EDWARDS, Pietro
Nacque a Loreto (prov. Ancona) nel 1744 (Moschini, 1806; Conti, 1988) da una famiglia di cattolici inglesi emigrati in Italia a seguito delle persecuzioni del 1688.
Benché talvolta compaia il riferimento a un iniziale soggiorno lombardo (Zani, 1819; Errera, 1913), è presumibile che la famiglia Edwards si stabilisse a Venezia, dove è segnalata la presenza di un Giovanni che firmava il ritratto di un prelato veneziano morto nel 1699 e appartenente al seminario patriarcale. Si tratta forse del nonno dell'E., il quale dovette ricevere nel seminario la sua prima formazione (Cagiano de Azevedo, 1950).
L'E. si dedicò dapprima all'arte pittorica alla scuola di Gaspare Diziani (A. P. Zugni Tauro, Gaspare Diziani, Venezia 1971) e, nel 1767, divenne membro del Collegio dei pittori. Presso il Diziani (che fu nel 1755 tra i fondatori dell'accademia veneziana, da lui presieduta nel 1760-62 e nel 1766-68) apprese i primi rudimenti del restauro, essendo il Diziani sin dal 1762 "restauratore ufficiale della Repubblica" (G. M. Labaa, La volta del S. Bartolomeo. Note formali e di restauro, in Ilcielo domenicano di G. Diziani, catal., a cura del Centro culturale S. Bartolomeo, Bergamo 1983, p. 140).
A quell'epoca il restauro dei dipinti era diretto appannaggio del Collegio dei pittori, la cui gestione era tuttavia disorganica e prevalentemente rivolta a una ristretta cerchia di dipinti, che assicurava ai membri del Collegio una comoda fonte di guadagno (Olivato, 1974), cosicché nel giugno 1771 il Senato veneziano richiese una "Privata informazione preliminare al progetto di restauro generale". Questa relazione, redatta presurnibilmente dall'E. e consegnata nel 1777, denunciava lo stato d'abbandono di molti dipinti, insieme con le ingerenze del Collegio, e la scarsa abilità e onestà dei restauratori impiegati (Olivato, 1974; Conti, 1988).
Nel settembre 1777 il Senato veneziano decise il restauro delle tele del soffitto della sala dei Maggior Consiglio a palazzo ducale e affidò l'incarico all'E. che, in meno di una settimana, redasse una relazione completa sullo stato dei dipinti. Tale relazione ribadiva quanto asserito nella "Privata informazione…", proponendo un progetto di riorganizzazione degli interventi sulle pitture pubbliche mediante la costituzione di un laboratorio di restauro composto da quei pochi che avessero dato prova della loro capacità (Olivato…, 1974).
L'E., autore della relazione, vi compariva come "professore accademico c da due anni infatti era divenuto membro dell'accademia veneziana, dove per quattro anni aveva vinto il premio per il disegno di nudo (Marconi Moschini, 1955), anche se nel 1778 il suo nome è tra quelli di coloro che non avevano ancora presentato una propria opera, come era prescritto a tutti gli accademici (cfr. Lorenzetti, 1915).
Nello stesso biennio 1776-78 l'E. presiedette il Collegio dei pittori, divenendone successivamente segretario perpetuo (Marconi Moschini, 1955). Nel settembre 1778 il Senato veneziano accolse la proposta per la costituzione di un laboratorio pubblico di restauro: la sede fu stabilita nel refettorio di Ss. Giovanni e Paolo e la direzione affidata all'Edwards. Dopo tre anni di attività l'E. presentò un "Sommario di tutte le fedi di laudo rassegnate dall'Ispettore Pietro Edwards per la generale restaurazione delle pubbliche pitture", da cui risulta il restauro di 198 dipinti, cifra che dopo tre anni sali a 405 (Olivato, 1974). Il 6 apr. 1786, dietro richiesta dell'accademia, l'E. presentò al Collegio dei pittori e al Senato una "Dissertazione preliminare al piano di custodia da istituirsi per la possibile preservazione e per il miglior mantenimento delle pubbliche pitture", dove si prospettava un piano sistematico di tutela delle opere d'arte. Nel giugno 1791 l'E. stilò una relazione sui quadri di proprietà delle chiese che necessitavano di restauro, ma l'attività del laboratorio subi un rallentamento rispetto agli anni, precedenti e l'E. risulta impegnato soprattutto come presidente dell'accadernia dal 1793 al 1796 (Marconi Moschini, 1955).
Alla caduta della Repubblica veneta, il governo provvisorio designò l'E. "direttore maestro dello studio nella statuaria Farsetti", confermandogli inoltre l'incarico di ispettore al restauro, ma in realtà l'attività del laboratorio fu sospesa con il precipitoso trasferimento delle opere a palazzo Grimani, poiché il refettorio di Ss. Giovanni e Paolo era stato destinato a ospedale per le truppe francesi. Con la cessione (maggio 1798) di Venezia all'Austria l'E. conservò l'incarico di ispettore, anche se di fatto tutte le attività rimasero sospese, tanto che, in una lettera scritta il 23 giugno 1804 ad Antonio Canova, egli affermò che erano ormai sei anni che non aveva più alcun rapporto con l'accademia (Lorenzetti, 1915). Quando nel dicembre 1805 Venezia entrò a far parte del Regno Italico, furono estesi ad essa tutti i provvedimenti che in campo culturale erano stati attuati nelle altre città. Furono affidati all'E. una serie di incarichi, peraltro difficilmente compatibili: fu infatti nominato dal governo (aprile 1806) sia "conservatore di tutte le pitture ed altri oggetti d'arte" sia "delegato per la Corona" per la selezione delle opere d'arte già di proprietà della Repubblica. L'accademia veneziana, dal canto suo, riorganizzata sulla base di quelle esistenti (1804) a Milano e Bologna, gli affidò l'incarico di "conservatore della galleria dell'Accademia delle belle arti di Venezia e della galleria Farsetti" (Marconi Moschini, 1955).
In sostanza l'E. si trovò da un lato a difendere le collezioni veneziane dallo smembramento, dall'altro a doverne essere il principale responsabile. In qualità di conservatore, prese innanzitutto in consegna gli oggetti d'arte della vecchia accademia, redigendone il catalogo (pubbl. da G. Fogolari, L'Accademia veneziana di pittura e scultura del '700, in L'Arte, XVI [1913], p. 250), in attesa di poterli collocare nella nuova sede alla Scuola della Carità. Intanto nel 1808 iniziarono le richieste di dipinti da trasferire alla galleria dell'accademia di Brera e cosi diverse opere insigni furono inviate a Milano. Per evitare che la spoliazione continuasse, il presidente dell'accademia veneziana, Leopoldo Cicognara, inviò una vivace protesta al governo, servendosi di un Catalogo delle pitture, redatto dall'E. nel dicembre 1810. Tuttavia, proprio sulla base di tale elenco furono scelte altre opere da destinare a Brera e questa volta fu lo stesso E. a inviare un rapporto (settembre 1812) in cui motivava il proprio dissenso, descrivendo le precarie condizioni dei dipinti.
Nel 1813 la galleria dell'accademia fu finalmente trasferita nei nuovi locali e per l'occasione l'E. inviò (giugno 1813) alla direzione generale delle belle arti un dettagliato elenco, ordinato cronologicamente, delle opere: oltre a indicare dimensioni, provenienza e stato di conservazione di ciascuna. esso risulta arricchito da valutazioni estetiche, insieme con i criteri che ne avevano guidato la selezione, venendo cosi ad essere, di fatto, il primo catalogo delle Gallerie dell'Accademia (Marconi Moschini, 1955).
Malgrado l'impegno dell'E. furono numerosi i complessi pittorici smembrati per sua iniziativa, come ad esempio il gruppo delle Storie di s. Stefano di Carpaccio o il polittico di Paolo Veneziano, proveniente dalla chiesa di S. Chiara (per ulteriori precisazioni, cfr. Marconi Moschini, 1955). La giustificazione di tali operazioni va comunque ricercata nel tentativo di porre in salvo le opere, togliendole dal disordine di magazzini o da destinazioni lontane (Conti, 1988).
Il più evidente di questi interventi contraddittori e criticabili è comunque visibile nel gruppo delle tele del Tintoretto con Storie di s. Marco, già presso la sala capitolare della Scuola omonima. Nel 1807, alla chiusura della Scuola, l'E. prese in consegna le tre opere: quella con il Ritrovamento del corpo di s. Marco fu inviata a Brera, dove si trova tuttora, mentre le altre due, il Trafugamento del corpo di s. Marco e il Miracolo del saraceno, rimasero a Venezia: l'una fu destinata alla Biblioteca Marciana, l'altra alla nuova ala del palazzo reale (che allora incorporava anche la biblioteca). Tuttavia la nuova destinazione spinse l'E., direttore del restauro (eseguito materialmente nel 1815-16 da G. Baldazzin e A. Florian), ad intervenire sui due dipinti riducendone le dimensioni e modificando alcuni elementi iconografici (le due opere si trovano attualmente presso le Gallerie dell'Accademia di Venezia; per un'accurata analisi del restauro, cfr. S. Moschini Marconi, Revisione di due Tintoretto, in Boll. d'arte, XLIX [1959], pp. 69-81; cfr. anche Id., Gallerie dell'Accademia di Venezia. Opere d'arte del sec. XVI, Roma 1962, pp. 234 s.). Probabilmente a giustificazione di tale deplorevole iniziativa vanno considerate anche le scelte culturali dell'E., ad esempio la maggiore considerazione rivolta ai primitivi anteriori a Giovanni Bellini, e comunque il suo scarso interesse nei confronti del Tintoretto.
Nel complesso, tuttavia, l'E. si fece promotore di una concezione del restauro prudente e rispettosa dell'opera dell'artista, teoria applicata più nel caso delle pitture pubbliche che di quelle private. Non mancarono comunque critiche da parte dei suoi contemporanei, ad esempio C. Verri e L. Cicognara (cf. Conti, 1981, p. 67), ma non va dimenticato l'apporto fondamentale dell'E. per la salvaguardia del patrimonio pittorico veneziano.
L'E. mori a Venezia il 17 marzo 1821.
Fonti e Bibl.: Necr., in Il Nuovo Osservatore veneziano, 3 apr. 1821; J. D. Fiorillo, Geschichte der zeichnenden Künste…, II, Göttingen 1801, pp. 191 s.; A. L. Millin, Dictionnaire des beaux-arts, III, Paris 1806, p. 435; G. Moschini, Della letter. veneziana del sec. XVIII, III, Venezia 1806, p. 85; C. Verri, Saggio elementare sul disegno, Milano 1814, p. 107; P. Zani, Enc. metodica critico-ragionata delle belle arti, VIII, Parma 1819, p. 63; [J. N.] P.[aillot] de Montabert, Traité complet de la peinture, IX, Paris 1829, pp. 693 s.; F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1840, p. 320; M. P. Merrifield, Original treatises on the art of Painting, London 1849, pp. 843-889; C. A. Levi, Le collezioni d'arte e d'antichità dal sec. XIV ai giorni nostri, Venezia 1900, p. XCVI; I. Errera, Dict. répertoire des peintres, Paris 1913, p. 212; G. Lorenzetti, Ilmartirio di s. Lorenzo di Tiziano, in Fanfulla della domenica, XXXV (1913), 47, p. I; Id., Una lettera di P. E. ad Antonio Canova, ibid. XXXVII (1915), 10-11, pp. 1-2; M. Cagiano de Azevedo, Provvidenze del Senato veneziano per le opere d'arte, in Boll. dell'Ist. centr. del restauro, I (1950), pp. 113-121; N. Ivanoff, I ritratti dell'Avogaria, in Arte veneta, VIII (1954), pp. 272-283; S. Marconi Moschini, Gallerie dell'Accademia di Venezia. Opere d'arte dei secoli XIV e XV, Roma 1955, pp. VIII-IX e passim; M. Muraro, Notes on traditional methods of cleaning pictures in Venice and Florence, in The Burlington Magazine, CIV (1962), 716, pp. 475 ss.; M. Vianello, Documenti per la storia della tutela artistica a Venezia nel '700, in Atti dell'Ist. veneto di scienze, lettere e arti, CXXIX (1970-71), pp. 141 s.; L. Olivato, Provvedimenti della Repubblica veneta per la salvaguardia del patrimonio pittorico nei secoli XVII e XVIII, in Mem. dell'Istit. veneto di scienze, lettere e arti, XXXVII (1974), I, pp. 67-93; A. Conti, Vicende e cultura del restauro, in Storia dell'arte italiana (Einaudi), X, Torino 1981, pp. 59-68; Id., Storia del restauro e della conservazione delle opere d'arte, Milano 1988, pp. 154-187; I.E. Basile, Supporti lignei, in I supporti nelle arti pittoriche, a cura di C. Maltese, I, Milano 1990, pp. 347 ss.; S. Bordini, Materia e immagine. Fonti sulle tecniche della pittura, Roma 1991, p. 158.