LORETA, Pietro
Nacque a Ravenna il 10 luglio 1831 dal nobile Nicola e da Teresa Masolini di Imola. Frequentò le scuole secondarie a Bologna, ove la famiglia si era trasferita. Attratto dalla vita militare, all'età di 15 anni aveva cominciato a esercitarsi all'uso delle armi, insieme con i compagni di giochi, nelle cantine di palazzo Pepoli. Con il fratello Luigi, l'8 ag. 1848 prese parte alla battaglia per liberare Bologna dalle truppe austriache, alla testa del Battaglione della speranza costituito dal marchese Vittorio Paulucci de' Calboli. Un altro fratello, Giuseppe, cadde a Roma il 3 giugno 1849. Nel 1850 si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Bologna, ove fu allievo, tra gli altri, dell'anatomista L. Calori e dei chirurghi G.B. Fabbri e P. Landi; durante gli anni del corso ebbe modo di distinguersi come proassistente nel lazzaretto bolognese in occasione dell'epidemia di colera del 1855. Conseguita la laurea in chirurgia nel 1856, per due anni collaborò con Calori alla preparazione dei reperti anatomici per le lezioni; quindi nel 1858 si laureò in medicina. Dopo avere prestato servizio come medico condotto nelle Marche (a Monsano e a San Lorenzo in Campo), vinse il concorso per la condotta chirurgica a Gualdo Tadino. Nel 1861 Calori lo chiamò di nuovo nell'ateneo bolognese a esercitare il ruolo di dissettore anatomico.
Allo scoppio della terza guerra di indipendenza, il L. si arruolò come ufficiale medico nel III battaglione del 7 reggimento dei volontari garibaldini, distinguendosi in modo particolare durante la battaglia di Ampola. Passato poi nell'ospedale militare di Bergamo, per i suoi meriti fu promosso capitano. Al termine del conflitto, dopo aver ricevuto proposte di collaborazione dagli ospedali di Orvieto, Fano e altre città, accettò l'incarico di chirurgo primario a Fermo, ove prese servizio il 2 apr. 1867.
Dopo brevissimo tempo ebbe inizio la carriera accademica del L.: il 18 nov. 1868 fu infatti chiamato dalla facoltà medica dell'Università di Bologna a succedere a Landi nell'insegnamento della clinica chirurgica e nella direzione del relativo istituto. In quella sede tra il 1878 e il 1881 fu anche incaricato dell'insegnamento della patologia speciale chirurgica.
Operatore abile e ardito, il L. si affermò ben presto in campo professionale per la capacità di eseguire interventi in tutti i settori della chirurgia, spesso impiegando strumenti da lui stesso modificati per adattarli alle proprie tecniche. Fu nondimeno prudente e responsabilmente cauto nella valutazione delle indicazioni operatorie, ispirandosi al concetto che "l'esercizio della medicina operatoria deve essere amministrato con misura" e che occorre "operare opportunamente" attraverso un'attenta selezione dei casi da sottoporre a intervento, secondo il principio enunciato da J. Lisfranc: "se la chirurgia è brillante quando opera, lo è ancor più quando guarisce i malati senza mutilazioni e senza spargimento di sangue" (La chirurgia disciplinata è la sola efficace nelle operazioni - Riflessioni teorico-pratiche, Bologna 1878).
Tra gli strumenti approntati dal L. meritano soprattutto di essere ricordati: il cistotomo messo a punto nel 1869, derivato da quelli in uso sin dal XVIII secolo e da quello proposto da G. Atti all'inizio del XIX, caratterizzato dalla lama resa mobile per mezzo di un giunto snodato e da un cursore in grado di modificare l'inclinazione del tagliente che, scorrendo nella scanalatura a doccia del catetere uretrale ad andamento ricurvo, consentiva un'incisione più precisa e sicura evitando lesioni alle formazioni adiacenti (Di un cistotomo nuovo proposto per i metodi del taglio laterale, in Riv. clinica di Bologna, VIII [1869], pp. 132-138); lo strumento ideato per l'estrazione dei corpi estranei nell'esofago, per la cui realizzazione operò la geniale unificazione in un solo corpo di una sonda esofagea e del cosiddetto uncino di Gaeff (Del cateterismo esofageo per l'estrazione dei corpi estranei e del cateterismo conduttore per la cistotomia perineale, in Memorie dell'Acc. delle scienze dell'Istituto di Bologna, s. 3, VI [1875], pp. 461-486); il "cucchiaio a valve concentriche" per l'estrazione dei calcoli vescicali, dotato di un perforatore a punta conica per la frammentazione dei calcoli di eccessive dimensioni e di un'impugnatura girevole in grado di far ruotare le valve in modo che costituissero una camera attorno alla formazione litiasica, una sorta di "vescica metallica concentrica alla vescica urinaria", consentendone l'estrazione senza ledere le pareti della vescica e con minore traumatismo per i piani perineali (Di un nuovo strumento per prendere, estrarre e triturare i calcoli della vescica orinaria, ibid., s. 4, II [1880], pp. 213-233); l'uncino e la pinzetta per le isterotomie e in generale per tutti gli interventi sull'utero (Di un uncino fatto a pinzetta e di una pinzetta portalacci e serranodi, ibid., IV [1882], pp. 349-351); la macchinetta progettata per eseguire con rapidità e precisione la sutura dei piani muscolari negli interventi di chirurgia addominale, che fece costruire dalla ditta Enrico Bergamini (Di in nuovo apparecchio istrumentale per eseguire la sutura intercisa, ibid., VI [1884], pp. 95-160). Seppe apprezzare le innovazioni dello strumentario chirurgico e giudicò favorevolmente l'impiego dello specillo elettrico di Fontan e Favre modificato da F. Vizioli per repertare un proiettile ritenuto, a patto che questo non avesse leso una cavità splancnica o articolare (Conferenza clinica intorno allo specillo elettrico del Favre e alla specillazione delle ferite, in Il Morgagni, XXII [1880], pp. 13-21).
Il L. brillò per abilità e arditezza soprattutto negli interventi sull'addome: magistrali furono i suoi metodi di dilatazione delle stenosi infiammatorie del piloro, operati digitalmente penetrando nel lume dell'organo attraverso un'incisione della parete gastrica (Intorno alla divulsione digitale del piloro: osservazioni cliniche, in Memorie dell'Acc. delle scienze dell'Istituto di Bologna, s. 4, IV [1882], pp. 353-375); e del cardias, che risolveva meccanicamente per mezzo di pinzette dilatatrici a branche divaricabili per circa 5 cm, alla cui applicazione faceva seguire una dilatazione lenta e progressiva mediante sonde elastiche o un divulsore a oliva di personale progettazione introdotti nell'esofago attraverso la bocca, evitando così di ricorrere alla gastrostomia (La divulsione strumentale dell'esofago invece della gastrostomia, ibid., V [1883], pp. 317-330; La divulsione digitale del piloro e la divulsione strumentale dell'esofago e del cardias invece della gastrostomia, Bologna 1884; Divulsioni del piloro e del cardias, in Gazzetta degli ospitali, VIII [1887], pp. 803-805). Il 26 ag. 1887, con l'aiuto di B. Nigrisoli, effettuò la prima asportazione di una cisti da echinococco del fegato, praticando una resezione del lobo sinistro dell'organo seguita da una complessa sutura per evitare possibili emorragie e procedendo poi alla fissazione alla parete addominale dei margini dell'incisione epatica: l'eccessiva durata della convalescenza, prima che il paziente giungesse a guarigione definitiva, lo indusse a ritenere che sarebbe stato però preferibile lasciar "cadere libero il fegato nella cavità addominale", secondo le indicazioni sperimentali della fisiopatologia (Echinococco del fegato; resezione del fegato; escissione della cisti; guarigione, in Memorie dell'Acc. delle scienze dell'Istituto di Bologna, s. 4, VIII [1887], pp. 581-587). Nel trattamento della colelitiasi preferì procedere alla sola esportazione dei calcoli anziché eseguire la colecistectomia, e il riscontro necroscopico di una paziente così operata e deceduta in quinta giornata dimostrò la correttezza della sutura operata e l'indipendenza dell'exitus dall'intervento (Colecistotomia e colecistorafia invece della colecistectomia, ibid., pp. 573-579).
In tema di chirurgia vascolare, si ricordano gli studi del L. sulle emorroidi, che non mise in relazione a una patologia epatica e delle quali precisò la diagnosi differenziale con i condilomi (La patogenesi delle emorroidi e i suoi rapporti colla clinica chirurgica, ibid., s. 3, VIII [1877], pp. 33-49; Conferenze di chirurgia pratica sulle emorroidi, Bologna 1878). Di elevatissimo livello tecnico fu l'intervento che praticò il 18 dic. 1884 per il trattamento di un aneurisma dell'aorta addominale in un paziente di 30 anni: mediante l'introduzione nella dilatazione sacciforme dell'arteria di un corpo estraneo, costituito da un filo metallico inargentato dello spessore di 0,5 mm lungo circa 2 m, riuscì a rallentare la corrente sanguigna nell'interno dell'aneurisma, così che la conseguente precipitazione e organizzazione della fibrina lo rendesse solido, prevenendone in tal modo il pericolo di rottura. Il risultato dell'operazione fu sorprendente: a 30 giorni dall'intervento la dilatazione aneurismatica si presentava ridotta di un terzo e in settantesima giornata il paziente poteva considerarsi completamente guarito (Di un aneurisma traumatico dell'aorta addominale, in Memorie dell'Acc. delle scienze dell'Istituto di Bologna, s. 4, VI [1884], pp. 215-226).
Nel settore della neurochirurgia, il L. recò alcuni contributi sui traumatismi cranici (Le fratture del cranio e la commozione cerebrale considerate clinicamente nei loro rapporti colla medicina forense, ibid., s. 3, II [1872], pp. 241-259; Intorno ai principali effetti mediati delle contusioni della testa, ibid., III [1873], pp. 181-203) e sulla possibilità di ottenere la remissione della sintomatologia dolorosa di varie nevralgie di differente etiologia mediante lo stiramento dei nervi (Intorno allo stiramento dei nervi, ibid., s. 4, II [1880], pp. 235-237; Osservazioni cliniche intorno allo stiramento dei nervi, ibid., III [1881], pp. 445-459). Si occupò di traumatologia (Gli effetti immediati delle contusioni sulle pareti e sui visceri del petto, ibid., s. 3, V [1874], pp. 81-104; Di alcuni fenomeni consecutivi alle contusioni dell'addome e della colonna vertebrale, ibid., pp. 359-379) e dell'ortopedia, la nascente, nuova branca della chirurgia (Conferenze di chirurgia pratica sulle lussazioni traumatiche, Bologna 1874; 2a ed. ibid. 1884). Consigliò di limitare l'uso della fascia elastica e dell'apparecchio di Esmarch alle sole amputazioni degli arti, per determinarne l'emostasi preventiva (Dell'anemia artificiale nelle operazioni degli arti, in Memorie dell'Acc. delle scienze dell'Istituto di Bologna, s. 3, VII [1876], pp. 348-363).
Si ricordano ancora i suoi contributi alla chirurgia genito-urinaria, con l'esecuzione di interventi per la risoluzione dei restringimenti uretrali, frequente esito di processi blenorragici (Conferenze cliniche sopra i restringimenti uretrali, Bologna 1873, 2a ed. ibid. 1878; Duecentoquaranta casi di restringimenti uretrali operati nel quinquennio 1873-1878, in Bullettino delle scienze mediche, s. 6, I [1878], pp. 362-403), e con la precisazione della diagnosi differenziale tra versamento emorragico scrotale postraumatico e vaginalite emorragica (Intorno all'ematocele della tunica vaginale del testicolo: osservazioni cliniche, Bologna 1878); e ginecologica, tra i quali in particolare la realizzazione di un tramite tra utero e vulva in una paziente di 19 anni affetta da mancanza congenita della vagina (Intorno a un caso di mancanza congenita della vagina, in Memorie dell'Acc. delle scienze dell'Istituto di Bologna, s. 4, VII [1886], pp. 159-167). Da ricordare ancora il suo contributo alla patologia delle prime vie aeree con l'indicazione di un intervento alternativo alla tracheotomia per il trattamento delle laringiti difteriche e sifilitiche (La laringotomia per le malattie della laringe che minacciano la vita colla soffocazione o colla infezione, ibid., VIII [1887], pp. 1-8).
Gratificato del premio per il progresso delle scienze mediche della Fondazione Balbi-Valier dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti per la sua attività chirurgica, il L. fu accademico benedettino dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna dal 1871 e presidente della Società medica chirurgica di Bologna nel 1885; commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia, gli venne conferita la cittadinanza onoraria della Repubblica di San Marino.
Partecipò anche alla vita pubblica: fu eletto deputato nella XVI legislatura, dopo le dimissioni del marchese A. Mazzacorati, con il concorso delle due associazioni costituzionali della Romagna, la progressiva e la monarchica: tuttavia il suo impegno in Parlamento fu alquanto limitato.
Il lato introverso e cupo del carattere del L. si era progressivamente accentuato dopo la morte della moglie, Leopoldina Fabbri, avvenuta il 20 ott. 1872. Afflitto ormai da una vera mania di persecuzione, giunse a isolarsi da tutti e a entrare in contrasto con i suoi assistenti: in particolare si deteriorarono i rapporti con Nigrisoli e G. Ruggi.
Il pomeriggio del 20 luglio 1889, dopo avere esternato i suoi propositi in una lettera, si recise le arterie femorali inferendosi vari colpi di coltello all'inguine, finendo rapidamente dissanguato.
Fonti e Bibl.: Bologna, Arch. stor. dell'Università, f. personale; A. Baldi, Commemorazione del prof. P. L. in occasione del II Congresso medico marchigiano, Loreto 1889; Solenne inaugurazione del ricordo marmoreo al prof. P. L. nell'anfiteatro della clinica chirurgica dell'ospedale S. Orsola di Bologna, Bologna 1892; C. Facchini, Biografia di P. L., Bologna 1908; D. Giordano, Compendio di chirurgia operatoria italiana, Torino 1911, pp. 321-324, 352, 413 s., 421, 425 s., 657, 719, 735 s.; G. Forni, I presidenti della Società medica chirurgica di Bologna, Bologna 1925, p. 547; B. Nigrisoli, Chirurgia e chirurghi, in Primo centenario della Società medica chirurgica di Bologna, Bologna 1925, pp. 762-764; D. Mucci, L'operazione di P. L. nella calcolosi colicistica, in Gazzetta internazionale di medicina e chirurgia, XXXII (1927), pp. 429-443; Q. Tomasini, P. L., in Il Comune di Bologna, XVI (1929), 7, p. 49; Un secolo di progresso scientifico italiano. 1839-1939, V, Roma 1939, p. 80; G. Forni, La chirurgia nello Studio di Bologna, Bologna 1948, pp. 174 s.; Id., A. Murri e P. L., in Atti del I Convegno della Marca fermana per la storia della medicina, 1955, Fermo 1956, pp. 97-101; G. Placitelli - L. Possati, P. L., in Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, classe di scienze fisiche, Figure di maestri, Bologna 1980, pp. 315-322; R. Pasi, B. Nigrisoli, Ravenna 1989, pp. 105-107; N. Nicoli Aldini, Two lithotomy instruments designed by the Italian surgeon P. L., in Les objets médicaux et leurs textes. Actes du VIIe Colloque des conservateurs des musées d'histoire des sciences médicales, Zurich 1994, Lyon 1996, pp. 39-44; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte, III, p. 841; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, p. 253; A. De Gubernatis, Diz. biogr. degli scrittori contemporanei, pp. 648 s.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, pp. 391 s.; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", F. Ercole, Gli uomini politici, II, pp. 228 s.; ibid., A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 113; Enc. Italiana, XXI, p. 504.