HOSTINI (Ostini), Pietro Erasmo
Nacque a Roma nel 1690 da Francesco, architetto, e da Ursula Maria Pichi, entrambi romani (Arch. del Capitolo della Basilica di S. Pietro in Vaticano, Battesimi, vol. 725, c. 11v, 3 giugno 1690; Stati delle anime di S. Pietro in Vaticano, vol. 411, n. 619). Fu primogenito di una famiglia con sei figli (dei quali due morti ancora infanti), con residenza in una casa in Borgo Pio.
Nel marzo 1714, all'età di ventiquattro anni, risulta per la prima volta registrato nei censimenti come architetto (ibid., vol. 429, n. 906); nel marzo dell'anno successivo era segnalato fuori Roma (ibid., vol. 430, n. 875-876). Con ogni probabilità si trovava già in Savoia, dove egli avrebbe appreso teoria e pratica del moto delle acque, svolgendo per cinque anni il ruolo d'"ingegnere" dei Fiumi e torrenti al servizio di Vittorio Amedeo II.
L'H. si ristabilì definitivamente a Roma dal marzo 1722 (ibid., vol. 437, n. 840), tuttavia non si hanno tracce della sua attività professionale in questi anni.
Diversi atti notarili testimoniano il suo frequente ricorso al prestito di denaro liquido a interesse, in cui cominciò a premettere una "H" al proprio cognome forse proseguendo una consuetudine savoiarda, abbandonata solo negli ultimi anni di vita (Arch. di Stato di Roma, Trenta Notai Capitolini, uff. 32, Basilio Quintili, cc. 550 ss., 11 marzo 1722; uff. 1, Francesco Floridi, cc. 52 ss., 15 maggio 1723; uff. 34, Domenico Angelo Seri, vol. 217, cc. 47 ss., 16 luglio 1724; Notai A. C., vol. 5821, Giuseppe Perugini, cc. 316 ss., 11 luglio 1727).
Presumibilmente in questo periodo, l'H. entrò in contatto con l'architetto Antonio Valeri, grazie al quale nel 1726 ottenne la prima importante commessa finora nota: la conduzione del cantiere per la costruzione del palazzo Chigi Zondadari a Siena.
Non è quantificabile l'apporto dell'H. al progetto di Valeri per il nuovo grande edificio a cinque piani inserito nell'importante contesto urbano di piazza del Campo, tra i palazzi Sansedoni e Piccolomini. Il palazzo, sia nell'ampia facciata sulla piazza sia nel breve fronte laterale, è connotato da un corpo basamentale con intonaco trattato a imitazione del bugnato: un carattere romano pienamente congruente al sobrio repertorio linguistico di Valeri.
È probabile che in occasione di questo cantiere l'H. abbia conosciuto il giovane collega senese Paolo Posi e che sia stato lui il tramite del trasferimento di quest'ultimo a Roma. Sempre dal 1726 l'H. iniziò a svolgere attività di "architetto del fiume Tevere" per la presidenza delle Ripe sostituendo il defunto Tommaso Mattei.
Questo incarico, riguardante principalmente il controllo dell'edificazione in prossimità delle rive per il rilascio di lettere patenti, connotò la sua attività professionale, impegnandolo per tutta la vita nell'attività ordinaria riguardante rilievi, progetti, stime e capitolati dei lavori. Contestualmente fu anche impiegato presso la congregazione delle Acque, preposta alla navigabilità del fiume oltre il perimetro urbano.
Pur non ricoprendo posizioni di primissimo piano l'H. godette certamente di un certo prestigio nel panorama professionale del suo tempo, soprattutto quando, superati i quarantacinque anni di età, grazie alle sue cariche pubbliche e al riconoscimento delle sue competenze tecniche, ebbe occasione di applicarsi con successo anche nell'architettura civile, a quasi dieci anni dall'esperienza senese.
Nel 1735 per il conte Giovanni Maria Pelucchi attuò la ristrutturazione del palazzo posto nella strada Felice, comprendente la nuova facciata e il portale. Tra il 1735 e il 1737, per i padri serviti di S. Marcello realizzò il nuovo casamento d'affitto in via del Corso, presso piazza Sciarra, avendo modo di sperimentare nello stesso tempo due diverse tipologie edilizie: l'edificio signorile e il casamento di affitto.
Il palazzo Pelucchi è un edificio sviluppato in altezza su piano terra a botteghe; presenta tutti i connotati del palazzo gentilizio romano: superficie a intonaco e decorazioni limitate agli aggetti del portale e delle finestre raccordate orizzontalmente da fasce marcapiano e marcadavanzale al primo e all'ultimo piano.
Assai innovativo è invece il casamento dei serviti, dove l'H. seppe coniugare un'abile regia delle complesse fasi di avanzamento del progetto e della successiva fabbrica, che si estese progressivamente all'intero isolato, e una capacità espressiva della funzione utilitaria dell'opera nel suo importante contesto urbano. L'edificio a cinque piani, pur completamente intonacato, presenta infatti una trama decorativa assai articolata, ma sobriamente composta. L'ingresso al casamento è sul vicolo laterale, secondo un disegno con evidenti influssi borrominiani che conferiscono all'insolita facciata un carattere eclettico.
Come architetto dei serviti, l'H., dal 1738, ebbe facoltà di dimorare in questo edificio, nell'ampio "terzo appartamento superiore" verso piazza Sciarra, con la sua numerosa famiglia composta dalla moglie Angela Fatati, di venti anni più giovane, dagli otto figli (dei quali due morti ancora infanti) e da vari servitori che si susseguirono presso la casa a dimostrazione di un certo agio raggiunto (Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parrocchia di S. Marcello, Stati delle anime, b. 78, 1742, nn. 65 s.; 1743, n. 81; 1744, nn. 79 s.).
Alle relazioni dell'H. con l'ambiente senese si deve certamente l'incarico di architetto della Confraternita di S. Caterina dei Senesi e la conseguente commessa, ricevuta nel 1742, di redigere il progetto per la riedificazione della chiesa posta in via Giulia.
Il progetto dell'H., attualmente irreperibile, dopo essere stato sottoposto dalla Confraternita al parere di D. Gregorini, rimase a lungo in attesa di esecuzione, nonostante nel 1749 G. Sardi sulla base di esso avesse redatto un preventivo di spesa per la costruzione della chiesa.
Il prestigio di cui ormai godeva l'H. gli procurò l'onore di essere ammesso, durante il principato del marchese Gerolamo Theodoli, il 25 ag. 1743 all'Accademia di S. Luca, della quale fu segretario dal 1752 al 1755 (Pasquali, 1996, p. 116 n. 17). Il 4 apr. 1745 fu chiamato a far parte della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon.
Alla morte di Filippo Creuli, nel 1743, ricoprì il ruolo di architetto dell'ospedale di S. Giacomo degli Incurabili, per il quale fu impegnato, fino almeno al 1750, in attività ordinaria e periziale (Arch. di Stato di Roma, Ospedale di S. Giacomo degli Incurabili, b. 96, ff. 4, 19); nel 1744 fu al servizio anche della marchesa Maddalena Annibali Molara Serlupi e del figlio minorenne Girolamo Serlupi Crescenzi in relazione a un ampliamento di una casa nella strada dei Pastini.
L'attività dell'H. come perito fu molto intensa nel periodo 1736-50 al servizio di enti e famiglie private e di istituzioni pubbliche come la presidenza dell'Acqua Vergine e dell'Acqua Paola (Ibid., Disegnie piante, coll. I, c. 84, n. 447), sia per pareri tecnico-costruttivi, come membro, nel 1742-43, della commissione incaricata di verificare la stabilità della cupola di S. Pietro e il progetto di consolidamento elaborato da L. Vanvitelli e, nel 1748, per il contenzioso tra A. Dori e G.F. Ciocchi riguardante il progetto della Biblioteca Marucelliana di Firenze, sia, sul piano tecnico-procedurale, deponendo, nel marzo 1749, nella causa che opponeva i padri trinitari all'architetto Manuel Rodríguez Dos Santos (Ferraris).
La posizione ormai privilegiata dell'H. ha un certo riscontro nelle "assegne dei beni" del 1744, nelle quali risultava proprietario di due appezzamenti di terra fuori porta Castello e di immobili in Borgo da cui traeva tre affitti. Inoltre era piuttosto attivo negli investimenti finanziari, anche nei confronti di personalità legate al suo ambito professionale, come Michelangelo Cerruti (Arch. di Stato di Roma, Assegne deibeni, 1744, vol. 53, nn. 13, 186; vol. 54, n. 509; Notai A. C., vol. 1922, Claudio Giuseppe Diomedi, cc. 459 ss., 19 dic. 1743; Vincenzo Erasmi, cc. 312 ss., 19 sett. 1750).
Doveva gravitare presso l'ufficio dei palazzi apostolici fin dal 1745 quando ricevette dall'ambasciata portoghese - nell'ambito della campagna di rilievi dei più famosi monumenti romani voluta da Giovanni V - l'incarico di fare il rilievo del palazzo del Quirinale, con la collaborazione di G. Marchetti. Nel 1748 l'H. assunse il ruolo di architetto dei sacri palazzi apostolici prima come sostituto di N. Salvi, poi, nel 1751, con carica definitiva, contemporaneamente a F. Fuga.
Nel periodo compreso tra il 1751 e il 1754 progettò e realizzò l'ampliamento, con una nuova ala, del palazzo della Dataria al Quirinale con la collaborazione di P. Posi; nel 1755, eseguì le opere per l'adattamento a sede del Tribunale del palazzo Madama venduto alla Dataria apostolica, realizzando il secondo cortile, ed elaborò il progetto per le nuove case della Dataria situate alle spalle del palazzo, di cui non rimane traccia.
In base ad alcuni accenni contenuti nelle lettere di Vanvitelli sembra che nel 1752 l'H. aspirasse anche alla sua carica di architetto camerale in qualità di "commissario per le passonate" di Fiumicino (Ibid., Computisteria generale, Giustificazioni del Libro Mastro, serie verde, voll. 932, n. 1393; 933, n. 2326), e che tra i molti pretendenti egli fosse quello ritenuto più idoneo dallo stesso Vanvitelli.
Il 28 luglio 1756 l'H. morì nella sua casa romana (Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parrocchia di S. Marcello, Morti, IV, 1745-81, c. 65), dove i familiari continuarono ad abitare fin oltre la morte della moglie, avvenuta nel 1785, in virtù della successione del figlio Antonio Felice nella carica di architetto dei serviti.
Fonti e Bibl.: Oltre ai documenti citati nel testo si veda: A. Cavallari Murat, Collaborazione Poleni - Vanvitelli per la cupola vaticana (1743-1748), in Luigi Vanvitelli e il '700 europeo. Congresso internazionale di studi… Napoli-Caserta… 1973, II, Napoli 1979, pp. 175, 186; F. Strazzullo, Le lettere di L. Vanvitelli della Biblioteca palatina di Caserta, I, Galatina 1976, pp. 104 s.; G. Borghini, S. Caterina da Siena a via Giulia (1766-1776)…, in Storia dell'arte, 1984, n. 52, p. 214; S. Pasquali, Vita e opere dell'architetto P. Posi (1706-1776)…, in Architettura. Storia e documenti, 1990, n. 1-2, pp. 173 n. 38, 174 n. 46; P. Ferraris, Il contenzioso legale tra architetti e committenti, in In Urbe architectus. Modelli, disegni, misure… (catal.), a cura di B. Contardi - G. Curcio, Roma 1991, pp. 259, 267 n. 61; S. Pascucci, ibid., pp. 299 s., 389; D. Borghese, I palazzetti d'affitto Serlupi Crescenzi tra via del Seminario e via dei Pastini, in Roma borghese: case e palazzetti d'affitto, a cura di E. Debenedetti, I, Roma 1994, p. 171; C.S. Salerno, Il palazzetto dei padri di S. Marcello in via del Corso, presso piazza Sciarra, ibid., pp. 115-129; S. Pasquali, Il Pantheon. Architettura e antiquaria nel Settecento a Roma, Modena 1996, pp. 22 n. 57, 76, 116 n. 17, 148; G. Bonaccorso - T. Manfredi, I Virtuosi al Pantheon 1700-1758, Roma 1998, pp. 119-137; A. Guerra, Firenze e la Toscana dagli ultimi Medici ai Lorena, in Storia dell'architettura italiana. Il Settecento, a cura di G. Curcio - E. Kieven, Milano 2000, p. 355; T. Manfredi, La regola e l'uso. La normativa edilizia settecentesca a Roma e la sua attuazione nell'area di piazza Sciarra, in Roma nel XVIII secolo, a cura di P. Micalizzi, Roma 2003, I, pp. 93 ss.; S. Pascucci, Palazzo della Dataria al Quirinale, ibid., II, scheda II.47, p. 31; T. Manfredi, Casamento dei serviti di S. Marcello, ibid., scheda II.84, pp. 32 s.; Id., Palazzo Pelucchi, ibid., scheda III.49, p. 42; Id., Casa Serlupi Crescenzi, ibid., scheda III.98, p. 45; F. Di Marco, Casamenti della Dataria apostolica, ibid., scheda VIII.15, p. 98.