ZAJOTTI, Paride
ZAJOTTI, Paride. – Nacque a Trento, l’8 giugno 1792 da Francesco e da Anna Pedrotti.
Di famiglia di non particolare agiatezza – il padre era oste –, compì i primi studi al ginnasio-liceo di Trento. Su consiglio del prefetto del dipartimento dell’Alto Adige Alessandro Agucchi, nel 1811 si trasferì a Bologna per studiare diritto, ottenendo la laurea due anni dopo. In questo periodo entrò in contatto con gli ambienti letterari e mondani della città, guadagnandosi fama di poeta e improvvisatore di un certo livello: qui conobbe varie personalità del mondo culturale italiano, tra cui Vincenzo Monti – anch’egli a Bologna nel corso del 1813 – con il quale strinse un’importante e duratura amicizia, coltivata specialmente negli anni in cui entrambi vissero a Milano. Cessato il Regno d’Italia e temendo che la laurea bolognese non fosse spendibile nell’ambito dell’Impero austriaco, nel 1815 sostenne un secondo esame all’Università di Pavia. Ma già dalla fine del 1813, tornato a Trento che proprio in quei mesi era stata occupata dagli austriaci, iniziò la sua carriera nel nuovo apparato giudiziario asburgico: inizialmente come alunno dell’ufficio del procuratore generale Antonio Mazzetti – l’amicizia del quale fu di notevole rilievo per la sua vita professionale e intellettuale – presso la provvisoria corte di giustizia; poi, nell’aprile del 1816, come ascoltante del nuovo giudizio civico e provinciale.
Nel febbraio del 1817 sposò l’ostessa trentina Caterina (Catina) Scoz (1796-1875), con la quale ebbe tre figli: Eloisa (1818-1907) Beatrice (1821-1858), e Paride (1823-1886).
Venne quindi promosso protocollista di consiglio; prima del tribunale civile, criminale e mercantile di Lodi (settembre 1817), e in seguito (gennaio 1820) del senato di Verona, massimo organo giudiziario del Regno Lombardo Veneto. Nell’aprile del 1824 ottenne la nomina a consigliere del tribunale criminale di Milano andando anche a sostituire, dal gennaio successivo, l’amico e conterraneo Antonio Salvotti come inquirente della commissione speciale di prima istanza, ossia il tribunale che si occupava dei delitti di Stato: incarico accolto da Zajotti non senza apprensione, e per l’impegno richiesto e per l’inevitabile esposizione pubblica. Il carteggio tra i due mostra quanto Zajotti si appoggiasse all’amico sia per destreggiarsi fra le articolate fila delle inquisizioni sia per sfogarsi sul clima ostile che lo circondava, alimentato non solo dall’opinione pubblica antiaustriaca, ma anche da alcuni colleghi: ancor più negli anni successivi, quando Zajotti, divenuto consigliere del tribunale d’appello di Venezia (aprile 1831), ebbe l’incarico riservato di interrogare i rivoluzionari modenesi catturati sul brigantino Isotta al largo di Ancona, e quando poi, già sul finire dello stesso anno, tornò a Milano, sempre come consigliere d’appello con competenza sui delitti di Stato, dove dall’estate del 1833 diresse i processi contro i membri della Giovine Italia.
In questo torno di tempo il cancelliere Klemens von Metternich gli affidò il compito di ribattere al pamphlet L’Italie sous la domination autrichienne (Paris 1832) di Enrico Misley, uno dei protagonisti della rivoluzione modenese del 1831 poi fuggito in esilio, nel quale veniva specialmente attaccato il diritto penale austriaco e la conduzione dei processi politici lombardo-veneti del decennio precedente – e, segnatamente, il lavoro di Salvotti. Il volume di Zajotti, Semplice verità, pur uscito anonimo e nonostante lo scarsissimo successo in termini di diffusione, si ripercosse assai sfavorevolmente sull’autore, alimentandone la fama di funzionario servile e suscitando violente repliche, come quella di Pietro Giordani – antagonista politico, ma stimato interlocutore in campo letterario –, Paride Zaiotti inquisitore austriaco in Italia svergognato dal suo libro contra Enrico Misley (1836).
Chiusi i processi politici – che lo esposero anche al rischio di un tentato avvelenamento, forse ordito da uno degli inquisiti, Luigi Tinelli – nel febbraio del 1836 Zajotti fu richiamato all’appello di Venezia. La vita in laguna fu, più ancora che nel periodo milanese, ricca di relazioni con il milieu artistico e intellettuale, molti esponenti del quale erano regolari frequentatori di casa Zajotti («Una folla di gente anche scelta vorrebbe venire da noi, ma come si fa avendo stanze sì picciole?», annotava compiaciuto nel suo diario nell’aprile del 1840: Brol, 1953, pp. 162 s.). La nomina a presidente del tribunale di prima istanza di Trieste (febbraio 1842) interruppe la mondanità veneziana, ma pure nella sua nuova destinazione Zajotti entrò presto in contatto con la vita culturale della città attraverso società e accademie letterarie.
Paralleli alla carriera giudiziaria si posero infatti, costantemente, gli studi letterari, principalmente declinati nell’attività critica – il progetto della stesura di un romanzo, pur accarezzato, non trovò mai realizzazione. Lucido lettore di opere italiane, tedesche e francesi, nel 1818 tentò di fondare, assieme a Giuseppe Montani, la Biblioteca straniera, rivista che avrebbe dovuto in prima battuta coinvolgere Giordani e il traduttore Michele Leoni, ma che non vide mai la luce principalmente per l’indisponibilità dei potenziali collaboratori individuati, alcuni dei quali (come Giovanni Berchet, Silvio Pellico, Pietro Borsieri) andarono a confluire nel Conciliatore, fondato lo stesso anno in polemica con la Biblioteca italiana. Quest’ultima fu la principale ‘arena’ letteraria di Zajotti: la sua collaborazione, avviata nel 1818 dopo che l’amico Giovita Scalvini lo mise in contatto con Giuseppe Acerbi, e costante fino al 1831, si tradusse in più di un centinaio di interventi, tra recensioni e notizie bibliografiche. Dalle pagine della Biblioteca italiana Zajotti prese parte attiva, con un peso non secondario, ai dibattiti artistico-letterari più in voga nel primo Ottocento: da un lato mantenendo posizioni ancorate a un «misurato classicismo» (Turchi, 1974, p. 47) – seppur «partecipe per curiosità e per cultura di confine di alcuni tra i fermenti del romanticismo europeo» (Bricchi, 2016, p. 206) –, dall’altro schierandosi a favore del romanzo, ancorché decisamente contro il romanzo storico, in nome dell’inconciliabilità tra finzione e verità: «Noi crediamo [...] che con una confusione di favole non si debbano ridurre incerti i documenti delle età trapassate; [...] che invece di rendere la finzione più utile e l’istoria più dilettevole, sia diminuito il diletto della finzione, sia tolta l’utilità dell’istoria». Di un certo rilievo, a questo proposito, furono specialmente i suoi interventi Del romanzo in generale, ed anche dei Promessi sposi, romanzo di Alessandro Manzoni, in Biblioteca italiana, XII (1827), 47, pp. 322-372 e 48, pp. 32-81 (da cui è tratta la citazione, p. 356) e De’ romanzi storici. Discorso primo. Idee generali e Discorso secondo: di alcuni nuovi romanzi, in Biblioteca italiana XV (1830), 58, pp. 145-192 e 59, pp. 312-351; XVI (1831), 61, pp. 3-61.
Morì improvvisamente a Trieste, il 29 dicembre 1843.
Il figlio Paride iniziò anch’egli la carriera giudiziaria come ‘ascoltante’ presso il tribunale di Venezia. Di idee risorgimentali – in un’antitesi con il padre che, pur in modo più attenuato, richiama quella vissuta dall’amico fraterno di quest’ultimo Salvotti con il figlio Scipione –, partecipò come volontario alla difesa di Venezia del 1849. Restaurato il governo austriaco, esercitò come avvocato e si dedicò parallelamente alla carriera giornalistica. Nel 1850 fondò, con Eduardo Deodati, la rivista giuridica veneziana L’eco dei tribunali che, pur non schierandosi in «aperta contestazione» con il governo, si collocava tuttavia senz’altro «su posizioni d’avanguardia» (Dezza, 2008, p. 36): sostenendo, tra l’altro, l’introduzione della giuria popolare nel processo penale, l’abolizione della pena di morte, la riforma carceraria. L’Eco funse inoltre da importante veicolo di importazione, in ambito italofono, dei più avanzati dibattiti giuridici di area austro-tedesca; vari sono per esempio gli articoli in traduzione italiana del celebre giurista tedesco Carl Mittermaier, assiduo corrispondente di Zajotti. All’Eco Zajotti rimase fino al 1876, mentre nel 1866 assunse anche la direzione della Gazzetta di Venezia, la quale, sorta nel Settecento e sopravvissuta a svariati mutamenti di governo, rappresentava, a quell’altezza cronologica, la voce conservatrice della Venezia italiana. Prima affiancò il proprietario Tommaso Locatelli, di cui era genero, quindi, morto quest’ultimo nel 1868, diventò a sua volta proprietario e unico direttore. Da menzionare anche la sua attività di traduttore di testi giuridici: su sollecitazione di Salvotti tradusse la prima parte del System des heutigen römischen Rechts (Sistema del diritto romano attuale, Venezia 1853) di Friedrich Carl von Savigny – un’impresa che decenni prima, anche allora dietro le insistenze di Salvotti, era stata avviata, sebbene mai portata a termine, da Zajotti senior –, nonché i commenti al codice e alla procedura penale di Anton Hye-Glunek (1852-1854). Morì a Venezia il 9 giugno 1886.
Fonti e Bibl.: La parte più corposa delle carte di Paride Zajotti è conservata nell’archivio privato della famiglia a Carpenedo (Venezia). Presso la Biblioteca civica Attilio Hortis di Trieste, Archivio diplomatico e fondi archivistici, v’è un’altra importante porzione di archivio familiare, in buona parte consistente in un’autografoteca, ma comprendente anche una sezione (attualmente non ordinata e inventariata) di carteggi e documenti di Zajotti, della moglie Catina, delle figlie e del figlio. Un piccolo frammento di archivio – consistente nelle bozze di stampa con note autografe del pamphlet Semplice verità opposta alle menzogne di Enrico Misley..., Parigi 1834 [ma Milano 1835] – è infine collocato a Trento, Biblioteca comunale, BCT1-6237. Molte lettere di Zajotti si trovano negli archivi dei suoi corrispondenti e in varie autografoteche. Si menzionano almeno quelle, numerosissime, conservate a Trento, Biblioteca comunale, BCT1 (specialmente ad Antonio Mazzetti, ma anche a Tommaso Gar, Francesco Vigilio Barbacovi e ad altri); nell’Archivio di Stato di Mantova, Legato Luzio (a Salvotti); a Mantova, Biblioteca comunale, Fondo Antonio Salvotti e Carteggio Giuseppe Acerbi; all’Universitätsbibliothek Marburg, Nachlass Friedrich Carl von Savigny.
Il primo profilo biografico di Zajotti risale a poco dopo la morte: la sua pubblicazione postuma Della letteratura giovanile (Trieste 1844) è introdotta dal testo Memorie della vita e degli studi di P. Z., pp. III-LXIX, non firmato ma attribuibile ad Antonio Gazzoletti e a Scipione Sighele. Si noti che la quasi contemporanea traduzione tedesca del volume (Die Litterarische Bildung der Jugend, Trieste 1845), a opera del poeta Heinrich Stieglitz con cui Zajotti strinse amicizia nei suoi ultimi anni, contiene anch’essa la lunga premessa Zajotti’s Leben und Schriften (pp. XI-CXLV), che non è una traduzione bensì un testo a sé. La figura di Zajotti – e soprattutto il suo profilo di critico letterario – ha incontrato anche in seguito una certa fortuna storiografica. Oltre ai risalenti ma informati lavori di A. Luzio, La Biblioteca italiana e il governo austriaco, in Rivista storica del Risorgimento italiano, I (1895-1986), 7, 8, pp. 650-711, e Giuseppe Acerbi e la Biblioteca italiana, in A. Luzio, Studi e bozzetti di storia letteraria e politica, I, Milano 1910, pp. 1-107, del bisnipote N. Vidacovich, Vincenzo Monti e P. Z., Milano 1928 e soprattutto di E. Brol, Antonio Bresciani e P. Z. Carteggio inedito (1823-1843). Parte prima, Trento 1943 e P. Z. e Trieste, in Studi trentini di scienze storiche XXXII (1953), 2-3, pp. 132-230, e 4, pp. 355-438, si vedano R. Bizzocchi, La critica letteraria di P. Z., in Annali della Scuola normale superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofia, s. 3, IV (1974) 1, pp. 299-325; R. Turchi, P. Z. e la «Biblioteca italiana», Padova 1974 (con elenco degli articoli attribuiti a Zajotti) e Giuseppe Acerbi, P. Z.. Carteggio, a cura di R. Turchi, Milano 1976, e P. Zajotti, Polemiche letterarie, Padova 1982; F. Garavini, “Amico dell’anima mia”. Il carteggio ritrovato Zaiotti-Salvotti, in Carteggi ritrovati, a cura di F. Garavini, Bologna 2007, pp. 167-256; R. Bonfatti, «La camicia dell’uomo felice»: la corrispondenza inedita tra P. Z. e Pietro Repossi, in Studi e problemi di critica testuale, LXXVI (2008), 1, pp. 153-167; M. Bricchi, P. Z. e il romanzo mancato, in Milano capitale culturale (1796-1898), a cura di F. Spera - A. Stella, Milano 2016, pp. 205-232; M. Neusius, Herrschaftslegitimation und Kulturtransfer in der habsburgischen Lombardei. Die Zeitschrift Biblioteca italiana und die deutsche Kultur (1815-1830), Frankfurt am Main 2017. Si segnala inoltre, di prossima uscita, l’edizione dei diari per cura di L. Frassineti. Del ruolo di Zajotti nei processi politici si è variamente occupata una tradizione storiografica di impronta risorgimentale, dandone un giudizio molto severo; tra gli studi più recenti si vedano invece A. Arisi Rota, Il processo alla Giovine Italia in Lombardia (1833-1835), Milano 2003, ad ind., e F. Brunet, «Per atto di grazia». Pena di morte e perdono sovrano nel Regno Lombardo-Veneto (1816-1848), Roma 2016, ad indicem. Sul figlio Paride si rimanda ancora a E. Brol, Antonio Salvotti promuove a Venezia la prima traduzione italiana del “Sistema del diritto romano attuale” del Savigny, in Atti del I° Convegno..., Rovereto 1955, pp. 5-62, e a E. Dezza, Forme accusatorie e garanzie processuali nelle attese dei giuristi lombardo-veneti. Il primo anno de «L’eco dei tribunali» (1850-1851), in Processo penale e opinione pubblica in Italia tra Otto e Novecento, a cura di F. Colao - L. Lacchè - C. Storti, Bologna 2008, pp. 31-75. Alcune notizie biografiche sono contenute nei necrologi pubblicati in vari giornali e raccolti nel volume In morte del Comm. Avv. Paride Zajotti 9 giugno 1886, Venezia 1887.