PIER LUIGI Farnese, duca di Parma e Piacenza
Nacque a Roma il 19 novembre 1503 dal cardinale Alessandro, poi papa Paolo III. Adolescente fu educato nelle lettere dall'umanista Molosso. Della sua indole complessa e impulsiva il padre si preoccupò spesso. Fatto maturo e divenuto uomo d'armi non seguì sempre le parti del papato; anzi dal sacco di Roma, a cui partecipò, in poi, seguì gl'imperiali; prese parte alla resistenza accanita che le truppe spagnole opposero ai Francesi del Lautrec (1528) e fu ai servizî di Carlo V, ma non stabilmente. Eletto papa il padre, corse a Roma, ma fu tenuto per qualche tempo lontano. Cauto il padre, violento il figlio: il contrasto appare vivo e frequente. Bramoso di salire, P. L. protesta amicizia nel tempo stesso ai Francesi e agl'imperiali, mentre il padre intende creargli prima buone condizioni di ricchezza, di parentela e di autorità e in seguito uno stato. Non poche volte egli è utile intermediario tra il papa e gli agenti imperiali. Nel 1535 è inviato in missione a Carlo V, dopo l'impresa di Tunisi. Nel 1536 spera, ma invano, di ottenere da Carlo V il marchesato di Novara. Nel 1537 il padre lo crea gonfaloniere della Chiesa, ufficio tra i più alti dello stato ecclesiastico; poi duca dell'acquistata terra di Castro. Eiemento cospicuo nella vita politica italiana, nel febbraio 1538 P. L. ottiene da Carlo V l'investitura del marchesato di Novara; alla fine del '38 compie una spedizione per la conquista del ducato di Camerino; nel '40 sottomette la ribelle Perugia e nel '41 il ribelle Ascanio Colonna. Poi, per poco, s'apparta dalla scena politica a causa di dissidî col padre; vi rientra nell'estate del'42 come ispettore delle forze e fortezze pontificie, e più decisamente, dopo il convegno di Busseto (1543). Ormai egli, frenata la sua vita dissoluta, dimostratosi buon reggitore e amministratore nel ducato di Castro e valente uomo d'armi, ha raggiunto un'importanza di primo ordine, ma non ancora ottenuto uno stato. Svaniti i progetti di uno stato per lui a Milano o altrove, ora pare che il papa sia propenso a crearlo per Ottavio, figlio di P. L., genero di Carlo V: P. L. pensa d'imporre la sua volontà. Egli agogna Parma e Piacenza, già da lui difese come gonfaloniere e assiduamente vigilate. Durante le trattative per la pace di Crépy, e dopo, egli si volge ostentatamente verso la parte imperiale cercando di rendersi utile a Carlo e di agire presso la corte cesarea per mezzo del suo abile segretario, A. Caro. Carlo ha bisogno del papa e si vuole servire del figlio: P. L. lo comprende e se ne giova con una abilissima attività diplomatica alla corte imperiale e presso il papa. Così quando si sa che Carlo consente la cessione di Parma e Piacenza ma soltanto per Ottavio, il papa, anche contro il parere di non pochi cardinali, decide: una bolla del 26 agosto 1545 crea il ducato di Parma e Piacenza vassallo della chiesa e ne investe P. L.
Insediatosi in Piacenza, egli si accinge alla riorganizzazione di quelle provincie, travagliate dall'anarchia per la feudalità ribelle e le scorrerie francesi e spagnole, giovandosi della collaborazione di uomini come il Caro e il Tolomei. Preoccupato di assicurare l'ordine e la giustizia, crea un corpo di milizia urbana e inizia la costruzione di grandi fortificazioni (la "Cittadella ,); istituisce nuovi organi, quali il Consiglio di giustizia e il Magistrato delle entrate; rinnova l'obbligo ai feudatarî di abitare in città per alcuni mesi dell'anno e impedisce loro d'imporre opere ai sudditi nei castelli senza sua licenza. Buon amministratore, crea un nuovo "compartito", adotta benefici provvedimenti per l'agricoltura e e le industrie della lana e della seta che rifioriscono. Largo di provvidenze col popolo, incurante dei diritti delle comunità, conferisce direttamente le cariche pubbliche.
La sua politica irrita l'aristocrazia. Da Milano, Don Ferrante Gonzaga, governatore imperiale della Lombardia, spia il malcontento e lo rinfocola, in conformità con le istruzioni avute da Carlo V, che non ha mai voluto riconoscere P. L. come duca di Parma e Piacenza, considerandole appartenenti allo stato di Milano. P. L., precipitoso nel fare, non tiene conto dei nemici interni ed esterni, i quali, coalizzati, congiurano alla sua rovina. I congiurati, mossi prevalentemente da interessi privati, stringono i patti col Gonzaga e poi agiscono rapidamente. Nel pomeriggio del 10 settembre 1547 P. L. è trucidato e gettato da una finestra. Il 12 settembre il Gonzaga occupa Piacenza.
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