PIEMONTE
(XXVII, p. 171; App. II, II, p. 546; III, II, p. 420; IV, II, p. 796)
Con una superficie di 25.399 km2 il P. è la seconda regione italiana per estensione dopo la Sicilia. Fino al 1992 era diviso in sei province (Torino, Alessandria, Asti, Cuneo, Novara, Vercelli); in quell'anno ne furono istituite altre due: quelle di Biella e di Verbano-Cusio-Ossola, con capoluogo Verbania.
La regione, per anni una delle più economicamente avanzate del paese, tanto da ricoprire un ruolo fondamentale nel funzionamento del sistema Italia e nella sua competitività in campo internazionale, è oggi investita da un processo di crisi, i cui prodromi si avvertirono fin dagli anni Settanta. Sul suo sistema produttivo hanno influito negativamente non soltanto le difficoltà congiunturali comuni alle altre aree industriali italiane ed europee, ma anche una particolare debolezza, legata alla forte specializzazione nel settore dell'auto.
Popolazione. − La popolazione piemontese crebbe notevolmente tra gli anni Cinquanta e i primi anni Settanta, allorché il rapido sviluppo del settore industriale sollecitò forti correnti immigratorie, provenienti in prevalenza dalle regioni meridionali; l'alta percentuale di giovani tra gli immigrati portò in quegli anni a un ringiovanimento complessivo della popolazione piemontese, con conseguente incremento nella natalità. Pertanto il saldo naturale della regione, che era negativo dal 1941, divenne positivo nel 1958 e tale rimase fino al 1975. Tra il 1958 e il 1976 la popolazione piemontese crebbe, per effetto dell'incremento naturale e dell'immigrazione sommati, da 3.757.000 a 4.544.000 ab., con un tasso d'incremento medio annuo dall'1,3%.
Dal 1976 tuttavia il saldo naturale tornò negativo e anche i flussi migratori si ridussero: iniziò pertanto un calo demografico che è ormai percentualmente tra i più elevati d'Italia, superato soltanto da quello della Liguria. Al censimento del 1991 il P. contava 4.302.565 ab., corrispondenti all'8% di quelli italiani; i tassi di natalità e mortalità erano rispettivamente dello 0,7% e 1,1%, portando il saldo naturale a −0,4% (Italia 0,02). Al saldo demografico negativo si accompagna un invecchiamento della popolazione: il 17,2% dei Piemontesi supera i 65 anni (Italia 14,8%), mentre i bambini sotto i 14 anni rappresentano solo il 13,8% degli abitanti (Italia 17,1%). Alla stessa data la densità di popolazione era di 169 ab./km2, di poco inferiore alla media italiana (188 ab./km2).
La distribuzione della popolazione appare fortemente squilibrata, sia a livello provinciale, che tra le zone di alta collina e montagna da un lato e la pianura dall'altro; le prime infatti per decenni hanno alimentato un notevole flusso di emigrazione di lavoratori espulsi dall'agricoltura, mentre la seconda, sede delle principali città e zone industriali, ha funzionato come polo di attrazione. Il 52% degli abitanti è pertanto concentrato nella provincia di Torino, in cui, oltre al capoluogo, si trovano ben 4 città che superano i 40.000 abitanti: Moncalieri, Nichelino, Collegno e Settimo. Il processo di abbandono delle aree marginali e di concentrazione nelle aree forti da parte della popolazione è continuato anche nell'ultimo periodo. Tuttavia il capoluogo regionale, Torino, la cui popolazione a partire dal secondo dopoguerra era cresciuta costantemente, raggiungendo nel 1976 il valore massimo di 1.190.000 ab., ha registrato dopo tale data un calo demografico, scendendo nel 1991 a 961.916 abitanti. Per tutti gli anni Settanta al declino demografico del capoluogo si è accompagnata una crescita dei comuni nell'area metropolitana torinese (23 costituenti la prima cintura, 29 la seconda), legata soprattutto agli spostamenti di residenza; anche questa crescita è cessata con gli anni Ottanta.
Condizioni economiche. − Il P. fu a lungo una regione essenzialmente industriale; soprattutto a partire dal secondo dopoguerra l'industria manifatturiera ebbe nella regione una rapida crescita, che la portò a occupare un posto preminente nell'economia nazionale: tra il 1951 e il 1971 gli occupati nell'industria salirono dal 43% della popolazione attiva al 55,7% (in Italia, nello stesso periodo, salirono da 32,1% a 44,3%), mentre il PIL dell'industria aumentava del 30% in più di quello nazionale. Il settore trainante fu in quegli anni quello automobilistico con il suo indotto, concentrati entrambi nell'area torinese. Non mancavano tuttavia altre zone industrializzate, con specializzazioni diverse, come il Canavese (Ivrea) per l'elettronica, il Biellese, le valli di Lanzo e di Susa per il tessile, l'Albese e l'Astigiano per le produzioni alimentari e il vino, Novara e la val d'Ossola per la meccanica (casalinghi, rubinetteria), il Casalese per il cemento, e infine alcune aree minori quali Valenza Po per l'oreficeria e Settimo Torinese per le penne a sfera. In seguito alla crisi recessiva, che a partire dagli anni Settanta ha investito tutti i paesi industrializzati a economia di mercato, lo sviluppo dell'industria manifatturiera subì un arresto. La crescita annua del PIL, gli investimenti nei servizi e nell'industria, che per anni erano stati tra i più alti d'Italia, scesero al di sotto della media nazionale, mentre gli occupati nel secondario, che dal 1951 erano costantemente in aumento, tra il 1981 e il 1991 si ridussero del 2,2%. In particolare il crollo del mercato europeo dell'auto e dei mezzi di trasporto della fine degli anni Ottanta mise in luce tutta la fragilità di una regione ''monoculturale'', cioè con un'economia troppo legata a un unico tipo di produzione e a una grande industria, la FIAT, leader nazionale dell'automobile.
Per controbilanciare gli aumenti dei costi delle materie prime e del lavoro e sostenere la concorrenza straniera, l'intero sistema industriale si trovò a dover affrontare un processo di ristrutturazione. La più colpita dalla crisi fu la grande industria metallurgica e meccanica, concentrata prevalentemente a Torino, mentre reagirono in modo positivo le numerose piccole e medie imprese, spesso altamente innovative, che seppero collegare la tradizionale competenza in campo meccanico con le nuove possibilità offerte dall'elettronica. Alla quantità della produzione si sostituì, nella maggior parte dei casi, la qualità, con un conseguente aumento della commercializzazione dei prodotti manufatturieri destinati all'esportazione: negli anni Ottanta l'indice di esportazione per abitante del P. è stato infatti tra i più alti d'Italia, e il più alto in assoluto se si considerano solo le produzioni classificate ''ad alta tecnologia''.
Il fenomeno più preoccupante legato alla crisi della grande industria è la riduzione dell'occupazione; tra il 1978 e il 1991 gli occupati nell'industria si sono ridotti in P. di 166.000 unità. La pur notevole crescita del terziario non è riuscita ad assorbire che in minima parte la forza lavoro espulsa dal settore secondario, cosicché, nel 1991, sono stati persi nella regione 20.000 posti di lavoro e nel primo semestre del 1993 altri 45.000. Ma al di là della congiuntura l'industria continua ancora ad avere un peso considerevole nell'economia regionale.
Il P. conserva una forte vocazione industriale e tecnologica, che è radicata nel suo tessuto sociale e fa parte della sua cultura. Il settore industriale occupa il 39,8% della popolazione attiva e concorre per il 38,8% alla formazione del PIL (1991). Nel panorama delle imprese piemontesi domina incontrastato il Gruppo FIAT, con la FIAT Auto, al primo posto per numero di addetti e fatturato, seguita dalla FIAT Iveco; al terzo posto, per addetti e fatturato, si situa la Olivetti (meccanica ed elettronica). Gli autoveicoli, non soltanto automobili, ma anche veicoli industriali, macchine agricole e componentistica, rappresentano ancora la produzione principale. Altre produzioni di un certo rilievo sono l'elettronica, la chimica, ubicata prevalentemente nell'area torinese, l'agro-alimentare (province di Asti e Cuneo), e l'abbigliamento (Torino, Alba, Novarese).
Un discorso a parte merita il tessile, che ha risentito in modo particolare della crisi degli anni Settanta, a causa degli alti costi di produzione e della sempre maggior concorrenza straniera; di conseguenza le industrie tessili sono praticamente scomparse in alcune aree tradizionali, dove prevalevano imprese medie e piccole scarsamente flessibili (valle di Lanzo, valle di Susa), mentre hanno superato la crisi soltanto le più vitali, in particolare quelle dell'area biellese e torinese, che hanno saputo puntare sulla qualità e sull'innovazione. La deindustrializzazione ha invece colpito fortemente alcune aree minori, per lo più monoproduttive, come l'Ossola e il Verbano.
In campo energetico il P. è all'ottavo posto in una graduatoria nazionale della produzione, con 10.354 milioni di kWh prodotti, di cui 7200 milioni idroelettrici e 3154 termoelettrici (1991); tuttavia, a causa dei forti consumi dell'industria, la produzione non copre il fabbisogno: infatti i consumi, alla stessa data, erano di 20.411 milioni di kWh.
L'agricoltura riveste un peso limitato nell'economia regionale: con il 6,7% della popolazione attiva addetta produce soltanto il 3,1% del PIL. Tuttavia essa presenta caratteri di modernità ed efficienza.
Le aziende hanno una superficie media (9,1 ha) superiore a quella italiana e le produzioni sono rilevanti sul totale nazionale (grano 7,6%, granoturco 14,8%, riso 60%, bovini 13%, ecc.). Tali caratteri erano rispettosi delle norme CEE, che fino agli anni Ottanta favorivano la produttività. Con la nuova politica comunitaria della seconda metà degli anni Ottanta, la cui tendenza è quella di ridurre le eccedenze e di favorire produzioni competitive sui mercati internazionali e atte a valorizzare al meglio le risorse del territorio, il P. si trova attualmente nella necessità di riconvertire parte della produzione, potenziando le coltivazioni specializzate destinate all'esportazione.
I prodotti principali sono ancora i cereali, tra cui il mais da foraggio (11.521.000 q nel 1992) in sopravvento sul grano (6.879.000 q); il riso (7.081.000 q) coltivato nella bassa pianura vercellese e novarese, e inoltre l'orzo, la segale, ecc. A partire dagli anni Ottanta si è assai diffusa, nelle province di Asti e Alessandria, la coltivazione della soia (708.000 q, pari al 6,7% del totale nazionale). Grande impulso ha avuto inoltre la frutticoltura, che trova il suo ambiente più adatto nell'alta pianura cuneese; accanto alle colture tradizionali di pesche e mele (rispettivamente 975.000 q e 1.644.000 q) si sono recentemente diffuse quelle dell'actinidia e di altri frutti di provenienza esotica o derivati da nuovi innesti (babaco, cacomela). La produzione vinicola comune attraversa un periodo di crisi a causa della depressione dei prezzi determinata dalla sovrabbondanza di vino da taglio, che giunge dalle regioni meridionali e anche dall'estero; buono è invece il mercato dei vini di qualità, destinati in parte all'esportazione, per i quali il P. vanta una tradizione secolare. La produzione totale di vino è stata nel 1992 di 3.308.000 hl.
Per quanto riguarda l'allevamento, gli incentivi della CEE per l'abbattimento delle bovine da latte hanno portato a una riduzione nel numero di queste ultime; tuttavia nel 1992 il P. aveva ancora un patrimonio zootecnico di ben 1.100.000 capi bovini, che lo poneva al terzo posto in Italia dopo la Lombardia e il Veneto; alla stessa data gli ovini erano 114.000 e i suini 738.000.
Parte della manodopera espulsa dall'agricoltura e dall'industria è stata assorbita dal settore terziario, i cui occupati (censimento 1991) hanno superato per la prima volta quelli dell'industria, raggiungendo il 52% della popolazione attiva del P. (44% nel 1981). Le attività di servizio che hanno avuto maggior impulso negli anni Ottanta, oltre alle imprese di pubblicità e di pubbliche relazioni per le quali l'area torinese emergeva già per importanza a livello nazionale, sono quelle destinate all'impresa: engineering, ricerca e sviluppo, studi tecnici, marketing e attività finanziarie in genere. Nella provincia di Torino, in particolare, le funzioni direzionali sia pubbliche che private hanno avuto un'espansione impressionante passando nel corso degli anni Ottanta da un'incidenza del 20% a una del 36% sul totale degli occupati.
In questo contesto la capitale regionale, che ha perso il suo ruolo trainante in campo industriale, ha conservato la sua posizione ''centrale'' per quanto riguarda ricerca e servizi destinati all'impresa. Essa ha manifestato la tendenza a trasformarsi da città di produzione di massa in centro direzionale e tecnologico; pur conservando una notevole capacità produttiva nei settori a tecnologia avanzata, ha sviluppato infatti attività di terziario avanzato. Anche il settore bancario, e in particolare la Banca San Paolo di Torino, ha moltiplicato la gamma di prestazioni, rivolte anche all'estero, diversificando e ampliando la sua attività. Per questo tipo di terziario si va allargando sensibilmente lo squilibrio tra Torino e gli altri centri minori (con l'eccezione di Biella, limitatamente al tessile, Novara e Ivrea); invece la diffusione dei servizi rivolti alla popolazione è più capillare essendosi, nell'ultimo decennio, ridotto notevolmente il divario fra centri urbani e campagna.
La nuova organizzazione economico-sociale della regione, caratterizzata da una riduzione dei posti di lavoro non qualificati e dalla riorganizzazione produttiva orientata alle tecnologie avanzate e al terziario, richiede, oltre a specifiche risorse culturali, un'organizzazione scolastica in grado di preparare le nuove leve. La situazione regionale di base nel campo dell'istruzione appare buona: il tasso di analfabetismo è inferiore alla media italiana e le strutture scolastiche superiori alla scuola dell'obbligo sono ben distribuite sul territorio. Carenti invece, rispetto alle nuove esigenze, apparivano le strutture universitarie, per troppo tempo concentrate unicamente nel capoluogo, dove funzionano l'università degli studi e il Politecnico di Torino. Per ovviare in parte a questa situazione nel 1989 sono state istituite ufficialmente tre sedi universitarie distaccate a Vercelli, Novara e Alessandria, dove già da alcuni anni si tenevano dei corsi. Inoltre a Biella è stata istituita la Città degli studi a indirizzo tessile, con corsi a livello di scuola superiore e università.
La rete delle vie di comunicazione appare nel complesso adeguata alle esigenze regionali. Nel 1990 la rete stradale misurava 30.928 km, pari al 10,2% del totale nazionale; le autostrade in attività erano la Torino-Milano, Torino-Savona, Torino-Aosta, Torino-Piacenza, parzialmente in esercizio la Voltri-Gravellona Toce e la Torino-Bardonecchia, che porta al traforo del Fréjus. Le autovetture circolanti alla stessa data erano 54,6 ogni 100 abitanti, valore per il quale il P. si situava al terzo posto in una graduatoria nazionale dopo la Valle d'Aosta e l'Emilia Romagna. La ferrovia aveva, alla stessa data, uno sviluppo di 1968 km. Per quanto riguarda il trasporto aereo, oltre all'aeroporto internazionale di Caselle dal 1988 è attivo, solo per collegamenti nazionali, quello di Cuneo Levaldigi. Vedi tav. f.t.
Bibl.: A.M. Gili Borghet, Studi geografici sulla popolazione del Piemonte, Milano 1978; Centro studi Unione Camere di Commercio del Piemonte, Il terziario privato per il sistema produttivo in Piemonte, ivi 1984; Regione Piemonte, Secondo piano regionale di sviluppo, Torino 1984; C. Antonelli, L'attività innovativa in un distretto tecnologico, ivi 1986; Federazione Associazioni Industriali Piemonte, Struttura ed evoluzione dell'industria in Piemonte, ivi 1986; IRES (Istituto Ricerche Economico-Sociali del Piemonte), Dossier Auto: l'industria automobilistica italiana verso le nuove sfide, ivi 1988; Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura di Torino, Le principali società piemontesi, Romano Canavese 1989; G. Vitali, Il sistema industriale del Piemonte, Bologna 1989; IRES, Piemonte, da indotto a sistema, Torino 1991; Id., Relazione sulla situazione economica, sociale e territoriale del Piemonte 1992, ivi 1992; Id., L'agricoltura piemontese nel 1991, ivi 1992.
Archeologia. - La ricerca archeologica ha di recente evidenziato la probabile presenza del Paleolitico Inferiore (Conzano in provincia di Alessandria) e del Paleolitico Superiore (Buronzo in provincia di Vercelli), mentre era già da qualche tempo nota l'importanza delle grotte del Monfenera (Borgosesia in provincia di Vercelli), frequentate fin dal Paleolitico Medio. Per il Neolitico, si segnalano in particolare i ritrovamenti del Novarese (colline di Briona, Fara, Ghemme) con l'individuazione di officine litiche, che attestano la lavorazione della selce in loco e la presenza di materiale attribuibile alla cultura del vaso a bocca quadrata, caratteristica del Neolitico Medio, riscontrata anche in altri siti del Piemonte. Il ritrovamento di ceramica neolitica ad Alba (Cuneo) conferma l'interesse di questa zona, già nota da tempo; qui stesso si sono rinvenuti resti di un abitato riferibile all'età del Bronzo Recente, sovrapposto a livelli del tardo Eneolitico.
Eccezionale la recente scoperta dell'abitato di Chiomonte (alta Val di Susa) con insediamenti alpini databili dal Neolitico al Bronzo; all'età del Bronzo sono riferibili altri giacimenti in Val di Susa e in provincia di Alessandria: si segnala in particolare il sito di Momperone in Val Curone, una valle che mette in comunicazione il P. meridionale con la Liguria. Particolarmente interessanti per questo periodo sono gli insediamenti palafitticoli scoperti lungo la costa del lago di Viverone: mediante ricerche subacquee si sono individuati e rilevati i pali di fondazione, mettendo così in evidenza le planimetrie degli stanziamenti.
Si sono ripresi gli scavi delle già note necropoli novaresi dell'età del Ferro, approfondendo la conoscenza della cultura di Golasecca e dei rituali funerari; tra gli importanti insediamenti dell'età del Ferro si segnalano l'abitato di Villa del Foro, presso Alessandria, con la presenza di materiali affini al bucchero, e quello della Burcina, a Biella.
Per l'età gallica i ritrovamenti, non molto numerosi, sono per lo più dislocati nella Val d'Ossola: in particolare si ricorda la necropoli di Gravellona Toce. Anche per il periodo relativo alla prima colonizzazione romana sfuggono documenti archeologici significativi, mentre i ritrovamenti più notevoli nelle città sembrano riferibili per la maggior parte alla fine del 1° secolo e agli inizi del 2° secolo d.C.: in tale momento nei centri romani più importanti dovette verificarsi un notevole incremento edilizio con la costruzione di edifici monumentali e di opere pubbliche. Scavi recenti l'hanno attestato per Ivrea, Alba, Asti. Per Torino si sottolinea l'importanza del ritrovamento di un mosaico in opus signinum, probabilmente coevo all'impianto della colonia, e di ritrovamenti relativi ad assi viari, insulae domus della città romana.
A Ivrea si sono scoperti resti che possono considerarsi relativi alle prime fasi della colonia, e impianti più consistenti che confermano la planimetria della città addossata alla collina, in declivio verso la Dora mediante una serie di terrazzamenti. Sulla riva sinistra del fiume è stata individuata un'interessante banchina in pietra che fa riferimento a resti notevoli di un ponte romano emerso nel 1994. Scavi nell'anfiteatro hanno chiarito che esso è stato costruito nel 2° secolo d.C. sui resti di una villa di età augustea. Nel centro storico di Alba sono venuti in luce tratti di strade urbane con relativi edifici, tuttora in corso di scavo, notevoli tratti di pittura murale eccezionalmente conservati e tombe romane (a cremazione e inumazione) in via Rossini e in regione San Cassiano. Ad Asti accurate ricerche nel centro storico hanno permesso di ricostruire, se pur non interamente, la struttura dell'antico reticolo urbano, con il ritrovamento di notevoli testimonianze, tra cui resti di una domus con pavimento a mosaico e un tratto dell'anfiteatro, del quale non si aveva notizia alcuna.
Anche a Vercelli sono venuti in luce interessanti resti di edifici urbani (1° secolo d.C.), tuttora in corso di scavo, e di un'importante necropoli, purtroppo molto danneggiata da interventi clandestini. A Novara si segnala la scoperta di tratti di mura urbiche, che ha permesso di avere un'idea dell'antico perimetro della città; sono molto simili a quelle torinesi e probabilmente analogamente databili all'età augustea. Nel Novarese si sono intensificate le ricerche territoriali, anche a seguito di notevoli opere pubbliche moderne: si sono esplorati stanziamenti rurali, il cui impianto sembra risalire agli inizi del 1° secolo d.C. o alla fine del precedente. Sempre nel Novarese, a Dormelletto, è stata scavata una necropoli gallo-romana. In Val Vigezzo è venuta in luce una necropoli a inumazione in cui si sono individuate due fasi di utilizzo: una della prima età imperiale, l'altra tardoantica (6°-7° secolo d.C.).
Per l'età barbarica si segnala la scoperta (1980) di una sepoltura a Borgo d'Ale (Vercelli), nel sito dove un analogo ritrovamento si verificò negli anni Sessanta. Si tratta di una tomba a cassa in muratura con copertura formata da un grande lastrone di pietra; il defunto era deposto in posizione supina entro una cassa di legno (se ne sono ritrovati alcuni resti e i chiodi), con un ricco corredo consistente in armi, un bicchiere di vetro integro, una croce in lamina d'oro decorata a sbalzo (prima metà del 7° secolo d.C.). Allo stesso periodo risale un insediamento a Belmonte (Torino), dove si sono rinvenuti attrezzi agricoli e utensili in ferro, associati ad alcune armi e fibbie di tipo longobardo, su un pianoro al sommo del colle, difeso da una notevole cinta muraria, scoperta lungo il margine nord-ovest. Vedi tav. f.t.
Bibl.: I Galli e l'Italia, Catalogo della mostra, Roma 1978; G. Cavalieri-Manasse, G. Massari, M.P. Rossignani, Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Lombardia, "Guide archeologiche Laterza", Bari 1982; R. Chevallier, La romanisation de la Celtique du Pô, Parigi 1983; L. Mercando, Attività della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, in Opuscula Instituti Romani Finlandiae (1986); La città nell'Italia settentrionale in età romana, Trieste 13-15 marzo 1987, Roma 1990. Cfr. inoltre i Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 1981-93; Montaldo di Mondovì. Un insediamento protostorico. Un castello, a cura di E. Micheletto e M. Venturino Gambari, Milano 1991; F.M. Gambari, Il bucchero etrusco nei contesti piemontesi della prima età del ferro, in Atti del colloquio internazionale. Milano 10-11 maggio 1990, ivi 1993, pp. 127-34; La porta del Paradiso. Un restauro a Susa, a cura di L. Mercando, Torino 1993; Archeologia nella Valle del Curone, a cura di G. Pantò, Alessandria 1994; L. Mercando, G. Paci, Stele romane in Piemonte, in corso di stampa.
Arte. - Le vicende del patrimonio artistico piemontese nell'ultimo ventennio costituiscono quasi un caso emblematico delle speranze, dei conseguimenti, delle delusioni, e talora delle frustrazioni che hanno caratterizzato questa particolare stagione della storia italiana. Per i fatti storici si seguirà la successione degli avvenimenti dalla chiusura per restauri dell'Armeria Reale di Torino (1969) all'inaugurazione della ristrutturata Galleria civica d'Arte moderna (1993). Sul fronte delle leggi innovative e degli avvicendamenti amministrativi si passerà dal nuovo ordinamento regionale e dall'istituzione del ministero per i Beni culturali (gennaio 1975) alla conversione della tutela decentrata e generalizzata nel selettivo centralismo dei progetti speciali: Fondi Investimento e Occupazione (FIO, 1981-82), Giacimenti culturali (1985-86), Memorabilia e connessi interventi urgenti (l. 449, del 1987), per concludere con la catalogazione accelerata in funzione della liberalizzazione del mercato artistico europeo (1992).
Riflettendo a distanza ravvicinata sul panorama degli ultimi anni, gli uffici di tutela mostrano di aver fatto fronte in modo globalmente positivo all'avventurismo delle iniziative esterne alle sedi competenti e vantano al loro attivo almeno il recupero integrale del palazzo juvarriano degli Archivi di stato a Torino, alcuni felici restauri di grosso impegno in San Domenico a Torino, al Battistero di Chieri, nell'ambito del progetto FIO sulle residenze sabaude (in particolare gli interni di Palazzo Reale, di Palazzo Carignano e del castello della Venaria Reale, per anni lasciato in abbandono) e cospicue campagne di scavo, specie nel settore medievale, che sono risultate autentiche rivelazioni (per es. San Benigno di Fruttuaria). Ma il gesto di maggior rilievo resta l'acquisto per diritto di prelazione da parte dello stato del castello di Racconigi e delle sue collezioni, realizzatosi prima ancora che si definisse il progetto cui le residenze sabaude hanno dato il nome (1980). Più di recente, grazie all'intervento del FAI (Fondo Ambientale Italiano) e di generosi sponsor torinesi, è stato acquisito alla fruizione pubblica anche il castello di Masino (1988-89).
Passando all'attività propria delle istituzioni museali dello stato, la riapertura dell'Armeria Reale riordinata (1977) fece spicco per la selezione astrattamente filologica dei pezzi esposti (e conseguente distruzione degli allestimenti storicisti ottocenteschi), proprio quando in Italia andava affermandosi una diversa concezione della tutela museale; in effetti il modello dell'Armeria non avrà seguito (anzi ne è in corso una misurata revisione) e i riallestimenti successivi, tanto del Museo Nazionale Archeologico (riaperto in una nuova sede nel 1989) quanto della Galleria Sabauda (a partire dal 1987) si sono impegnati soprattutto a ricomporre e a rispettare il profilo delle raccolte dinastiche che sono alle origini di gran parte delle collezioni statali torinesi.
Nel riordino, restauro e nuova presentazione delle collezioni sabaude la Soprintendenza per i beni storici e artistici si è valsa, oltre che di fondi statali, del contributo finanziario della Cassa di Risparmio di Torino, mentre l'Istituto Bancario di San Paolo ha sostenuto le iniziative di riordino del Museo Egizio e la FIAT è intervenuta in favore del Palazzo Reale: qui si è purtroppo interrotta troppo presto la serie di mostre esplorative delle collezioni di palazzo, ancora per tanta parte sconosciute (Porcellane e argenti del Palazzo Reale di Torino, 1986; Orologi negli arredi del Palazzo Reale di Torino e delle residenze sabaude, 1988).
Nel quadro della sponsorizzazione culturale ha assunto un ruolo specifico, dal 1987, la Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino, organo di programmazione delle iniziative e di coordinamento tra i vari possibili mecenati della città. Alla Consulta fanno capo il restauro dell'aula del Parlamento Subalpino a Palazzo Carignano e delle facciate del palazzo degli Archivi e delle chiese di Santa Cristina e di San Filippo a Torino. Restano invece eccezionali i casi di restauri sponsorizzati fuori della capitale subalpina, quali gli affreschi della Manta (restaurati sotto l'egida della Olivetti) o gli interventi nel castello di Masino (sostenuti da un gruppo di sponsor torinesi). Si deve infatti lamentare che il concentrarsi degli uffici di tutela sui grandi progetti abbia finito per costringere il limitato personale disponibile ad abbandonare il capillare lavoro di conoscenza e di risanamento territoriale rivelato, per gli anni Settanta e i primi anni Ottanta, da una serie di restauri diffusi e di mostre decentrate: Arona, Asti, Borgomanero, Boscomarengo, Carignano, Casale Monferrato, Cuneo, Fossano, Novara, Testona, Trino, Vercelli, Vicoforte. L'ampliarsi del panorama culturale piemontese nell'ultimo ventennio, per quanto riguarda il patrimonio artistico e più generalmente storico, non sarebbe facilmente decifrabile senza tener conto dei cataloghi di queste mostre e dell'attività editoriale delle soprintendenze, come degli archivi di stato, delle biblioteche, dei comuni, delle società storiche locali, di alcuni musei (Novara, Cuneo, Verbania, Tortona e ovviamente i Musei Civici di Torino); in parallelo si è mossa l'editoria delle Casse di Risparmio (in primo luogo quella torinese, con la collana Arte in Piemonte), dell'università e del Politecnico. Il patrimonio storico, architettonico, artistico, archivistico del P. ha insomma ricevuto in questi ultimi anni un'attenzione finalmente degna della sua quantità e qualità.
Elemento caratterizzante del decennio centrale del periodo qui preso in esame è stato il forte impegno in campo culturale manifestato dall'amministrazione regionale e da quella comunale di Torino. La giunta comunale del giugno 1975 e quella regionale, resa possibile dalla l. 382 del 22 luglio 1975, hanno creato ciascuna ex novo il loro assessorato per la cultura, cui la Regione P. ha aggiunto un assessorato per la gestione del territorio: a questa nuova struttura ha fatto capo la L.R. 56 del 5 dicembre 1977 su ''tutela e uso del suolo''. Più lenta e incerta è stata l'elaborazione di una legge regionale sui Beni culturali, pubblicata solo il 28 agosto 1978, che è purtroppo, data l'incompletezza delle deleghe ricevute, un testo molto reticente sui temi centrali della tutela, del restauro e della catalogazione. Alla legge regionale sui Beni culturali è seguita di pochi mesi quella istitutiva del nuovo Museo Regionale delle Scienze (L.R. 37 del 19 dicembre 1978) in cui confluiscono le collezioni scientifiche dell'università, mentre l'anno successivo la Regione P. ha aperto il discusso cantiere di restauro del Castello di Rivoli destinato a ospitare, dal 1984, le iniziative internazionali del neonato Museo d'Arte contemporanea (un'istituzione oggi in crisi).
Convinte a collaborare dall'entusiasmo e dall'attivismo dei nuovi assessorati, anche le istituzioni culturali e amministrative più refrattarie hanno contribuito alla linea comune di far uscire la regione, e in particolare Torino, dalla condizione di luoghi provinciali di acculturazione e si sono dimostrate capaci di autonomia progettuale sul ricco patrimonio piemontese. Pur nell'incertezza del quadro legislativo gli enti piemontesi hanno individuato ambiti di possibile collaborazione nei censimenti territoriali (in primo luogo sulla cultura popolare, 1976), nell'attività di restauro e in quella di formazione per il reperimento di personale in grado di affrontare le urgenze emerse con la legge sulla occupazione giovanile (1977) e con la soppressione degli istituti di assistenza (IPAB), nel 1981.
Si è delineata parallelamente un'inedita e positiva stagione torinese di esposizioni − promosse in collaborazione tra assessorati regionali e comunali, soprintendenze e archivi di stato, università e Politecnico − che si apre con le mostre-censimento Valle di Susa, arte e storia (1977) e Musei del Piemonte (1978) e che giunge fino alla grande mostra Diana trionfatrice del 1989 (in qualche modo già epigonica e dove si fa luce una nuova figura di sponsor culturale: nel caso specifico la Cassa di Risparmio di Torino). Non si trattò solo di iniziative d'avanguardia sulla conoscenza, la promozione e la catalogazione del patrimonio storico più antico, perché meritano una citazione anche le mostre Arte in Italia 1960-1977 e Torino fra le due guerre (1978), cui seguiranno, dopo la chiusura per restauri della Galleria d'Arte moderna di Torino (1981), le esposizioni dedicate allo studio, al risanamento e al riordino delle collezioni della stessa galleria: Materiali (1981), Il Museo Sperimentale di Torino (1985) e 1945-1965, Arte italiana e straniera (1987). Il vertice di tanto attivismo espositivo si riconosce nel 1980, quando l'amministrazione regionale promuove la realizzazione dell'imponente mostra Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna, 1773-1861 e l'amministrazione comunale inaugura una prestigiosa nuova sede per esposizioni (la restaurata Mole Antonelliana) con La ricostruzione futurista dell'universo. I modelli torinesi sono stati poi di esempio nelle provincie piemontesi più intraprendenti (Novara e Cuneo in particolare). Nel periodo successivo riescono ancora a essere realizzate proposte di reale interesse, come la convenzione tra comune e Politecnico per il censimento del patrimonio edilizio storico a Torino (1981) o mostre come quelle dedicate ad Alfredo De Andrade (1982) e all'Antonelli (1988), cui hanno fatto seguito però iniziative di più generica spettacolarità, come le rassegne Il disegno del mondo (1983), Lo specchio e il doppio (1987) e L'Amore (1992), realizzate alla Mole dall'Assessorato per la cultura del Comune. Sono continuate presso l'Accademia Albertina e la Promotrice delle Belle Arti le esposizioni riservate al patrimonio e alla cultura piemontese, promosse in prevalenza dall'Assessorato per la cultura della Regione. All'inizio degli anni Ottanta va ancora ricordato l'avvio della Fondazione de Fornaris, garante negli anni di un cospicuo arricchimento delle collezioni civiche d'arte moderna, che i torinesi hanno conosciuto attraverso apposite iniziative editoriali o espositive e finalmente attraverso le nuove sale della Galleria d'Arte moderna riaperta nel 1993. Intanto si sono però chiuse le sale dei Musei civici d'Arte antica a Palazzo Madama (nel 1987) per aggiornare e completare i servizi di sicurezza e di conservazione: sono in corso una minuta e completa revisione di tutte le collezioni e una capillare campagna di restauri (sponsor ancora una volta la Cassa di Risparmio di Torino); sembra possibile una parziale riapertura per il 1996.
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Carità, Fossano 1985; Valli monregalesi: arte, società, devozioni, a cura di G. Galante Garrone, S. Lombardini e A. Torre, catalogo della mostra a Vicoforte, Savigliano 1985; Felice Casorati, 1883-1963, a cura di M.M. Lamberti e P. Fossati, catalogo della mostra, Torino 1985; Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris. Arte moderna a Torino, 200 opere d'arte acquistate per la Galleria Civica d'Arte Moderna, a cura di R. Maggio Serra, catalogo della mostra, ivi 1985; L'Armeria reale di Torino, a cura di F. Mazzini, Busto Arsizio 1985; E. Rossetti Brezzi, Percorsi figurativi in terra cuneese, Alessandria 1985; Pio V e Santa Croce di Bosco. Aspetti di una committenza papale, a cura di C. Spantigati e G. Jeni, catalogo della mostra, ivi 1985; G. Testori, S. Stefani, Artisti del legno. La scultura in Valsesia dal XV al XVIII secolo, Borgosesia 1985; AA.VV., Gli affreschi del Trecento in San Domenico a Torino. Storia di un restauro, Torino 1986; Porcellane e argenti del Palazzo Reale di Torino, a cura di A. Griseri e G. Romano, catalogo della mostra, ivi 1986; Bernardino Lanino e il Cinquecento a Vercelli, a cura di G. Romano, ivi 1986; C. Spantigati, G. Romano, Il Museo e la Pinacoteca di Alessandria, Milano 1986; AA.VV., Il Palazzo di Città a Torino, Torino 1987; AA.VV., Racconigi, il castello, il parco, il territorio, Racconigi 1987; Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza, 1883-1983, Vercelli, 6-7 ottobre 1984, Vercelli 1987; Le collezioni della Galleria Civica d'Arte Moderna di Torino. 1945-1965, Arte italiana e straniera, a cura di P. Fossati, R. Maggio Serra, M. Rosci, catalogo della mostra, Torino 1987; Arte di corte a Torino, da Carlo Emanuele III a Carlo Felice, a cura di S. Pinto, ivi 1987; M. L. Tomea Gavazzoli, Museo novarese, catalogo della mostra, Novara 1987; Galleria Sabauda. Opere del Novecento, a cura di P. Vivarelli, Torino 1987; AA.VV., Tra Società e Scienza. 200 anni di storia dell'Accademia delle Scienze di Torino, catalogo della mostra, ivi 1988; Il secolo di Antonelli. Novara 1798-1888, a cura di D. Biancolini, catalogo della mostra, Novara 1988; Orologi negli arredi del Palazzo Reale di Torino e delle residenze sabaude, a cura di G. Brusa, A. Griseri e S. Pinto, catalogo della mostra, Torino 1988; L'architettura popolare in Italia. Piemonte, a cura di V. Comoli Mandracci, Bari 1988; Arte del Quattrocento a Chieri. Per i restauri del Battistero, a cura di M. Di Macco e G. Romano, Torino 1988; La Novalesa. Ricerche, fonti documentarie, restauri. Atti del convegno-dibattito, 10-11-12 luglio 1981, Borgone di Susa 1988; Figure del Barocco in Piemonte. La corte, la città, i cantieri, le province, a cura di G. Romano, Torino 1988; Alessandro Antonelli, 1798-1888, a cura di F. Rosso, catalogo della mostra a Torino, Milano 1988; C. Spantigati, La Cattedrale di Alessandria, ivi 1988; A. Vincenti, G. Pacciarotti, P. Spinelli, Ville della provincia di Novara, ivi 1988; AA.VV., Archivio di Stato di Torino. Il tesoro del principe. Titoli carte memorie per il governo dello Stato, catalogo della mostra, Torino 1989; AA.VV., Il Castello di Masino, Milano 1989; Antichità ed arte nell'Alessandrino. Atti del convegno (Alessandria, 15-16 ottobre 1988), a cura di F. Malaguzzi, Torino 1989; Archeologia ed Arte nel Cusio. Atti del convegno, Orta S. Giulio - Villa Bossi, 27 giugno 1987, ivi 1989; Giuseppe Maria Bonzanigo. Intaglio minuto e grande decorazione, a cura di C. Bertolotto e V. Villani, catalogo della mostra ad Asti, ivi 1989; M. Di Macco, G. Romano, Diana trionfatrice. Arte di corte nel Piemonte del Seicento, catalogo della mostra, ivi 1989; Dal museo al museo. Passato e futuro del Museo Egizio di Torino, a cura di A. M. Donadoni Roveri, catalogo della mostra, ivi 1989; A. Griseri, G. Romano, Filippo Juvarra a Torino. Nuovi progetti per la città, ivi 1989; F. 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Maggio Serra, ivi 1993; Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea - Torino. L'Ottocento, a cura di R. Maggio Serra, catalogo delle opere esposte, Milano 1993; Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea - Torino. Il Novecento, a cura di R. Maggio Serra, R. Passon, catalogo delle opere esposte, ivi 1993; La Cattedrale di Fossano, a cura di G. Romano, Fossano 1993; Torino 1675-1699. Strategie e conflitti del Barocco, a cura di G. Romano, Torino 1993; L'Università di Torino. Profilo storico e istituzionale, ivi 1993; L. Pejrani Baricco, L'église abbatiale de Fruttuaria à la lumière des dernières fouilles archéologiques, in Guillaume de Volpiano et l'architecture des rotondes. Atti del colloquio (Digione, 23-25 settembre 1993), Digione 1994.
Tutela dei beni architettonici. - Per una definizione storico-critica delle linee di comportamento del P. rispetto al tema della tutela e del restauro a partire dal dopoguerra vale soprattutto il riferimento agli organismi istituzionali deputati alla tutela, salvaguardia, restauro, rifunzionalizzazione del vasto patrimonio storico della regione.
L'attività della Soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici è stata connotata da un crescente impegno culturale e operativo nel contesto regionale, sia per una precoce politica di acquisizioni al demanio statale di importanti monumenti (paradigmatici Palazzo Chiablese e il Castello di Agliè e poi i castelli di Rivoli e di Venaria Reale), sia per una capillare opera di promozione e di controllo dei restauri sul territorio (con attenzione particolare ai tipi caratterizzanti la regione del romanico e del barocco), sia infine per la difesa del paesaggio alpino e collinare con freno alla dirompente edilizia turistica delle valli. Importanti anche le ricerche sistematiche sul patrimonio architettonico (la Valle di Susa, il Romanico nel Monferrato, l'architettura castellana nel Cuneese e Monregalese, e inoltre una nuova attenzione filologica al tema del colore nell'arredo urbano), e l'estensione concettuale di bene da tutelare dai grandi monumenti all'architettura minore, all'archeologia industriale, all'architettura contemporanea (sintomatica la dichiarazione di vincolo per il Lingotto a Torino).
Nella città di Torino sono stati restaurati con concetti preminenti di rifunzionalizzazione il Palazzo Lascaris come sede del Consiglio Regionale (1978); più recentemente l'Ospedale S. Giovanni (A. Castellamonte, dal 1673) come Museo delle Scienze, l'Archivio di Stato, sezione Corte (F. Juvarra, 1731; restauro 1992), il Palazzo Carignano (in corso) con la discutibile introduzione di una sala ipogea nel cortile d'onore guariniano. Interessanti sul territorio piemontese i restauri conservativi del Battistero di Novara, dei Castelli di Grinzane e di Serralunga, l'abbazia di Vezzolano ad Albugnano, Sezzadio, il Santuario di Vicoforte, la chiesa di S. Marta ad Agliè.
Con l'esperienza FIO (Fondi Investimento e Occupazione) si concreta, dal 1982 al 1986 ma con avvio già precedente, da parte delle Soprintendenze di concerto con la Regione P. e con i maggiori istituti conservativi, un articolato programma di restauro delle residenze sabaude, intese non più soltanto come singole e isolate emergenze architettoniche, ma come parti costitutive di un sistema di architetture connesse col territorio storico della capitale sabauda, la ''corona di delitie''; sistema al cui recupero e valorizzazione, anche d'intesa con la Consulta per i Beni culturali e con istituti ed enti privati attenti a sponsorizzare il patrimonio storico sul supporto della l. 512 del 1982, si è già lavorato con il restauro e la destinazione per Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli (1982, ma con progetti già dal 1961) e con l'avvio dei restauri della Palazzina di Caccia di Stupinigi, della Venaria Reale, dei castelli di Racconigi, Agliè, Moncalieri, del Castello del Valentino e della Basilica di Superga: problemi di restauro questi ultimi, purtroppo rimasti aperti per carenza endemica di finanziamenti.
Tutela dei beni ambientali. - In campo regionale l'atteggiamento e la prassi di tutela dei beni ambientali hanno subito una radicale svolta nel 1977, quando dopo l'istituzione delle regioni vengono trasferiti alla Regione P. (d.P.R. 616 del 1977) i compiti in materia urbanistica e vengono ad essa delegati quelli relativi alla l. 1497 del 1939 in tema di Bellezze naturali. La verifica degli strumenti urbanistici, prima affidata al Provveditorato alle opere pubbliche con scissione completa delle aree perimetrate come centri storici dalla realtà in espansione urbana, ha ora un altro soggetto istituzionale che s'inserisce con atteggiamento convergente sulla tutela a latere delle Soprintendenze, con intenti propositivi attenti all'avanzamento del dibattito sulla salvaguardia dei beni culturali e con concrete azioni propositive e di tutela dell'ambiente e del paesaggio.
La Regione P. avvia dalla sua istituzione una seria politica di tutela del territorio attraverso due strade: la pianificazione urbanistica e l'individuazione dei parchi e delle aree protette. In questa linea la prima legge urbanistica regionale (G. Astengo, l. 56 del 1977), che non a caso si intitola Tutela e uso del suolo, con modifiche e variazioni tuttora vigente, introduce inedite, importanti connessioni della tutela con la pianificazione del territorio, tentando una via, difficile e non risultata completamente vincente, di una tutela preventiva e diffusa sull'intero territorio regionale, strettamente connessa e contestuale alla formazione degli strumenti urbanistici comunali.
Tuttavia soprattutto la politica dei parchi assume in P. un ruolo importante e paradigmatico nel quadro nazionale. Il territorio già vedeva la presenza di un grande parco storico di livello internazionale e di vecchia costituzione, il Parco del Gran Paradiso, il cui territorio riguarda anche la Regione Autonoma Valle d'Aosta. Subito la Regione P. avviò una seria e articolata azione di tutela dell'ambiente e del paesaggio con l'istituzione e la gestione delle aree protette appoggiandosi alla L.R. 43 del 1975 che delineava le norme per l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali. Attualmente l'insieme delle aree protette e gestite dalla Regione P. è di 55 unità, per un totale di ha 134.326 corrispondenti al 5,29% del territorio regionale. La tipologia delle aree protette comprende parchi naturali, riserve (naturali, naturali speciali, naturali orientate), aree attrezzate, zone di preparco, zone di salvaguardia. Anche le fasce fluviali del Po e del Ticino sono tutelate secondo un sistema di aree protette. Tra le più significative e importanti aree protette si ricordano i parchi naturali dell'Argentera, la Val Troncea, le Capanne di Marcarolo, l'Alpe Veglia e l'Alpe Devero, l'Orsiera-Rocciavrè, l'Alta Valsesia, l'Alta Valle Pesio e Tanaro, il Gran Bosco di Salbertrand, il Bosco della Partecipanza, il Monte Fenera; importante anche la tutela delle ''baragge'', delle zone umide, degli ambienti fluviali, dell'ambiente storico e culturale dei Sacri Monti (Varallo, Crea, Orta, Ghiffa, Domodossola, Belmonte).
La l. 431 del 1985 (cosiddetta legge Galasso) ampliava il concetto di difesa ambientale a criteri e confini normativi più ampi; la Regione P. ha continuato la propria azione di tutela del territorio con un notevole impegno nel dotarsi di strumenti conoscitivi idonei e aggiornati, anche attraverso il Consorzio per il Sistema Informativo (CSI) regionale, che provvede al trattamento informatico dei dati e alla formazione di importanti mappe tematiche.
In questa direzione di ricerca e di intenti la Regione sta ora muovendosi per armonizzare strumenti urbanistici e normativi con considerazioni e analisi di carattere qualitativo, che tendono a riportare l'ambito normativo in binari percorribili nel segno della qualità. In una fertile collaborazione che vede impegnate sia le Soprintendenze, sia la Regione, sia l'università e il Politecnico, è ora in itinere un vasto programma d'inventariazione e di catalogazione del patrimonio architettonico e ambientale, utile anche, per cogenza propositiva, nei confronti con i programmi di pianificazione e di sviluppo.
Bibl.: D. Ceglie, E. Guida, Guida tematica alla legislazione regionale del Piemonte, Napoli 1988; M. Mazzarelli, Codici regionali sull'urbanistica e tutela del territorio, vol. 3°: Piemonte, Milano 1989; Architettura degli anni '80 in Piemonte, Catalogo della mostra, ivi 1990.