Vedi Paraguay dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Il Paraguay è uno dei paesi meno sviluppati del subcontinente americano. Il suo assetto politico, sociale ed economico è la risultante di una storia di debilitanti scontri internazionali e della gestione del paese da parte di governi autoritari. Il Paraguay, indipendente dalla Spagna dal 1811, fu protagonista di due sanguinosi conflitti armati a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Tra il 1865 e il 1870 il paese combatté infatti una guerra contro Argentina, Brasile e Uruguay, il cui esito fu la perdita di buona parte del proprio territorio e la morte di circa metà della sua popolazione. In seguito, tra il 1932 e il 1935, il Paraguay intraprese una nuova guerra contro la Bolivia per la conquista della regione del Chaco, passata alla storia come il conflitto sudamericano più sanguinoso del 20° secolo. Il Paraguay vinse la guerra, ma al costo di 100.000 vittime, e il Chaco, che si pensava fosse ricco di riserve di idrocarburi, si rivelò un territorio arido, senza alcun valore strategico e tuttora poco popolato. Alle sfortunate sorti dei conflitti internazionali è poi seguito un lungo periodo di tensioni interne, governi militari, colpi di stato e mancate riforme. Turbolenze politiche che, tuttavia, non hanno mai scalfito l’egemonia dell’Asociación nacional republicana, comunemente detta Partido colorado (Pc), indiscusso protagonista dello scenario istituzionale paraguaiano dal 1947 ad oggi. Gli Stati Uniti sostennero, in chiave anticomunista, la presidenza del generale Alfredo Stroessner dal 1954 al 1989, quando appoggiarono il colpo di stato del generale Andrés Rodríguez, che non modificò la linea autoritaria del Pc. Rodríguez, nonostante l’appoggio statunitense, preferì allargare le alleanze internazionali: aprì al dialogo con Russia e Cuba e nel 1991 siglò ad Asunción, assieme a Brasile, Argentina e Uruguay, il documento di nascita del Mercato comune del Sud (Mercosur). Sotto la presidenza di Rodríguez fu inoltre approvata la Costituzione democratica paraguaiana, ancora in vigore.
Gli anni Novanta e gli inizi del Duemila si sono caratterizzati per l’elevato grado di corruzione dei governi del Pc, frequenti e accese proteste popolari, sterili tentativi d’avvio di riforme di liberalizzazione e di privatizzazione, nuovi colpi di stato e, infine, per una graduale apertura internazionale. Una nuova fase politica si è aperta nel 2008 con la vittoria alle elezioni presidenziali di Fernando Lugo, leader dell’Alianza patriótica para el cambio (Apc) e già vescovo cattolico, che ha messo fine alla supremazia del Pc (al governo per 61 anni consecutivi). Nonostante il duro avversario da contrastare e la manifesta opposizione della Chiesa cattolica (contraria alla sua conseguente rinuncia alla carica vescovile), Lugo è riuscito a vincere le elezioni grazie a una campagna elettorale dai toni populisti, incentrata sui temi della riforma agraria e della lotta alla corruzione e alla povertà. Tuttavia, le speranze nutrite dalla popolazione di una nuova giustizia sociale e dell’affermazione della democrazia nel paese sono state tradite dall’avvio di un procedimento di impeachment ai danni di Lugo.
L’ex presidente paraguayano è stato, infatti, accusato di ‘inettitudine e mancanza di decoro’ dal Congresso della nazione, dove il suo partito non aveva mai raggiunto la maggioranza, e ha dovuto lasciare il potere. La scintilla che ha innescato il procedimento previsto dalla Costituzione è stato l’episodio avvenuto il 15 giugno 2012 a Curuguaty, dove l’occupazione di una fattoria da parte di un gruppo di contadini che chiedevano terra è finita con uno scontro con le forze dell’ordine che ha fatto 6 vittime tra i militari e 11 tra i contadini. Il 23 giugno, dopo solo un giorno dal via libera del Senato, è subentrato alla carica di presidente Federico Franco, non concedendo quindi al suo ex alleato il tempo necessario per la difesa.
I leader di molti paesi sudamericani non hanno tardato a esprimere il loro dissenso nei confronti del provvedimento – giudicato un grave colpo alla sovranità popolare – né ad attuare misure determinanti l’isolamento diplomatico del paese. Appellandosi alla clausola democratica che prevede la sospensione di un membro nel caso in cui il governo di quest’ultimo attentasse allo stato di diritto, gli stati appartenenti a Mercosur e Unasur (Unione delle nazioni sudamericane) hanno stabilito l’allontanamento del Paraguay dalle organizzazioni fino a quando un nuovo governo non sarà stato legittimamente istituito in seguito alle prossime elezioni, previste per aprile 2013. Sul piano internazionale, l’incriminazione di Lugo ha quindi prodotto un generale raffreddamento dei rapporti con tutti i paesi vicini ma, in modo particolare, col Venezuela di Chávez: grazie alla sospensione del Paraguay dal Mercosur, il Venezuela ha potuto finalmente com-pletare il suo processo di annessione all’organizzazione avviato sei anni fa e rallentato per tutto il periodo dall’opposizione paraguaiana, che considera Chávez un presidente non democratico.
Gli sforzi del governo di Franco tendono ora a mantenere i più importanti rapporti di collaborazione preesistenti. Argentina e Brasile sono partner fondamentali per il Paraguay su questioni economiche e di sicurezza transfrontaliera, quest’ultima al fine di contrastare il traffico di armi, di beni contraffatti e di denaro riciclato, soprattutto nella zona della ‘tripla frontera’ (il confine tra Paraguay, Brasile e Argentina). Fuori dal continente sudamericano, il Paraguay è invece interessato a salvaguardare i flussi di aiuti da parte dei paesi donatori, tra cui gli Stati Uniti, e a migliorare i rapporti con la Cina, primo partner per importazioni. I legami con Pechino sono, infatti, ancora tesi, giacché il Paraguay è l’unico paese del Sudamerica a riconoscere Taiwan, che ha sostenuto con ingenti capitali finanziari la crescita economica paraguaiana.
Popolazione, società e diritti
Il Paraguay, paese con bassa densità abitativa, è anche quello con la più alta percentuale di popolazione rurale del Sudamerica e la più disuguale distribuzione di terreni: oggi, infatti, in Paraguay l’86% delle terre coltivabili è in mano a poco più del 2% della popolazione. Non è un caso, dunque, che la politica abbia spesso collegato la possibilità di sviluppo economico e sociale del paese al dibattito sulla riforma agraria e alla questione della redistribuzione delle terre, ad oggi ancora non affrontate dal governo. L’assenza di efficaci riforme negli ultimi decenni ha mantenuto circa il 35% della popolazione – sia essa residente nelle campagne o nelle città – sotto la soglia di povertà.
Sotto il profilo etnico, gli indigeni, appartenenti a 16 distinti gruppi etnici, sono circa l’1,6% della popolazione e costituiscono il segmento più povero del paese. Molti paraguaiani, inoltre, hanno deciso di abbandonare il paese per la mancanza di lavoro. Si stima, infatti, che più di 600.000 abitanti (un decimo del totale) siano emigrati in Argentina e che molti altri abbiano scelto l’Europa come destinazione: nella sola Spagna se ne contano circa 90.000.
Sul piano della governance, invece, la corruzione sembra essere il maggior problema del Paraguay. A questo, nonostante un tentativo di riforma lanciato da Lugo, si affianca la mancanza d’indipendenza del potere giudiziario, altamente influenzato dal potere politico e, in particolare, dal Partido colorado.
Economia ed energia
Senza sbocco sul mare, l’economia paraguayana si caratterizza per un’ampia rilevanza del settore informale e per le attività di migliaia di microimprese e venditori ambulanti urbani. Una grande percentuale della popolazione, soprattutto nelle aree rurali, vive di agricoltura, spesso su base di semplice sussistenza.
Il reddito reale pro capite è rimasto fermo ai livelli del 1980 ma, tra il 2003 e il 2008, la crescente domanda mondiale di materie prime e favorevoli condizioni meteorologiche hanno permesso un’espansione delle esportazioni e una rapida – seppure solo temporanea – crescita economica nel paese. La crisi internazionale del 2008 e la straordinaria siccità del 2009 (che ha colpito i raccolti dei principali prodotti agricoli del paese), unitamente allo stallo parlamentare determinato dalla defezione del Partido liberal radical auténtico, hanno fortemente rallentato il percorso di crescita e l’introduzione di riforme economiche nel paese, lasciandolo ancora scarsamente competitivo sul piano economico. Pesano inoltre sul sistema economico paraguayano l’aumento della criminalità, il persistere della corruzione e l’acuirsi dei conflitti sociali. A questi fattori vanno aggiunti gli alti livelli storici della disoccupazione, la carenza di infrastrutture e l’inefficienza delle imprese pubbliche nei settori chiave del paese.
Recentemente, tuttavia, il Paraguay ha fatto segnare tassi di crescita del pil positivi e, a partire dal 2010, grazie anche al clima favorevole per l’agricoltura – che contribuisce per il 22% al pil nazionale –, sono stati registrati importanti segnali di ripresa: le esportazioni di soia (di cui il Paraguay costituisce il sesto produttore al mondo), carne, legno, cuoio, cotone e tabacco sono aumentate del 40%.
A queste ha corrisposto la crescita delle importazioni di beni capitali, tra cui macchine e motori, e di altri beni quali combustibili, prodotti plastici, chimici e farmaceutici, utili a sviluppare le industrie. Un ulteriore slancio all’economia del paese potrebbe provenire in futuro dalla recente scoperta di un importante deposito di titanio e dal piano di costruzione di una fonderia di alluminio di cui si sta attualmente discutendo.
Dal punto di vista delle relazioni commerciali, circa la metà dei flussi paraguaiani ricade all’interno dell’area del Mercosur, dunque, al momento, gli scambi sono rallentati a causa della sospensione dei rapporti con gli stati membri, in particolare Argentina e Brasile. Fuori dal Mercosur, nuove favorevoli prospettive sono offerte dagli interscambi con l’Unione Europea, che ha inserito il Paraguay nel Sistema di preferenza generalizzato ‘Plus’, e con la Cina, primo partner per le importazioni. Gli investimenti diretti esteri potrebbero aumentare qualora il governo riuscisse a sanare il sistema giudiziario e ad avviare le riforme strutturali annunciate in campagna elettorale. Una di queste è, per esempio, la proposta di privatizzazione degli aeroporti, approvata dal Senato ma ancora al vaglio della Camera. Gli Stati Uniti sono il maggior investitore nel paese con 1,2 miliardi di dollari, seguiti da Brasile (345 milioni) e Argentina (138 milioni).
Importante conquista economica dell’esecutivo di Lugo è stata la rinegoziazione dell’accordo del 1973 per la gestione della centrale idroelettrica di Itaipú, per metà brasiliana. Se, infatti, l’accordo originario pendeva in favore del Brasile, la dichiarazione congiunta firmata tra i due paesi nel luglio 2009 prevede una più equilibrata ripartizione degli utili. Attualmente il 63% dell’energia idroelettrica prodotta dal Paraguay è esportata proprio in Brasile e i proventi sono sufficienti a coprire l’intera spesa delle importazioni energetiche paraguaiane.
Difesa e sicurezza
Se dal punto di vista regionale non sembrano esservi particolari motivi di minaccia alla sicurezza del Paraguay, sul fronte interno esso deve affrontare almeno due potenziali sfide alla propria stabilità. Da un lato – peculiarità paraguaiana nella regione sudamericana – nel paese sono storicamente presenti elementi legati al gruppo armato libanese di Hezbollah, che ha nel territorio paraguaiano una base logistica importante per dimensioni e proiezione internazionale. La presenza di attivisti riconducibili a Hezbollah sembra essere una diretta conseguenza della massiccia emigrazione della popolazione libanese in quest’area durante i primi conflitti arabo-israeliani negli anni Quaranta e, in seguito, durante la guerra civile libanese negli anni Ottanta. Gli elementi ritenuti vicini a Hezbollah controllano in parte i mercati illeciti lungo la ‘tripla frontera’ e traggono da tali traffici i finanziamenti per l’organizzazione. Gli attentati che hanno colpito la comunità ebraica di Buenos Aires, in Argentina, nel 1992 e nel 1994 (il primo contro l’ambasciata israeliana e il secondo contro un centro culturale ebraico, provocando in totale la morte di più di 100 persone), sono stati rivendicati proprio da Hezbollah, che potrebbe aver utilizzato come base d’appoggio il piccolo paese sudamericano. Allo scopo di debellare la sua presenza sul proprio territorio, il Paraguay si avvale dell’aiuto di truppe degli Stati Uniti, i quali annoverano Hezbollah tra le organizzazioni terroristiche.
Altra minaccia interna è poi costituita dall’Ejército del Pueblo Paraguayo (Epp). Quest’ultimo è un gruppo guerrigliero di stampo marxista-leninista, radicato nella zona centro-orientale del paese e probabilmente legato alle Farc colombiane. Il neo-presidente Franco ha promesso di sradicare l’Epp dal Paraguay, ma è assai difficile che riesca nell’intento entro la fine del suo mandato.
L’Epp non rappresenta, comunque, né l’unico né il maggiore ostacolo del governo Franco alla garanzia di un buon livello di sicurezza nello stato. La più grave causa di tensione nazionale è bensì procurata dall’annoso conflitto per la terra tra contadini paraguayani (i campesinos) – che si battono per un’equa redistribuzione delle terre – e i ricchi imprenditori brasiliani, ormai naturalizzati paraguayani (i brasiguayos), impadronitisi illegalmente di terreni da destinare immediatamente alla monocoltura della soia. A causa della speculazione fondiaria, nel tessuto sociale del paese si sono innescate spirali di violenza, episodi di xenofobia a danno di brasiliani e duri contrasti che tendono ad inasprirsi nei periodi pre-elettorali, allorché i contadini cercano di porre la questione della terra all’ordine del giorno nelle campagne politiche.
Al fine di aumentare la sicurezza del paese, il Paraguay è parte del cosiddetto ‘Three Plus One Security Dialogue’, che vede collaborare anche Argentina, Brasile e Stati Uniti. Sul fronte delle missioni internazionali, il paese è presente solo a Haiti con un contingente di circa 30 militari, all’interno della missione delle Nazioni Unite Minustah.
Itaipú è la più grande centrale idroelettrica al mondo per generazione di energia ed è considerata una delle sette meraviglie di ingegneria civile del 20° secolo. Costruita tra il 1975 e il 1991 lungo il fiume Paraná, sul confine tra Brasile e Paraguay, è gestita da una joint venture tra compagnie dei due paesi confinanti. La centrale, la cui realizzazione è costata 25 miliardi di dollari, è costituita da 20 generatori con una potenza totale di 14 Gigawatt e copre da sola il 90% del fabbisogno di energia elettrica paraguaiano e il 25% di quello brasiliano.
L’accordo tra Brasile e Paraguay per la costruzione della centrale è stato siglato nel 1973, anno in cui la leadership politica di entrambi i paesi era nelle mani di governi autoritari. Il trattato, la cui validità era fissata fino al 2023, stabiliva che il Paraguay avrebbe dovuto obbligatoriamente vendere la propria quota di energia inutilizzata al Brasile, a un prezzo fisso di 124 milioni di dollari annui.
Nel luglio 2009, dopo diversi tentativi falliti da parte dei governi paraguaiani di rinegoziare il trattato con il Brasile, Lugo ha convinto l’allora presidente brasiliano Lula a firmare, ad Asunción, una nuova dichiarazione congiunta in 31 punti. Essa prevede che il Paraguay riceva 360 milioni di dollari all’anno a titolo di compensazione per la fornitura di energia elettrica al Brasile e che possa vendere il proprio surplus di energia direttamente sul mercato brasiliano, senza dover passare per il gruppo brasiliano Eletrobrás. Inoltre, sono state poste le basi per un piano di vendita di elettricità a paesi terzi ed è stato approvato un programma per migliorare il sistema di trasmissione elettrico paraguayano – la cui energia è in parte rubata e in parte persa nel corso della trasmissione – e in particolare per costruire la linea elettrica sino ad Asunción. Tuttavia l’accordo, anche a causa dell’avvicendamento alla presidenza del Brasile, non è ancora entrato in vigore ed è al vaglio del Congresso brasiliano.