PAOLO di Lazzarino
PAOLO (Paoluccio) di Lazzarino (Paolo di Lazzarino da Lucca). – Figlio di Lazzarino di Luporo, anch’egli pittore, nacque verosimilmente a Lucca, forse tra il 1310 e il 1320. Il padre, esiliato per motivi politici, a partire dal 1314 passò molti anni a Firenze (Concioni - Ferri - Ghilarducci, 1994, p. 272; si rimanda al medesimo testo, ove non diversamente indicato, per le notizie biografiche su Paolo di Lazzarino), città in cui anche Paolo potrebbe aver trascorso la fanciullezza, accanto al genitore.
Lazzarino rientrò a Lucca nel 1334, ricevendo l’incarico degli affreschi della cappella nel palazzo degli Anziani (perduti); Paolo è citato per la prima volta in un documento a Lucca, nel 1341, come collaboratore del padre in un pagamento del Comune. Alla morte di Lazzarino, avvenuta tra il 1342 e il 1343, ne continuò l’attività.
In base alle testimonianze documentarie successive, Paolo può essere considerato il maggior pittore lucchese della seconda metà del Trecento. Purtroppo la sua personalità artistica non è ricostruibile, poiché le opere documentate non sopravvivono o non sono ancora state identificate fra quelle riferite a maestri anonimi dell’epoca.
La prima opera attestata, un’immagine per l’altare maggiore della chiesa di S. Giulia, risale al 1346. Verso la metà del secolo la fama di Paolo doveva essere consolidata, poiché il suo nome, «Pavoluccio di Lazarino da Luccha», compare nella lista dei migliori pittori dell’epoca, redatta, tra il 1347 e il 1350 (Chiappelli, 1900), in vista della commissione di una tavola per S. Giovanni Fuorcivitas a Pistoia (poi eseguita, in forma di polittico, da Taddeo Gaddi); dal documento si è desunto che Paolo fosse allora a Siena, fatto non altrimenti confermato.
Nel 1351 compare tra i suoi collaboratori un pittore identificabile con il pisano Cecco di Pietro. Nel 1359 Paolo si impegnò a realizzare un tabernacolo sotto le volte della chiesa di S. Maria in Palazzo a Lucca, e a dipingerlo con l’immagine della Vergine. In quello stesso anno fu protagonista di un episodio controverso – uno dei tanti che lo videro in conflitto con varie istituzioni ecclesiastiche, accusato spesso di non tener fede ai patti sottoscritti –: sottrasse con l’inganno dal refettorio del convento della chiesa di S. Maria dei Servi a Lucca una grande tavola a cinque scomparti pronta per essere dipinta, e che forse lui stesso doveva eseguire. Da questa appropriazione indebita scaturì una lunga contesa giudiziaria che vide Paolo costretto a trasferirsi a Pisa fra il 1360 e il 1361, assieme al suo sodale Guidotto Perfettucci. Tornato a Lucca, nel 1362 Paolo vendette al banchiere Michele di Cionello del Caro una grande croce di legno con le immagini dipinte del Crocifisso, di Maria e di S. Giovanni Evangelista; a partire da questo momento, l’artista condusse anche attività importanti nel settore della produzione, decorazione e commercio dei drappi di seta. Con la ritrovata libertà politica lucchese del 1369, Paolo iniziò un’intensa attività artistica per la Repubblica, eseguendo una vasta serie di manufatti decorati, fra i quali il Palio e altri oggetti preparati per la festa di S. Regolo del 1371. Per far fronte all’ampia attività Paolo assunse nello stesso anno il pittore di drappi Benedetto di Giovanni da Siena e, nel 1376, il pittore lucchese Domenico di Fazino, che divenne suo collaboratore.
Fra il 1375 e il 1376 Paolo eseguì una tavola per l’altare Pettinati della chiesa dei Ss. Simone e Giuda a Lucca, che arricchì in seguito con un ‘tabernacolo’ dipinto; l’opera riscosse grande successo, e Paolo ebbe un compenso aggiuntivo di 6 fiorini d’oro.
Nel 1379 eseguì un grande polittico per la chiesa lucchese di S. Maria al Corso, commissionatogli dai tessitori lucchesi. L’opera aveva un valore di ben 100 fiorini; nel chiedere aiuto al Comune per raccogliere il denaro, i committenti stessi la definirono «riuscita una bellissima cosa»; il contributo fu concesso a patto che la tavola non fosse mai tolta dalla chiesa.
Nel 1381 Paolo realizzò un tabernacolo che fu posto sotto il Crocifisso della chiesa di S. Giulia; le testimonianze ci parlano di un’iscrizione con il nome del pittore, che recitava: «Paulus Lazarini de Luca pinsit Anno Domini MCCCLXXXI cal[endas] Martii» (Bini, 1858, p. 33).
Nello stesso anno Paolo strinse l’accordo per la sua opera maggiore, il grande polittico per l’altare della Libertà, eretto nel duomo di Lucca dalla Repubblica per commemorare la liberazione dalla dominazione pisana, avvenuta nel 1369 per opera dell’imperatore Carlo IV. I pagamenti per quest’opera durarono fino al 1383. La tavola, perduta, può essere identificata con quella menzionata da Giorgio Vasari (1568) nel duomo di Lucca come opera di Giotto; un ricordo della sua complessa iconografia è offerto da un disegno all’interno della Cronica manoscritta di Giovanni Sercambi (Boggi, 1999).
Nel 1381 Paolo fu incaricato anche di realizzare una tavola per il nuovo altare di S. Antonio nel duomo di Lucca; nel 1383 fu citato come possibile arbitro per la valutazione dei lavori lignei del fiorentino Simone di Cino per S. Michele in Foro.
Paolo morì, verosimilmente a Lucca, fra il 1389 e il 1396 (Boggi, 1997, p. 170 n. 12).
In via ipotetica è stata riferita a Paolo (Caleca, 1983) l’importante tavola con la Deposizione nel sepolcro di s. Paolino e dei suoi compagni, conservata nella chiesa lucchese dedicata ai Ss. Paolino e Donato, opera di alta qualità, che rivela una dipendenza stilistica dalla scuola fiorentina, e che non sembra attribuibile ad altri pittori locali (sull’opera cfr. Tartuferi, in Sumptuosa tabula picta..., 1998, pp. 56 s.; De Marchi, in Sumptuosa tabula picta..., 1998, pp. 403 s.). Un pittore lucchese che potrebbe avere qualche attinenza con Paolo (o con il padre Lazzarino) è il cosiddetto “Maestro del San Paolo Perkins”, ricostruito da Federico Zeri (De Marchi, 1998, p. 404).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, p. 389; T. Bini, Notizie della chiesa e del crocifisso di Santa Giulia di Lucca, Lucca 1858, pp. 33, 69; E. Ridolfi, L’Arte in Lucca studiata nella sua Cattedrale, Lucca 1882, pp. 177, 361-366; A. Chiappelli, Di una tavola dipinta da Taddeo Gaddi nella chiesa di S. Giovanni Fuorcivitas in Pistoia, in Bullettino storico pistoiese, II (1900), pp. 1-6; E. Lazzareschi, Angelo Puccinelli e gli altri pittori lucchesi del Trecento, in Bollettino storico lucchese, X (1938), pp. 137-164 (in partic. pp. 137-158); M. Boskovits, s.v. Cecco di Pietro, in Dizionario biografico degli Italiani, XXIII, Roma 1979, pp. 284 s.; A. Caleca, La Pittura, in Il secolo di Castruccio, a cura di C. Baracchini (catal., 1981-1982), Lucca 1983, pp. 200 s.; Id., Pittura del Duecento e del Trecento a Pisa e a Lucca, in La Pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, p. 257; Id., s.v. P. (Paoluccio) di L. (Lazzarini) da Lucca, ibid., pp. 647 s.; M. Tazartes, Profilo della pittura lucchese del Trecento, in Ricerche di storia dell’arte, L (1993), pp. 89-102; G. Concioni - C. Ferri - G. Ghilar-ducci, Arte e pittura nel Medioevo lucchese, Lucca 1994, pp. 272-285; F. Boggi, Recent research on Lucchese painting, in Arte cristiana, LXXXV (1997), pp. 167-172; Sumptuosa tabula picta. Pittori a Lucca tra Gotico e Rinascimento (catal., Lucca), Livorno 1998 (in partic. A. Tartuferi, Trecento lucchese: la pittura a Lucca prima di Spinello Aretino, pp. 42-63; A. De Marchi, Pittori gotici a Lucca: indizi di un’identità complessa, pp. 400-425); F. Boggi, Painting in Lucca from the Libertà to the Signoria of Paolo Guinigi: observations, proposals and new documents, in Arte cristiana, LXXXVII (1999), pp. 105-116.