Saraceni, Paulo César
Regista cinematografico brasiliano, nato a Rio de Janeiro il 5 novembre 1933. È autore di un cinema che non può essere definito politico in senso stretto, in quanto piuttosto la conseguenza dell'adozione di un punto di vista che trasforma l'opera cinematografica in una forma di liberazione, poiché agisce sia sul piano dei sentimenti sia su quello della tecnica. Regista-autore autenticamente 'nôvista', ha fatto propria la lezione di Glauber Rocha e degli esponenti del Cinema Nôvo, una lezione giocata sul basilare concetto di verità, intesa come libertà creativa autenticamente brasiliana.
La formazione di S. è stata simile a quella di altri registi brasiliani: dopo studi universitari in giurisprudenza, lavorò in teatro, prima come attore poi come assistente alla regia, e collaborò come critico cinematografico con varie testate giornalistiche (tra cui il quotidiano "Jornal do Brasil") e con le personalità più sensibili al cambiamento culturale in atto in quegli anni, come Francisco de Almeida Salles e Paulo Emílio Salles Gomes. Nel 1958 firmò come regista il suo primo lavoro, il cortometraggio Caminhos e, l'anno seguente, con l'amico Mário Carneiro, il documentario Arraial do cabo, considerato un'anticipazione del Cinema Nôvo. Grazie a una borsa di studio vinta con Caminhos, nel 1961 poté frequentare in Italia i corsi di regia del Centro sperimentale di cinematografia di Roma, dove divenne amico di Bernardo Bertolucci e di Marco Bellocchio.
Di ritorno in Brasile, iniziò il suo primo lungometraggio, Porto das caixas (1962), lavorando alla sceneggiatura insieme all'amico scrittore Lúcio Cardoso; il film venne però contestato da settori della sinistra che lo giudicarono elusivo rispetto alle più scottanti questioni politiche e ideologiche. Una risposta a tali critiche può essere considerato il suo secondo lungometraggio, O desafio (1965), girato in tredici giorni, dove il regista propone una specie di inventario dei fallimenti politici della sinistra brasiliana. Il film, quasi in presa diretta, mette in scena i fatti militari dell'aprile del 1964 visti attraverso gli occhi di un giornalista, che assiste al contemporaneo naufragio del proprio progetto politico e sentimentale. Assieme a Terra em transe (1967) di G. Rocha e a O bravo guerreiro (1968) di Gustavo Dahl, quest'opera costituisce uno dei titoli più rappresentativi della seconda fase del Cinema Nôvo, in cui l'impianto realistico lascia spazio a momenti di riflessione, relativi soprattutto ai temi dell'identità nazionale.
Il rapporto con l'Italia continuò negli anni successivi (S. collaborò ad alcune sceneggiature), mentre in patria il regista si confrontò con M. de Assis, uno scrittore assai presente nel cinema brasiliano, sceneggiandone un'opera assieme a P.E. Salles Gomes: il risultato fu Capitu (1968), un film sulla cultura brasiliana nella sua linea femminista. Qualche anno dopo girò A casa assassinada (1971), seconda parte della cosiddetta trilogia della passione, formata dal precedente Porto das caixas e dal successivo O viajante (1999). Per A casa assassinada (nato da un vecchio progetto di portare sul grande schermo il romanzo di L. Cardoso Crônica da casa assassinada cui stava lavorando dal 1961) S., contrariamente alle sue abitudini, scelse il Cinemascope consapevole della dimensione epica che lo scrittore aveva voluto conferire a un dramma intimista. Nel 1978 fu la volta di Anchieta Josè do Brasil, incentrato su un personaggio storico, il padre gesuita Anchieta che tentò una fusione tra cultura indigena e religione cristiana.
Negli anni Ottanta S. è stato assente dalla scena cinematografica brasiliana, con l'eccezione di Ao sul do meu corpo (1983), film erotico-politico nelle intenzioni del regista, tratto da un racconto di Salles Gomes e molto legato, come tutto il suo cinema, alla fonte letteraria, non solo su un piano formale. Nel 1996 ha portato a termine Bahia de todos os sambas, un documentario sceneggiato e prodotto da Gianni Amico (iniziato nel 1983 da Leon Hirszman), che riprende una rassegna di musica baiana organizzata a Roma in nove serate (dal 23 al 31 di agosto del 1983) al Circo Massimo.
O viajante, tratto da un romanzo incompiuto di L. Cardoso (riorganizzato da Otávio de Faria dopo la morte dello scrittore) e fotografato da M. Carneiro, uno dei più stretti collaboratori di S., analizza, attraverso il racconto di tre personaggi, il percorso di una passione come unico rimedio all'aridità e alla violenza del quotidiano. Garrinchia (2001), novanta minuti girati in video, è invece un atto d'amore verso uno dei più grandi calciatori brasiliani da parte di un regista che agli inizi degli anni Cinquanta era stato un giovane campione della squadra di calcio Fluminense. Nel 2002 S. ha girato il film-documentario Banda de Ipanema ‒ A folia de Albino Pinhero, uscito l'anno successivo. Realizzato quarant'anni dopo la prima sfilata (nel 1965) della Banda di Ipanema al carnevale di Rio, racconta la storia di uno dei simboli più significativi della controcultura carioca degli anni Sessanta: l'avvocato A. Pinhero, fondatore della Banda e animatore di uno dei principali gruppi di resistenza alla dittatura militare brasiliana.
Come critico cinematografico S. ha pubblicato il volume Por dentro do Cinema Nôvo: minha viagem (1993).
Prima e dopo la rivoluzione: Brasile anni '60, dal Cinema Nôvo al Cinema Marginal, a cura di M. Giustin, M. Melani, Torino 1995 (catalogo della mostra), passim.