patriarcato
Nel cristianesimo, è il più alto grado di dignità e di giurisdizione dell’episcopato, attestato sicuramente dal tempo del Concilio di Nicea (325), ma già anteriormente riconosciuto ai metropoliti di Roma (per l’Occidente), di Antiochia (per la Siria), di Alessandria (per l’Egitto). Il p., che non va confuso col primato romano sulla Chiesa, veniva giustificato col fatto che i vescovi di Roma e di Antiochia erano successori di Pietro (che era stato vescovo di Antiochia prima di esserlo di Roma), mentre quello di Alessandria era successore di Marco, delegato da Pietro in Egitto. Il titolo di p. fu poi riconosciuto a Costantinopoli (381), come nuova Roma, e a Gerusalemme col Concilio di Calcedonia (451). A questi cinque p., cui corrispondevano le basiliche patriarcali di Roma, se ne aggiunsero, sotto la spinta delle circostanze storiche, altri (p. latini d’onore): così, in conseguenza dello scisma dei Tre capitoli, alla fine del sec. 6° Aquileia si proclamò, contro Roma, p., prerogativa che conservò anche dopo la riconciliazione con Roma, mentre, divisa la diocesi di Aquileia in Aquileia e Grado, le due città si proclamarono entrambe p. (in seguito, unita Grado a Venezia nel 1451, il p. fu trasferito a Venezia; il p. di Aquileia fu invece soppresso nel 1751). Durante le crociate, poi, si costituirono i p. latini di Alessandria, Antiochia e Costantinopoli, che divenuti in seguito titolari, sono stati soppressi nel 1964; inoltre, dopo la scoperta dell’America, fu istituito un p. per le Indie occidentali con sede a Madrid (1540), nel 1716 fu creato il p. di Lisbona e infine, nel 1886, un p. per le Indie orientali, con sede a Goa. Le grandi eresie cristologiche, complicate da fermenti etnici, avevano intanto staccato, a partire dal sec. 5°, dall’unità della Chiesa varie nazioni dell’Oriente, che si costituirono in p. autonomi (p. scismatici); alcuni nuclei rimasero tuttavia uniti a Roma o si riunirono nei secoli successivi, e per il conseguimento di queste unioni ha avuto grande importanza il riconoscimento, al capo di ogni singolo rito, della dignità di patriarca: vi sono quindi un p. di Gerusalemme dei latini (dal 1847), un p. di Alessandria dei copti (dal 1824), i p. di Antiochia dei melchiti (dal 1722), dei siri (dal 1783) e dei maroniti, un p. di Babilonia dei caldei (dal 1553), un p. di Sis e Cilicia degli armeni (dal 1742). I poteri connessi col p., già assai estesi, sono oggi per i patriarchi di rito latino ridotti in pratica a quelli d’ogni metropolita; più vasti poteri sono riconosciuti ai patriarchi di rito orientale e variano secondo i decreti di unione. Per quanto riguarda i più antichi p. della Chiesa ortodossa, e cioè il p. degli armeni con sede a Ečmiadzin, il p. dei nestoriani di Caldea, il p. dei monofisiti di Siria, il p. dei copti di Alessandria, essi hanno visto diminuita la loro importanza e autorità, per la tendenza autonomista delle varie Chiese nazionali che, divenute autocefale, sono rette da patriarchi: Mosca, Belgrado, Bucarest, Georgia, Sofia. Essi riconoscono tuttavia il patriarca di Costantinopoli quale primus inter pares.