Patto di Stabilita e Crescita [PSC]
Patto di Stabilità e Crescita (PSC) Accordo, varato nel giugno 1997 dal Consiglio europeo, più volte riformato nel periodo 2005-11, infine trasformato nel fiscal compact (➔). Esso mira a garantire la disciplina di bilancio degli Stati membri della UE per evitare disavanzi pubblici eccessivi e contribuire così alla stabilità monetaria. Tra i criteri di convergenza stabiliti nel Trattato di Maastricht (➔) per l’ammissione dei singoli Paesi all’unione monetaria (criteri di Maastricht), ne figurano due di natura fiscale: deficit di bilancio pubblico inferiore al 3% del PIL e debito pubblico inferiore al 60% del PIL, o in costante diminuzione verso questo limite di riferimento. La ragione di ciò risiede nell’obiettivo primario di prevenire l’instabilità monetaria e l’inflazione, viste come il risultato di grandi disavanzi pubblici, con l’idea di base che, non potendo alla lunga finanziare i propri deficit nazionali mediante l’emissione di titoli sul mercato, i governi finiscano con il ricorrere alla banca centrale, spingendola ad aumentare così la quantità di moneta in circolazione. Di qui l’esigenza di porre un limite al processo di formazione del deficit e rendere permanente la disciplina fiscale, stabilendo un tetto massimo per il disavanzo e per lo stock di debito pubblico.
Il PSC definì dunque una dettagliata ‘procedura di deficit eccessivo’ unitamente all’impegno, condiviso da tutti i Paesi firmatari, a mantenere una posizione di bilancio pubblico di medio termine (circa 3 anni) «vicina al pareggio o in surplus». Furono anche previste sanzioni nei confronti degli Stati membri che non avessero messo in atto le azioni correttive prescritte. Tuttavia, le prime applicazioni di quei criteri fecero emergere una serie di problemi e alcuni elementi di debolezza, quali: la natura in qualche misura arbitraria del limite del 3% per i deficit di bilancio; l’asimmetria del PSC, che era vincolante in periodi di congiuntura negativa ma non lo era quando il ciclo risultava favorevole e i governi ne avrebbero potuto approfittare per costruirsi margini di sicurezza; gli aspetti politici relativi alle decisioni del Consiglio e la discutibile legittimità democratica delle istituzioni dell’Unione. Queste e altre difficoltà, legate al ristagno delle economie europee dei primi anni 2000, hanno portato, sotto la spinta dei governi di Francia e Germania, entrambi alle prese con forti aumenti dei loro deficit di bilancio, alla sospensione di fatto del PSC e all’introduzione di modifiche sostanziali nel Consiglio europeo tenutosi a Bruxelles il 22-23 marzo 2005. L’intento dichiarato era quello di prestare maggiore attenzione alla logica economica delle regole, per rafforzarne la credibilità e il rispetto, ma in realtà questi interventi correttivi alle disposizioni del PSC minavano seriamente la sua possibilità di applicazione.
L’esplosione della crisi finanziaria ed economica del 2008-09, e la conseguente crisi dell’euro (2010-11), hanno messo ulteriormente a nudo l’inadeguatezza dei meccanismi di sorveglianza del PSC. La più importante lezione della crisi è stata che la sola disciplina fiscale, per quanto necessaria, non è affatto sufficiente a garantire la stabilità macrofinanziaria dei singoli Paesi e dell’area monetaria europea nel suo complesso, come i casi dell’Irlanda e della Spagna, fiscalmente virtuose, confermano. Proprio per porre riparo a queste carenze il Consiglio europeo e il Parlamento europeo (sulla base di un lavoro preparatorio durato mesi) hanno approvato nel corso del 2011 alcune importanti riforme del PSC e della governance economica europea, il cosiddetto accordo six-pack. Tali riforme hanno introdotto novità importanti sul piano della prevenzione e della correzione degli squilibri di bilancio nazionali. Più in particolare, 3 dei 6 provvedimenti approvati riguardano i bilanci pubblici, due prevedono la costituzione di un nuovo sistema di allerta e sanzioni nel caso si verifichino squilibri economici, e uno stabilisce gli standard da seguire nella redazione dei conti pubblici nazionali. Nel dicembre 2011, poi, di fronte all’incalzare della crisi dell’euro, è stata siglata a Bruxelles una nuova intesa europea per il rafforzamento della disciplina di bilancio e il coordinamento delle politiche fiscali, il cosiddetto fiscal compact, che ha introdotto vincoli e sanzioni fiscali e di bilancio, in parte nuovi e in parte non dissimili da quelli già adottati con il six-pack.