COLLETTA, Pietro
Nacque a Napoli il 3 gennaio 1775. Ufficiale del genio (1796), partecipò alla campagna del 1798 contro i Francesi. Durante la rivoluzione del 1799 parteggiò per la repubblica e al ritorno dei Borboni fu esonerato e tenuto in carcere per cinque mesi. All'arrivo dei Francesi (1806), seppe conquistarsi l'appoggio prima del Saliceti e poi del Murat; sì che in breve salì ai più alti gradi della gerarchia militare. Dalla formazione sino alla fine fu giudice del tribunale straordinario di Terra di Lavoro e dei due Principati, al quale furono affidate le più famose cause politiche. Nello stesso tempo si diede al giornalismo come condirettore del Monitore Napoletano. Nell'ottobre 1808 prese parte all'impresa di Capri; di poi, nominato ufficiale d'ordinanza del re e aiutante comandante, fu inviato come intendente nella Calabria, ove rimase dal settembre 1809 al febbraio 1812, quando, ritornato a Napoli, ebbe affidata la direzione generale dei ponti e strade. Promosso maresciallo di campo, consigliere di stato, barone del regno, fece successivamente, al comando del genio, le campagne del 1814 e del 1815. Il 17 maggio, pochi giorni prima di fuggire da Napoli, il Murat lo nominò tenente generale. A Casalanza fu uno dei plenipotenziarî napoletani inviati a trattare la pace con gli Austriaci. Dal Borbone ritornato nel regno fu confermato nel grado; ma, tenuto un po' in disparte, compilò un'importante Memoria militare sulla campagna d'Italia dell'anno 1815 pubblicata postuma. Ritornò alla vita attiva con la nomina a comandante generale della IV Divisione militare in Salerno (29 dicembre 1817-16 giugno 1820). Scoppiata la rivoluzione carbonara, aderì subito al nuovo ordinamento politico; e fu successivamente nominato comandante del genio (10 luglio), comandante generale delle armi in Sicilia (che riuscì a domare con molta energia) e finalmeute ministro della Guerra e Marina (25 febbraio 1821). Ma la sorte delle armi fu sfavorevole per i Napoletani e il C. fu arrestato, e inviato in esilio a Brünn, ove giunse il 6 settembre. Trasferitosi (1823) in Toscana, al contatto del Capponi, del Giordani, del Niccolini, e in genere di tutti i letterati e uomini politici che vivevano in Toscana, il C. da uomo d'armi divenne scrittore, e compose, oltre a numerosi articoli e discorsi, la Storia del reame di Napoli dal 1734 al 1825. Fu coinvolto nel tentativo rivoluzionario compiuto dal Guerrazzi nel 1831; il 10 novembre dello stesso anno morì nella villa del Capponi in Varramista.
Al Capponi restò affidato il compito di pubblicare la Storia; il che egli fece nel 1834 presso la Tipografia elvetica di Capolago, e poi in edizione più corretta presso il Le Monnier di Firenze. L'opera, dato l'argomento, sollevò polemiche intensissime, che durarono molti anni, e che si sono ripetute anche ai nostri giorni, passandosi anche dalla critica dell'opera alla critica di tutta la vita del suo autore. Ma le indagini storiche hanno ormai fatto giustizia delle accuse sulla vita morale del C.; rimane a spiegare la sua attività politica. Uomo educato dal 1799, rifuggì sempre da ogni movimento democratico e da ogni violenta rivoluzione. Perciò fu recisamente contrario al brigantaggio politico del Decennio; e, sebbene fosse tra coloro che domandarono una costituzione al Murat nel 1814, pure l'attese sempre da un atto spontaneo del monarca; e al movimento del luglio 1820 aderì soltanto per impedire che la Carboneria, fattasi padrona dello stato, ne sconvolgesse l'ordinamerito monarchico; e la monarchia continuò a difendere sino al giorno del ritorno del Borbone.
La Storia fu l'ultima azione d'un uomo che tutto sé stesso aveva sempre dato all'azione, pervaso dalla ferma volontà di raggiungere la fama, per trent'anni "punto obbiettivo delle sue azioni", come egli stesso scrisse. Senza dubbio la forma paludata dello stile portò talvolta a vere e proprie falsificazioni della realtà storica; e in altri errori l'autore non poté non cadere, data la mancanza di documenti e dato il fatto che di molti degli avvenimenti egli stesso era stato parte non piccola. Ma, appunto per l'austerità solenne della forma e per la nobiltà della tesi sostenuta nel libro, esso ebbe enorme importanza politica e contribuì potentemente alla distruzione della monarchia borbonica. Oggi, da un punto di vista strettamente scientifico, la Storia, come storia vera e propria, per l'illurninismo settecentesco di cui è pervasa, è da considerarsi, rispetto al tempo nel quale uscì (si pensi che il Cuoco aveva allora già pubblicato il suo Saggio), come un vero e proprio anacronismo nella storia della storiografia italiana dell'Ottocento. Come cronaca, è da usare sempre con cautela.
Ediz.: La migliore edizione della Storia è quella del Le Monnier, Firenze 1846; l'unica annotata per intero quella del Manfroni, Milano 1904. Per gli altri scritti cfr. Opere inedite o rare, Napoli 1861; Lettere a G. Poerio, ed. B. Croce, in Arch. stor. Napoletano, XXXIV-V; N. Cortese, Lettere e scritti inediti di P. Colletta, Napoli 1927.
Bibl.: Per una bibliografia del C., cfr. N. Cortese, Saggio di bibliografia collettiana, Bari 1917; id., Aggiunte al saggio di bibliografia collettiana, Napoli 1921. Per la vita e le opere cfr. Croce, Storia della storiografia italiana nel secolo XIX, Bari 1921; N. Cortese, La vita di Pietro Colletta, Roma 1921; id., Pietro Colletta e la sua storia, Aquila 1924.