BAGAROTTO, Pietro
Nato a Padova nella prima metà del sec. XV, compì i suoi studi presso quella università, addottorandosi in diritto canonico, e ottenendo nel 1458 la cattedra straordinaria di diritto canonico, che conservò fino al 1471, anno in cui gli fu affidato l'incarico di insegnamento ed esegesi del Liber Sextus di Bonifacio VIII e delle Constitutiones di Clemente V. Lo Studio patavino gli assegnò uno stipendio di 75 monete di argento, stipendio che in poco tempo fu portato a 100 monete. Grande fu l'abilità di decretalista e vasta la competenza giuridica del B., spesso definito come "doctor subtilis" e "omnium primus legibus".
Poco sappiamo della vita familiare del Bagarotto. B. Scardeone, e, sulla sua scorta, N. C. Papadopoli affermano che egli ebbe tre fratelli rispettivamente di nome Bertuccio, Antonio e Marco: anche Bertuccio fu professore di diritto canonico a Padova, mentre Antonio vi insegnò diritto civile; il terzo fratello, Marco, era ancora in vita nel 1560 quando lo Scardeone scriveva. Tuttavia dalle stesse notizie dello Scardeone sembra possibile escludere che Antonio e Marco fossero fratelli del Bagarotto. Riguardo al primo, infatti, lo Scardeone dice che morì all'età di 79 anni nel 1555: perciò la sua nascita deve esser fatta risalire al 1476, quando cioè il B. era già un uomo maturo; e d'altra parte pare che Marco sia nato negli ultimi anni del sec. XV quando, cioè, il B. era già da tempo deceduto.
Scoppiata nel 1482 la cosiddetta guerra del sale tra la Repubblica veneta e Ferrara per il dominio del basso Po, il B. fu tra i giuristi patavini convocati in assemblea dal senato della Repubblica di Venezia, per consiglio di fronte all'atteggiamento assunto dal papa in relazione a tale conflitto. Sisto IV, infatti, aveva emanato nello stesso 1482 una bolla in cui proibiva la continuazione della contesa, bolla che veniva a ledere particolarmente gli interessi di Venezia, i cui eserciti erano in quel momento vittoriosi; il B. fu dell'avviso di far appellare la Repubblica veneta contro la bolla pontificia al concilio ecumenico che si doveva riunire a breve scadenza. Il suggerimento, accolto da tutti gli altri giuristi e molto gradito dal Senato, gli valse l'invito di recarsi a Venezia per occuparsi della delicata questione. Giuntovi, nello stesso anno, il B. decedette, colpito dalla peste.
Appartenente alla vasta schiera dei giuristi consulenti che fiorirono nel sec. XV, il B. fu autore fecondo di consilia:le sue opere sono rinvenibili tra i Consilia et allegationes variorum iuriscultorum sec. XIV e XV che si trovano nella Biblioteca Classense a Ravenna. L'importanza dei consilia del sec. XV, e quindi anche dell'opera del B., sta soprattutto nella loro funzione integrativa della dottrina del diritto: la vastissima gamma di situazioni umane e il contrasto tra le molte norme concorrenti, in un periodo dominato dalla pluralità degli ordinamenti giuridici, spingevano, infatti i consulenti a risolvere i casi pratici, loro proposti, attraverso interpretazioni teoriche che colmavano le lacune della scienza e formavano un patrimonio dottrinale di inestimabile valore. In particolare il B. si segnala per l'acutezza nel cogliere l'esatta soluzione dei casi dubbi o non elaborati dalla dottrina precedente, per la vasta conoscenza giuridica che gli consentiva di insegnare non solo in materia canonistica ma anche in quella civilistica.
Il B. non deve essere confuso, come fa G. Vedova, con Bagarotto de, Corradi, civilista a Bologna nel sec. XIII e autore di numerosi trattati.
Bibl.: B. Scardeone, De Antiquitate urbis Patavii et claris civibus Patavinis, Basileae 1560, l. II, cl. VIII, pp. 187-188; J. F. Tomasini, Gymnasium patavinum, Utini 1654, p. 496; N. C. Papadopoli, Historia gymnasii patavini, I, Venetiis 1726, p. 226; J. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, parte II, Patavii 1757, pp. 47 s.; C. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, I, Padova 1832, p. 65; E. Besta, Le Fonti, in Storia del diritto italiano diretta da p. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, p. 881; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, IV, p. 248 n. 485.