PADANA, PIANURA
La Pianura P. costituisce la più vasta area piana d'Italia: verso est si prolunga in corrispondenza dei bassi corsi dei fiumi veneti, ed è estensivamente chiamata Pianura Padano-veneta (v. italia, XIX, p. 710). Nel quadro nazionale rappresenta la massima concentrazione di abitanti e di attività economiche.
Su una superficie di 41.850 km2, appena un ottavo del territorio nazionale, la Pianura Padano-veneta alberga ben 14.850.000 ab., pari a oltre un quarto della popolazione italiana: la densità demografica (355 ab./km2) risulta quasi doppia rispetto alla media nazionale. Con spicco ancora più netto emerge la sua importanza nel campo delle attività economiche: il 33% degli addetti al terziario e il 40% degli addetti all'industria operano in questo ambito territoriale.
Ambiente naturale e dinamica demografica. - La Pianura P. è un bacino di subsidenza che, abbassandosi, è stato progressivamente riempito dai sedimenti derivati dalla demolizione superficiale, delle Alpi a nord e degli Appennini a sud, a opera dei ghiacciai e dei fiumi, che hanno trascinato in basso i detriti riducendoli in ciottoli, ghiaia, sabbia, e limo. Il Po è il grande collettore che dà il nome alla pianura e che drena all'Adriatico una parte dei sedimenti costruendo con essi un ampio delta lobato. Il piano declina dal piede delle Alpi e degli Appennini verso l'impluvio segnato dal corso del fiume e degrada dolcemente verso il mare: il pelo dell'acqua corre a circa 202 m s.m. a Torino, a 55 alla confluenza del Ticino, a 9 presso Ostiglia. La lunghezza massima della Pianura P. (400 km) si ha in corrispondenza del parallelo di 45° N. La larghezza oscilla tra 80 e 120 km; la fronte sull'Adriatico si estende per 270 km da Rimini alla foce dell'Isonzo. I due pioventi, l'alpino e l'appenninico, presentano sviluppi ben diversi, essendo il primo notevolmente più espanso del secondo; la dissimmetria è dovuta al fatto che gli affluenti alpini, più ricchi di acque, sono stati più attivi nell'erosione che non gli affluenti appenninici, convogliando maggior copia di detriti, così che il corso del Po si è via via spostato verso il piede degli Appennini. Rimangono all'interno della pianura alcuni rilievi di origine vulcanica: i Monti Berici e i Colli Euganei.
Dall'alta pianura di alluvioni grossolane si scende alla bassa pianura di alluvioni fini attraverso scarpate di pochi metri. La caratteristica saliente dell'alta pianura è l'aridità, benché riceva precipitazioni notevoli (intorno a 900 mm annui): la pioggia s'infiltra rapidamente nella bibula coltre di detriti, lasciando asciutto il suolo superficiale. La vegetazione spontanea è rappresentata perciò dalla brughiera, costituita da piante xerofile: il brugo e le eriche insieme ai rovi e alle robinie. La brughiera originaria è stata sostituita quasi ovunque dalle colture e non ne rimangono che pochi lembi. Nei riquadri di coltivi si avvicendano grano e mais, trifoglio ed erba medica.
L'attività agricola acquista un'importanza maggiore a valle della fascia dei fontanili (o risorgive), polle d'acqua che segnano il trapasso dall'alta alla bassa pianura e alimentano rogge e canali d'irrigazione. Grazie a questa disponibilità idrica, in molti settori della bassa pianura sono diffuse le colture foraggere connesse all'allevamento intensivo di mucche da latte: prati artificiali da vicenda e prati permanentemente irrigui (le ''marcite'').
Il clima è uniforme: ovunque inverni rigidi ed estati molto calde con forti escursioni termiche; piogge non molto abbondanti, ma distribuite abbastanza uniformemente nei mesi dell'anno, con temporali estivi spesso accompagnati da grandine; una forte umidità, specie sui terreni irrigui (marcite e risaie), che rende afose le estati e nebbiosi gli inverni.
La dinamica demografica (a partire dagli anni Settanta) è caratterizzata dal crollo della natalità a fronte di una mortalità non ulteriormente comprimibile, trattandosi di popolazione molto invecchiata. Con tassi di natalità quasi ovunque inferiori al 10ı e tassi di mortalità spesso più elevati, l'incremento della popolazione è di segno negativo e rende problematico il ricambio generazionale. Le zone piemontesi e lombarde di più antica industrializzazione hanno esercitato una forte attrazione demografica negli anni Cinquanta e Sessanta in funzione di sistemi industriali concentrati in termini sia territoriali che strutturali, e sono entrate poi in una fase stazionaria. Invece le pianure dell'Emilia e del Veneto, intaccate ma non depauperate dall'emigrazione, hanno beneficiato di apporti migratori modesti ma continui. Nell'insieme le correnti migratorie, in passato concentrate sui capoluoghi regionali, si sono ora ripartite in una miriade di centri provinciali ricchi di opportunità di lavoro.
Strutture agrarie e sedi rurali. - Dal Piemonte al Friuli il contrasto tra la bassa pianura irrigua e l'alta pianura asciutta è non tanto l'espressione di due territori diversamente dotati, quanto il risultato di due divergenti ordini di strutture agrarie. Nella bassa pianura domina l'affittuario capitalista, più vicino alla figura dell'imprenditore che a quella del contadino: egli impiega capitale e lavoro legando a sé un congruo numero di salariati fissi e assoldando operai stagionali secondo l'occorrenza. Dominano qui le grandi corti mono-aziendali: a prevalente indirizzo risicolo nel Vercellese e nel Novarese, a mais e a marcite per l'allevamento delle mucche da latte nella Bassa milanese, a indirizzo cerealicolo-zootecnico da Cremona a Mantova e nella zona del delta. La corte presenta quattro corpi di fabbrica − l'abitazione del conduttore, il lungo caseggiato per le abitazioni dei salariati, le capaci stalle coi sovrastanti fienili, le rimesse per macchine e attrezzi − che chiudono a quadrilatero un vasto cortile.
Nell'alta pianura piemontese e lombarda la frammentazione fondiaria si accompagna alla ''corte pluriaziendale'' che risulta frazionata tra piccoli proprietari o mezzadri. Questa frammentazione ha comportato redditi insufficienti al fabbisogno della famiglia e ha favorito l'abbinamento delle attività artigiane con quelle agricole. L'industria ha poi scalzato l'agricoltura assorbendo la manodopera contadina, specialmente quella giovanile.
La pianura veneta di antico popolamento riflette complicate situazioni nelle quali grandi proprietà patrizie restano in piedi nel mezzo dell'area di diffusione della piccola e piccolissima proprietà. Tra il Livenza e l'Isonzo, la linea delle risorgive si presenta molto netta: nella Bassa friulana la bonifica ha consentito la formazione di piccoli poderi, ciascuno con la propria casa.
La pianura emiliana conserva soltanto pochi lembi dell'antica ''piantata'': filari di viti maritate a sostegni vivi (olmi o aceri) lungo i cigli dei campi coltivati a grano, a mais, a foraggere. La piantata era una soluzione congeniale a una policoltura intensiva elaborata da una borghesia intraprendente con l'opera di una popolazione contadina molto numerosa, vincolata dal contratto mezzadrile. Col passaggio dalla policoltura di sussistenza all'agricoltura di mercato, la piantata è stata progressivamente sostituita dalle coltivazioni specializzate: vigneto, frutteto, allevamento di mucche da latte e di suini su larga scala. Da Piacenza all'Adriatico si estende una fascia di agricoltura ricca, che ha trovato nell'organizzazione cooperativistica la carta vincente per produrre e commerciare al meglio. L'abbondante produzione agricola, dal pomodoro alla barbabietola e alla frutta, ha favorito il sorgere di molte industrie alimentari.
Nelle aree di bonifica della bassa pianura, fino alla metà del 19° secolo, il rassodamento è stato ottenuto drenando le acque e favorendo il riempimento delle depressioni con terreni alluvionali (procedimento delle ''colmate''). I lentissimi depositi hanno creato le ''terre vecchie'', fertili suoli di medio impasto su cui si sono moltiplicati i poderi per una policoltura intensiva. L'impiego di macchine idrovore, a partire dagli ultimi decenni del 19° secolo, ha reso più veloce il prosciugamento, ma ha ricavato suoli torbosi, compatibili soltanto con le colture estensive. Negli anni Cinquanta, in base alla legge di riforma agraria, alcune grandi aziende capitalistiche della bonifica sono state in parte espropriate e divise in lotti concessi ad assegnatari.
Industrie, servizi, reti urbane. - Nella Pianura P. si concentra il nerbo delle attività industriali e terziarie del paese. Di grande rilievo è il settore del terziario avanzato, costituito da quelle attività direttive e insieme decisionali e di promozione culturale che hanno in Milano e Torino i loro massimi centri a livello regionale e nazionale.
Fin dal primo avvio, l'attività industriale ha manifestato uno sviluppo polarizzato attorno ai maggiori centri urbani della Padania occidentale, assecondando l'esigenza di concentrare capitale, lavoro, infrastrutture, per fruire delle economie di scala e di agglomerazione. L'enorme sviluppo delle industrie, dei commerci e dei servizi si è tradotto in una forte crescita della popolazione delle città. L'industria si è successivamente propagata all'esterno dei distretti originari, irradiandosi in tutte le zone dotate di condizioni favorevoli, quali un solido tessuto urbano, una tradizione manifatturiera, la disponibilità di manodopera e di capitali e un positivo spirito imprenditoriale.
Fino agli anni Sessanta, la conseguenza dello sviluppo industriale, concentrato in grandi poli, era l'esodo nello stesso tempo agricolo e rurale. Viceversa, lo sviluppo industriale degli anni Settanta, con più poli situati ai vari livelli della gerarchia urbana, ha creato in loco posti di lavoro, favorendo un esodo agricolo senza esodo rurale. Si può dire che i poli distribuiti nel territorio, generando aree gravitazionali piccole, permettono anche alle zone più lontane, ma sempre relativamente vicine, di dare un contributo di lavoratori pendolari senza perciò venire abbandonate. Il decentramento produttivo ha comportato un rinnovato diffondersi della piccola impresa, non come residuo di forme premoderne di organizzazione economica, ma come struttura funzionale all'ulteriore crescita del sistema.
La mappa dell'industria padana evidenzia in primo luogo le due direttrici che corrono lungo il piede delle Alpi e degli Appennini racchiudendo nel mezzo le basse pianure agricole aderenti alle sponde del grande fiume. La linea che collega le città industriali del pedemonte alpino − quasi tutte eredi di tradizioni artigiane − va da Torino a Ivrea, abbraccia l'area metropolitana milanese e l'alta pianura bergamasca e bresciana, proseguendo poi per Verona e Vicenza con un'appendice verso Venezia, che rappresenta l'estremità portuale della sezione lombardo-veneta, così come Genova lo è per la sezione lombardo-piemontese.
Sul fianco appenninico la direttrice del popolamento e della industrializzazione è rappresentata dalla via Emilia con il rosario di città collocate ciascuna in corrispondenza con lo sbocco di una valle appenninica, quindi con un asse di comunicazione trasversale: più tenue e meno vistosa di quella che si snoda lungo il pedemonte alpino, presenta tuttavia forti concentrazioni come la conurbazione lineare Bologna-Modena-Parma, cui fa da contraltare l'asse di popolamento e di attività turistiche della riviera adriatica. Il progresso di queste aree, realizzato con la proliferazione di aziende medie o piccole, facili ad adeguarsi alla congiuntura e ai cicli economici, non ha creato eccessive congestioni e non ha suscitato flussi d'immigrazione da altre regioni, assorbendo essenzialmente le forze di lavoro locali o di aree adiacenti.
La diffusione delle industrie ha proceduto di pari passo con l'urbanizzazione; anzi, talvolta è stata motivata proprio dall'esistenza di un tessuto urbano abbastanza solido. Normalmente i livelli più elevati si raggiungono intorno alle città, ma esistono anche zone industriali defilate rispetto alle grosse concentrazioni urbane: aree di vecchia industrializzazione legate al mondo prealpino (il Biellese, la Brianza, il Vicentino). Alcune microaree industriali sono nate per iniziative strettamente locali, che hanno fatto sorgere altre industrie per processo d'imitazione: per es., il distretto di Sassuolo per la ceramica, Carpi per la maglieria, la Bassa veronese per i mobili.
Negli anni Settanta è iniziato il calo dei lavoratori dell'industria parallelamente alla crescita degli addetti al terziario, come in tutti i paesi a economia avanzata. La terziarizzazione si è affermata sia nel settore pubblico (burocrazia) sia in quello privato, dove esiste ampio spazio per iniziative singole o a livello di famiglia o di gruppo con invenzioni di lavoro in proprio, anche nel quadro dell'economia sommersa attraverso il moltiplicarsi di spezzoni di lavoro non istituzionale. Sono cresciuti soprattutto i servizi per il sistema produttivo: all'interno di questo terziario si è messo in evidenza il settore delle attività che comportano una più elevata utilizzazione di lavoro intellettualmente qualificato e che maggiormente contribuiscono alla valorizzazione della produzione, attività che vanno sotto il nome di ''terziario avanzato''. Il terziario avanzato si è sviluppato all'interno di imprese di grandi dimensioni come risposta ai crescenti problemi di organizzazione, controllo e innovazione del processo produttivo, per sfociare nella formazione di imprese autonome, che offrono i loro servizi sul mercato, utilizzando solitamente un'alta quota di collaboratori esterni.
La distribuzione territoriale del terziario avanzato presenta sensibili differenze: mentre l'area urbana di Torino, sviluppatasi essenzialmente nell'intorno immediato della città, vede i centri dotati di funzioni di terziario avanzato strettamente connessi con la metropoli, Milano è circondata − entro un raggio di 50 km − da una corona di centri forniti di servizi terziari e di terziario avanzato tali da costituire − almeno fino a un certo livello − autonome unità funzionali. Nel Veneto i centri con elevata entità di funzioni di terziario avanzato sono limitati alle città principali, a segno della tradizionale tendenza a concentrare questo tipo di funzioni nel centro storico. In Emilia emergono le funzioni di terziario avanzato di Bologna, che vanta pure un ruolo di primo piano nell'organizzazione dei trasporti e nel commercio all'ingrosso.
I capisaldi dell'area forte sono i sistemi urbani di Torino e Milano. Mentre l'industria torinese è più giovane e notoriamente legata alla FIAT, quella milanese è d'impianto più vecchio, con iniziative più variate e flessibili. Nell'un caso e nell'altro i centri circostanti sono divenuti satelliti della metropoli come sedi dell'indotto o di industrie decentrate, oppure semplicemente come dormitori per la manodopera. Lungo il pedemonte alpino si sono organizzati reticoli urbani costituiti dalle basse valli, che sono storicamente aree di addensamento demografico e di sviluppo di città nodali. Si delinea così un grande asse di concentrazione lungo la linea pedemontana, da cui si dipartono ramificazioni a pettine nelle valli. Gli insediamenti di attività lungo i fondivalle corrispondono talvolta ad aree di antica industrializzazione, talvolta al decentramento di industrie o a strutture di specializzazioni produttive.
La rete urbana della bassa pianura orientale, bonificata e trasformata dall'intervento di imprese capitalistiche, presenta una struttura piuttosto rarefatta, a maglie larghe e a bassa densità demografica in un ambiente agricolo in cui non si è radicata la piccola proprietà coltivatrice. In buona parte della fascia costiera, la valorizzazione turistica ha unificato i centri preesistenti in un continuo urbanizzato.
La Pianura P. è stata il teatro privilegiato di profonde trasformazioni economiche e sociali collegate all'innovazione e alla meccanizzazione agricola, allo sviluppo industriale e urbano; ma questi progressi hanno innescato gravi problemi ambientali. Fra i più evidenti: la minor difesa del suolo a causa del rarefarsi della presenza umana nelle campagne, la difficoltà di smaltimento delle acque luride delle aziende zootecniche, l'inquinamento idrico causato dai residui di prodotti chimici somministrati alle colture. Non meno grave è l'inquinamento dovuto allo sviluppo industriale e alla dilatazione delle città: fabbriche, concentrazioni urbane e traffico inquinano l'aria con i gas di scarico e i fiumi con gli spurghi liquidi. Negli ultimi anni la lotta contro l'inquinamento ha sortito effetti positivi: è diminuito lo smog, e i fiumi sono un po' meno collettori di scarichi velenosi.
In conclusione, la Pianura P. vede mutare tendenze economiche e demografiche ritenute fino a ieri ben consolidate, e si trova a una svolta di grande portata: la spinta all'urbanizzazione, propria dell'età industriale, sembra già esaurita, e del tutto nuove sono oggi le direttrici dell'ordinamento territoriale dello sviluppo.
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