PECHINO
(XXVI, p. 572; App. III, II, p. 380)
È proseguito a ritmi sostenuti l'incremento demografico della città, che al censimento del 1° luglio 1982 contava, nell'agglomerato urbano, 9.230.700 ab., divenuti 10.819.407 al censimento del 1990. Questa crescita ha origini recenti, in quanto nel 1920 la città non raggiungeva il milione di abitanti e, ancora nel 1949, contava 2,3 milioni di abitanti. Mentre nel periodo della cosiddetta ''rivoluzione culturale'' la città aveva avuto una crescita frenata e anzi si erano venuti a determinare flussi di ritorno alle campagne (anche per l'obbligo del lavoro rurale periodico degli studenti e dei quadri amministrativi), i nuovi indirizzi di politica economica e sociale perseguiti dal governo cinese hanno promosso il sorgere di consistenti flussi centripeti. Questo ha creato problemi di congestione demografica e produttiva, difficoltà nel reperire alloggi e nel disporre dei servizi, alterazione degli equilibri tra ambiente rurale e urbano e tra produzione agricola e industriale.
Negli ultimi decenni, nell'ambito di un preciso piano di razionalizzazione delle città, si sono andati sempre più affermando modelli occidentali di sviluppo verticale, con conseguente abbandono di canoni urbanistici fortemente ideologizzati. In questo quadro di modernizzazione delle città sono state potenziate le strutture di comunicazione infraurbane: agli inizi degli anni Settanta è stata inaugurata una linea metropolitana di 23 km, che collega le aree industriali poste a est dell'agglomerato con i quartieri residenziali occidentali. A partire dal 1949, P., pur mantenendo inalterate le proprie importanti funzioni politico-amministrative e storico-culturali, si è avviata a divenire un grande centro economico.
Per quanto riguarda il settore primario, il vasto agglomerato di P. è al centro di una regione agricola in pieno sviluppo: grazie alla collettivizzazione delle terre e agli ingenti lavori d'irrigazione e di drenaggio portati a termine dalle comuni popolari, la metà delle terre coltivate è attualmente irrigata (la superficie irrigua era meno di un decimo nel 1957) e i due terzi dei campi forniscono due raccolti all'anno. Inoltre, la presenza di un importante mercato di consumo, qual è quello costituito da P. stessa, ha stimolato la diversificazione e l'intensificazione dell'agricoltura, per cui ai classici cereali si sono affiancate colture orticole e frutticole. Grande espansione ha poi avuto il patrimonio zootecnico.
Favorita dalla posizione e dalla vicinanza delle materie prime (ferro, antracite e carbone coke), la città ha rafforzato, negli ultimi decenni, la sua funzione industriale: particolarmente attivo è il settore siderurgico (ferriere e acciaierie del sobborgo di Shijingshan), come pure il meccanico e il tessile. Per soddisfare le esigenze energetiche di queste attività e provvedere all'alimentazione idrica della sua popolazione, P. ha enormi necessità di acqua: di conseguenza, sono state intraprese grandiose opere idrauliche, quale la creazione di bacini-serbatoi sui versanti delle vicine montagne (Yenshan); il maggiore di tali bacini, quello di Mi-Yün (a nord-est), è stato inaugurato nel 1960. Intenso è il movimento commerciale, che si avvale di una valida rete ferroviaria e di numerose linee aeree, che uniscono la capitale non solo alla più gran parte delle città cinesi, ma anche a Mosca, Ulan Bator, P᾽yŏngyang e Hanoi.
Bibl.: J. Guiloineau, Vivre à Pékin, Parigi 1978; Ch. Gressier, Pékin, ivi 1981; Wu Yiguang, On the optimization of the industrial structure and distribution adjustment of Beijing, in Journal of Chinese geography, 2 (1991), 4, pp. 27-41.
Architettura e urbanistica. - È tradizione fare risalire la fondazione dell'attuale P. al 1421, data in cui il suo ideatore, l'imperatore Yongle, trasferì qui la sua corte da Nanchino; ma la sua designazione a capitale dell'impero e l'inizio della costruzione del palazzo imperiale (o ''Città Proibita'' o ''Città Purpurea'') risaliva a circa quindici anni prima (1403-06).
L'impianto urbano di P. − città imperiale realizzata per accogliere l'imperatore, i suoi funzionari e la sua corte − risponde ai principi della città ideale cinese, che riflettono i rituali architettonici della dinastia Zhou (dall'11° al 3° secolo a.C.), descritti nel 2° secolo d.C. nel libro Zhou Li ("Riti di Zhou"): "... Si tracci poi un quadrato di nove li per lato. Ogni lato avrà tre porte. Dentro la città correranno verticalmente da nord a sud nove strade e altrettante trasversalmente da est a ovest. Le strade verticali avranno nove carreggiate. Il centro del palazzo poggerà sul piano di intersezione più centrale delle vie che si incrociano...". Tre, nove, dodici sono numeri magici. Inoltre la capitale doveva essere collocata nel centro dello spazio occupato dalla civiltà, centro cosmico ideale di questa.
A P. il trono del Taihedian ("Sala della Suprema Armonia", edificio principale del complesso imperiale) era ubicato nel centro geometrico − o quasi − del palazzo, che coincideva con il centro − o quasi − dell'intera città, della Cina, del cosmo. Infatti lì, secondo la scienza del Feng Shui o geomanzia, si incontravano i tre piani della vita dell'universo (terrestre, celeste, umano) e lì doveva sedere l'imperatore, il Figlio del Cielo, unico uomo che partecipava a tutte e tre queste realtà. Lì il geomante, attraverso l'insieme delle pratiche e dei precetti che consentivano di armonizzare ogni intervento dell'uomo con il Qi - la forza vitale che anima tutte le cose −, aveva individuato il centro cosmico ideale dello spazio civilizzato.
Come in un gioco di scatole cinesi, il nucleo primigenio di Beijing era costituito da tre città costruite una dentro l'altra, con centro nel Taihedian: tre città di forma rettangolare o quadrata, divise da mura, ma costituenti un'unica città. Delle tre la più interna era la Città Proibita, residenza imperiale e luogo dell'attività governativa; questa era inviluppata dalla Città Imperiale, residenza di funzionari civili e militari e luogo dell'attività amministrativa, che a sua volta era circondata dalla Città Interna, destinata al popolo, le cui mura (alte dodici metri) furono terminate nel 1437. Ma già nel secolo successivo un numero sempre maggiore di persone era andato a stabilirsi a sud di questa, tanto che nel 1564 anche questa zona fu cinta da mura e fu indicata come Città Esterna. Beijing divenne così una città formata da quattro città distinte e separate, di forma rettangolare ed estesa per 67 km2; questa configurazione e questa dimensione rimasero inalterate per secoli, e furono variate solo nel 20° secolo. Infatti neanche i Manciù, che nel 1644 conquistarono la Cina, modificarono questo impianto: si limitarono a segregare i cinesi nella Città Esterna, che da allora si chiamò anche ''Città Cinese'', mentre gli invasori e i cinesi rinnegati si stabilirono nella Città Interna, che da allora fu anche chiamata ''Città Tartara''.
Per tutto questo tempo Beijing fu una città molto diversa da quelle europee; si fondava infatti su principi consolidati e sperimentati da una lunga tradizione urbanistica tipicamente cinese, gli stessi che avevano informato in epoca Tang (7°-8° secolo) anche il disegno di Chang An (oggi Xian), prima capitale dell'impero unificato. Tali principi sono riconducibili all'uso di elementi fondamentali, ricorrenti in tutte le città cinesi, salvo in quelle del sud, e particolarmente chiari a P.: il recinto murario, l'ortogonalità della maglia viaria, la centralità del palazzo, l'asse processionale di direzione sud-nord, l'orientamento privilegiato dell'edilizia a sud, l'altezza simile degli edifici (quasi tutti a un piano), il tipo a corte (unico schema per tutte le costruzioni: palazzi, templi, luoghi per il commercio, case comuni, ecc.). Una città priva di emergenze e di differenziazioni tipo-morfologiche (quali il palazzo di città e la cattedrale del nostro medioevo) o urbane (quali la nostra piazza, luogo di riunione in cui i cittadini si raccoglievano per esercitare i loro diritti), espressione di una civiltà che riconosceva come unica autorità politico-morale l'imperatore e i suoi funzionari. Una città in cui non c'era differenza di impianto architettonico tra edilizia civile e religiosa, tra edifici padronali o pubblici ed edifici comuni o privati; dove la differente qualità architettonica era ottenuta solo tramite l'eccezionalità delle dimensioni e la ricchezza di ornamenti e decorazioni; in cui gli spazi aperti, sia pubblici che privati, si trovavano sempre all'interno delle costruzioni. Una città piatta e omogenea, su cui emergeva una collina artificiale alta 49 m e su cui svettavano le pagode e le torri di avvistamento, ma che in realtà era sovrastata solo dalle alte mura, che facevano della città uno spazio chiuso come quello della casa, del tempio e di ogni altro edificio; chiusura che il cinese accettava e ricercava perché in essa rileggeva il disegno armonioso del cosmo.
Il disegno urbano di P. si organizzava intorno a una precisa direttrice in senso sud-nord lunga 7,8 km, sulla quale o intorno alla quale gli elementi urbani (strade, templi, edifici pubblici, aree commerciali) si allineavano o si disponevano simmetricamente; questa direttrice divideva la città in due parti distinte di dimensione quasi uguale. Era in larga parte definita dal lungo asse processionale lastricato in pietra che univa la porta sud della Città Cinese con la porta sud della Città Proibita: partendo dalla Yongdingmen ("Porta dell'Eternità"), aperta sulle mura della Città Esterna (del 1564), passava tra il Tiantan ("Tempio del Cielo", parte del 1420 e parte del 1530) e il Xiannongtan ("Tempio della Terra e dell'Agricoltura", del 15° secolo), attraversava il quartiere Tianqiao ("Ponte del Cielo", dal nome di un antico e importante ponte) che, per un ampio viale, conduceva alla Quianmen ("Porta Anteriore", porta sacra della città) della Città Interna. Oltre questa il percorso assurgeva al ruolo di via imperiale, riservata esclusivamente all'imperatore e ai suoi funzionari, che si dilatava fino a raggiungere le dimensioni di una piazza in prossimità delle mura della Città Imperiale. Lo spazio, che assumeva così la forma di una T, era perimetrato da un portico e racchiuso da mura su cui si aprivano tre porte sulle estremità dei tre bracci, oltre alla Tiananmen ("Porta della Pace Celeste", del 1417) che dava ingresso alla Città Imperiale. A est e a ovest di questo spazio murato, nel tempo si stabilirono i principali edifici amministrativi. Da Tiananmen la direttrice perdeva ogni carattere di asse prospettico, per diventare un semplice percorso lastricato che attraversava e collegava una successione di spazi racchiusi, dotati ciascuno di definizione autonoma. Subito all'interno della Città Imperiale si passava tra il Taimiao ("Tempio degli Antenati Celesti", del 1420) e lo Shejitan ("Altare della Terra e delle Messi", del 1421), prima di raggiungere la Wumen ("Porta del Meriggio"), ingresso principale della Città Proibita, oltre il quale l'asse era marcato dal succedersi delle sale imperiali di ricevimento e cerimonia e, subito a nord della Città Proibita, oltre la Shenwumen ("Porta del Valore Divino"), da una forte emergenza, la Meishan ("Collina del Carbone", iniziata nel 13° secolo da Kublai Kan con il materiale scavato per realizzare i laghi, oggi Jingshan). La collina era l'unico elemento che interrompeva la continuità della percorrenza lungo l'asse; oltre questa "l'asse stesso tornava a identificarsi in un viale rettilineo che, oltrepassato il limite nord della Città Imperiale, terminava in altri due elementi pieni: la Torre del Tamburo e la Torre della Campana, che concludevano la serie di elementi costruiti lungo l'asse stesso, confermandone il carattere di asse ideale e non prospettico" (Cuneo, 1979). La direttrice finiva a poca distanza dalle mura urbane, lasciando apparentemente incompiuto un disegno tanto perentorio quanto controllato in ogni sua parte; come per la Collina del Carbone, la spiegazione sta nella geomanzia: in realtà non si era voluto aprire agli spiriti maligni provenienti dal nord un pericoloso varco, collocando una porta proprio alle spalle dell'imperatore.
Il sistema dei laghi e parchi a ovest dell'asse centrale era l'unico elemento urbano che non rispettasse il perfetto disegno geometrico dell'insieme. Lungo quasi 5,5 km e largo in media 200 m, si componeva di sei laghi che si susseguivano con andamento naturalistico da nord a sud, tre racchiusi nella Città Interna e tre in quella Imperiale. Luogo di giardini e palazzi imperiali dall'inizio del 10° secolo (dinastia Liao) sino al 1911, il sistema ha assunto le principali caratteristiche formali attuali sotto il regno di Kublai Kan, che ingrandì, approfondì e abbellì i laghi esistenti, localizzando nel Beihai ("Lago del nord") il suo palazzo. L'affascinante impianto urbano che nasceva dalla sovrapposizione di un elemento sinuosamente naturalistico posto su una rigida maglia ortogonale, deve essere stato memorizzato da Le Corbusier − che già in precedenza aveva magnificato i sublimi quadrati di P. contrapponendoli all'insensato groviglio di strade di Parigi − e reinterpretato nel 1950 per Candigaṛh.
"I quartieri della Città Interna erano organizzati secondo il principio cinese della segregazione sociale. Dal punto di vista organizzativo erano suddivisi in ''Stendardi'', dal punto di vista topografico realizzavano grandi isolati quadrati o rettangolari delimitati da strade rettilinee incrociantesi ad angolo retto e di distanze periodiche: in tale schema le strade ad andamento nord-sud assumevano maggiore importanza che quelle in senso est-ovest" (Cuneo, 1979). Il tessuto residenziale di P. è stato suddiviso dal 10° secolo in poi in distretti, serviti da hutong (vicoli su maglia ortogonale). Lungo gli hutong si allineavano file di case a corte, tipo usato in maniera estensiva sin dal 12° secolo perché, con la sua chiusura verso l'esterno, soddisfaceva le esigenze di una società fondata su clan patriarcali. Le dimensioni, il disegno e le decorazioni delle singole case seguivano una precisa normativa che differenziava i dettagli architettonici secondo il rango sociale del proprietario. La corte interna era il principale centro di attività domestica e l'unica sorgente di aria e luce. Ogni casa ospitava più generazioni di una stessa famiglia, a capo della quale erano i più anziani, che abitavano nella parte della casa più importante, quella esposta a sud. Sugli hutong affacciavano solo muri senza finestre e di colore grigio (colore imposto per l'edilizia comune), dentellati in alto dai timpani dei tetti ricurvi.
L'impianto della città iniziò a modificarsi in conseguenza della cosiddetta rivolta dei Boxer del 1900. Alle quattro città già esistenti, si aggiunse un'ulteriore cittadella fortificata contenente le legazioni straniere e si formò l'embrione dell'attuale piazza Tiananmen. La cittadella in cui gli occidentali pretesero di rinchiudere le loro legazioni si trovava a sud-est della Città Interna; gli occidentali pensavano alla loro difesa, ma la consuetudine di chiudere gli stranieri, considerati barbari, in un quartiere murato è antica quanto la Cina; in particolare è già documentata nella città di Lo Yang nel 6° secolo.
Durante e dopo la rivolta dei Boxer cominciò la demolizione di molti edifici pubblici prospicienti la Tiananmen. Nel 1911, dopo la nascita della Repubblica Cinese e l'apertura delle porte che chiudevano la via imperiale, questo slargo divenne abituale luogo di raduni popolari e teatro di proteste, manifestazioni e tumulti; qui il 1° ottobre 1949 Mao Zedong proclamò la fondazione della Repubblica Popolare Cinese, trasformando il luogo in simbolo del potere del popolo, contrapposto a quello dell'imperatore rappresentato dalla limitrofa Città Proibita. Per questo nel 1958-59 la piazza fu allargata, fino a raggiungere l'estensione attuale di ben 40 ha, e completata con una serie di interventi che però non fecero che confermare e rafforzare l'asse imperiale. Infatti il Monumento agli Eroi del Popolo (1952-58) fu collocato su questo, al centro di una piazza definita a est e ovest dalla realizzazione simmetrica di due mastodontici e trionfalistici edifici, quello del Museo della Storia e della Rivoluzione Cinesi (65.000 m2 coperti) e quello del Palazzo dell'Assemblea del Popolo (171.880 m2 coperti), costruiti nel 1958-59 sotto l'influenza stilistica dell'architettura ufficiale sovietica, anche se progettati ricercando uno ''stile nazionale''. Infine, con il dichiarato intento di recuperare un'autonoma identità culturale rispetto alle influenze esterne, nel 1977-78 venne realizzato il mausoleo di Mao Zedong e collocato in modo da rafforzare l'antico asse imperiale, con una scelta disinvoltamente contraria a quella iniziale di espandere la città in direzione est-ovest, presa anche per motivi ideologici nel 1949.
Nel 1949 si iniziò infatti a realizzare la Changan Jie ("Strada della Pace Duratura"), immensa arteria tangente il confine sud della Città Imperiale con andamento est-ovest, quindi perpendicolare all'asse imperiale nord-sud, oggi lunga 42 km e larga, in corrispondenza della città storica, 90 m. Nel 1952 furono demolite le superstiti porte est e ovest delle mura della via imperiale, nel 1954 la strada fu ampliata e lungo essa si incominciarono ad allineare ministeri, edifici pubblici, grandi alberghi e − molto decentrati all'estremità est, vera città nella città − i nuovi quartieri delle legazioni, il Wai Chiao Ta Lou, un enorme edificio residenziale, e il Sanlitun, il quartiere diplomatico. Il tradizionale sistema viario a scacchiera si sviluppò secondo questo asse portante, integrato però da circonvallazioni su pianta quadrata e da radiali. Le prime due circonvallazioni viarie concentriche di forma quadrata furono realizzate al posto delle mura delle Città Imperiale e Interna, demolite nel 1915-18 senza altro motivo se non quello di cancellare un segno visibile della secolare chiusura della capitale. Ai vertici nord-est e sud-ovest dell'anello più esterno furono innestate le radiali per l'aeroporto e per il ponte Marco Polo. Sotto il secondo anello venne realizzata la prima linea della metropolitana, mentre la seconda collega il centro con la periferia ovest passando sotto la Changan Jie. Nel 1911 la ferrovia era arrivata anche a P. e la stazione viene costruita vicino al quartiere delle legazioni.
P. rimane sostanzialmente di forma quasi quadrangolare, anche dopo il 1949, data in cui la capitale inizia una fase di crescita vertiginosa. Infatti con l'espandersi della città si dilata anche il sistema a scacchiera e a circonvallazioni sperimentato nella sua parte più interna; si costruiscono infatti un terzo e un quarto anello, ai cui vertici nord-ovest e sud-est si realizzano nuove radiali.
Dal 1949, per economia anche di spazio, si costruiscono immobili residenziali di notevole altezza (fino a 15 piani e oltre), di solito collocati in posizione arretrata rispetto al filo stradale e generalmente realizzati con pannelli prefabbricati in cemento importati dalla Romania. A est e a sud-est della città si costruisce una grande area industriale (siderurgica, tessile, chimica e farmaceutica) e a nord-ovest si localizzano le sedi universitarie.
Della antica struttura urbana sono stati conservati, restaurati e riusati il Tiantan e la Città Proibita, che è diventata un museo; sono diventati parchi pubblici i due templi vicini a questa, il Taimiao e lo Shejitan, la Collina del Carbone e quattro dei sei laghi; gli altri due ospitano oggi sedi governative e del Partito. Sostanziali trasformazioni edilizie hanno invece subito sia la Città Interna che quella Esterna, anche se l'attuale struttura urbana continua a riflettere gli elementi fondamentali di quella antica. È stato demolito il Xiannongtan e al suo posto sono sorti uno stadio e una piscina coperta. La Quianmen è l'unica delle sedici antiche porte di accesso alla città conservata quasi per intero; recentemente restaurata, segna il confine sud di piazza Tiananmen.
Fino al 1987 esistevano ancora circa 4500 hutong fiancheggiati da case a corte di epoca Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911). In questi ultimi anni il processo di sostituzione dell'antico tessuto residenziale è diventato rapidissimo, con una politica urbana tutta protesa a negare il passato; tuttavia oggi esistono ancora numerosi isolati residenziali antichi per cui, anche se tra mille ambiguità, sembra prevalere una politica di maggiore conservazione.
Dal 1949 a oggi il dibattito architettonico in Cina è concentrato soprattutto su problemi di stile, nel tentativo di definire un ruolo nella progettazione contemporanea sia alla tradizione nazionale che ai portati dell'architettura moderna occidentale. Schematicamente si possono distinguere tre periodi: dello ''stile sovietico'' (1953-58), dello ''stile nazionale'' (1959-79), dello ''stile internazionale'' (dal 1980 a oggi). Il primo è caratterizzato dal monumentalismo di tipo sovietico; nel secondo si tenta di reinterpretare i portati propri della cultura cinese, depurandoli dei significati ''autoritari'' e ''imperiali'' connotati tradizionalmente. Nel Mausoleo di Mao Zedong (1976-77), progettato e costruito collettivamente, sono riproposti lo schema planimetrico di un tempio esistente e, in forme semplificate, tutti gli elementi di una costruzione imperiale antica: il colonnato, il podio a più livelli, il doppio tetto; unica intenzionale trasgressione, l'ingresso collocato a nord. Il risultato architettonico non è però meno retorico e vuoto di quello degli edifici del periodo precedente. Gli anni Ottanta sono invece caratterizzati dalla costruzione di lussuosissimi alberghi per occidentali (completi di tutti i servizi, veri edifici autosufficienti avulsi dalla città), realizzati da joint-ventures sino-occidentali e con progettazione in genere affidata ad architetti occidentali di origine cinese. È il caso dello Jianguo, albergo realizzato nel 1982 su progetto dell'architetto di San Francisco C. Chen (nato a Shanghai), e del coevo Xiangshan, progettato da I.M. Pei (di New York, ma nato a Canton). L'architettura del periodo è caratterizzata da una forma ibrida di eclettismo, soprattutto quando si tenta un'integrazione tra le due differenti culture. Esemplificativo è l'atteggiamento di Pei che imposta l'albergo sullo schema della casa a corte del nord, disegna gli spazi esterni secondo l'architettura dei giardini del sud, mentre negli interni esalta la tecnologia di tipo americano. Negli edifici più recenti sembra prevalere la tendenza a non cercare più di integrare i portati delle due culture, ma di giustapporli (per es. si copre un grattacielo con le pareti a specchio con un tetto ricurvo di tegole invetriate gialle), ottenendo delle architetture che trasmettono un involontario effetto post-modern e citazionista.
Bibl.: E. Bretschneider, Archaeological and historical researches in Peking and its environs, Shangai 1876; J. Bredon, Peking, ivi 1922; A. Boyd, Chinese architecture and town planning 1500 B.C.-A.D. 1911, Londra 1962; P. Wheatley, The pivot of four quarters, a preliminary enquiry to the origins and character of the ancient Chinese city, Edimburgo 1971; The city in late imperial China, a cura di G.W. Skinner, Stanford (California) 1977, pp. 33-100; P. Cuneo, Rappresentazioni cartografiche di Pechino (sec. XVII-XIX), in Storia della città, 12/13 (1979), pp. 79-94; AA.VV., Architecture et urbanisme en Chine 1949-1979, in Architecture d'aujourd'hui, 201 (1979), pp. 20-41 e 51-53; L. Hoa, Trente ans d'urbanisme, 1949-1979, Parigi 1981; Zhou Shachen, Beijing old and new, Pechino 1984; AA.VV., Pei-ching shih, ivi 1985; Hou Jen Chih, Pei-ching li-shih ti-t'u chi, ivi 1985; Id., The transformation of the old city of Beijing, China, in World patterns of modern urban change, Chicago 1986; Hsu P'ing Fang, Ming Ch'ing Pei-ching ch'eng t'u, Pechino 1986.