Storico e generale (Napoli 1775 - Firenze 1831); ufficiale del genio, partecipò alla campagna del 1798 contro i Francesi, ma nel 1799 fu per la repubblica. Nel decennio francese fu giudice di famose cause politiche, partecipò all'impresa di Capri (1808) e alle campagne del 1814 e 1815; trattò, con gli Austriaci, la convenzione di Casalanza. Alla Restaurazione, conservò il grado, pur restando in disparte: e allora compose una Memoria militare sulla campagna d'Italia dell'anno 1815 (postuma). In seguito alla esperienza della rivoluzione del 1799, egli rifuggì da ogni soluzione politica democratica e restò fermo al principio monarchico, e a concezioni paternalistiche. Quindi durante la rivoluzione del 1820-21, che lo vide comandante del genio, capo del corpo di spedizione in Sicilia (dove consolidò la vittoria ottenuta da F. Pepe) e ministro della Guerra, egli fu di quei "murattiani" che si sforzarono d'impedire il completo sconvolgimento dell'ordine monarchico da parte dei Carbonari. Caduto il regime costituzionale, il C. fu esiliato a Brno (1821); trasferitosi in Toscana (1823), in assiduo contatto con i migliori ingegni che vi risiedevano (conobbe e aiutò finanziariamente il Leopardi), compose la Storia del reame di Napoli dal 1784 al 1825 (1834, edita da G. Capponi) nella quale espresse, in forma assai alta, la condanna e la protesta della parte migliore del ceto dirigente napoletano contro la dinastia borbonica. Da ciò la fama dell'opera, che sotto l'aspetto scientifico, con la sua ispirazione illuministica e ancora settecentesca, risulta antiquata rispetto alla migliore storiografia italiana del tempo.