PELOPONNESO
(gr. ΠελοπόννησοϚ; lat. Peloponnesus; ΜοϱέαϚ nei docc. medievali)
Penisola della Grecia meridionale, tra i mari Ionio ed Egeo, designata già in epoca antica con questo toponimo ('isola di Pèlope'), che deriverebbe dal nome dell'eroe che un tempo avrebbe conquistato questa regione, collegata alla Grecia centrale dall'istmo di Corinto.A partire dal sec. 13°, il P. assunse il nome di Moréas (Morea), probabilmente derivato da una metatesi del termine Rhomáia ('terra dei Romani'), che definiva l'intera Grecia in epoca bizantina. Nella terminologia ufficiale bizantina erano comunque usati ancora i nomi antichi di Hellás e P. e, in alcuni casi, di Méson Árgos. Durante il dominio franco, le parti del P. poste sotto il controllo crociato erano chiamate anche Acháia (Acaia), termine di tradizione antica che in epoca romana designava l'intera regione centrale della Grecia, compresa la Tessaglia.Per quasi tutto il Medioevo, il P. fece parte dell'impero bizantino: tra il 687 e il 695 venne fondato il tema dell'Ellade, al quale appartenne anche il P., che a partire dal 783 divenne tema autonomo con capitale Corinto; nel sec. 10°, il tema dell'Ellade fu sottoposto per ragioni militari a quello del Peloponneso. Agli inizi del sec. 13°, a seguito del venir meno dell'unità amministrativa dell'impero bizantino come conseguenza dell'occupazione latina di Costantinopoli nel corso della quarta crociata (1204), il P. entrò a far parte del regno latino, divenendo - con esclusione delle roccaforti di Modone e Corone nel Sud-Ovest, poste sotto il controllo veneziano - principato di Acaia, terra di vassallaggio dei baroni franchi, con capitale Andravida nel Nord-Ovest della regione. Già nel 1261, ristabilita la sede imperiale a Costantinopoli, i Bizantini ripresero nuovamente il controllo della parte sudoccidentale del P., la cui capitale venne posta a Mistrà (v.), presso Sparta, dove nel 1249 il principe franco di Acaia, Guglielmo II di Villehardouin, aveva costruito un castello. Nuovi e ripetuti slittamenti del confine tra le regioni sotto il dominio dei Bizantini da un lato e dei Franchi e dei Veneziani dall'altro si verificarono fino alla metà del sec. 15°, quando il P. venne conquistato dai Turchi.L'attuale divisione amministrativa ricalca ampiamente quella delle regioni storiche che si sono sviluppate a partire dall'epoca antica secondo la situazione geografica: il P. è infatti diviso in sette nomói (distretti regionali) - Corinto e Acaia a N; Argolide, Arcadia ed Elide nella parte centrale; Laconia e Messenia a S -, ciascuno dei quali si compone di diverse eparchie (comuni).Sebbene il P., come la maggior parte della Grecia, fosse fin dall'Antichità suddiviso in piccole regioni, il suo sviluppo in campo artistico fu grosso modo unitario e per quasi tutto il Medioevo fu soggetto all'influsso della capitale Costantinopoli, seppure il più delle volte secondo stilemi definiti come 'arte provinciale'. Solo in qualche caso, in particolare in epoca tardobizantina, si possono riconoscere sviluppi autonomi, come a Mistrà. Inoltre, sempre in questa fase, compaiono anche influssi occidentali importati dai conquistatori franchi e dai Veneziani e rafforzati dall'intensificarsi dei contatti con l'Occidente e soprattutto con l'Italia.Per quanto riguarda le fonti storiche relative allo sviluppo del P. nel Medioevo, vanno ricordate in particolare due opere, entrambe di autore ignoto. La prima è conosciuta come Cronaca di Monemvasia, anche se in realtà descrive gli avvenimenti non solo della città di Monemvasia ma di tutto il P., dall'epoca di Giustiniano I (527-565) a quella di Niceforo I (802-811), ed è completata dal resoconto di fatti accaduti tra il 1082 e il 1339; con ogni probabilità fu redatta, nel suo nucleo originale, nei primi anni del sec. 10° ed è tramandata in quattro manoscritti cinquecenteschi. La seconda, più famosa, è la Cronaca di Morea, che descrive la conquista del P. da parte dei Franchi dalla prima crociata al 1292; anche in questo caso si conservano quattro manoscritti, realizzati forse alla fine del sec. 14°, a testimonianza della fusione della cultura greca con quella franca.Tanto dal punto di vista storico quanto da quello storico-artistico, l'età medievale nel P. può essere suddivisa in tre diversi periodi: l'epoca protobizantina, che copre un arco di tempo che va dalla fine dell'Antichità fino alla migrazione slava e all'iconoclastia (dal sec. 5° alla metà dell'8°); l'epoca mediobizantina, dalla rinnovata dominazione bizantina nel P. fino alla conquista di Costantinopoli da parte crociata (dal sec. 9° al 12°); infine, l'epoca franca e tardobizantina, dalla sconfitta dei Franchi nella regione fino alla conquista da parte dei Turchi (dal sec. 13° alla metà del 15°).
Con la divisione dell'Impero romano alla fine del sec. 4°, il P. - insieme con l'intera Grecia - fu assegnato all'Oriente bizantino. Le strutture edilizie dell'epoca greco-romana, in particolare quelle nelle città di Corinto, Patrasso e Argo, venivano ancora utilizzate, ma gradualmente andarono in rovina, così come i luoghi sacri di Olimpia, Epidauro, Istmia o l'Heráion di Argo. A questo contribuì il fatto che il P. patì duramente le vicende legate alle grandi migrazioni: già alla fine dell'Antichità la regione era stata funestata dal passaggio di Eruli (267) e Visigoti (395) e nel 589 subì l'invasione degli Avari.La definitiva affermazione del cristianesimo nella regione fu decretata solo nel 392, allorché Teodosio I proibì il culto pagano e i giochi di Olimpia, ma la nuova religione appare già attestata ben prima della fine degli antichi culti. Nel 51-52 l'apostolo Paolo aveva insegnato a Corinto, dove dovevano già esistere una considerevole comunità cristiana e una sede vescovile. Una situazione analoga si doveva verificare a Patrasso, dove l'apostolo Andrea aveva trascorso i suoi ultimi anni di vita e dove era stato giustiziato e sepolto. In corrispondenza con il ruolo centrale avuto da Corinto nella cristianizzazione della Grecia, in epoca protobizantina il vescovo della città ricopriva il ruolo di metropolita dell'intera Grecia.Inoltre, nel primo periodo dell'impero bizantino, il P. fu considerato una provincia lontana dalla capitale ed evidentemente di scarso interesse per l'amministrazione centrale; il processo di consolidamento di questa provincia dopo l'invasione avara fu bruscamente interrotto quando, nel 746, gli Slavi penetrarono nel P., impossessandosi di larghe porzioni della pianura. Da principio la debole amministrazione bizantina non si oppose e solo le grandi città e le regioni periferiche, come quelle peninsulari del Taigeto e del Parnone, poterono opporre resistenza agli Slavi. Da questi centri prese avvio la missione di ricristianizzazione del Peloponneso.All'incirca nel medesimo periodo divampò nel mondo bizantino la controversia iconoclastica e gli imperatori bizantini proibirono le rappresentazioni figurate nelle chiese. Ciò nonostante, proprio in Grecia questo divieto non venne applicato e fu osteggiato soprattutto nell'ambiente monastico. Nel P., in particolare, Monemvasia esercitò un ruolo di resistenza contro l'iconoclastia.Nei primi secoli il Cristianesimo veniva professato prevalentemente in preesistenti strutture adibite al nuovo culto; tra queste probabilmente anche un magazzino nell'antica agorá di Corinto, dove sono stati trovati affreschi di soggetto cristiano. Uno dei primi esempi di luogo di culto cristiano dovette essere la bottega di Fidia a Olimpia, dove il grande artista aveva realizzato nel sec. 5° a.C. la famosa statua per il tempio di Giove; mille anni dopo, al principio del sec. 5°, questo edificio venne trasformato in una chiesa, di cui si sono conservati le recinzioni corali e lo zoccolo dell'ambone.Quando l'arte bizantina conobbe la sua prima fioritura, in coincidenza con il regno di Giustiniano, segnato da un'enorme attività edilizia che riguardò tutto l'impero, il P. rimase ai margini; tuttavia anche in quest'area si verificò un'intensa attività edilizia in campo religioso. Rimane argomento di discussione se questo fenomeno sia stato dettato da reali esigenze dei fedeli o se avesse costituito una dimostrazione di carattere politico-missionaria: in ogni caso dovette esistere un'organizzazione religiosa di un certo peso.Del periodo protobizantino rimane un gran numero di rovine di edifici ecclesiastici, costruiti tra i secc. 5° e 7°, molti dei quali furono probabilmente sedi vescovili. Questi edifici avevano forma basilicale - la prima tipologia autonoma di chiesa cristiana - e, nella loro maggioranza, sorsero in siti già occupati nell'Antichità; in alcuni casi vennero addirittura costruiti su antichi luoghi sacri, come per es. le basiliche di Epidauro e di Nemea. Le strutture corrispondono al tipo di chiese conosciute anche in altre regioni della Grecia e del Mediterraneo. Raramente erano a navata unica, quasi sempre a tre, in alcuni casi perfino a cinque navate, con grande abside orientale, di norma semicircolare, ma in alcuni esempi anche poligonale, al cui interno trovavano spesso posto sýnthronoi su più gradini per i celebranti. Molte chiese avevano un nartece e di frequente era previsto anche un atrio, dove coloro che non erano ancora stati battezzati potevano assistere alla celebrazione liturgica.Di questi edifici si sono conservati solo i muri di fondazione e, in alcuni casi, resti di preziosi pavimenti, realizzati per le parti più importanti della chiesa (per es. il bema) con lastre marmoree o in opus sectile, mentre in quelle meno importanti (per es. il nartece) a mosaico. Almeno in Argolide dovette esistere una scuola locale di mosaicisti. Si conserva inoltre anche un gran numero di resti architettonici, in particolare colonne, reimpiegate talvolta da edifici più antichi, e da ciò sembra possibile dedurre che le basiliche fossero nella maggior parte dei casi coperte a tetto e presentassero le navate scandite da arcature sorrette da colonne di grandezza adeguata. Infine si trovano resti di vasche battesimali e amboni. Caratteristica di molte chiese è la presenza di un battistero, di forme diverse, ma sempre con vasca battesimale interrata nel pavimento.A Corinto e nei suoi dintorni si trovano i resti di almeno sei basiliche: esse costituiscono una testimonianza del fatto che questo luogo, dopo le visite dell'apostolo Paolo, era divenuto il centro della cristianizzazione del Peloponneso. Inoltre, chiese paleocristiane si trovano in tutte le zone del P., tra cui quattro solo presso l'antica Tegea. Anche a S, nella penisola del Taigeto, che per lungo tempo si è ritenuto essere stata cristianizzata solo nel sec. 9°, sono state rinvenute numerose basiliche paleocristiane, molte delle quali nei secoli successivi furono trasformate in chiese più piccole. Altre basiliche paleocristiane - tutte costruite tra i secc. 5 e 7° - si trovano a Patrasso, Argo, Ermione, Tegea, Trezene, Metana, Corone, Filiatra e Gheraki, solo per ricordarne alcune. La basilica paleocristiana più ricca e significativa sorse a Lecheo, il porto settentrionale di Corinto, come sede del metropolita di quella città. Costruita all'epoca dell'imperatore Marciano (450-457) e dedicata al martire Leonida, venne rinnovata sotto Giustiniano e distrutta da un terremoto nel 551. L'intero edificio era lungo m 180 e si articolava in un corpo basilicale a tre navate, coperte a tetto, con transetto sporgente da entrambi i lati; sull'asse della navata centrale una solea conduceva all'ambone. Verso O si disponevano un nartece e un esonartece, come pure un doppio atrio, composto da un trístoon rettangolare e da un atrio semicircolare con arcate; a N si trova un battistero articolato in tre ambienti.Nel sec. 8° la costruzione di edifici religiosi si arrestò, come del resto anche l'attività edilizia civile. Questo fenomeno, riscontrabile in tutto l'impero bizantino, nel P. dovette certamente assumere un carattere particolarmente evidente a causa dell'invasione slava. Nella penisola del Taigeto sono testimoniate piccole chiese megalitiche, costruite con grandi pietre murate a secco, prive di finestre, i cui primi esempi sono datati al 7° e all'8° secolo.Gli edifici profani dell'epoca protobizantina ancora conservati sono rari e comunque di difficile identificazione, giacché furono spesso alterati da superfetazioni successive, e ciò vale soprattutto per le costruzioni a carattere difensivo. In epoca bizantina, dopo il periodo delle migrazioni dei popoli, furono fortificati le città e i centri di stanziamento delle truppe, ma anche i monasteri e altre località importanti. Così nel corso dei secc. 6° e 7° sorse una serie di complessi fortificati, che insistevano in parte su precedenti greci, per es. a Patrasso, Corinto e Istmia, dove per la prima volta, al principio del sec. 5°, l'imperatore Teodosio II, contemporaneamente alla cinta urbica di Costantinopoli, fece costruire una fortificazione sui resti del teatro e del tempio di Poseidone e fece rinnovare l'antico muro che tagliava l'istmo, che assunse allora il nome di Hexamílion e che venne in seguito ancora rinforzato da Giustiniano. Anche l'antica città alta di Corinto, nota come Acrocorinto, venne fortificata all'epoca di Giustiniano e poi ancora nell'8° secolo. La pressione esercitata dalla migrazione slava fu all'origine di una rinnovata attività costruttiva in campo militare nel P. ed è plausibile che numerosi castelli e fortificazioni avessero già un nucleo protobizantino.
In seguito all'invasione degli Slavi, l'impero bizantino dimostrò rinnovato interesse nei confronti del P.: l'intera Grecia fu riorganizzata dal punto di vista amministrativo e difensivo attraverso la divisione in dieci temi, mentre gli Slavi furono respinti o cristianizzati, con un movimento che partì soprattutto da Corinto e da Patrasso.Alla metà del sec. 9°, quando, sotto gli imperatori macedoni, prese avvio un periodo di stabilità politica e culturale, il P. visse una fase di considerevole sviluppo economico grazie all'agricoltura, ma anche alle industrie tessile, della seta e del metallo e al commercio su grandi distanze. La fine della controversia iconoclastica (843) determinò anche una riorganizzazione della Chiesa: ciò comportò un'intensificazione dell'attività edilizia, con la costruzione di numerosi complessi monastici. Il rinnovamento cristiano del P. raggiunse il suo punto più alto in coincidenza con la visita di Basilio II ad Atene, nel 1018; questo momento corrispose anche alla fase di massima attività costruttiva in campo religioso nella regione. Sorsero numerose nuove sedi vescovili e metropolitane. Nell'805 Patrasso si oppose nuovamente con successo agli Slavi: ciò fu ritenuto un segno della forza della fede della città, il cui vescovo fu nominato metropolita di Acaia, limitando il ruolo del metropolita di Corinto. Al principio del sec. 10° sorsero altre sedi metropolitane a Modone e a Corone, e lo stesso accadde nel 1083 a Sparta (Lacedaemonia secondo la denominazione medievale). In questo contesto sorsero anche nuove città, tra cui Christianupolis (od. Christianu) e Nikli, presso l'antica Tegea. Il vescovado di Christianupolis divenne sede metropolitana alla fine del sec. 11°, mentre alla fine del 12° nacque la metropolia di Argo-Nauplia.Le più importanti testimonianze storico-artistiche dell'epoca mediobizantina sono costituite ancora una volta dagli edifici religiosi. Al proposito non si può dimenticare che, accanto alle tipologie di chiese fin qui ricordate, non solo nella campagna, ma anche nelle zone intorno ai villaggi e alle città, erano diffuse le semplici chiese rettangolari a navata unica provviste di abside, secondo una tipologia che non presenta precisi limiti cronologici e che, attestata già in fase protobizantina, si mantenne anche oltre il periodo tardo e postbizantino, fino all'epoca moderna.Esempio interessante di chiesa dell'epoca immediatamente successiva la cristianizzazione degli Slavi è ciò che rimane della metropolia di Sparta, in passato attribuita, probabilmente senza ragione, al missionario Nicone il Metanoite (seconda metà del sec. 10°). Con la possente abside centrale e con la porzione inferiore dell'unico seggio per il celebrante, questa chiesa costituisce un esempio della rinascita della tipologia della basilica nel sec. 9°, ma presenta tuttavia anche tratti di una nuova concezione costruttiva: il bema, la protesi e il diaconico sono a pianta quadrata e in particolare gli ultimi due ambienti sporgono dal corpo basilicale, analogamente al transetto della chiesa di Lecheo. L'edificio era costituito dall'insieme di più corpi cubici, coperti da cupole, mentre l'asse longitudinale aveva un sistema di copertura piana.In questa fase ebbe inoltre una sua particolare diffusione la pianta a croce greca, raramente libera, spesso inscritta in un quadrato e coperta da una cupola, che già in epoca paleocristiana in singoli casi era riconoscibile all'esterno. L'elemento più caratteristico di questa tipologia edilizia era costituito dal collegamento della parte inferiore a pianta quadrata con la sovrastante struttura circolare della cupola; tale passaggio venne risolto nella maggior parte dei casi con l'uso di pennacchi; solo raramente furono impiegate trombe angolari.La tipologia a croce greca inscritta è attestata in un gran numero di varianti: in alcuni casi compaiono annessi di forme articolate, spesso un nartece, talvolta anche un esonartece o un atrio di tipo particolare. Ciascuna chiesa possedeva almeno un'abside principale e spesso anche due laterali; una variante, di cui peraltro non è ancora stata chiarita l'origine, prevedeva una doppia abside. La cupola centrale, sorretta da colonne o da pilastri, ma spesso anche da due colonne e due pilastri, poggia nella maggioranza dei casi su di un tamburo posto in corrispondenza dell'incrocio; accanto a essa il sistema di copertura prevede spesso ulteriori cupole sui bracci trasversali o addirittura sul nartece. Le pareti sono di frequente realizzate in pietra, spesso anche con conci lavorati con cura e con fasce in laterizio. Alcune chiese dell'Argolide sono decorate con grandi croci in pietra sulle mura esterne. La parete orientale della chiesa, dotata di un'abside circolare o poligonale, era trattata con particolare attenzione, con l'impiego di motivi a dentelli e di altre fasce decorative in laterizio, e le finestre erano incorniciate da colonnine. Particolare cura era posta nella realizzazione delle cupole e della decorazione del tamburo e delle sue aperture. Chiese a croce con cupole del tipo sopra descritto si trovano in grande quantità in tutto il P., ma soprattutto in Argolide (per es. ad Haghia Triada, Haghia Moni, Platanition, Ligurion, Damalas e Chonika), in Laconia (per es. a Gheraki e Chrysapha) e sulla penisola del Taigeto (per es. a Karuda, Vamvaka, Erimos, Gardenitsa, Kitta, Ano, Vurlarii). Negli ultimi esempi citati compaiono alcune particolarità locali, come la volta del naós che prosegue nel nartece o, in alcuni casi, un atrio antistante il nartece (próstoon).Una forma particolare di chiesa a croce con cupole è quella c.d. a otto sostegni, ispirata probabilmente alla Santa Sofia di Costantinopoli e attestata in Grecia nelle chiese dei monasteri di Dafni, presso Atene, e di Hosios Lukas, nella Focide. In questa tipologia, la cupola, poggiante su otto pilastri disposti lungo una base quadrangolare, supera in larghezza non solo la navata centrale ma anche l'intero sviluppo del bema, della protesi e del diaconico e, dotata di otto o sedici aperture, rende luminoso lo spazio interno. Nel P. esistono solo tre esempi di questa tipologia: il più antico è quello della chiesa della Trasfigurazione a Christianu, del 1070, seguito dalla Santa Sofia di Monemvasia, del 1150 ca., e dalla chiesa dei Ss. Teodori a Mistrà, del 1290 circa.Le pitture che decoravano tutte le chiese, spesso di epoca successiva, si sono in buona misura conservate, sia pure in cattive condizioni. Nel P. furono attivi, accanto a sconosciuti pittori locali, anche artisti provenienti da Costantinopoli e da Creta, e spesso chiese modeste ospitano pitture di grande pregio. Solo in rari casi gli affreschi sono datati, come per es. nella chiesa dei Ss. Teodori a Vamvaka (1075) o, in epoca posteriore, nella chiesa dei Tassiarchi a Karuda (1321).Nelle chiese la decorazione scolpita compare soprattutto in forma di bassorilievi, che trovano impiego sia nelle pareti esterne, per es. nelle cornici delle finestre, sia all'interno, nelle trabeazioni dell'incrocio, nell'iconostasi o nei capitelli delle colonne. Nella maggioranza dei casi furono utilizzati motivi decorativi convenzionali di tradizione bizantina, ma talvolta anche figurazioni tratte dalla mitologia e dalla favolistica, come nella piccola chiesa di Sotiros a Nomitsi/Exomani. Queste sculture sono spesso associate con elementi di spoglio tratti da edifici antichi e paleocristiani e reimpiegati per lo più senza tener conto della loro originaria funzione. La maggioranza delle chiese mediobizantine del P. non subì modifiche in epoca successiva, se non per nuove decorazioni ad affresco, e molte sono ancora oggi in uso. Gli architetti che le realizzarono sono rimasti quasi sempre anonimi: rare eccezioni sono costituite da un'iscrizione nella chiesa c.d. dei Teologi a Ligurion in Argolide, dove un Teofilatto dell'isola di Ceo viene menzionato come architetto, e dalle frequenti menzioni di un Nikita Marmaras nelle chiese della regione del Taigeto.Non si sono quasi conservati edifici profani di epoca mediobizantina: una delle rare eccezioni è rappresentata dal palazzo episcopale di Christianu, direttamente collegato alla chiesa. A Sparta è stato scavato un bagno del 12°-13° secolo. Molte cinte urbiche e complessi fortificati vennero rinnovati in quest'epoca: le mura bizantine circondavano di solito solo una parte del precedente insediamento antico.
In seguito alla conquista crociata di Costantinopoli nel 1204, il P. venne conquistato dalle truppe di Guglielmo di Champlitte e di Goffredo di Villehardouin, che cinque anni più tardi successe al primo come principe di Acaia o di Morea. Il principato franco, articolato in dodici baronie, ebbe la sua capitale ad Andravida, che divenne residenza dei sovrani e sede di un parlamento. Nel 1206 Venezia conquistò Modone e Corone per proteggere le sue rotte commerciali verso l'Oriente. Guglielmo II di Villehardouin, figlio di Goffredo, conquistò la Laconia nel 1246 e, dopo tre anni di assedio, prese Monemvasia e costruì la fortificazione di Mistrà. Fatto però prigioniero dai Bizantini nella battaglia di Pelagonia (1259), tre anni dopo, in cambio della propria liberazione, il principe franco dovette cedere a Bisanzio le fortificazioni di Maina, Mistrà, Gheraki e Monemvasia, che andarono a costituire il nucleo del rinato potere bizantino nel P., che assunse la forma del despotato autonomo di Morea, posto comunque sotto la sovranità imperiale. Il dominio franco continuò invece nella parte nordoccidentale e nordorientale della regione, dove Guglielmo di Villehardouin sconfisse i Bizantini nel 1265. Alla morte di Guglielmo (1278), la casata dei Villehardouin si estinse e i matrimoni delle numerose figlie dell'ultimo discendente portarono fiamminghi, savoiardi e piemontesi nella regione; il dominio del principato di Acaia-Morea fu assunto da Carlo d'Angiò e, dal 1301, la regione divenne secondogenitura di quella casata. In coincidenza con la dominazione franca si verificò nel P. un ampio radicamento del cattolicesimo occidentale - tra le altre, furono sedi vescovili Andravida, Patrasso e Sparta -, ma alla fine di questo periodo l'ortodossia imperiale riprese il sopravvento.Nel 1311 la regione fu parzialmente occupata dai mercenari della compagnia di Navarra, che distrussero alcuni centri, si insediarono in altri ed esercitarono dapprima il ruolo di vicari e in seguito quello di principi. Nel 1348 Mistrà divenne sede del despotato autonomo retto dalla dinastia dei Cantacuzeni. Nel 1385 il duca d'Atene Nerio Acciaiuoli e nel 1400 gli Ospedalieri furono signori di Corinto, dove - come ad Atene - si sviluppò una cultura greco-italiana.Il 1397 vide la prima incursione turca nel P., con la caduta di Argo, e segnò l'aprirsi di una fase che si concluse intorno al 1430 con la fine del dominio franco. I Bizantini poterono comunque ribadire la loro potenza ancora una volta nella prima metà del sec. 15° e, dopo la caduta di Costantinopoli (1453), il despotato di Mistrà rimase l'ultimo centro di cultura bizantina, prima di cadere anch'esso in mano turca nel 1460. Dell'epoca franca si conservano poche ma significative tracce, costituite in primo luogo da impianti fortificati: il monumento più rilevante tra quelli conservati è la fortificazione costruita intorno al 1220 da Goffredo II di Villehardouin a Chlemutsi, nella penisola di Kyllini, chiamata dai Francesi Clermont e dai Veneziani Castel Tornese. La fortezza presenta un nucleo esagonale - secondo una tipologia utilizzata nella stessa epoca anche in altre località del P., come a Lerna o sulla collina della Larissa ad Argo - che si articola in due piani coperti a volte e che è difeso verso E e verso O da un'ampia cinta esterna. Chlemutsi fu teatro di numerosi eventi storici: in questa sede i Francesi coniarono i loro tornesi, realizzati a imitazione dei ducati veneziani.Altre rovine di castelli franchi si trovano, nella maggioranza dei casi, distanti dalle grandi vie di comunicazione: Acrocorinto e Trezene nell'Argolide; Mistrà e Gheraki in Laconia; Leondarion e Karytaina in Arcadia; in quest'ultima località rimane anche un ponte sopra il fiume Alfeo con relativa cappella. Inoltre si sono conservati parzialmente i castelli franchi di Passava e Maina, nella penisola del Taigeto; Kalamata, Port-de-Jonc (Koryphasion presso Pilo), Mila e Andrussa in Messenia; Akova e Katakolon in Elide; Arla e Saint-Omer in Acaia. Una situazione particolare è riscontrabile nella cittadella di Nauplia, Acronauplia, dove, tra i resti di più antiche fortificazioni, nel sec. 13° si trovavano allo stesso momento un castello bizantino e uno franco, che avevano innalzato le proprie strutture difensive uno contro l'altro, in una situazione di conflitto che si protrasse fino alla fine del secolo, quando i Bizantini si arresero.Contemporaneamente ai castelli franchi, nei porti di Modone e Corone sorsero significative fortificazioni veneziane, ancora oggi visibili, costruite reimpiegando tratti di murature di edifici bizantini; lo stesso accadde per le mura costruite dai Veneziani a Monemvasia dopo il 1462.Con l'introduzione del rito latino a seguito della creazione del principato di Morea, nel P. sorsero molte chiese di stile gotico, delle quali si conservano però solo pochi resti. Delle tre chiese di Andravida, la residenza dei principi di Acaia, si sono conservati solamente resti del coro a pesanti volte costolonate della chiesa domenicana di Santa Sofia, eretta nel 1220; questo edificio trova una corrispondenza tipologica in molte altre chiese gotiche costruite nel corso del sec. 13° in Italia e in Francia. Una chiesa franca ben conservata è quella di S. Giorgio nella fortezza di Gheraki; edificata nel 1230 con impianto basilicale a due navate, nel corso del sec. 13°, sotto la dominazione bizantina, venne dotata di una terza navata. Significativi sono anche i resti della meno famosa chiesa gotica del monastero della Vergine di Issova, nei pressi di Olimpia, costruita nella prima metà del sec. 13° e già distrutta nel 1262.La vicina chiesa di S. Nicola, edificata pochi decenni dopo, testimonia in modo evidente con quanta velocità si fossero fusi gli stilemi dell'architettura franca con quelli di tradizione bizantina, nella maggior parte dei casi a opera di architetti locali. Un altro esempio di questa commistione stilistica è costituito dalla chiesa della Panaghia a Vlacherna (sulla penisola di Kyllini), dove elementi stilistici latini influenzano un edificio di matrice bizantina. A Stinfalo (km 50 ca. a N di Corinto) si trovano i resti di un altro edificio ad aula di epoca latina, il cui carattere profano o religioso non è stato ancora determinato. All'epoca della dominazione franca risale inoltre la parte più antica, realizzata in stile gotico, del palazzo dei despoti di Mistrà, edificata da Guglielmo II di Villehardouin poco prima del 1250.Già con la cessione di molte città della Laconia operata da Guglielmo in favore dell'imperatore bizantino, nel 1262, prese l'avvio l'ultima fase dell'arte bizantina nel P., segnata principalmente dagli splendidi edifici di Mistrà, che rappresenta un tipico esempio di città tardobizantina.L'arte dell'affresco visse una fase di grande sviluppo in epoca tardobizantina. Un raro esempio di affreschi dell'epoca della dominazione latina, con motivi a carattere religioso, si trova in un edificio a destinazione profana, ovvero nella torre della porta di accesso nella fortificazione sull'Acronauplia. Affreschi si sono conservati in molte chiese tardobizantine del P., in gran parte in cattivo stato o addirittura come semplici resti; significativi per il livello qualitativo e per il grado di conservazione sono soprattutto quelli di alcune chiese di Mistrà, ma dipinti di qualità analoga si trovano anche in alcune chiese di Gheraki.Della scultura si è conservata principalmente la produzione in pietra, per lo più sotto forma di decorazioni architettoniche a rilievo. I lavori sono nella maggior parte dei casi di stampo provinciale e rare sono le rappresentazioni figurative di uomini o animali. Nella basilica di S. Giorgio a Gheraki si è conservato un insolito baldacchino, uno dei pochi esempi di plastica di epoca latina, ancora primitivo e certamente realizzato da un artista locale. Un bell'esempio di bassorilievo tardobizantino è costituito da un Cristo in trono, in origine anche con decorazione policroma, su un sarcofago della metà del sec. 15°, proveniente dalla metropoli di Mistrà e attualmente custodito nel Mus. della città.
Bibl.:
Fonti. - Cronaca di Monemvasia, a cura di I. Dujčev, Palermo 1976; Τό Χϱονιϰὸν τοῦ ΜοϱέωϚ [La Cronaca di Morea], a cura di P. Kalonaros, Athinai 1940 (rist. 1966); The Chronicle of the Morea, a cura di J. Schmitt, London 1904 (rist. anast. Groningen 1967).
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