Partecipazione politica
Le costituzioni delle moderne democrazie di massa riconoscono a tutti i cittadini il diritto di partecipare alla vita politica in varie forme: esprimendo i loro punti di vista, associandosi con altri in organizzazioni politiche o politicamente rilevanti, partecipando alle consultazioni elettorali, cercando di influenzare in un senso o nell'altro le élites politiche e quindi le decisioni del sistema politico, e in altri modi ancora. Naturalmente il 'repertorio' delle forme di partecipazione varia da contesto a contesto anche in funzione della cultura politica di un paese, delle sue caratteristiche socioeconomiche e dell'evoluzione tecnologica. Inoltre esso è normalmente soggetto a mutazioni nel tempo: alle forme di partecipazione prevalenti in un dato momento si vengono ad aggiungere, in maniera a volte graduale e a volte improvvisa, nuovi modi di coinvolgimento nella sfera politica.
Nel corso dell'ultimo mezzo secolo il tema della partecipazione politica è stato oggetto di molte ricerche di sociologia politica e di scienza della politica. Alcuni studiosi hanno concentrato la loro attenzione sulle diverse forme di partecipazione, sulle quote di cittadini coinvolti in questa o quella forma, sui fattori che tendono a favorire o, inversamente, a inibire comportamenti partecipatori. Un altro filone di ricerca si è soffermato invece sulle connessioni tra i livelli e le forme della partecipazione politica di massa da un lato e il funzionamento del sistema politico dall'altro. Altre riflessioni, infine, riguardano le misure che possono venire adottate per aumentare le possibilità di partecipazione e favorire lo sviluppo di una cultura politica che incoraggi i cittadini a prendere parte alla vita della loro comunità.
Da qualunque punto di vista lo si guardi, è evidente che quello della partecipazione dei cittadini alla vita politica è un tema di notevole importanza, perché dalla natura del rapporto tra cittadini, gruppi e istituzioni politiche che caratterizza un sistema politico dipende, in ultima analisi, la qualità stessa della democrazia.
In apparenza definire la partecipazione politica può sembrare un compito facile: partecipare vuol dire 'prendere parte' alla 'vita politica' della società in cui si vive, alle attività politiche della propria comunità. Ma basta un momento di riflessione per rendersi conto che i due termini di questa espressione sono piuttosto ambigui e possono facilmente prestarsi a interpretazioni diverse. Intanto, che cosa significa 'prendere parte', quale tipo di comportamento può essere considerato a tutti gli effetti un atto di partecipazione? E, in secondo luogo, dove vanno collocati i confini tra la sfera della politica e le molte altre sfere di cui si compone il sociale?
Queste ambiguità di fondo spiegano perché il concetto di partecipazione politica non venga sempre inteso in maniera univoca. Gli studi sul tema testimoniano, anzi, l'esistenza di visioni notevolmente diverse del fenomeno. Da un lato vi è chi preferisce una definizione ristretta del concetto, che porta a classificare come comportamenti partecipativi solo alcuni tipi di azione, come ad esempio l'esercizio del voto, la militanza in un movimento politico, l'appoggio dato a un candidato, la richiesta di intervento da parte di un organo di governo per risolvere un problema e via dicendo. Dall'altro troviamo definizioni più ampie, che fanno rientrare nel concetto di partecipazione politica ogni azione che direttamente o indirettamente miri a proteggere determinati interessi o valori (consolidati o emergenti), o sia diretta a mutare o a conservare gli equilibri di forza nei rapporti sociali. In questa seconda prospettiva rientrerebbero tra le forme di partecipazione anche molte azioni intraprese dai cittadini nell'ambito di sfere sociali diverse e solo indirettamente collegate a quella comunemente definita come politica.
Al fine di circoscrivere il fenomeno può essere rilevante anche l'elemento soggettivo, il significato che gli attori attribuiscono alle loro azioni. Così, ad esempio, per alcuni cittadini prendere parte attivamente alla vita di un'associazione non politica (ricreativa, religiosa, sindacale) può venire vissuto come una esperienza politicamente rilevante. Per altri, invece, anche un atto obiettivamente classificabile come partecipazione politica (ad esempio il voto) può essere compiuto in maniera meccanica e accompagnarsi a sentimenti di estraneità rispetto alla vita della comunità politica.
Come si è visto dagli esempi riportati sopra, la partecipazione dei cittadini alla vita politica della loro comunità può assumere modalità diverse. Queste differenze costituiscono la base di alcune classificazioni proposte dagli studiosi.
Una prima distinzione è quella tra forme 'visibili' e 'non visibili' di partecipazione. Rientrano nel primo gruppo alcuni comportamenti, per così dire, 'pubblici', come recarsi a votare, raccogliere firme, presenziare a manifestazioni, militare in gruppi politici e via dicendo. In tutti questi casi e in altri similari si tratta di forme di impegno diretto nella vita della comunità, di presenza del cittadino in prima persona, ancorché in ruoli minori, nella sfera politica. La partecipazione visibile è certamente un aspetto importante del fenomeno, ma non lo esaurisce. Accanto a queste forme più esplicite di partecipazione ne esistono altre meno visibili, ma non per questo meno significative, che riguardano il grado di coinvolgimento psicologico dei singoli nelle vicende politiche della società in cui vivono. È possibile partecipare seguendo con interesse le fasi e gli sviluppi delle vicende politiche, valutando positivamente o negativamente le azioni e le dichiarazioni dei protagonisti, i dibattiti tra i gruppi o le decisioni dei governanti, mantenendosi informati sulle questioni del giorno, e anche gioendo o soffrendo per l'andamento della vita politica.
Una seconda distinzione proposta è quella tra le forme di partecipazione 'istituzionalizzata' (che alcuni autori chiamano anche 'convenzionale') e quelle di partecipazione 'non istituzionalizzata'. Il criterio distintivo è costituito dall'aderenza o meno dei comportamenti partecipativi a norme giuridiche o sociali e ad aspettative prevalenti in un dato sistema politico. La partecipazione istituzionalizzata è quella che si svolge nell'ambito di strutture a ciò predisposte, comunemente percepite come canali di espressione e di azione, e quindi in forme socialmente previste e ampiamente accettate. Quella istituzionalizzata è dunque una partecipazione 'normale' che rientra, per così dire, nella routine della vita politica.
Fanno invece capo alla seconda categoria i comportamenti di singoli cittadini o di gruppi non allineati con i modi di azione tradizionalmente accettati e che si svolgono al di fuori delle strutture esplicitamente previste. Come indica il termine, le forme di partecipazione 'non convenzionale' costituiscono in un determinato momento storico una qualche rottura rispetto agli schemi tradizionali. Esse rappresentano per definizione una novità rispetto al passato e sono spesso oggetto di controversie che riguardano la loro stessa legittimità. Queste forme di partecipazione si sviluppano spesso contestualmente alla nascita di movimenti collettivi di vario genere (femministi, studenteschi, ecologisti, antiabortisti, autonomisti, antinucleari, di rivolta fiscale, ecc.), che portano sulla scena politica le loro istanze al di fuori dei tradizionali canali di rappresentanza. Naturalmente, il carattere 'non convenzionale' di queste forme di partecipazione non può essere duraturo. Col passare del tempo, mano a mano che aumenta la diffusione di questi comportamenti e la loro accettazione, essi si trasformano da fenomeni nuovi e devianti in esperienze acquisite e legittime, e finiscono con l'entrare nel repertorio della partecipazione istituzionalizzata.
Una terza distinzione, che tuttavia è rilevante solo all'interno della partecipazione non istituzionalizzata, è quella che fa riferimento al carattere più o meno pacifico o violento delle azioni dei cittadini nell'ambito della sfera politica. Nella grande maggioranza dei casi queste si svolgono in maniera ordinata e del tutto pacifica, ma possono occasionalmente sfociare in episodi di violenza. Questi sono più frequenti nelle fasi di forte polarizzazione della vita sociopolitica, e vedono coinvolti sia gruppi antagonisti di cittadini tra loro contrapposti sia le forze dell'ordine, in una spirale di azioni e reazioni. Fattispecie di questo tipo sono maggiormente probabili nelle società nelle quali sono presenti movimenti o partiti antisistema, che non accettano in pieno le regole del gioco e utilizzano questi comportamenti al fine di destabilizzare la comunità politica o modificarne gli assetti. Le forme non pacifiche di partecipazione politica hanno normalmente carattere episodico o si esauriscono alla fine di cicli più o meno brevi. Quando il ricorso a forme non pacifiche di partecipazione diventa endemico, esso segnala la presenza di gravi e persistenti difficoltà di funzionamento di un sistema democratico, che a lungo andare ne possono mettere a rischio la stessa sopravvivenza.
Le modalità specifiche della partecipazione nei regimi democratici variano da contesto a contesto in funzione di diversi fattori. Tra questi vanno ricordati la configurazione della struttura sociale, il grado di sviluppo economico, le particolari caratteristiche del sistema politico, la cultura politica prevalente e l'eventuale presenza di subculture a base etnica, linguistica o ideologica, le tradizioni radicate nelle esperienze del passato e trasmesse da una generazione all'altra. La combinazione di questi diversi elementi fa sì che alcune forme di partecipazione siano più frequentemente praticate in alcuni paesi e invece poco utilizzate o del tutto assenti in altri contesti. È questo il caso, ad esempio, di comportamenti quali il versamento di contributi in denaro ai candidati, il boicottaggio di prodotti, la pratica di indirizzare lettere al proprio parlamentare, tutte modalità di partecipazione piuttosto comuni nei paesi anglosassoni, ma generalmente poco diffuse nelle democrazie dell'Europa meridionale.
Va osservato, tuttavia, che anche nel campo della politica di massa, come in molti altri settori - grazie ai crescenti e massicci flussi informativi su scala mondiale e ai fenomeni di imitazione sociale -, si è verificato un graduale processo di omogeneizzazione dei comportamenti e delle culture politiche che hanno ridotto, anche se non eliminato del tutto, le differenze un tempo esistenti tra paese e paese.
La gamma delle forme di partecipazione più comunemente utilizzate nelle società democratiche contemporanee è sinteticamente descritta nella tab. I.
Il repertorio delle possibili modalità di azione del cittadino nella sfera politica comprende attività individuali e di gruppo, attinenti alla sfera privata e a quella pubblica, in forme convenzionali e non convenzionali, a tutela di interessi particolari o generali. L'elenco non ha pretese di completezza e, ovviamente, non intende offrire indicazioni sull'importanza di questa o quella forma di partecipazione, ma serve semplicemente a illustrare la vasta gamma di opzioni aperte al cittadino e di fatto utilizzate con maggiore o minore frequenza nei sistemi politici contemporanei.
L'evoluzione delle forme di partecipazione, con l'emergere di nuove modalità che prima si affiancano a quelle più tradizionali e poi gradualmente le soppiantano, è legata a diversi aspetti dei processi di trasformazione della società. Sui comportamenti partecipativi hanno inciso, ad esempio, l'aumento dei livelli di istruzione, le modifiche nell'organizzazione e negli orari di lavoro, i processi di urbanizzazione prima e di suburbanizzazione poi, i mutamenti dello stile di vita, e altri fattori ancora. Particolare rilevanza tra questi assume il mutamento tecnologico, in particolare per i suoi riflessi sulla quantità e qualità dei flussi della comunicazione sia all'interno di un paese che tra un paese e l'altro. L'importanza dei canali di informazione agli effetti della partecipazione politica non richiede sottolineature. Basta pensare alle modifiche nel rapporto tra cittadini e sfera politica introdotte prima dalla diffusione della radio e poi da quella della televisione. In tempi più recenti la tecnologia e la riduzione dei costi hanno messo a disposizione del ceto politico e di un numero progressivamente più ampio di cittadini nuovi strumenti di comunicazione a due vie. È il caso dei collegamenti via fax crescentemente utilizzati sia dai candidati nel corso delle campagne elettorali sia dagli elettori che vogliono rendere noti i loro punti di vista sulle questioni dibattute nell'arena politica.
Trasformazioni ancora più radicali sono in vista nel prossimo futuro come conseguenza del progressivo ampliamento delle reti telematiche ora in corso che presumibilmente porterà alla creazione di vere e proprie 'piazze elettroniche', luoghi virtuali di scambio di informazioni e di interazioni politicamente significative. Per il momento il fenomeno interessa ancora segmenti sociali molto limitati, e non è chiaro quali saranno le implicazioni dell'applicazione delle nuove tecnologie. Non vi è dubbio, tuttavia, che a lungo andare l'apertura di nuovi canali di comunicazione avrà significative conseguenze per le opportunità di partecipazione dei cittadini alla vita politica.
Nel corso dell'ultimo mezzo secolo il fenomeno della partecipazione nei sistemi politici democratici è stato oggetto di numerosi studi di sociologia politica e scienza della politica. Un primo compito assolto da queste ricerche è quello di accertare quanti siano i cittadini che di fatto si avvalgono delle opportunità loro offerte di prendere parte, in un modo o nell'altro, alla vita della loro comunità. La diversità delle tecniche di rilevazione utilizzate, delle popolazioni studiate e dei contesti geotemporali in cui sono state svolte queste ricerche rende impossibile dar conto nei dettagli dei risultati cui sono pervenuti gli studiosi. Dalla grande mole dei dati raccolti emergono, tuttavia, alcune proposizioni di carattere generale.
La prima proposizione riguarda le differenze tra i tassi di partecipazione che si riscontrano nei diversi sistemi politici. Le analisi comparate mostrano che alcune forme di partecipazione sono più comuni in alcuni contesti che in altri. Ad esempio, negli Stati Uniti i tassi di partecipazione elettorale sono notevolmente inferiori a quelli che normalmente si riscontrano nelle democrazie europee; di converso, i cittadini americani sono molto più propensi a iscriversi a vari tipi di associazioni e a partecipare alla loro attività. Anche dal punto di vista della partecipazione 'non visibile' esistono significative variazioni, come indicano i dati riportati nella tab. II, relativi al grado di interesse per la politica manifestato dalle popolazioni dei paesi della Comunità Europea. Quali siano i fattori associati a queste variazioni non è stato ancora accertato con precisione. È ragionevole supporre che le differenze documentate dalle ricerche siano riconducibili per un verso alle diversità di tradizioni e cultura politica e, per un altro, a una varietà di vincoli e incentivi normativo-istituzionali.
La seconda proposizione riguarda le differenze che si riscontrano all'interno di una stessa comunità politica. A questo proposito tutte o quasi le ricerche indicano l'esistenza di forti disparità nei tassi di partecipazione che caratterizzano i diversi segmenti della popolazione. In sostanza, risulta che a un repertorio di comportamenti partecipativi, teoricamente disponibile a tutti i cittadini adulti, corrisponde una utilizzazione assai differenziata sia dal punto di vista delle forme che della intensità della partecipazione. Queste differenze riguardano praticamente tutte le forme di partecipazione: l'iscrizione e le attività svolte nell'ambito di associazioni politiche o politicamente rilevanti; la presenza a manifestazioni collettive; l'interesse e il coinvolgimento personale nella sfera politica; le conoscenze relative alle istituzioni politiche e ai problemi della comunità; l'esposizione ai flussi della comunicazione politica; l'intervento attivo nel corso delle campagne elettorali. Le ricerche comparate hanno dimostrato che questa disomogeneità è presente, in forma più o meno accentuata, in tutte le democrazie contemporanee, non solo quelle di recente costituzione o ri-costituzione, ma anche in quelle che hanno origini più antiche e radici più profonde.
Con riferimento all'Italia il fenomeno può essere illustrato con i dati di studi recenti (v. tab. III). Come si può agevolmente vedere, anche in una fase particolarmente vivace della vita politica erano piuttosto esigue le quote di cittadini italiani coinvolti in alcune tipiche forme di partecipazione (iscrizione a partiti, presenza a manifestazioni, ecc.). Più ampi, ancorché sempre minoritari, i segmenti della cittadinanza toccati dai flussi della comunicazione politica interpersonale o inseriti nei circuiti di quella di massa. Diverse nei dettagli, ma simili nella sostanza, sono le indicazioni provenienti da altri studi condotti su settori particolari dell'elettorato, come quello dei giovani, degli operai, delle donne, ecc.
Dalle diverse analisi in tema di partecipazione emerge con chiarezza l'esistenza di una configurazione di tipo piramidale, una sorta di struttura a strati progressivamente più ampi o, partendo dal basso, progressivamente più ristretti. Al vertice di questa struttura troviamo un nucleo piuttosto ridotto di cittadini che alla luce di diversi indicatori di partecipazione risultano fortemente impegnati nella sfera della politica, e che potremmo convenzionalmente designare col termine di militanti. Appena sotto questo primo strato vi è una seconda e più ampia fascia di persone che costituisce quella che è stata chiamata 'l'opinione pubblica attenta', o lo strato dei 'cives' o 'spettatori'. Si tratta di elettori politicamente meno coinvolti di quelli del primo gruppo, ma che tuttavia seguono con una certa attenzione i dibattiti sulle questioni del momento e risultano sostanzialmente inseriti nella vita politica, anche se in ruoli meno impegnativi. Un terzo e quarto segmento, rispettivamente quello dei cittadini disimpegnati e quello dei cittadini definibili come marginali, raccolgono quei settori della popolazione che sono generalmente poco informati, scarsamente interessati e solo perifericamente coinvolti nelle vicende della vita politica.
Naturalmente la determinazione del numero degli strati è in una certa misura arbitraria, e le misure dell'ampiezza di ciascun segmento dipendono in parte dalla congiuntura e, in parte, dai particolari aspetti dei fenomeni studiati. Alla metà degli anni ottanta la configurazione della partecipazione politica in Italia era quella illustrata nella figura. Alla luce di ricerche più recenti non vi sono ragioni di credere che il quadro di insieme sia sostanzialmente cambiato nel corso dell'ultimo decennio.
Perché alcuni settori della cittadinanza partecipano attivamente mentre altri rimangono invece ai margini della vita politica della loro comunità? A quali fattori può essere ricondotta questa diversità di comportamenti? Agli interrogativi di questo genere gli studiosi hanno dato risposte diverse anche in funzione delle particolari caratteristiche dei contesti studiati.
Una prima risposta a questi quesiti è stata cercata nella presenza o assenza a livello individuale di alcune caratteristiche socioeconomiche che possono facilitare, o inibire, il coinvolgimento dei singoli nella sfera politica. Secondo questa tesi, le variazioni nei tassi di partecipazione possono essere in buona parte ricondotte al grado di centralità o di marginalità sociale degli individui. Prendere parte alla vita politica è più facile per chi è istruito, gode di un reddito medio-alto, svolge attività professionali di un certo tipo, è inserito in una rete di rapporti sociali nella propria comunità che lo avvicinano alla sfera della politica. E, di converso, la partecipazione, almeno in alcune sue forme, è resa difficile per coloro che, per una ragione o per l'altra, occupano ruoli sociali periferici. È una tesi plausibile e corredata da numerosi riscontri offerti dalle ricerche comparate sul tema, che dimostrano come il possesso di risorse (conoscitive, economiche o anche di quantità di tempo a disposizione) sia collegato a comportamenti partecipativi.
Una seconda tesi, in larga misura complementare alla prima, mette in risalto l'importanza che assume la presenza nell'ambiente sociale in cui si muovono i cittadini di associazioni o reti organizzative che con le loro iniziative costituiscono occasioni di partecipazione anche per quelle fasce della cittadinanza meno portate a essere coinvolte nella sfera politica. È infatti ragionevole supporre che là dove sono presenti strutture associative funzionanti esse costituiscano agenti di mobilitazione che stimolano o facilitano comportamenti partecipativi da parte di settori più o meno ampi della popolazione. In sostanza, mentre la prima tesi fa perno sulle risorse, questo secondo punto di vista sottolinea l'importanza delle opportunità che il contorno sociale mette a disposizione dei cittadini.
In aggiunta alla distribuzione differenziale di risorse e di opportunità vi è un ulteriore elemento di cui occorre tener conto per spiegare in maniera soddisfacente le variazioni nei tassi di partecipazione. Questi paiono essere collegati, almeno in una certa misura, anche a fattori socioculturali, cioè all'esistenza in un determinato milieu sociale con particolari configurazioni di valori e di orientamenti, di definizione dei ruoli, di aspettative prevalenti, ecc. Tutti questi tratti culturali possono funzionare volta a volta o come elementi di stimolo e di sostegno della partecipazione o da veri e propri freni inibitori. Basta pensare agli effetti che potrebbe avere sui tassi di partecipazione una definizione largamente condivisa della politica come 'cosa sporca', 'attività pericolosa' o 'non adatta alle donne'. A questo riguardo va segnalata l'importanza che possono avere per i diversi settori dell'elettorato i sentimenti di appartenenza dei singoli a particolari subculture o 'famiglie politiche', in alcune delle quali l'impegno nella vita della propria comunità costituisce un valore mentre in altre non lo è.
Da ultimo è utile prendere in considerazione anche quella che si potrebbe chiamare la tesi della 'disaffezione indotta'. Secondo questo punto di vista, se i tassi di partecipazione sono relativamente bassi e molti cittadini vivono ai margini della vita politica, ciò è dovuto non tanto al loro disinteresse o alle loro carenze culturali quanto piuttosto alla natura stessa delle forme di partecipazione prevalenti nei sistemi democratici contemporanei. A non invogliare o a scoraggiare presto i cittadini concorrerebbero due ordini di cause. In primo luogo le difficoltà del cittadino comune nel seguire il dibattito politico, condotto spesso con un linguaggio volutamente oscuro o bizantino e per di più incentrato su questioni complesse che quasi sempre richiedono conoscenze specialistiche. Chi si avventura in questo labirinto senza il necessario equipaggiamento non può che smarrirsi e finisce col ritirarsi dall'arena politica deluso o frustrato. La disaffezione potrebbe trovare origine, in secondo luogo, nel fatto che le forme più comuni di partecipazione aperte ai cittadini non consentirebbero loro di prendere davvero parte in prima persona e come attori principali ai processi di decisione della comunità. In sostanza, l'apatia nascerebbe come risposta di chi sarebbe disposto a partecipare, ma si rende subito conto che farlo nell'ambito dei canali tradizionali non modificherebbe in maniera significativa il suo ruolo di cittadino sostanzialmente escluso dai processi decisionali più importanti.
Solo il superamento della democrazia rappresentativa - dicono i sostenitori di questa tesi - e il passaggio a forme di democrazia diretta consentirebbe di superare la crisi di partecipazione che, in misura maggiore o minore, caratterizza tutti i sistemi politici contemporanei.
Le ricerche e le riflessioni sul rapporto tra cittadini e sfera politica sollevano importanti questioni relative alla natura e alla qualità delle democrazie di massa così come queste si sono venute concretamente configurando nel corso del XX secolo. Le risultanze di questa esperienza indicano che i livelli medi di partecipazione dei cittadini alla vita politica sono molto al di sotto degli standard esplicitamente o implicitamente fissati dalle teorie normative della democrazia. Nonostante i miglioramenti intervenuti sul piano socioeconomico, alla fine del secolo il cittadino reale è ancora assai diverso dal modello descritto e auspicato dai libri di educazione civica.
Ma questa constatazione, ampiamente condivisa dagli studiosi della materia, non porta a conclusioni univoche. Da un lato c'è chi ritiene che i livelli di partecipazione comunemente riscontrati negli attuali sistemi democratici siano in larga misura 'fisiologici' e difficilmente modificabili, almeno nel breve periodo. Per definizione la partecipazione non può che avere carattere di spontaneità e dipende, in ultima analisi, dalla disponibilità dei cittadini a dedicare alla politica parte del loro tempo e delle loro risorse (intellettuali e materiali) a scapito di altre attività. È certo possibile e auspicabile che i membri della società assumano un ruolo più attivo in politica. Ma per la sua stessa natura l'etica democratica non può prescrivere obblighi inderogabili di partecipazione, quantomeno non obblighi associati a sanzioni.
Dall'altro lato c'è chi vede nel deficit di partecipazione popolare alla vita politica la prova che le democrazie contemporanee sono ancora largamente imperfette, ma sicuramente perfettibili. La qualità della democrazia potrebbe sensibilmente migliorare con un più esteso e intenso coinvolgimento della cittadinanza nell'arena politica. Una maggiore partecipazione contribuirebbe a formare cittadini più informati e competenti, e darebbe anche maggior voce ai valori e agli interessi di settori della popolazione ora inadeguatamente rappresentati. Un'opinione pubblica più attiva e coinvolta lascerebbe minor spazio all'azione dei gruppi di pressione portatori di interessi particolari, limitandone l'influenza sulle decisioni della comunità. Ne risulterebbero altresì maggiori e più incisivi stimoli per la classe politica, periodicamente sottoposta al giudizio di elettori più maturi e in grado di decidere a ragion veduta e, per questo, meno influenzabili da eventuali pressioni o da suggestioni superficiali.
In sintesi: un deciso miglioramento del quadro della partecipazione a livello di massa non potrebbe che avere ripercussioni positive sulla performance complessiva del sistema politico. È una tesi condivisibile, ma che non affronta il problema di come possa venire colmato il deficit di partecipazione che caratterizza le democrazie contemporanee.
(V. anche Democrazia; Elezioni: comportamenti elettorali; Movimenti politici e sociali; Partiti politici e sistemi di partito).
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