Elemento portante della struttura istituzionale ed economica dell’Unione Europea (UE), l’unione economica e monetaria (UEM) è imperniata sull’adozione di una moneta unica (Euro) per tutti gli Stati aderenti e sull’applicazione dei principi di libertà nella circolazione dei capitali, delle merci e dei servizi (Libera circolazione dei capitali; Libera circolazione delle merci; Libera prestazione dei servizi).
Le origini dell’UEM. - La prospettiva dell’Unione economica e monetaria fu oggetto d’iniziative fin dagli esordi della Comunità Economica Europea (CEE). Il Trattato istitutivo, pur dedicandole tutto il titolo II della parte III, non assicurava alla politica macroeconomica il profilo di politica comunitaria. Gli Stati conservavano, in questo settore, autonomia decisionale e politica; gli interventi previsti, rispettosi delle prerogative nazionali, erano rivolti a sanare situazioni di breve periodo, soprattutto riguardanti i tassi di cambio e gli squilibri di bilancia dei pagamenti. Il Piano Werner, un progetto del 1970 che prospettava la realizzazione dell’unione sul piano economico e monetario, fu il primo serio tentativo in tale ambito. Esso conteneva importanti suggerimenti sui tassi di cambio e sull’integrazione dei mercati finanziari, sul coordinamento delle politiche macroeconomiche e sul sostegno allo sviluppo regionale. Non fu possibile dare seguito al programma per il crollo del sistema monetario a cambi fissi, con la sospensione della convertibilità del dollaro in oro il 15 agosto 1971.
Il Sistema monetario europeo (SME). - Nel 1972 gli Stati membri della CEE, con l’accordo di Basilea, istituirono il serpente monetario, un sistema di cambi tra le monete europee quasi fissi; era consentito un margine di fluttuazione bilaterale solo del 2,25%. Nel 1979 fu creato il Sistema monetario europeo (SME), che modificò il meccanismo di cambio precedente fondandolo su una moneta di riferimento, l’ECU (un paniere di monete, alla cui formazione concorreva ciascuna moneta nazionale in rapporto al peso economico del paese). Tale unità monetaria svolgeva le funzioni di parametro di riferimento nei cambi e base per l’indice delle oscillazioni; era anche indicatore per i meccanismi di credito e conguaglio fra le autorità monetarie. Lo SME prevedeva misure di sostegno monetario a breve termine e assistenza finanziaria a medio termine, oltre al coordinamento delle politiche economiche e di aiuto allo sviluppo regionale.
Dallo SME all’euro. - Alla fine degli anni 1980 il rinnovato interesse per un’unione economica e monetaria spinse il Consiglio europeo di Hannover del 1988 a costituire un comitato ad hoc dei governatori delle banche centrali presieduto da J. Delors, con il compito di predisporre un progetto. Tale progetto, approvato dal Consiglio europeo di Madrid del 1989, prevedeva la realizzazione per fasi successive; i termini e le modalità furono poi codificati nel Trattato sull’Unione Europea (Maastricht, 1992).
Il processo per la realizzazione dell’unione economica e monetaria europea si è articolato in 3 fasi. La prima fase ebbe inizio il 1° luglio 1990 e termine nel 1993. Il 1° gennaio 1994, con la nascita dell’Istituto monetario europeo (IME), si inaugurava la seconda fase: l’Istituto aveva il compito di rafforzare la cooperazione fra le Banche centrali europee e di coordinare le politiche monetarie, mettendo in atto i necessari presupposti per la creazione del Sistema europeo delle banche eentrali (SEBC). Nel periodo 1995-98, il Consiglio europeo e l’Istituto monetario compirono una serie di passi che condussero all’inizio della terza fase, il 1° gennaio 1999, con l’adozione della moneta unica. Nel dicembre 1995, il Consiglio decise di denominare la moneta unica euro, affidando all’Istituto monetario il compito di mettere in atto i lavori preparatori necessari per la sua concreta introduzione.
Nel giugno 1997, ad Amsterdam, il Consiglio europeo adottava un Patto di stabilità e crescita (PSC) che rafforzava l’impegno dei paesi aderenti al mantenimento di finanze pubbliche sane, fissando le regole da applicare nel caso in cui uno o più paesi non avessero rispettato i criteri dell’accordo di Maastricht. Nella stessa occasione, il Consiglio sottolineava l’esigenza primaria di combattere la disoccupazione e, sulla base di un precedente rapporto dell’Istituto monetario, adottava un meccanismo (il cosiddetto SME II) per mantenere agganciate all’euro le monete di quei paesi che non avessero aderito alla moneta unica fin dall’inizio del 1999. Le regole del PSC stabiliscono che il rapporto deficit/PIL del 3% può essere superato solo in via eccezionale (come nel caso di recessioni di particolare gravità); se il vincolo viene superato per altri motivi, il paese inadempiente sarà soggetto al pagamento di una multa, trattenuta in un deposito infruttifero per due anni. Il paese che non riassorba lo squilibrio entro 2 anni perde il diritto al rimborso della multa.
La zona euro. - Nel 1998, il Consiglio europeo ha individuato in Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna i primi 11 Stati dell’UE che soddisfacevano le condizioni necessarie per la partecipazione alla terza fase dell’UEM. Il 25 maggio 1998, i governi degli 11 paesi hanno nominato il presidente, il vicepresidente e 4 altri membri del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea, con effetto dal 1° giugno 1998. Questa data ha segnato la nascita della Banca Centrale Europea (BCE) che, insieme alle banche centrali dei paesi dell’UE, costituisce il Sistema europeo delle banche centrali, cui è demandata la responsabilità di formulare e attuare una politica monetaria unica. I partecipanti all’area dell’euro sono poi aumentati con l’entrata della Grecia il 1° gennaio 2001, della Slovenia il 1° gennaio 2007, di Cipro e Malta il 1° gennaio 2008, della Slovacchia il 1° gennaio 2009, dell’Estonia il 1° gennaio 2011, della Lettonia il 1° gennaio 2014, della Lituania il 1º gennaio 2015 e della Croazia il 1º gennaio 2023.
Libera circolazione dei capitali
Libera circolazione delle merci
Libera prestazione dei servizi