PARIA
. Forma corrotta, usata comunemente in Europa, del termine tamul paraiyan, col quale viene propriamente designata una casta molto umile di lavoratori della terra, minatori, tessitori, spazzini, fattorini, ecc., dell'India meridionale e specialmente della regione Tamul (Madras), casta della quale esistono non meno di 350 suddivisioni. Il nome paraiyan trae origine, secondo la comune opinione, da parai, l'ampio tamburo che i Paraiyan, per diritto ereditario, battono nelle feste popolari. Col termine pariah, paria è uso errato in Europa di designare l'insieme delle infime caste dell'India, gl'"intoccabili" o "fuori casta" (sparsi nei più varî punti della grande penisola e chiamati coi nomi più varî), da quando apparvero il Voyage di P. Sonnenrat (Parigi 1782), l'Hist. des établissements et du commerce des Européens dans les deux Indes di G.-T.-F. Raynal (Ginevra 1780) e altre opere dello stesso tempo, mentre in realtà ai Paraiyan sono conservati, pur nella condizione miserrima nella quale essi vivono (sono costretti ad abitare fuori dei villaggi, a non poter passare per le vie frequentate da Brahmani e ad esser causa di purificazione per coloro che li abbiano in qualche modo avvicinati, ecc.), alcuni privilegi i quali attesterebbero aver essi appartenuto un giorno a una casta elevata, proprietaria di quella terra al cui lavoro sono ora invece soggetti in vantaggio di altri. Tale casta sarebbe in seguito decaduta per opera di conquistatori. Gli Europei dimoranti nella presidenza di Madras si giovano dei Paraiyan, più che di altri appartenenti a caste pure depresse, quali domestici. I Paraiyan, e tutti i comunemente chiamati paria, dànno un forte contributo alle conversioni al cristianesimo: l'ultimo censimento (1931) enumerava tra essi circa 3.600.000 cattolici. Usano seppellire i loro morti anziché bruciarli.
Bibl.: J. A. Dubois, Hindu Manners, Customs, and Cerem., 3ª ed., trad. di H. K. Beauchamp, Oxford 1906; P. Lhande, L'Inde sacrée, Parigi 1934.