polirematiche, parole
Le parole polirematiche (dette anche semplicemente polirematiche) sono elementi lessicali (o lessemi; ➔ lemma, tipi di; ➔ locuzioni), formati da più di una parola, che hanno una particolare coesione strutturale e semantica interna e possono appartenere a varie categorie lessicali. Esempi sono anima gemella, carta di credito, acqua e sapone, portare avanti, dare una mano, a fior di pelle, a furia di.
Il termine polirematica fu usato da Tullio De Mauro in più sedi, tra cui l’Introduzione al Grande dizionario italiano dell’uso (GRADIT 1999-2007), nonché da Voghera (2004). Nella letteratura in lingua italiana esistono tuttavia anche altri termini che si riferiscono a queste entità, tra i quali ricordiamo: lessema complesso (De Mauro & Voghera 1996), parola complessa (Simone 200819), parola sintagmatica (Masini 2007), unità lessicale superiore (Dardano 1978).
La quota di polirematiche nell’italiano contemporaneo (➔ lessico) è di notevole entità: secondo De Mauro nel GRADIT (1999-2007: XV), su circa 360.000 lemmi e sottolemmi totali, sono presenti all’incirca 130.000 sottolemmi polirematici. È pur vero che la maggior parte di questi appartengono a linguaggi tecnico-specialistici (➔ linguaggi settoriali). Lo stesso De Mauro (1999: 1177) arriva ad affermare che «nelle lingue romanze e in italiano [la formazione di lessemi polirematici] può considerarsi l’equivalente funzionale della composizione verbale e nominale nelle lingue in cui tale procedimento è più attivo che nella tradizione latina e neolatina». Un’ipotesi simile era già stata espressa da Benveniste (1966), che considerava quelle che chiamava sinapsi francesi (espressioni come clair de lune «chiaro di luna» o moulin à vent «mulino a vento») come il vero processo compositivo del francese contemporaneo.
Essendo formate da più di una parola, le polirematiche sono costruzioni a metà strada tra la ➔ morfologia e la ➔ sintassi (➔ lingue romanze e italiano): esse infatti sono molto simili ai sintagmi per struttura, ma presentano una distribuzione e una coesione vicine a quelle di una parola, come si dirà sotto. Sebbene anche i composti (➔ composizione) siano strutture a metà strada tra il morfologico e il sintattico, le polirematiche se ne differenziano per una serie di ragioni strutturali, tra cui il fatto di presentare, diversamente da questi ultimi, elementi di raccordo espliciti, come le congiunzioni o le preposizioni nelle costruzioni nominali e aggettivali (per es., giacca a vento), nonché di manifestare un maggior grado di separabilità tra gli elementi costitutivi, in particolare nelle costruzioni verbali (sebbene la separabilità sia comunque minore rispetto ai sintagmi liberi). È tuttavia innegabile che tra i due processi di formazione (polirematiche e composti) ci siano forti analogie.
Si è detto che le polirematiche presentano una particolare coesione strutturale e semantica. Infatti esse:
(a) non ammettono la sostituzione sinonimica dei costituenti interni (camera a gas → * stanza a gas) o la variazione per via di flessione, sia per quanto riguarda gli elementi che non sono testa del sintagma (fare acqua → *fare acque; gioco di carte → *gioco di carta), ma anche per lo stesso elemento testa (alte sfere → *alta sfera);
(b) non possono essere interrotte con l’interposizione di altre parole (casa di cura → *casa spaziosa di cura);
(c) non permettono ➔ dislocazioni (permesso di soggiorno → *è di soggiorno quel permesso?) o altri cambiamenti nell’ordine delle parole (alti e bassi → *bassi e alti);
(d) non consentono di pronominalizzare uno dei costituenti interni (prestare attenzione → *che cosa hai prestato? attenzione; cartone animato → *quelli animati sono i cartoni che mi piacciono di più).
Queste restrizioni non sono categoriche, bensì rappresentano solo tendenze. Da un lato, infatti, il diverso grado di coesione delle polirematiche dipende dalla categoria lessicale cui appartengono (Voghera 2004): tra di esse, le preposizioni (del tipo di per effetto di, in preda a) e le congiunzioni (in modo che, al fine di) sembrano più coese degli avverbi (all’aria aperta) o degli aggettivi (in erba); questi ultimi sarebbero più coesi dei nomi (uscita di sicurezza, luna di miele), che a loro volta mostrerebbero una coesione maggiore dei verbi (rendere conto, prendere piede, andare per la propria strada). I verbi quindi sarebbero la categoria lessicale col grado minore di rigidità.
La ragione di ciò, secondo Voghera (2004), sta nel fatto che i verbi oppongono maggiore resistenza alla perdita dei tratti flessivi: i verbi polirematici infatti hanno tutti una testa verbale (diversamente dalle altre categorie lessicali: vedi sotto). Dall’altro lato, abbiamo però variazione anche entro la stessa categoria lessicale: tra i verbi ci sono espressioni più rigide (fare acqua) e meno rigide (fare luce → fare chiarezza; prendere tempo → prendere un po’ di tempo). Lo stesso vale per i nomi: una parola polirematica come alte sfere è più rigida di luna di miele, che può flettere la testa (luna → lune).
Il diverso grado di coesione strutturale può dipendere anche da altri fattori, come la presenza o assenza della testa. Al pari dei composti, anche le polirematiche possono essere endocentriche (cioè dotate di testa interna all’espressione) o esocentriche (prive di testa interna) (➔ sintagma, tipi di). Come già accennato, i verbi in italiano sono sempre endocentrici, mentre si hanno strutture esocentriche tra i nomi (gratta e vinci, cessate il fuoco), e soprattutto tra gli aggettivi (acqua e sapone) e gli avverbi (di punto in bianco).
Nelle strutture endocentriche propriamente dette, la testa può essere categoriale (cioè determinare la categoria lessicale cui l’intera polirematica appartiene) o semantica (sicché la polirematica è un iponimo della testa): quest’ultimo è il caso di letto a castello (che è un tipo di letto) e campo da calcio (che è un tipo di campo). Esistono però casi in cui, pur essendo presente formalmente una testa categoriale, questa non funge da testa semantica: luna di miele, ad es., è un nome esattamente come luna, che funge da testa categoriale, tuttavia la luna di miele non è un tipo di luna.
Quest’ultimo esempio mostra che una delle caratteristiche delle polirematiche è l’idiomaticità (➔ modi di dire): il significato di luna di miele è infatti (come si dice tecnicamente) non-composizionale, cioè non si ricava dalla somma dei suoi costituenti, come accade anche per le espressioni idiomatiche. Tuttavia, è chiaro anche come altre polirematiche, come letto a castello, mulino a vento, carta da lettera, tavolo da cucina, ecc., siano molto più trasparenti dal punto di vista semantico, sebbene anche in tali casi non manchi una dose di convenzionalità che le rende un tutto indivisibile.
Come già accennato, le polirematiche possono appartenere a diverse categorie lessicali. In questa voce ci si soffermerà soprattutto sulle quattro maggiori ➔ parti del discorso (nomi, verbi, aggettivi, avverbi), per poi accennare brevemente alle minori.
Per quanto riguarda i nomi polirematici, si possono identificare diversi tipi, di cui alcuni più produttivi. Tra quelli produttivi sono almeno le combinazioni in (1):
(1) Tipi principali di nomi polirematici
a. Nome + Aggettivo: carta telefonica, casa editrice, anno accademico
b. Aggettivo + Nome: prima serata, doppio senso, terzo mondo
c. Nome + Sintagma preposizionale: punto di vista, carta di credito, mulino ad acqua
A quest’elenco si potrebbero aggiungere, pur con qualche incertezza, le combinazioni Nome + Nome (punto vendita, viaggio lampo, treno merci). Tali strutture hanno però statuto incerto, poiché (proprio come i composti) non hanno elementi relazionali o di accordo, e allo stesso tempo sembrano presentare un grado di separabilità leggermente maggiore rispetto ai composti veri e propri (si veda un esempio come quello merci non è ancora partito, riferito a treno merci, che può essere accettabile). Dunque, probabilmente le combinazioni Nome + Nome costituiscono il punto di incontro tra le parole polirematiche e i composti veri e propri.
Per quanto riguarda invece (1 a.) e (1 b.), le parole del tipo Nome + Aggettivo sono più numerose del tipo Aggettivo + Nome, seguendo in ciò la tendenza della sintassi dell’italiano a collocare l’aggettivo dopo il nome (➔ aggettivi; ➔ ordine degli elementi).
Il tipo c., infine, si può articolare in una serie di sottoclassi, distinte per una serie di parametri. Ecco i principali:
(a) il tipo di elemento retto dalla preposizione: può essere un nome (borsa di studio) o un infinito verbale (macchina da cucire): le espressioni con verbo all’infinito sono molto meno numerose rispetto a quelle con nome;
(b) il tipo di preposizione usata: da uno spoglio dei dati del GRADIT risulta che le preposizioni più usate sono, nell’ordine, di, a e da; anche in e per sono talvolta usate, mentre le preposizioni con (corsa con handicap) e su (hockey su prato) sono marginali; in un numero ristrettissimo di casi troviamo anche preposizioni più ‘pesanti’, come senza (benzina senza piombo) o sotto (capitale sotto rischio);
(c) la presenza o assenza di articolo, nelle strutture in cui la preposizione regge un nome.
Un elenco delle principali sotto-strutture risultanti dall’incrocio di questi parametri è dato in (2) e (3):
(2) Nomi polirematici del tipo Nome + Preposizione + (Articolo +) Nome
a. Nome + di + (Articolo) + Nome: casa di cura, avvocato del diavolo
b. Nome + a + (Articolo) + Nome: giacca a vento, cartina al tornasole, gelato alla menta
c. Nome + da + (Articolo) + Nome: carta da parati, manna dal cielo
d. Nome + in + (Articolo) + Nome: festa in maschera, morte nella culla
e. Nome + per + (Articolo) + Nome: cibo per cani, macchina per l’ossigeno
(3) Nomi polirematici del tipo Nome + Preposizione + Infinito verbale
a. Nome + da + Nome: macchina da scrivere
b. Nome + per + Nome: gomma per cancellare
c. Nome + a + Nome: vuoto a rendere.
3.1.1 Binomi irreversibili e altro. Oltre a questi tipi, molto produttivi, esistono in italiano altre strategie meno produttive per creare nomi polirematici. Tra queste segnaliamo innanzitutto i cosiddetti ➔ binomi irreversibili, che possono creare anche polirematiche di natura aggettivale e avverbiale. I binomi irreversibili di tipo nominale rientrano nelle seguenti sottoclassi:
(a) due nomi uniti da congiunzione, senza articolo (botta e risposta) o con articolo (una coppia e un paio);
(b) due temi verbali uniti da una congiunzione (gratta e vinci, tira e molla).
Infine, ai binomi irreversibili vanno aggiunti i pur meno frequenti trinomi irreversibili (aglio, olio e peperoncino, o ancora tizio, caio e sempronio).
L’altra strategia che vale la pena di citare corrisponde a ciò che Migliorini (1975) chiama nomi-cartellino, ovvero casi di nominalizzazioni di frasi o sintagmi verbali. Sebbene le nominalizzazioni di questo tipo abbiano spesso un carattere occasionale, tuttavia le stringhe così originate talvolta si lessicalizzano ed entrano stabilmente nella lingua, come nel caso di cessate il fuoco o nontiscordardimé.
Tra i verbi polirematici, sono note e studiate le espressioni idiomatiche e metaforiche con una struttura che ricalca quella del sintagma verbale: possono essere strutture semplici (tirare le cuoia) o più complesse (prendere il toro per le corna, essere come l’araba fenice; una trattazione sistematica in Vietri 2004).
Un’altra categoria di verbi polirematici è costituita dai cosiddetti verbi sintagmatici (termine coniato da Simone 1997; ➔ sintagmatici, verbi), cioè verbi seguiti da una particella (di solito un avverbio): mettere via, portare avanti, buttare giù, tirare su. La particella è normalmente un avverbio locativo, ma si possono avere anche avverbi temporali (fare prima, venire dopo, fare tardi, fare presto), ➔ deittici (essere lì (lì), buttare là), di modo (volere bene, andare male, parlare chiaro) e di quantità (mancarci poco, venire meno). Una particolare sottoclasse di verbi sintagmatici è costituita da verbi pronominali del tipo farsela sotto, prenderla male (Simone 1997; ➔ pronominali, verbi).
Alcuni verbi polirematici sono seguiti, anziché da una particella, da sintagmi preposizionali fissi: mettere in moto, essere di guardia, stare sull’avviso. Infine, anche tra i verbi polirematici possiamo trovare strutture binomiali, sebbene si tratti di pochissime forme (andare e venire, leggere e scrivere).
Una particolare sottoclasse di verbi polirematici è costituita dalle costruzioni a verbo supporto (➔ verbi supporto), cioè costruzioni verbali del tipo Verbo + Nome (prendere coraggio) o Verbo + Aggettivo (fare buio) in cui il significato lessicale pieno è garantito dal nome o dall’aggettivo, mentre il verbo ha solo una funzione di supporto grammaticale.
Le polirematiche vanno distinte da un altro tipo di espressioni, le ➔ collocazioni, dato che spesso le due categorie vengono impropriamente confuse o accomunate.
La differenza consiste in questo: mentre le polirematiche sono coese sia dal punto di vista paradigmatico sia dal punto di vista sintagmatico, le collocazioni sono strutture fisse solo dal punto di vista paradigmatico (poiché, dato un certo tipo di base X, si avrà necessariamente un dato collocato Y), ma non sintagmatico (ovvero l’espressione può subire manipolazioni di tipo sintattico).
Un’espressione come bandire un concorso sarà quindi una collocazione e non una polirematica, perché, pur essendo obbligatoria la scelta di bandire in collegamento con concorso, la costruzione può subire modificazioni sintattiche: ad es., si può avere la costruzione passiva (il concorso è stato bandito) o modificare un elemento interno (hanno bandito molti concorsi).
Anche le costruzioni a verbo supporto vanno tenute distinte dalle collocazioni del tipo Verbo + Nome (bandire un concorso) menzionate sopra. Le costruzioni a verbo supporto sono infatti dotate, come tutte le polirematiche, di una maggiore coesione sintagmatica, che impedisce la loro manipolazione sintattica: non è possibile, ad es., passivizzare una costruzione a verbo supporto: ho preso coraggio ~ *(il) coraggio è stato preso (da me).
Tra gli aggettivi polirematici, un ruolo predominante è ricoperto da quelli che hanno la forma di un ➔ sintagma preposizionale (alla perfezione, in scala, su misura). Come fa notare Voghera (2004: 66-67), questa è la struttura principale anche degli avverbi polirematici (a caldo, sulla carta), anzi spesso la stessa stringa può fungere sia da aggettivo sia da avverbio secondo il contesto sintattico: la polirematica in bianco, ad es., ha funzione di aggettivo in pasta in bianco, di avverbio in mangiare in bianco. Sia per gli aggettivi (4), che per gli avverbi (5) si possono individuare quindi le seguenti strutture:
(4)
Aggettivi polirematici
a. Preposizione + Nome o Aggettivo: fuori stagione, in bianco
b. Preposizione + Determinante + Nome o Aggettivo: alla mano, al verde
(5)
Avverbi polirematici
a. Preposizione + Nome o Aggettivo: a rate, a caldo
b. Preposizione + Determinante + Nome o Aggettivo: sulla carta, al verde
Come già accennato, anche i binomi irreversibili formano aggettivi; le strutture binomiali che formano polirematiche aggettivali sono date in (6):
(6)
Aggettivi polirematici formati da binomi irreversibili
a. Aggettivo + Congiunzione + Aggettivo: vero e proprio
b. Nome + Congiunzione + Nome: acqua e sapone
c. Verbo + Congiunzione + Verbo: usa e getta
d. Preposizione + Nome + Congiunzione + Nome: senza arte né parte
Alla classe degli aggettivi polirematici sono ascrivibili inoltre le strutture Aggettivo + Aggettivo di subordinativo (bianco sporco, rosa pallido).
Infine Voghera (2004) cita ancora casi del tipo Aggettivo + Aggettivo (papale papale) e del tipo Nome + Nome (terra terra), che però possiamo considerare come casi di ➔ raddoppiamento espressivo (➔ lessicalizzazione): raddoppiamenti di questo tipo si trovano anche tra gli avverbi polirematici: Avverbio + Avverbio (così così).
Passando agli avverbi, a parte i tipi principali illustrati in (5), si possono individuare altri tipi, tra cui:
(a) configurazioni in cui un primo sintagma preposizionale «svolge la funzione di preposizione complessa» (Voghera 2004: 67): a contatto di gomito, a giro di posta, a portata di mano, a rotta di collo;
(b) strutture con le preposizioni discontinue di … in …, e da … a …, che indicano trasferimento o passaggio: di male in peggio, dalla padella alla brace;
(c) il tipo porta a porta, giorno per giorno, formato da due nomi uguali uniti da preposizione;
(d) il tipo culo a terra, mani in alto, pancia all’aria, spalle al muro, tette al vento, formato da un nome seguito da un sintagma preposizionale;
(e) il tipo Avverbio + Preposizione + Avverbio (su per giù).
Infine, anche nel dominio avverbiale troviamo binomi irreversibili, nelle seguenti forme:
(7)
Avverbi polirematici formati da binomi irreversibili
a. Avverbio + Congiunzione + Avverbio: avanti e indietro, più o meno
b. Nome + Congiunzione + Nome: anima e corpo, notte e giorno
c. Preposizione + Nome + Congiunzione + Preposizione + Nome: per filo e per segno.
Oltre alle quattro parti del discorso maggiori, si possono trovare polirematiche anche tra le minori, che, come accennato, tendono ad essere fortemente lessicalizzate e molto meno soggette a variazioni. Si avranno pertanto (da Voghera 2004):
(a) pronomi polirematici (noi altri, qualche cosa, chissà cosa, checché sia, lo stesso, il tal dei tali, questo e quello);
(b) preposizioni polirematiche (a carico di, di fronte a, nell’arco di, assieme a, rispetto a, quanto a);
(c) congiunzioni polirematiche (prima che, nonostante che, dal momento che, fermo restando che, nella misura in cui, in quanto);
(d) interiezioni polirematiche (santo cielo, mamma mia, mondo cane, buonanotte al secchio, per carità, in bocca al lupo, ben detto, apriti cielo).
Le ultime formazioni sono particolarmente interessanti in quanto si riallacciano alla sfera, più propriamente pragmatica, dei ➔ segnali discorsivi e dei ➔ convenevoli (piacere di conoscerla, per favore, grazie mille), che costituiscono un dominio di studio a parte.
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Dardano, Maurizio (1978), La formazione delle parole nell’italiano di oggi. Primi materiali e proposte, Roma, Bulzoni.
De Mauro, Tullio (1999), Introduzione, in GRADIT 1999-2007, vol. 1º, pp. VII-XLII.
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