoli assegnati tra il 1985, anno della prima edizione dei Campionati Europei, e il 2003, anno di svolgimento dell'edizione più recente. L'Olanda ha vinto i primi tre titoli consecutivi e quattro dei primi cinque. L'Italia ha conquistato tre titoli consecutivi tra il 1995 e il 1999 e quattro degli ultimi cinque. Olanda e Ungheria hanno vinto 8 medaglie ciascuna. L'Italia ne ha vinte complessivamente 6: la prima, di bronzo, nel 1991 ad Atene. Nel palmarès delle azzurre c'è anche un argento vinto nel 2001 a Budapest. Sul podio sono salite anche Russia (2 argenti e 3 bronzi), Francia (2 bronzi) e Germania Occidentale (un bronzo).
Oslo 1985. - Torneo a 8 squadre, dal 12 al 18 agosto. Girone unico all'italiana. L'Olanda travolse le avversarie: Francia, Belgio, Svezia, Germania Occidentale, Gran Bretagna, Norvegia e Ungheria furono sconfitte, senza essere in grado di opporre alcuna resistenza, rispettivamente con il punteggio di 26-0, 18-1, 37-1 (primato assoluto di gol realizzati e di gol di scarto in un incontro di pallanuoto internazionale), 27-6, 25-0, 23-2, 19-4. In sette partite l'Olanda realizzò 175 gol (in media 25 a partita) e ne subì 14 (in media 2 a partita; quoziente reti 12,50), cifre assolutamente da primato. Seconda classificata l'Ungheria, terza la Germania Occidentale.
Strasburgo 1987. - Sette le squadre, girone unico, gare disputate dal 16 al 23 agosto. L'Olanda, forte di una schiacciante superiorità, vinse senza difficoltà il suo secondo titolo, con una formazione cambiata di poco rispetto all'edizione precedente. Sempre pingui ma meno clamorosi i punteggi: 100 le reti realizzate e 29 quelle subite dalle olandesi. Seconda classificata l'Ungheria, terza la Francia.
Bonn 1989. - Nove squadre, torneo disputato dal 13 al 20 agosto, con una fase preliminare a due gironi ‒ uno formato da 4 squadre, l'altro da 5 ‒, semifinali, finali e partite per l'assegnazione dei posti dal quinto all'ottavo. Sempre senza problemi l'Olanda che ‒ con 80 gol realizzati e 11 subiti nelle quattro partite della fase preliminare ‒, vincendo per 20-5 sulla Francia in semifinale e per 14-11 sull'Ungheria in finale, conquistò il terzo titolo consecutivo. L'Italia, esordiente agli europei, fu inserita nel girone a 5 squadre con l'Olanda, da cui fu sconfitta per 3-15 (in precedenza l'Olanda aveva battuto il Belgio e la Grecia, con l'identico punteggio di 26-2, e la Germania Occidentale, per 13-4). Fu quella l'unica sconfitta subita dalle azzurre nella prima fase. L'Italia, infatti, aveva esordito con tre vittorie ‒ su Belgio (12-8), Grecia (9-5) e Germania Occidentale (10-9) ‒ che le erano valse il secondo posto nel gruppo, dietro l'Olanda, e il passaggio del turno. In semifinale le azzurre persero per due gol (6-8) contro le ungheresi, classificate al secondo posto. Di una sola rete, invece, lo scarto fra Italia e Francia nella partita per il terzo posto: vinsero le transalpine (10-9), ma il quarto posto dell'Italia fu considerato promettente.
Atene 1991. - Otto squadre, stessa formula di Bonn. Il torneo si svolse dal 17 al 25 agosto, al coperto. Quarta finale tra Olanda e Ungheria, ma stavolta, dopo tre sconfitte, prevalsero le magiare (11-8). Prima medaglia europea (bronzo) per l'Italia. Allenate da Roberto Fiori, le azzurre conclusero la fase preliminare alla pari con l'Ungheria (con cui avevano pareggiato per 8-8), che si aggiudicò il primo posto del gruppo grazie alla migliore differenza reti. In virtù dei loro piazzamenti nel gruppo preliminare, Ungheria e Italia affrontarono in semifinale rispettivamente Francia e Olanda, cioè la seconda e la prima classificata dell'altro gruppo. Nulla da fare per le azzurre contro le olandesi che vinsero, pur senza dominare, per 12-8. Nell'incontro per la medaglia di bronzo l'Italia rovesciò l'esito di Bonn e sconfisse la Francia, per 8-5: aveva fatto il salto di qualità ed era entrata fra le grandi. La squadra azzurra era così composta: Francesca Conti (portiere), Monica Canetti (portiere), Claudia Vinciguerra (miglior realizzatrice azzurra con 10 reti), Carmela Allucci, Stefania Lariucci, Flavia Villa, Monica Vaillant, Antonella Di Giacinto, Cristina Consoli, Neira Marsili, Giusi Malato, Nicoletta Abbate, Sonia Magarelli.
Leeds 1993. - I campionati si svolsero dal 31 luglio al 7 agosto, al coperto, con 12 squadre suddivise in due gruppi da 6 nella fase preliminare. L'Italia fu nuovamente seconda nel gruppo B, dietro la sempre fortissima Olanda. L'incontro diretto, l'ultimo del gruppo, finì 13-7 per le olandesi che, nelle cinque partite della prima fase realizzarono 90 gol e ne subirono 26. Le azzurre (50 gol fatti, 31 subiti) avevano vinto contro la Spagna e la Germania con lo stesso punteggio (7-6), contro la Slovacchia (23-2) e contro la Grecia (6-4). In semifinale l'Olanda sconfisse con difficoltà l'Ungheria (9-8) e la Russia prevalse sull'Italia (8-6). In finale l'Olanda strapazzò la Russia (13-8) e conquistò la sua quinta medaglia d'oro europea. Per il terzo posto l'Ungheria prevalse sull'Italia di stretta misura (8-7): le ragazze allenate da Fiori videro sfuggire una medaglia di bronzo che era alla loro portata.
Vienna 1995. - Nel torneo disputato dal 17 al 27 agosto furono nuovamente 12 le squadre, questa volta suddivise in quattro gruppi preliminari (da 3): le prime due di ogni gruppo ammesse ai quarti di finale. L'Italia, allenata fin dall'anno precedente da Pierluigi Formiconi, aveva l'obiettivo di salire sul podio. La squadra azzurra vinse i due incontri della fase preliminare contro la Svizzera (19-1) e la Germania (8-4); nel girone dei quarti di finale vinse contro la Francia (7-4) e la Gran Bretagna (17-6) e pareggiò con l'Olanda (9-9), che fu la prima del gruppo grazie alla miglior differenza reti. Nelle semifinali le azzurre prevalsero nettamente sulla Grecia (8-4) mentre l'Ungheria sconfisse l'Olanda (6-5), finita terza. In finale l'Italia scrisse una pagina storica per lo sport italiano: sconfiggendo l'Ungheria (7-5) vinse la prima medaglia d'oro della pallanuoto femminile in una grande competizione internazionale. Tripudio doppio poiché anche la squadra maschile in quell'occasione vinse il titolo. Una circostanza inedita e irripetibile. Punti di forza di quella squadra furono il portiere Francesca Conti, il centroboa Giusi Malato, Carmela Allucci, Monica Vaillant, Martina Miceli, Stefania Lariucci, Cristina Consoli e Antonella Di Giacinto. In formazione anche Milena Virzì, Francesca Romano, Marica Carrozzi, Melania Grego, Daria Starace, Maddalena Musumeci e Paola Sabbatini.
Siviglia 1997. - Dodici squadre, suddivise in due gruppi di sei squadre ciascuno nella fase preliminare; poi quarti di finale (con le prime 4 di ogni gruppo) a eliminazione diretta, semifinali e finali. Il tutto dal 13 al 22 agosto. L'Italia difese con successo il titolo di Vienna e le ragazze gustarono da sole il trionfo, poiché la squadra maschile era stata eliminata nei quarti. Nella fase preliminare l'Italia esordì con una stentata vittoria sulla Spagna (6-5); poi, dopo avere schiacciato Portogallo (17-0) e Gran Bretagna (14-7), le azzurre cedettero all'Olanda (8-10) e pareggiarono con la Russia (6-6), giungendo terze nel gruppo B (dietro a olandesi e russe). Nei quarti l'Italia sconfisse l'Ungheria di stretta misura (8-7) e in semifinale l'Olanda con l'identico punteggio. La significativa vittoria sulle olandesi fu d'auspicio per il miglior esito del torneo. In finale l'Italia incontrò la Russia (vincitrice sulla Germania nei quarti e sulla Spagna in semifinale) e la sconfisse con lo scarto minimo di un gol (6-5). Per l'Italia segnarono Giusi Malato e Stefania Lariucci, due gol ciascuna, Monica Vaillant e Antonella Di Giacinto. Rispetto a Vienna la squadra schierava Alexandra Araujo (di origini brasiliane), Stefania Lavorini, Silvia Moriconi e Cinzia Ragusa al posto di Francesca Romano, Marica Carrozzi, Daria Starace e Paola Sabbatini. Bronzo all'Olanda che vinse facilmente sulla Spagna (10-5).
Prato 1999. - Campionati dal 2 all'11 settembre, per la prima volta separati dalle altre specialità ma separati anche da quelli maschili (svoltisi a Firenze nelle stesse date). Pubblico amico, tutto per loro, e terzo oro consecutivo per le ragazze del Setterosa, dirette da Pierluigi Formiconi. Squadra con la stessa ossatura, ma l'innesto della ventenne Tania Di Mario fu prezioso. Veloce nel nuoto, ottima nel tiro ed energica in difesa, Di Mario fu la rivelazione del torneo. Fecero il loro ingresso in squadra anche Tatiana Baianova (una russa naturalizzata) e Gabriella Sciolti; ne uscirono Stefania Lariucci, Stefania Lavorini e Cinzia Ragusa. Tra le maggiori artefici del successo le solite Conti, Miceli, Allucci, Vaillant, Consoli, Malato e Grego. Faticoso il cammino dell'Italia. Dopo l'iniziale pareggio (6-6) con l'Olanda e la facile affermazione sulla Francia (19-3), le azzurre sconfissero la Grecia (7-5) e, nei quarti, la Spagna (8-2). In semifinale, al termine di un incontro drammatico, superarono di stretta misura (6-5) l'Ungheria: alla fine del terzo tempo le ungheresi conducevano per 5-3, ma nel quarto periodo segnarono solo le azzurre, tre gol in superiorità numerica con Di Mario, Grego e Malato (nell'ordine). Ancor più avvincente la finale contro l'Olanda vinta, per 10-9, dopo due tempi supplementari (8-8 il punteggio dopo i tempi regolamentari). Furono ancora Di Mario (suo il gol del pareggio che permise di andare ai supplementari), Grego e Malato a firmare le ultime tre reti dell'incontro. Terza la Russia, 7-5 sull'Ungheria nell'incontro per la medaglia di bronzo.
Budapest 2001. - A causa dei mondiali, in programma a Fukuoka in agosto, gli europei furono anticipati e disputati dal 16 al 23 giugno. Ancora una volta il titolo andò alla squadra di casa. Nella finale per la medaglia d'oro l'Ungheria sconfisse l'Italia per 10-8. Il Setterosa, privo di Monica Vaillant, pedina fondamentale, collezionò quattro vittorie consecutive: 9-7 contro la Germania, 5-3 contro la Grecia, 7-6 contro la Russia, 7-1 di nuovo contro la Grecia, in semifinale. La finale, giocata davanti a 7000 sostenitori dell'Ungheria, fu decisa dal numero di gol realizzati nelle fasi di superiorità numerica (gli arbitri nel corso della gara ne concessero 11 a ciascuna squadra): le ungheresi sfruttarono le loro occasioni segnando 5 gol, 2 più delle italiane. Fra le magiare in grande evidenza per qualità di gioco e numero di reti Ágnes Primász e Ágnes Valkay. Classificata al terzo posto la Russia.
Lubiana 2003. - Altra grande impresa del Setterosa. Il titolo fu conteso nuovamente fra Italia e Ungheria, con vittoria delle azzurre per 6-5; i gol dell'Italia in finale furono realizzati da Martina Miceli (che ne totalizzò 11 nel corso del torneo), Tania Di Mario, Maddalena Musumeci, Manuela Zanchi e Melania Grego (che ne segnò 2, decisivi, con altrettanti tiri da lontano). L'Italia collezionò in quel campionato solo vittorie: 7-5 sulla Grecia, 14-10 sulla Russia, 12-10 sulla Germania, 7-5 sull'Olanda (in semifinale) e appunto 6-5 sull'Ungheria in finale. Terza finì la Russia.
Ermenegildo (Gildo) Arena. - Nato a Napoli il 21 febbraio 1921 e morto l'8 febbraio 2005, è stato il giocatore simbolo della pallanuoto italiana del primo periodo d'oro. Cinque scudetti conquistati con la Rari Nantes Napoli, medaglia d'oro agli Europei di Montecarlo nel 1947 e alle Olimpiadi di Londra nel 1948, fu un fuoriclasse completo, dotato di velocità, estro, tecnica e visione di gioco, spesso autore di gol risolutivi per le vittorie della propria squadra. Seppe abbinare le sue grandi doti naturali ai preziosi insegnamenti del suo allenatore e maestro, l'ungherese Endre 'Bandi' Zólyomi. Poco prima della sua morte il governo aveva deciso di concedergli un vitalizio "a favore degli indimenticabili atleti italiani in stato di indigenza".
Mario Majoni. - Mario Majoni, ligure di Quarto, classe 1910, dedicò tutta la sua vita alla pallanuoto. Esordì a 14 anni nell'Enotria di Recco e giocò fino all'età di 38 anni nel ruolo di terzino mobile. Vinse tre scudetti: il primo con la Rari Nantes Camogli nel 1935, il secondo con la Rari Nantes Florentia nel 1936 e il terzo con la Canottieri Olona nel 1947. In nazionale giocò 118 partite, da capitano, e vinse la medaglia d'oro agli Europei del 1947 e all'Olimpiade del 1948. Poi intraprese la carriera di allenatore e tra il 1950 e il 1972 fu in più fasi alla guida della nazionale (la squadra che vinse le Olimpiadi del 1960 era allenata da Endre 'Bandi' Zólyomi, che diresse la nazionale fino a tutto il 1964). Della pallanuoto non era solo innamorato: ne era anche uno studioso e aveva sviluppato un metodo personale di allenamento. Nel 1954 mise a disposizione di tutti il suo sapere scrivendo il primo manuale di pallanuoto in italiano, tuttora insuperato per quanto riguarda gli insegnamenti dei 'fondamentali'. Il volume aveva in copertina un giovanissimo Eraldo Pizzo. La sua carriera meritò l'elezione alla International Swimming Hall of Fame nel 1972.
Cesare (Rino) Rubini . - Nato a Trieste il 2 dicembre 1923, dopo aver praticato calcio e nuoto si dedicò completamente alla pallanuoto e al basket trasferendosi a Milano per poter praticare contemporaneamente i due sport: la pallanuoto con la Canottieri Olona, il basket con l'Olimpia-Borletti. Per scelta giocò nella nazionale di pallanuoto, collezionando 82 presenze: fu riserva agli Europei del 1947 ma titolare ‒ nel ruolo di terzino mobile al posto di Majoni ‒ all'Olimpiade del 1948 (medaglia d'oro). Sempre da titolare vinse il bronzo all'Olimpiade di Helsinki del 1952 e fu quarto a quella di Melbourne del 1956. Vinse sei scudetti: con l'Olona (1), la Rari Nantes Napoli (2), il Camogli (3). Da allenatore ebbe successo soprattutto nel basket (15 scudetti con la Simmenthal Milano). Rubini vanta l'elezione sia nella Hall of Fame del basket sia in quella della pallanuoto, quest'ultima avvenuta nel 2000.
Eraldo Pizzo. - Nato a Rivarolo (Genova) il 21 aprile 1938, è forse il giocatore più rappresentativo nella storia della pallanuoto italiana, avendo ricoperto al suo interno vari ruoli: fu giocatore per 32 anni, dal 1950 al 1982, poi allenatore e successivamente presidente del Recco, la squadra con cui aveva vinto molti scudetti (il primo nel 1959) e la Coppa dei campioni (1965), e con cui chiuse la carriera di giocatore all'età di 44 anni. Difensore di ruolo, grazie al suo fisico notevole, alla velocità, alla visione di gioco e all'incredibile potenza balistica Pizzo sapeva rapidamente trasformarsi in attaccante fra i più pericolosi. Fu il miglior realizzatore dei Campionati italiani del 1962 (27 gol) e del 1969 (69 gol). Fu in nazionale per 15 anni, dal 1957 al 1972, disputandovi 178 incontri, molti da capitano; prese parte a quattro Olimpiadi (1960 ‒ medaglia d'oro ‒, 1964, 1968 e 1972) e a tre campionati europei (1958, 1966 e 1970). Pizzo, universalmente conosciuto con il soprannome di Caimano, vinse il suo ultimo scudetto con il Bogliasco, all'età di 43 anni. Anch'egli è onorato presso la International Swimming Hall of Fame (dal 1990).
Gianni Lonzi. - Nato a Firenze il 4 agosto 1938, è stato un centrovasca infaticabile: dotato di grande visione di gioco, interpretava il suo ruolo al servizio della squadra. Da titolare vinse l'oro alle Olimpiadi di Roma (1960) e giocò 121 incontri in nazionale, anche da capitano, fino al 1968; partecipò alle Olimpiadi di Tokyo (1964) e di Città del Messico (1968). Fece poi l'allenatore, prima come vice di Majoni e dal 1973, per una decina d'anni, come allenatore della nazionale, con cui vinse il bronzo ai Mondiali di Cali (1975), l'argento alle Olimpiadi di Montreal (1976), il bronzo agli Europei di Jönköping (1977) e l'oro ai Mondiali di Berlino (1978). Chiusa la carriera di allenatore, Lonzi si dedicò a quella dirigenziale nell'ambito della Federazione italiana (FIN), di quella europea (LEN) e di quella mondiale (FINA). Tuttora è presidente del Comitato tecnico di pallanuoto della FINA e, come tale, primo responsabile della regolarità organizzativa e tecnica dei tornei olimpici e mondiali.
Gianni De Magistris. - Nato a Firenze il 3 dicembre 1950, è stato un attaccante estroso, prolifico e dallo stile inimitabile e spettacolare. Considerato il miglior interprete del dribbling nella pallanuoto, fu il giocatore più rappresentativo; è stato il capitano della nazionale che in quattro anni, dal 1975 al 1978, vinse 4 medaglie nelle grandi manifestazioni internazionali: bronzo ai Mondiali di Cali (1975), argento all'Olimpiade di Montreal (1976), bronzo agli Europei di Jönköping (1977) e oro ai Mondiali di Berlino (1978). Fu quarto ai Mondiali del 1973. Disputò cinque Olimpiadi, dal 1968 al 1984, quattro campionati del Mondo, dal 1973 al 1982, e quattro campionati europei, dal 1970 al 1983. Collezionò 367 presenze in nazionale. Grandissimo realizzatore, segnò gol spesso decisivi ma anche funambolici e spettacolari, che gli valsero l'appellativo di Pelè della pallanuoto. Protagonista di 17 campionati nazionali, vinse la classifica marcatori in 16 di essi: 15 volte con la Rari Nantes Florentia e una con le Fiamme Oro, quando prestava servizio militare. Ha realizzato 1528 gol in campionato, 60 alle Olimpiadi, alcune migliaia in carriera. Chiuse con il Bologna, squadra con cui si tesserò a fine 1984. Giocatore stimato, rispettato, ammirato (ma impossibile da imitare) in tutto il mondo, anche De Magistris ha il suo posto d'onore nella International Swimming Hall of Fame (1995).
Alberto Alberani. - Altro atleta fiorentino di nascita (22 maggio 1947), Alberani per l'alta statura (1,90 m) e le doti di agilità, prontezza di riflessi, reattività istintiva e visione di gioco è stato un grande portiere. Cresciuto tecnicamente a Genova, ebbe come maestri Mario Majoni e l'ex portiere della nazionale iugoslava Zdravko Kovacević. Aveva 18 anni quando Majoni lo lanciò in campo internazionale. A 19 anni partecipò agli Europei di Utrecht del 1966. Da allora fu stabilmente in nazionale per 14 anni, collezionando 211 presenze. Partecipò a quattro Olimpiadi (1968, 1972, 1976, 1980), vincendo una medaglia d'argento a Montreal (1976), e a quattro campionati del mondo (1973, 1975, 1978, 1982), conquistando un oro (Berlino 1978) e un bronzo (Cali 1975). Con il Recco vinse 9 scudetti e una Coppa dei campioni. Si ritirò a 37 anni, nel 1984. Alla festa d'addio parteciparono campioni di vari sport, tra cui Dino Zoff e Mark Spitz.
Giuseppe (Pino) Valle. - Campione italiano di pallanuoto giovanile nel 1923 con lo Sturla, Valle fece parte della squadra olimpica del 1924 (Parigi). Nel 1927 si trasferì a Firenze e, come giocatore-allenatore, forgiò la Rari Nantes Florentia, vincitrice di sei scudetti tra il 1933 e il 1940 (nel doppio ruolo, ricoperto fino al 1938, Valle ne vinse cinque). Nel 1947 fu chiamato a dirigere la nazionale che vinse gli Europei a Montecarlo e, l'anno successivo, l'Olimpiade a Londra.
Mario Fiorillo. - Nato a Napoli il 13 dicembre 1962, Fiorillo (444 partite in nazionale, quasi tutte da capitano) era meno dotato rispetto agli avversari quanto a centimetri e chili, ma era più svelto, di mente e di braccio, un vero regista. Vinse la prima medaglia d'oro internazionale alle Universiadi del 1987. I tre anni più luminosi della sua carriera furono il 1992, il 1993 e il 1994, quando vinse l'oro, rispettivamente, alle Olimpiadi di Barcellona, agli Europei di Sheffield e ai Mondiali di Roma. Nel 1993 vinse anche la Coppa del Mondo e i Giochi del Mediterraneo. Nel suo palmarès anche l'argento ai Mondiali di Madrid (1986) e due bronzi agli Europei, a Strasburgo (1987) e a Bonn (1999). Con il Posillipo ha vinto sette scudetti: i primi tre negli anni Ottanta (1985, 1986, 1988), gli altri quattro negli anni Novanta (1993, 1994, 1995 e 1996), dopo essere rientrato al Posillipo da Pescara, dove aveva giocato alcuni campionati.
Carlo Silipo. - Atleta napoletano (nato il 10 settembre 1971) dal fisico imponente, Silipo vanta il maggior numero di presenze nella nazionale italiana, oltre 500. Con il Settebello ha vinto l'oro all'Olimpiade di Barcellona (1992), ai Mondiali di Roma (1994) e agli Europei di Sheffield (1993) e Vienna (1995). Con la nazionale ha conquistato la sua ultima medaglia, d'argento, ai Mondiali di Barcellona nel 2003. Sei gli scudetti conquistati: il primo con la Canottieri Napoli nel 1990, gli altri con il Posillipo nel 1994, 1995, 1996, 2000 e 2004. Le sue migliori qualità sono la straordinaria acquaticità, il tiro potente e preciso, l'eccezionale velocità e l'arcigna difesa sui centroboa.
Manuel Estiarte. - Nato a Manresa (Barcellona) il 26 ottobre 1963, è considerato una leggenda della pallanuoto mondiale: 22 anni di carriera internazionale. Debuttò in nazionale ai Mondiali di Berlino, a soli 15 anni. Concluse la carriera partecipando alle Olimpiadi di Sydney, nel 2000, a 36 anni. Partecipò a sei Olimpiadi, dal 1980 al 2000: un primato. In cinque di esse vinse la classifica marcatori. Supplì ai limiti di un fisico non straordinario per un atleta (1,76 m di altezza per 78 kg di peso) con eccezionali doti di mobilità, creatività e tecnica. Per caratteristiche, tipo di gioco e numero di gol somigliava a De Magistris. Per lui fu coniato l'appellativo di Maradona dell'acqua. Leader e capitano, sia in nazionale sia nelle squadre di club, vinse l'oro alle Olimpiadi di Atlanta (1996) e ai Mondiali di Perth (1998); l'argento alle Olimpiadi di Barcellona (1992), ai Mondiali di Perth (1991) e a quelli di Roma (1994). Fu quarto ai Giochi di Los Angeles (1984) e Mosca (1980). Vinse anche un argento nel 1991 e un bronzo nel 1993 agli Europei. Giocò oltre 600 incontri in nazionale. Disputò i primi sei campionati nazionali con il Club Natación di Barcellona, segnando 600 gol. Poi si trasferì in Italia a Pescara, dove giocò molti campionati. Militò brevemente anche nel Volturno di Caserta e nel Savona. Disputò il suo ultimo campionato nazionale nel 1999, in una squadra spagnola, l'Atlético Barceloneta. A Sydney, a conclusione della carriera, fu eletto nella commissione atleti del Comitato olimpico internazionale. Nel 2001 gli fu conferito il prestigioso premio Príncipe de Asturias, per essere stato un esempio nello sport mondiale.
Dezső Gyarmati. - Nato a Miskolc (Budapest) il 23 ottobre 1927, è stato uno dei più grandi giocatori di sempre. Partecipò a cinque Olimpiadi e ogni volta si aggiudicò una medaglia, divenendo detentore del maggior numero di medaglie olimpiche di sempre nella pallanuoto: 3 d'oro (1952, 1956, 1964), una d'argento (1948) e una di bronzo (1960). Nel suo palmarès figurano anche 3 titoli europei e 10 nazionali. Ai mondiali vinse un oro da allenatore, nel 1973 a Belgrado. È stato inserito nella Hall of Fame nel 1976.
György Kárpáti. - Nato a Budapest il 23 giugno 1935, è stato un attaccante veloce e potente, tiratore micidiale, capace di una grande varietà di gesti tecnici. Ottimo nuotatore (copriva i 100 m stile libero in 59″), è considerato il miglior interprete del tiro con finta. Cinque le medaglie olimpiche da lui conquistate: oro nel 1952, 1956, 1964; argento nel 1948; bronzo nel 1960. Si aggiudicò anche tre medaglie d'oro ai campionati europei (1954, 1958, 1962). È stato inserito nella Hall of Fame nel 1982.
Olivér Halassy. - Nacque a Újpest (Budapest) il 31 luglio 1909 e morì il 10 settembre 1946. Pur con la gamba sinistra amputata (sotto il ginocchio) a causa di un incidente, si affermò come il miglior pallanuotista della sua epoca. Vinse 2 ori alle Olimpiadi del 1932 e 1936 e un argento a quelle del 1928. Conquistò anche un titolo europeo nei 1500 m stile libero e 25 titoli nazionali di nuoto. Fu un personaggio assai popolare anche per il suo carattere allegro. Fu ucciso nel 1946 da un soldato sovietico mentre rientrava a casa a tarda sera. La sua figura è stata ammessa nella Hall of Fame nel 1978.
Márton Hommonay. - Nato a Budapest nel 1906, disputò quattro Olimpiadi e vinse l'oro nelle edizioni del 1932 e del 1936. Vinse anche due titoli europei, nel 1926 e 1936. In nazionale giocò 126 partite e fu capitano. Fu un indomito trascinatore, dotato di forza straripante. Nel 1956 sfuggì ai sovietici e si trasferì in America Meridionale, dove morì nel 1969. Fu inserito nella Hall of Fame nel 1971.
Béla Komjádi. - Nato a Budapest nel 1892, è considerato il vero padre della pallanuoto ungherese dal punto di vista tecnico. Inventore dei passaggi aerei e delle ricezioni al volo, contribuì a formare le squadre vincitrici dei Campionati Europei del 1926, 1927 e 1931. Inoltre si occupò molto della parte organizzativa e della componente educativa di questo sport, tanto da essere soprannominato dai suoi connazionali Zio Komi. Morì a 41 anni, nel 1933, mentre stava giocando a pallanuoto. A Budapest gli è intitolata una piscina. La Hall of Fame lo ha accolto nel 1995.
Dezső Lemhényi. - Nato a Budapest nel 1917, amante dell'acqua fin da giovanissimo, conseguì presso l'Università dell'educazione fisica di Budapest il diploma di specializzazione in nuoto e pallanuoto. Fu dieci volte campione d'Ungheria e giocò in nazionale dal 1940 al 1952. Vinse l'argento olimpico nel 1948 a Londra e l'oro nel 1952 a Helsinki. Come allenatore della nazionale ungherese, che diresse dal 1952 al 1960, vinse altre 2 medaglie olimpiche: l'oro nel 1956 e il bronzo nel 1960. Successivamente fece l'allenatore in Francia e ricoprì ruoli dirigenziali in Canada e in altri paesi stranieri. Diversi atleti tanto del nuoto quanto della pallanuoto hanno dichiarato di dovere molto alla sua attività. È stato inserito nella Hall of Fame nel 1998.
István Szívós Sr. e István Szívós Jr. - Padre e figlio con lo stesso nome e dal destino sportivo assai simile. Il padre nacque a Budapest nel 1920; la sua prima apparizione internazionale avvenne ai Campionati Europei di Montecarlo, dove il suo team arrivò quarto; fece poi parte della squadra vincitrice dell'argento olimpico del 1948 e dell'oro olimpico nel 1952 e nel 1956. Vinse l'oro anche agli Europei di Torino del 1954. Suo figlio, nato a Budapest nel 1948, ha giocato in nazionale 308 partite e oltre 500 nel campionato ungherese. Alle Olimpiadi vinse 4 medaglie: oro nel 1976, argento nel 1972, bronzo nel 1968 e 1980. Dunque rispetto al padre una medaglia in più, ma un oro in meno. Ai Mondiali vinse l'oro nel 1973 e l'argento nel 1975 e 1978. Nel suo palmarès figurano pure quattro presenze e 3 medaglie agli Europei (oro nel 1974 e 1977, argento nel 1970) e nove titoli nazionali. Molto alto, era lento nel nuoto ma incontenibile come centroboa, spesso autore di gol improvvisi e risolutivi. Il figlio ha preceduto il padre di un anno nell'ammissione alla Hall of Fame, avvenuta nel 1996.
Tamás Faragó. - Nato a Budapest il 5 agosto 1952, è stato un atleta fisicamente fortissimo, dall'aspetto caratteristico e riconoscibile anche per i lunghi capelli che gli uscivano dalla calottina. Fu difensore implacabile e tiratore micidiale, soprattutto da lontano. Giocò 290 partite in nazionale. Partecipò a tre Olimpiadi vincendo l'oro nel 1976 (fu anche il miglior marcatore di quel torneo, con 22 gol, e realizzò la rete vincente nella finale per il titolo), l'argento nel 1972 e il bronzo nel 1980. Ai Mondiali vinse il titolo nel 1973 e l'argento nel 1975 e 1978. Conquistò anche l'oro agli Europei del 1974 e 1977 (più un argento nel 1970) e nella Coppa FINA 1979. Di professione veterinario, Faragó è da tempo anche l'allenatore della nazionale ungherese di pallanuoto femminile. È entrato nel 1993 nella Hall of Fame.
Pëtr e Georgij Mšvenieradze. - Un altro esempio di padre e figlio dalla storia sportiva analoga. Pëtr, nato a Tbilisi nel 1929, fu un realizzatore implacabile, dotato di fisico poderoso e di uno straordinario talento. Disputò tre Olimpiadi vincendo un bronzo (Melbourne 1956) e un argento (Roma 1960). Georgij, primogenito di Pëtr, nato anch'egli a Tbilisi nel 1960, fu a sua volta un centroboa potente e incontenibile, anche perché mancino. Con i suoi gol propiziò la vittoria della sua squadra in moltissime occasioni. Vinse un oro olimpico (1980), uno mondiale (1982) e uno europeo (1983), poi ancora un bronzo a Seul 1988.
Aleksej Barkalov. - Nato a Mosca il 18 febbraio 1946, giocò ben 412 partite in nazionale, spesso da capitano, tra il 1965 e il 1980. Ottimo esempio di giocatore tecnicamente completo, forte sia in difesa sia in attacco. Prese parte a quattro Olimpiadi, vincendo l'oro nel 1972 e nel 1980 e l'argento nel 1968, anno della sua prima Olimpiade, in cui la squadra sovietica perse in finale contro la Iugoslavia. Vinse anche un oro mondiale, nel 1975, e uno europeo, nel 1977. Giocatore d'ordine, sempre lucido e razionale, era il capitano ideale. È entrato nel 1993 nella Hall of Fame.
Aleksandr Kabanov. - Nato a Mosca l'11 giugno 1948, disputò in nazionale 432 partite e moltissime altre con il suo club, la Marina di Mosca, con cui giocò 19 campionati. Vinse l'oro olimpico nel 1972 e nel 1980, l'argento ai Mondiali del 1973, l'oro agli Europei nel 1983 e 2 argenti a quelli del 1974 e del 1981. Nel suo palmarès anche 2 ori nella Coppa del Mondo del 1981 e del 1983. Di statura normale, fu comunque un grande attaccante e un grande costruttore di gioco. Fu anche uno studioso della pallanuoto e nel 1985, dopo il ritiro dall'agonismo, divenne allenatore. Entrò subito nello staff tecnico della nazionale come aiutante dell'allora allenatore Boris Popov. Dal 1994 è capo allenatore. Fa parte della Hall of Fame dal 2001.
Evgenij Šaronov. - Nato a Mosca l'11 dicembre 1958, Šaronov è stato un gigantesco portiere, noto anche per il suo sguardo che si diceva magnetizzasse gli avversari. Partecipò a quattro Olimpiadi: vinse il titolo nel 1980 e fu terzo nel 1988 e nel 1992. Ai mondiali vinse l'oro nel 1982 e il bronzo nel 1986. Quattro le sue medaglie agli europei: 3 ori (1983, 1985, 1987) e un argento (1981). Fu eletto miglior giocatore dei Mondiali di Guayaquil (1982) e della Coppa FINA (1997). Attualmente è presidente della Federazione russa di pallanuoto e membro del comitato tecnico di pallanuoto della FINA. Dal 2003 è nella Hall of Fame.
Mirko Sandić. - Nato a Belgrado il 9 maggio 1942, atleta dal gran fisico, un tiro irresistibile, difficile da marcare. Con queste caratteristiche fu il giocatore simbolo della Iugoslavia negli anni Sessanta. Partecipò a quattro Olimpiadi, vincendo l'oro nel 1968 e l'argento nel 1964. Fu quarto nel 1960 e quinto nel 1972 (a Monaco fu l'alfiere della propria delegazione durante la sfilata della cerimonia inaugurale). Agli europei vinse due medaglie di bronzo, nel 1966 e 1970. Con il Partizan di Belgrado vinse 11 titoli nazionali e disputò oltre mille partite. Attualmente è presidente della Federazione di pallanuoto della Iugoslavia. Dal 1999 è nella Hall of Fame.
Zoran Janković. - Nato a Zenica, in Bosnia-Erzegovina, l'8 gennaio 1940, fu uno dei punti di forza sia del Partizan sia della nazionale iugoslava. Sfruttando il suo fisico non alto ma molto robusto, con la nazionale giocò per 10 anni disputando 221 incontri e realizzando 259 gol. Alle Olimpiadi vinse l'oro nel 1968 e l'argento nel 1964. Dal 2004 è nella Hall of Fame.
Zdravko (Ciro) Kovačević. - Nato a Sebenico, in Croazia, nel 1925, è stato un grande portiere della nazionale iugoslava. Partecipò a tre Olimpiadi, la prima nel 1948, vincendo l'argento nel 1952 e 1956. Partecipò anche agli Europei del 1947. Con la nazionale disputò 87 incontri, 56 da capitano. Divenuto allenatore lavorò molto all'estero; in Italia fu maestro di Alberto Alberani. È entrato nella Hall of Fame nel 1984.
Ratko Rudić. - Nato a Belgrado il 7 aprile 1948, giocò 287 partite in nazionale, più di tutti nella sua epoca, nel decennio tra il 1970 e il 1980. Vinse l'argento olimpico nel 1980, quello europeo nel 1977; il bronzo ai Mondiali del 1973 e agli Europei del 1974. Centrovasca di grande intelligenza, fu temibile anche come centroboa, ruolo che gli permise di realizzare gol decisivi e spettacolari. Come allenatore ha vinto più di tutti, comprese 3 medaglie d'oro olimpiche: 2 con la Iugoslavia (1984 e 1988) e una con l'Italia (1992). Da tecnico ha guidato quattro nazionali: Iugoslavia, Italia, Stati Uniti e, dopo le Olimpiadi del 2004, Croazia.
Dubravko Šimenc. - Nato a Zagabria il 2 novembre 1966, per i croati è già una leggenda, pur essendo ancora in attività. Dotato di tiro fortissimo, veloce e fulminante, Šimenc (2,01 m per 108 kg) è stato ed è tuttora un temibile attaccante e un difensore centrale invalicabile. Con la Iugoslavia giocò 250 partite. Vinse l'oro alle Olimpiadi del 1988 e l'argento a quelle del 1996. Due le medaglie d'oro mondiali: nel 1986 e nel 1991. Con il Mladost Zagabria ha vinto molti titoli nazionali e 3 volte la Coppa dei campioni. Anche il padre Zlatko fu un ottimo giocatore e fece parte della nazionale.