SYLOS LABINI, Paolo
SYLOS LABINI, Paolo. – Nacque a Roma il 30 ottobre 1920 da Michele e da Margherita Viggiani.
La famiglia era di origini pugliesi; il padre, antifascista e persona di grande rigore morale, e la madre, colta e amante della musica, di carattere aperto e vivace, ebbero grande influenza sulla formazione della sua personalità. Tra i compagni al liceo classico e poi all’Università vi furono il fisico Giorgio Careri e il politico Luciano Barca, che rimasero suoi grandi amici per tutta la vita.
Gli studi universitari, compiuti mentre già lavorava, condussero a una laurea in giurisprudenza all’Università di Roma nel luglio del 1942, con una tesi su Gli effetti economici delle invenzioni sull’organizzazione industriale. Sylos Labini aveva scelto come relatore Guglielmo Masci, liberale antifascista ostile all’economia corporativa che lasciò al giovane studente piena libertà sia nella scelta dell’argomento sia nell’impostazione del lavoro; dopo la morte prematura di Masci il ruolo di relatore passò a Giuseppe Ugo Papi, ossequioso dell’economia corporativa e autoritario, che poi osteggiò per decenni la carriera accademica del suo ex studente. La biblioteca del ministero dell’Agricoltura dove Sylos Labini lavorava (all’epoca la principale biblioteca in materie economiche e statistiche in Italia) era diretta da Alberto Breglia, che fu professore di economia nella facoltà di economia e commercio dell’Università di Roma, progressista in politica e sostenitore dell’impostazione classica in economia. Sylos Labini gli succedette come bibliotecario al ministero e ne fu assistente volontario all’Università.
Nel frattempo, vincitore di una delle prime borse Fulbright, ebbe l’occasione di trascorrere un periodo di studi negli Stati Uniti, prima a Chicago (dove strinse amicizia con Franco Modigliani), poi all’Università di Harvard, dove fu allievo di Joseph Schumpeter e conobbe Gaetano Salvemini, al quale restò legato per tutta la vita e che fu il tramite per un altro incontro importante, al rientro in Italia: quello con Ernesto Rossi. Alla tradizione del Partito d’Azione e del socialismo liberale di Carlo Rosselli rimase legato per tutta la vita; la sua concezione dell’economia come scienza sociale fece sì che le sue radici intellettuali e morali, che guidarono in modo rigoroso e coerente tutte le sue scelte di vita, orientassero anche la sua attività di ricercatore e di docente, con una grande capacità di coinvolgere e spronare i suoi allievi.
Dopo il ritorno dagli Stati Uniti e un breve periodo in Italia, durante il quale aiutò Breglia che collaborava al Piano per la ricostruzione economica e sociale dell’Italia (noto come Piano del lavoro), Sylos Labini trascorse un altro anno di studi all’estero, all’Università di Cambridge, sotto la guida di Dennis Robertson e stringendo rapporti di amicizia con Piero Sraffa, Joan Robinson, Nicholas Kaldor.
Negli anni Cinquanta iniziò a collaborare al Ponte di Piero Calamandrei e al Mondo di Mario Panunzio; poco prima era iniziato il flusso delle pubblicazioni accademiche (per la sterminata bibliografia di Sylos Labini, che accanto agli scritti scientifici include numerosi articoli sulla stampa quotidiana e settimanale, cfr. M. Corsi, Una bibliografia degli scritti di Paolo Sylos Labini, 2015). Iniziò così anche la carriera accademica: professore incaricato a Sassari (1955-57), professore straordinario a Catania (1957-60, dopo una prima sconfitta in un concorso a cattedra che fece scalpore), professore ordinario a Bologna e infine, dal 1962, presso la facoltà di scienze statistiche dell’Università di Roma, fino al pensionamento, avvenuto nel 1995. Nel periodo siciliano Sylos Labini condusse una vasta inchiesta sull’economia dell’isola, coinvolgendo molti giovani ricercatori, che portò dopo qualche anno di lavoro al massiccio volume collettaneo sui Problemi dell’economia siciliana (Milano 1966).
Il 13 giugno 1960 sposò Maria Rosaria Azzone. Nel 1961 nacque il primo figlio, Stefano, e nel 1966 il secondo, Francesco.
I primi lavori scientifici di rilievo furono Saggio dell’interesse e reddito sociale (in Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei, Rendiconti. Classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 8, 1948, vol. 3, pp. 426-453), un contributo di impostazione classica; The Keynesians (in BNL Quarterly Review, II (1949), 11, pp. 238-242), in cui criticò l’assunto di moneta esogena adottato da John M. Keynes nella Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta; Il problema dello sviluppo economico in Marx e Schumpeter (in Teoria dello sviluppo economico, a cura di G.U. Papi, Milano 1954, pp. 19-73), un ampio saggio in cui ciclo e crescita venivano considerati congiuntamente.
Il lavoro che fece di Sylos Labini uno dei maggiori economisti del Novecento, Oligopolio e progresso tecnico, fu pubblicato in edizione provvisoria nel 1956 (Bologna); seguirono le edizioni del 1957 (Bologna) e quelle, ampliate, del 1964 e del 1967 (Torino).
Tradotto in inglese nel 1962 (Cambridge, Mass., con una seconda edizione nel 1969) e in varie altre lingue, il lavoro fu oggetto di un’interpretazione restrittiva che lo riconduceva nell’alveo della tradizione marginalista, da parte di Modigliani (1958); in questa versione entrò nei manuali di economia industriale, come analisi di una forma di mercato intermedia tra la concorrenza e il monopolio, considerata tramite gli stessi strumenti analitici (curve di domanda e di offerta) già utilizzati per le altre forme di mercato, solo sotto ipotesi particolari di discontinuità tecnologiche.
Come tutti i tentativi di ‘sintesi neoclassica’ (inclusi quelli condotti dallo stesso Modigliani e da altri nei confronti della teoria keynesiana della disoccupazione), ovvero la riconduzione nell’alveo della tradizionale analisi marginalista di contributi innovatori diretti a spiegare fenomeni della realtà che rimanevano estranei alla teoria tradizionale, anche questa interpretazione si mostrò debole di fronte all’assunto di razionalità degli agenti economici. Risultò chiaro che per la validità della teoria di Sylos Labini, così come interpretata da Modigliani, si rendeva necessario un ulteriore assunto, ovvero che le imprese oligopolistiche presenti in un settore adottino sistematicamente un atteggiamento punitivo nei confronti dei nuovi entranti, nonostante tale atteggiamento possa risultare irrazionale (ovvero non corrispondente alla massimizzazione dei profitti). Su questo assunto, battezzato ‘postulato di Sylos Labini’, si scatenò un ampio dibattito, sia teorico sia empirico, dai risultati incerti.
In realtà la teoria dell’oligopolio di Sylos Labini era parte di una più ampia concezione teorica, che riprendeva e sviluppava quella degli economisti classici. Negli anni successivi Sylos Labini la sviluppò in varie direzioni, facendone una chiave di lettura della realtà economica moderna. Nell’ambito di questa concezione, l’oligopolio – caratterizzato dalla presenza di barriere all’entrata di nuove imprese nell’industria considerata – non è un caso particolare, intermedio tra concorrenza e monopolio, ma il caso generale, rispetto al quale concorrenza (intesa nel senso degli economisti classici, come libertà di entrata di nuove imprese nel settore) e monopolio sono i casi estremi, nei quali le barriere all’entrata, generalmente presenti nell’economia, sono o nulle o insormontabili. Altre due caratteristiche della teoria dell’oligopolio di Sylos Labini sono la sua natura aperta e l’inclusione di elementi dinamici.
Queste caratteristiche sono evidenti nella spiegazione dell’altezza delle barriere all’entrata, ovvero delle difficoltà che le nuove imprese avrebbero incontrato nel tentativo di entrare nel settore. Sylos Labini distinse tre casi. Il primo è quello dell’oligopolio differenziato (più vicino alla teoria tradizionale della concorrenza imperfetta) in cui le imprese già presenti nel mercato hanno conquistato una propria clientela e sono necessari forti ribassi dei prezzi per indurre gli acquirenti a rivolgersi verso i prodotti delle imprese nuove. Il secondo è quello dell’oligopolio concentrato (considerato da Modigliani il vero elemento innovatore nella teoria di Sylos Labini, certamente quello su cui concentrò la sua attenzione) in cui la tecnologia è caratterizzata da discontinuità tecnologiche, con i grandi impianti che operano a costi unitari inferiori agli impianti piccoli, grazie alle economie di scala, con la conseguenza che l’ingresso di una nuova impresa nel settore o avviene con un impianto piccolo, quindi a costi elevati, o con un impianto grande, quindi generando un aumento significativo della produzione che a sua volta rende necessaria una riduzione del prezzo. Il terzo caso, l’oligopolio misto, è una combinazione dei primi due. L’oligopolio differenziato è tipico dei settori che producono beni di consumo non durevoli, ad esempio bibite o detersivi; l’oligopolio concentrato domina nei settori che producono mezzi di produzione, ad esempio acciaio o macchine utensili; l’oligopolio misto è presente soprattutto nei settori dei beni di consumo durevoli, come le automobili. L’extraprofitto oligopolistico ottenibile dalle imprese già presenti nel settore dipende dall’altezza delle barriere all’entrata. Se consideriamo il caso dell’oligopolio concentrato, sono rilevanti: la dimensione degli impianti e le differenze di costi tra grandi e piccoli impianti (che spiega di quanto aumenta la produzione con l’ingresso nel settore di una nuova impresa), l’elasticità della domanda (che spiega di quanto deve diminuire il prezzo per assorbire la maggiore produzione e, come osservò Sylos Labini introducendo il concetto di elasticità empirica, dipende esso stesso dal tempo), ma anche un elemento dinamico quale il tasso di crescita del mercato, che indica quanto tempo occorre prima che la crescita della domanda possa assorbire la maggiore produzione. Quel che viene individuato non è, quindi, un equilibrio statico (come invece ipotizzato nell’interpretazione di Modigliani), ma un insieme di elementi e di nessi di causa ed effetto che concorrono a costituire una teoria ‘aperta’. La componente dinamica viene poi sviluppata nella seconda parte del libro, dedicata all’analisi del progresso tecnico.
L’analisi teorica dell’oligopolio fu preceduta da un’approfondita indagine empirica sul campo, relativa all’industria petrolifera in Canada, Messico e Stati Uniti, compiuta assieme al giurista Giuseppe Guarino nel 1955 su incarico dell’allora presidente del Consiglio Antonio Segni in vista dell’approvazione di una legge per regolamentare esplorazione e produzione di idrocarburi in Italia (cfr. P. Sylos Labini - G. Guarino, L’industria petrolifera negli Stati Uniti, nel Canada e nel Messico, Milano 1956).
L’analisi dell’andamento dinamico di una economia caratterizzata dalla presenza di un settore manifatturiero oligopolistico venne poi approfondita con lo strumento del modello econometrico, applicato all’Italia (Prezzi, distribuzione e investimenti in Italia dal 1951 al 1966: uno schema interpretativo, in Moneta e credito, XX (1967), 79, pp. 265-344). L’industria manifatturiera era considerata il settore trainante dell’economia; altri settori, come l’agricoltura e il commercio, erano caratterizzati da forme di mercato diverse (concorrenza per l’agricoltura, concorrenza monopolistica per il commercio). Il modello fu pubblicato anche in inglese e ristampato più volte; si dimostrò un utilissimo strumento didattico, per il nesso che stabilì tra analisi teorica e applicata, e stimolò una miriade di analisi su problemi specifici, quali la relazione tra andamento dei salari e dell’occupazione o tra andamento dei profitti e investimenti. Questi aspetti sono oggetto di varie pubblicazioni, tra le quali Sindacati, inflazione e produttività (Bari 1972). La pressione dei sindacati era considerata necessaria, per evitare che i salari crescessero troppo lentamente, frenando la domanda e quindi la crescita dell’economia; allo stesso tempo, tuttavia, una crescita troppo rapida dei salari – sperimentata, sottolineò Sylos Labini, solo in rarissime occasioni dopo l’unificazione dell’Italia – rischiava di ostacolare gli investimenti e quindi, di nuovo, la crescita. Erano considerati importanti anche gli elementi, come la presenza di un settore commerciale inefficiente o di servizi prestati in condizioni di forte potere di mercato, che potevano generare una divaricazione tra l’andamento del salario e quello dei prezzi dei beni e servizi acquistati dai lavoratori, influendo negativamente sul loro potere d’acquisto.
L’analisi della distribuzione del reddito tra salari e profitti fu approfondita sul piano dinamico (in contrapposizione alla teoria statica della tradizione marginalista), sottolineando la diversa influenza del costo del lavoro sui prezzi nei periodi di crescita (quando i salari aumentano più della produttività) e nei periodi di calo, e le analoghe differenze che si verificano di fronte ad aumenti e diminuzioni dei costi delle materie prime (Prices and income distribution in manufacturing industry, in Journal of post Keynesian economics, II (1979), 1, pp. 3-25; questo e altri articoli furono raccolti in un volume uscito contemporaneamente in italiano e in inglese, Le forze dello sviluppo e del declino, Roma-Bari 1984, che costituisce un punto di riferimento per comprendere la visione dell’economia di Sylos Labini).
Negli anni successivi i suoi contributi spaziarono dai problemi del sottosviluppo (Il sottosviluppo e l’economia contemporanea, Roma-Bari 1983; Sottosviluppo. Una strategia di riforme, Roma-Bari 2000) a quelli del cambiamento tecnologico (Nuove tecnologie e disoccupazione, Roma-Bari 1989; Progresso tecnico e sviluppo ciclico, Roma-Bari 1993), fino a una critica alla funzione di produzione aggregata, che fornisce una spiegazione originale dei suoi successi empirici nonostante la disastrosa debolezza teorica a essa sottesa (Why the interpretation of the Cobb-Douglas production function must be radically changed, in Structural change and economic dynamics, VI (1995), 4, pp. 485-504).
Una linea di ricerca collaterale, a cavallo tra economia, politica e sociologia, fu costituita dall’analisi delle classi sociali. Con il Saggio sulle classi sociali (Roma-Bari 1974, tradotto in numerose lingue), preceduto e seguito da altri studi sull’argomento, Sylos Labini mise in discussione la ‘legge della proletarizzazione’ sostenuta da Karl Marx e accolta dal Partito comunista italiano che ne aveva fatto la base della propria strategia, centrata sulla dicotomia tra capitalisti e proletari; secondo questa strategia, alla crescita dimensionale del proletariato, che sarebbe giunto a costituire la stragrande maggioranza della società, avrebbe dovuto corrispondere l’ascesa al potere del partito che ne rappresentava le istanze. In contrapposizione a questa dottrina, Sylos Labini sottolineò la crescente importanza, sia economica sia politica, delle classi medie: un insieme composito di ceti e gruppi d’interesse, il cui orientamento – progressista su alcuni temi, conservatore su altri – risultava politicamente decisivo. Fondata su solide basi statistiche, l’analisi di Sylos Labini suscitò un ampio e vivace dibattito e contribuì al cambiamento di strategia dei partiti della sinistra.
Sylos Labini fu sempre attivo in campo politico e alcuni contributi sono collegati a questa sua attività: da Idee per la programmazione (Bari 1963, con Giorgio Fuà) scritto nella fase del nascente governo di centro-sinistra, a Prospettive dell’economia italiana (Roma-Bari 1978, con Paolo Baratta, Lucio Izzo, Antonio Pedone e Alessandro Roncaglia: il cosiddetto gruppo di Mondoperaio), fino al pamphlet Per la ripresa del riformismo (Roma 2002, con A. Roncaglia). Quando gli fu proposto di fare il parlamentare e poi il ministro, rifiutò per mantenere la propria indipendenza. Produsse però un flusso continuo di proposte di politica economica e di commenti critici sferzanti in interventi a convegni e in articoli su quotidiani; organizzò convegni e appelli; contribuì a organizzare associazioni politico-culturali, dal Movimento Salvemini fino a Opposizione civile e al Cantiere. Intervenne a favore della nazionalizzazione dell’energia elettrica, propose una riforma dell’università e criticò duramente la politica delle ope legis, sostenne l’importanza del sindacato e ne criticò le chiusure corporative, intervenne in innumerevoli occasioni specifiche, per esempio per ottenere l’esproprio dei terreni sui quali fu costruita l’Università romana di Tor Vergata o per la costruzione della nuova Università della Calabria secondo un nuovo modello residenziale o per ottenere il permesso di espatrio a colleghi dei Paesi dell’Est come Michał Kalecki e Włodzimierz Brus. Da ultimo, sostenne con vigore l’esistenza di un conflitto d’interessi che avrebbe dovuto impedire l’elezione a deputato di Silvio Berlusconi; resta famoso, al riguardo, il discorso che tenne, già malato, al Palavobis di Milano di fronte a una folla straripante il 23 febbraio 2002, prova di una grande capacità oratoria e grande lezione morale di impegno civile, assieme al volume, pubblicato postumo, Ahi serva Italia (Roma-Bari 2006).
Morì a Roma il 7 dicembre 2005.
Opere. La maggior parte degli scritti di Sylos Labini è disponibile gratuitamente on-line, nel fondo archivistico curato da Marcella Corsi e ospitato presso l’Università della Tuscia, all’indirizzo: http://www.syloslabini. info/online/ pubblicazioni/fondo-sylos-labini/, raggiungibile anche tramite il sito dell’associazione Sylos Labini (www.syloslabini.info). Per la sterminata bibliografia di Sylos Labini, che accanto agli scritti scientifici include numerosi articoli sulla stampa quotidiana e settimanale, si veda M. Corsi, Una bibliografia degli scritti di Paolo Sylos Labini, in Paolo Sylos Labini, a cura di F. Sylos Labini, Roma 2015, pp. 155-191.
Fonti e Bibl.: F. Modigliani, New developments on the oligopoly front, in Journal of political economy, LXVI (1966), 3, pp. 215-232; A. Roncaglia, P. S. L., 1920-2005, in Moneta e C., LIX (2006), 233, pp. 3-21; A. Roncaglia - P. Rossi - M. Salvadori, Libertà, giustizia, laicità. In ricordo di P. S. L., Roma-Bari 2008; P. S. L., a cura di F. Sylos Labini, Roma 2015.