NOBILI, Pellegrino
NOBILI, Pellegrino. – Nacque l’8 settembre 1754 a Vetto d’Enza, nel Ducato di Modena, da Domenico e da Maria Maddalena Azzolini.
Apparteneva a una famiglia di condizione modesta, ma fu comunque incoraggiato a intraprendere a Reggio un accurato tirocinio formativo presso il locale seminario, con la prospettiva, poi abbandonata, di divenire sacerdote. Compì gli studi di giurispudenza a Modena e si avvicinò a Carlo Amorotti, importante funzionario estense, che gli diede in moglie sua figlia Irene e, intorno al 1778, lo avviò a una carriera nell’amministrazione ducale. Ricoprì dunque le giudicature di Pieve Pelago, Trassilico, Minozzo e Montefiorino. Nel 1787 fu chiamato a Modena come segretario del Supremo consiglio di giustizia. Passò poi, nel 1792, alla carica di luogotenente di Reggio, a quella di podestà e infine, dal 1794, di giudice nel Supremo consiglio di Modena.
La sua brillante carriera amministrativa conobbe una svolta con l’arrivo delle truppe rivoluzionarie francesi nel Ducato di Modena e la fuga del duca Ercole III d’Este, che, nel maggio 1796, affidò il potere a un consiglio di reggenza. Ben presto, in numerosi centri del Ducato si palesarono fermenti pre-rivoluzionari. A Reggio, in particolare, in agosto si formò una sorta di club giacobino, guidato dal modenese Carlo Bosellini, al quale si avvicinò anche Nobili.
Tra la seconda metà del 1796 e l’inizio del 1797, partecipò così alla complessa fase che, dopo le insurrezioni di Reggio e Modena in agosto, condusse alla costituzione della Repubblica cispadana. Non figura tra i delegati al primo congresso di Modena (16-18 ottobre 1796), riunitosi per stabilire un blando vincolo federativo tra le città emiliane, ma, verso la fine dell’anno, partecipò al congresso cispadano di Reggio Emilia, apertosi per trasformare la confederazione cispadana in una vera e propria repubblica, anche allo scopo di garantire sostegno militare e finanziario alle truppe francesi.
Nell’ambito del congresso di Reggio entrò a far parte, nel gennaio 1797, del comitato incaricato di produrre un piano di costituzione per la repubblica. Poco dopo, quando Napoleone sciolse il congresso e aggiornò l’entrata in carica del governo provvisorio, partecipò, dal 21 gennaio 1797, al secondo congresso cispadano di Modena, nel quale si batté per arrivare a un’unificazione delle Repubbliche di Modena, Reggio, Parma e Bologna. Il 30 gennaio 1797 fu lui a leggere, a nome del comitato di costituzione, le proposte emendative alle nozioni preliminari e agli articoli relativi ai diritti dell’uomo e del cittadino del progetto di costituzione. E, il 17 febbraio, fu ancora lui a presentare un appunto, applaudito dall’assemblea, che dava ragione degli scostamenti tra il progetto in discussione e la costituzione francese. Di un certo rilievo sono pure alcuni suoi interventi sulla organizzazione costituzionale e amministrativa della repubblica, che rivelano una realistica sensibilità per gli aspetti organizzativi dello Stato, e, soprattutto, una decisa presa di distanza dalle posizioni più schiettamente giacobine, che sostenevano il principio del diritto degli indigenti a essere sovvenzionati dallo Stato.
Il 9 aprile 1797 fu eletto membro del consiglio dei Trenta della Repubblica cispadana per il dipartimento del Crostolo e segretario del consiglio stesso: qui intervenne con frequenza su tematiche costituzionali e amministrative, contribuendo a definire una prassi regolamentare dell’organo.
Con la fondazione della Cisalpina (giugno 1797), si trasferì a Milano ed entrò nel comitato di giurisprudenza. Fu poi incaricato di organizzare i tre dipartimenti del Crostolo, del Panaro e delle Alpi Apuane, compito che portò a termine nell’agosto 1798, ma ben presto rientrò nel ruolo di giudice del tribunale di Reggio. Il 1° febbraio 1799 fu nominato ministro dell’Interno della Repubblica cisalpina, succedendo a Diego Guicciardi. In aprile, a seguito della caduta della Repubblica, abbattuta dall’intervento austro-russo, si ritirò a Reggio, senza subire molestie. Rientrò a Milano solo dopo la vittoria napoleonica di Marengo e la riaffermazione del controllo francese sulla Lombardia, nella seconda metà del 1800.
Nel novembre 1801, la commissione straordinaria di governo lo nominò tra i notabili incaricati di partecipare alla consulta di Lione, in rappresentanza del dipartimento del Crostolo. Tornato a Milano, strinse amicizia con Gian Domenico Romagnosi e Giuseppe Parini, che sovraintese all’educazione dei suoi figli Leopoldo, futuro scienziato, e Domenico. Il 26 gennaio 1802 fu nominato membro del collegio elettorale dei dotti.
Il 16 giugno 1802, grazie all’interessamento di Francesco Melzi d’Eril e di Ferdinando Marescalchi, fu chiamato da Napoleone alla carica di segretario di Stato della Repubblica, ma, dopo pochi mesi, rassegnò le dimissioni, «renduto inabile per malattia» (I carteggi di Francesco Melzi d’Eril, 1959, III, p. 276). Dal 17 ottobre fu procuratore della Repubblica presso il tribunale d’appello di Reggio, ma dopo il 1805 si ritirò dalla vita pubblica ed esercitò l’avvocatura. I suoi rapporti con l’élite dirigente dell’Italia napoleonica dovettero comunque rimanere buoni, tanto che il figlio Leopoldo partecipò, come capitano di artiglieria, alla campagna di Russia.
Durante la Restaurazione, non fu oggetto di provvedimenti punitivi e continuò a vivere privatamente, praticando anche studi agronomici che gli valsero la nomina a vicepresidente della Società agraria di Reggio, e dedicandosi sporadicamente all’avvocatura, come nel 1827, quando fu arbitro in una importante causa di acque tra le comunità di Modena e Sassuolo.
Era ormai anziano quando prese parte alla rivoluzione che, nel febbraio 1831, rovesciò il governo modenese. Anche se non ci sono evidenze di un suo diretto coinvolgimento nella congiura di Ciro Menotti, egli e la sua famiglia aderirono quasi immediatamente alla rivoluzione e Leopoldo assunse il comando di un battaglione dell’esercito. Dopo essere stato chiamato al consiglio provvisorio insediatosi a Reggio dopo la fuga del governatore estense, il 21 febbraio 1831, Nobili fu eletto dall’assemblea di Reggio per formare, insieme con Iacopo Ferrari e Pier Giacinto Terrachini e i tre rappresentanti di Modena, il nuovo governo delle province. Per il primo bimestre fu inoltre eletto presidente del governo stesso.
Con l’intervento austriaco del marzo 1831, che abbatté il governo provvisorio, si rifugiò inizialmente a Bologna, insorta contro il governo pontificio, e, dopo la sconfitta delle truppe repubblicane nella battaglia di Rimini del 25 marzo 1831, si nascose sulle montagne appenniniche per alcuni mesi, finché, in luglio, non riuscì a imbarcarsi per Bastia e poi per Tolone, dove lo attendeva Leopoldo. Si stabilì poi a Marsiglia, fino all’inizio del 1832, quando, con Leopoldo e la sua famiglia, poté ottenere asilo nel Granducato di Toscana, prima a Livorno, poi a Prato e infine a Firenze, sfuggendo alla condanna di cinque anni di prigione comminatagli dal tribunale speciale di Modena.
Gli ultimi anni della vita furono segnati da lutti familiari, come la morte, nel 1835, di Leopoldo, che ridusse la famiglia dell’anziano giurista alla sola figlia Teresa, moglie di Giuseppe Bordé e madre di Francesco, professore di matematica a Modena. Nel complesso, però, Nobili trovò in Toscana un ambiente accogliente. Ben inseritosi nel mondo culturale fiorentino, pubblicò l’opera tecnica De’ vitalizi, con tavole di sconto, di anatocismo, della vita probabile, de’ capitali e delle pensioni, ed esempi per l’uso (Firenze 1836), che ebbe buona accoglienza presso l’accademia dei Georgofili, e un commento a Orazio (Q. Orazio Flacco, Opere purgate, con note italiane, parte scelte, parte aggiunte dal consig. Pellegrino Nobili socio ordinario dell’I. e R. Accademia de Georgofili a uso di un suo nipote, Prato 1840-41).
A Firenze fu visitato nel settembre 1839 da Carlo Rossi, già colonnello della guardia nazionale di Reggio e segretario del Ministero della guerra durante i moti del 1831. In questa fase, ormai anziano, viveva con la nuora, Matilde Tampelini, vedova di Leopoldo. Nello stesso 1839 partecipò al primo Congresso degli scienziati italiani, svoltosi a Pisa nell’ottobre.
Morì a Pisa il 30 aprile 1841.
Fonti e Bibl.: A. Vannucci, Memoria del consigliere P. N., Pistoia 1842; I. Cantù, L’Italia scientifica contemporanea, p.te 3a, Milano 1844, pp. 9-12; E. Manzini, Memorie storiche dei reggiani più illustri nelle scienze, nelle lettere e nelle arti dal 1768 al 1877, Reggio Emilia 1878, pp. 252-258; A. Vannucci, I martiri della libertà italiana dal 1791 al 1848, II, Milano 1887, pp. 145 s.; T. Casini, I deputati al Congresso cispadano, in Rivista storica del Risorgimento italiano, II (1897), p. 56; E. Cottafavi, I seminari della diocesi di Reggio nell’Emilia, Reggio Emilia 1907, pp. 262 s.; G. Sforza, La rivoluzione del 1831 nel Ducato di Modena: studi e documenti, Roma 1909, pp. 113, 167, 296; T. Casini, Di alcuni cooperatori italiani di Napoleone I, in Ritratti e studi moderni, Milano-Roma-Napoli 1914, pp. 401, 426 s.; G. Canevazzi, Carlo Rossi e i suoi diari inediti sul 1831, Modena 1932, pp. 18, 26, 32, 36, 47, 161; I comizi nazionali di Lione per la costituzione della Repubblica italiana, a cura di U. Da Como, Bologna 1934-40, I, pp. 413, 477, 497, 704, 711, 716 ; II, 1, p. 153 s., 247; II, 2, p. 583, 585, 609, 653 s., 664, 782 ; III, 1, p. 119, 180; III, 2, p. 89; Gli atti del terzo Congresso cispadano di Modena : 21 gennaio-1° marzo 1797, a cura di C. Zaghi, Modena 1935, ad ind.; I carteggi di Francesco Melzi d’Eril, duca di Lodi: la vicepresidenza della Repubblica italiana, I, Milano 1958, pp. 148, 376, 417, 430, 437, 448; III, ibid. 1959, pp. 13, 61, 276, 298; G. Arrighi, P. e Leopoldo N. emigrato dal ducato di Modena per i moti del 1831: dalle carte del governatore di Livorno, in La provincia di Lucca, III (1964), pp. 41-50; C. Zaghi, L’Italia di Napoleone dalla Cisalpina al Regno, Torino 1986, pp. 112, 306, 308, 397; Consiglio regionale dell’Emilia Romagna, Dalla Federazione alla Repubblica Cispadana: atti dei congressi e costituzione (1796-1797), II, Bologna 1987, ad ind.; Repubblica Cispadana: Consigli legislativi dei Sessanta e dei Trenta: atti inediti (1797), a cura di U. Marcelli, III, 2, Bologna 1988, pp. 555, 567, 569, 570-572, 578 s., 581-583, 585-590, 593 s., 598 s., 602, 625; I deputati emiliano romagnoli ai Comizi di Lione. 1802, a cura di F. Bojardi, Bologna 1989, p. 162; O. Rombaldi, La Repubblica cispadana, Modena 1997, pp. 10, 16 s.; A. Fantazzini, L’ordinamento giudiziario nella Costituzione cispadana e le Disposizioni provvisorie per l’amministrazione della giustizia civile, in Società e storia, 2005, n. 107, pp. 72-75.