PETRA
. Città capitale del regno dei Nabatei (v.), attualmente costituente un grandioso complesso di rovine, il cui scavo è stato appena iniziato. Sorge a circa 30 km. a NO. della cittadina araba di Ma‛ān, importante stazione della linea ferroviaria Damasco-Medina, in posizione singolarissima, essendo posta nel punto di incrocio di profonde e strette gole montuose, scavate dalle acque attraverso il massiccio calcareo formato dalla propaggine settentrionale della catena del Ḥigiāz. Il nome indigeno della città non è conosciuto: secondo un'ipotesi molto plausibile "Petra" sarebbe la traduzione greca del nome Sela‛ (in ebraico "roccia"), con il quale la Bibbia designa la capitale del regno di Edom, più tardi assorbito dal regno nabateo: il nome si sarebbe conservato fino all'età islamica nella forma as-Sal‛ attestata dal geografo arabo del sec. XIII Yāqūt; gli Arabi peraltro diedero alla località, e al principale dei wādī che solcano la montagna e nel fondo del quale è situata la città, il nome di Wādī Mūsà, dovuto a erronee reminiscenze bibliche di un passaggio di Mosè e degli Ebrei usciti dall'Egitto.
Poiché alla città si giunge soltanto attraverso le strette gole dei wādī (particolarmente orrida e pittoresca è quella del Wādī es-Sīkh, in direzione di oriente), essa si trova in posizione naturalmente fortificata, il che spiega come sia stata scelta a capitale del regno, nonostante l'aridità del suolo. Inoltre da essa potevano facilmente diramarsi le carovane, che costituivano l'unica fonte di guadagno e di prosperità per i Nabatei, tanto verso il sud quanto verso il nord e l'est. Le descrizioni che Diodoro Siculo, Strabone e Plinio dànno di Petra, la rappresentano come difesa anche da una forte cinta di mura, delle quali infatti sussistono gli avanzi. Quale fosse l'assetto della città nei primi tempi del regno nabateo è tuttora ignoto, essendovisi appena cominciati scavi sistematici nel 1920, che poi non furono proseguiti: forse a essa appartengono le abitazioni trogloditiche riscontrate nei fianchi della montagna. L'aspetto attuale delle rovine è dovuto allo sviluppo architettonico verificatosi nel periodo ellenistico e romano; e all'influsso dell'architettura classica, che si sovrappone talvolta ad antiche forme orientali, sono dovuti alcuni degli edifici più caratteristici.
Quanto a lungo Petra sia sopravvissuta alla caduta del regno nabateo (105 d. C.), è difficile determinare: la presenza di avanzi bizantini, tra cui una chiesa, attesta che la decadenza fu lenta, pur essendosi il centro nazionale nabateo spostato verso sud, a el-Ḥiǵr (v. nabatei), ed essendo il commercio carovaniero accentrato a Bostra, la nuova capitale della provincip romana di Arabia, o passato nelle mani dei Palmireni (v. palmira). L'abbandono totale della città non dovette aver luogo se non nel sec. VI, quando l'impero bizantino arretrò verso nord il proprio confine in Arabia; durante l'età araba l'abbandono fu completo.
Archeologia. - La prima notizia dell'esistenza di Petra fu data dallo svizzero J. L. Burckhardt (1812), che poté trarre però della città solo alcuni schizzi a memoria e copiare di nascosto poche iscrizioni. La relazione del suo viaggio, pubblicata alcuni anni dopo, destò l'interesse di parecchi viaggiatori. I primi a tornare a Petra furono L. Irby e J. Mangles, ufficiali della marina inglese (1818). Nel 1828 fu la volta dei francesi L. de Laborde e M.-A. Linant; del primo è un ottimo lavoro con incisioni molto fedeli. Nel 1846 avvenne la visita del primo archeologo, il francese duca de Luynes; notevoli i lavori pubblicati dai domenicani di Gerusalemme, da R. Brünnow e A. v. Domaszewski, dal boemo Aloīs Musil e, durante la guerra mondiale, dalla missione tedesca composta di Th. Wiegand, W. Bachmann e K. Watzinger. Solo nel 1920 furono eseguiti alcuni scavi da G. Horsfield e dalla signorina A. Conway, ma i risultati non sono ancora di pubblica ragione; il problema archeologico di Petra rimane quindi ancora senza una soluzione sicura. La località costituisce una delle più interessanti mete di studiosi e turisti per lo spettacolo quasi fantastico offerto dalle numerose facciate di tombe, ricavate nelle pareti a picco delle rocce calcaree, e per la colorazione di queste, a tinte vivaci. Allo stato delle nostre cognizioni è difficile determinare se questi prospetti si devono riconoscere come ingressi di tombe, oppure se appartennero anche a luoghi di culto o di dimora. Mancano tracce di abitazioni in muratura, anteriori alla dominazione romana. Gli abitanti dovevano quindi usufruire di tende, oppure di caverne agevolmente ricavabili nel materiale tenero. Al centro della città si giunge percorrendo un lungo e stretto canalone, Sīkh, sul cui fondo scorre un ruscello perenne. Tre grandi tombe preannunciano le caratteristiche del luogo; ma un'impressione di stupore si prova sboccando dinnanzi al più bel monumento di Petra, el-Khazneh: sopra un pronao esastilo si elevano due corpi a pianta quadrata, con gli spigoli a colonne, sorreggenti timpani angolari, disposti ai lati di un piccolo edificio rotondo, pseudoperiptero, rilevato su uno sfondo a portico. Tutto è ricoperto da un'abbondante e varia decorazione floreale e a figure, in gran parte ancora ben conservata. È questo l'esemplare più perfetto e completo di un tipo che si ripete più volte in Petra. Si è discusso sul genere di edificio simulato da questa prospettiva frontale, e si è rammentata la sua somiglianza con una nota pittura della casa del Labirinto a Pompei, per dedurne che essa deve essere un prodotto di epoca ellenistica; ma forse si deve scendere almeno alla fine del sec. I a. C.; ipotetiche sono le attribuzioni a una o altra divinità, Iside o Tyche, oppure per la costruzione a re nabatei o a procuratori romani. Da qui la gola si allarga e le tombe aumentano, finché si sbocca nell'ampia vallata, racchiusa da alte montagne, sulle quali sono frequenti i santuarî all'aperto, ove è costante la presenza della roccia sacra con il pozzetto per la raccolta del sangue, e le piramidi sacre.
Le facciate rupestri presentano caratteri di maggiore o minore antichità. Gli elementi che caratterizzano le più antiche, a prescindere da quelle quasi lisce, per le quali è arduo fissare un'epoca, sono le "merlature" e le "scalinate". Le prime variano da un numero di 4 a 8; e sono a quattro o a tre gradini; per lo più sono iscritte in una specie di piattabanda; in alcuni casi sono ripetute su due zone sovrapposte. È un motivo che ritorna spesso nell'arte assira e che si diffuse poi in Siria, da dove probabilmente lo desunsero i costruttori nabatei. Il motivo terminale a "scalinate" è solo apparentemente originale, per quanto sia l'unico caratteristico dell'arte petrea; in realtà esso non è che l'ingrandimento dei due merli estremi del coronamento sopra descritto; dato che lo si nota solo su tombe d'influsso ellenistico, si è indotti a ritenerlo posteriore alla merlatura. Varî sono i pareri sulla data d'inizio di questi due tipi di tombe: in genere si nota una tendenza a farli più antichi di quanto non appaia. L'opinione più accettabile li fa risalire al massimo al sec. III a. C.; nel sec. I dell'impero erano ancora in uso, per quanto vi si fossero infiltrati elementi proprî dell'arte greca.
A el-Ḥiǵr o Hegra, la stazione carovaniera costituita dai Nabatei nell'Arabia (oggi Madā'in Sāliḥ, sulla via per Medina), la necropoli, con tombe datate fino al 75 d. C., presenta già tutti i tipi delle facciate di Petra, meno quelle definite ellenistiche. Senza dare a questo fatto il carattere di un assoluto criterio cronologico, si può però dedurne che l'ultimo tipo ha avuto inizio alla fine del sec. I dell'impero, e si è diffuso in quello seguente.
Con l'affermarsi del dominio romano a Petra il coronamento a "scalinate" diviene quasi la regola, ma tutto l'insieme si appesantisce, sovraccaricandosi di elementi diversi. Infine hanno inizio e s'impongono le facciate decisamente romane per concezione e per esecuzione, a più piani, con colonnati antistanti e laterali, e persino nicchie con statue. Una di esse porta l'epigrafe del legatus L. Sextus Florentinus, vissuto forse al tempo degli Antonini. La più colossale è quella detta ed-Deir, a circa due ore di marcia dal centro della città: del tipo di quella di el-Khazneh, è però priva di ornamenti e più massiccia nelle proporzioni grandiose.
In confronto con la varietà e lo sfarzo di molte facciate contrasta la semplicità degl'ipogei; rarissimi sono quelli che presentano una lavorazione delle pareti con nicchie o pilastri.
Nel periodo romano. Petra, almeno secondo le cognizioni attuali, ebbe anche i primi edifici costruiti sul suolo. Il ruscello che scorre sul fondo della valle fu coperto da un voltone per costituire una piazza; su di essa sboccava la solita ampia strada porticata attraverso un triplice arco. Intorno sorgevano diversi templi, di cui il più occidentale, quasi intatto, mostra ancora a metà altezza avanzi della cintura di legamento in legno; tre vasti recinti, forse mercati, le terme, un ginnasio. All'inizio della strada, a monte, l'acqua alimentava due ninfei. Più ad oriente nei fianchi rocciosi erano stati ricavati un odeon e un teatro.
Della dominazione bizantina i segni sono meno evidenti: forse alcuni tratti di mura, una probabile chiesa sulla collina che è al centro della città, e alcune grotte di eremiti segnate dalla croce. Scarsissime le sculture, anche nel periodo romano.
V. tavv. I-IV.
Bibl.: J. L. Burckhardt, Travels in Syria and the Holy Land, voll. 2, Londra 1822; L. Irby e J. Mangles, Travels in Egypt and Nubia and the Holy Land during the years 1817-18, ivi 1823; Léon de Laborde e M.-A. Linant, Voyage dans l'Arabie Petrée, Parigi 1830; H. T. Duc de Luynes, Voyage d'éxploration à la Mer Morte, Pétra et sur les rives du Jourdain, ivi 1871-74; R. Brünnow e A. v. Domaszewski, Die Provincia Arabia, voll. 3, Strasburgo 1904-09; G. Dalman, Petra und seine Felsheiligtümer, Lipsia 1908; id., Neue Petra-Forschungen, ivi 1912; P. B. Meistermann, Guide du Nil au Jourdain par le Sinaï et Pétra, Parigi 1909; H. Kohl, Kasr Firaun in Petra, in Wiss. Veröff. d. d. or. Ges., Lipsia 1910; G. Dalman, The Khazneth at Petra, in Palestina Exploration Fund, 1911; W. Bachmann e K. Watzinger, Petra, Berlino 1921, in Wissenschaftliche Veröffentlichungen des deutsch-türk, Denkmalschutz-Kommandos (diretto da Th. Wiegand), fasc. 3°; A. B. W. Kennedy, Petra, its History and Monuments, Londra 1925; A. Kammerer, Pétra et la Nabatène, Parigi 1929; G. Horsfield and A. Conway, in The Geographical Journal, LXXVI, 5 (1930), p. 369 segg.; M. Rostowtzeff, Città carovaniere (traduzione italiana), Bari 1934.