PIROTTA, Pietro Romualdo
PIROTTA, Pietro Romualdo. – Nacque il 7 febbraio del 1853 a Pavia da Angelo, proprietario terriero, e da Ottilia Robinetti.
Fu allievo del Collegio Ghislieri; si iscrisse in un primo momento alla facoltà di medicina di Pavia, per passare poi a quella di scienze naturali. Rimasto orfano di entrambi i genitori e dovendo provvedere al sostentamento dei fratelli minori, ancor prima che si laureasse i docenti dell’Ateneo gli procurarono un posto retribuito; dapprima come allievo aspirante, poi come praticante presso il laboratorio crittogamico, appena fondato da Santo Garoviglio come sezione separata dell’Istituto botanico.
Pirotta si laureò il 29 luglio 1875; l’anno successivo chiese di poter coprire anche il posto di assistente presso il museo zoologico, diretto da Pietro Pavesi; nel 1877 fu nominato professore di storia naturale presso il liceo di Pistoia che lasciò però ben presto in seguito alla nomina come assistente presso il laboratorio crittogamico di Pavia. Nel 1879 vinse una borsa di perfezionamento a Strasburgo, dove seguì le attività di ricerca del laboratorio condotto da Anton de Bary e le lezioni di Christian Ernst Stahl. Il soggiorno fu assai fruttuoso per Pirotta, che ebbe occasione di intrattenere rapporti con esponenti della disciplina di respiro internazionale, come Leo Errera, Georg Albrecht Klebs, Andreas Franz Wilhelm Schimper, Sydney Howard Vines, Frederik Orpen Bower, Robert Buser. A Strasburgo incontrò Oreste Mattirolo, già conosciuto fuggevolmente, e da allora fra i due nacque una calorosa amicizia.
Rientrato in Italia nell’estate del 1880, Pirotta dovette immediatamente occupare il posto di insegnante presso un liceo di Ivrea, trasferendosi presto ad Alessandria. La carriera scolastica fu però interrotta nello stesso anno, quando nel dicembre fu vincitore di un concorso per una cattedra di botanica. Potendo scegliere tra la sede di Sassari e quella di Modena, optò per la seconda. Assunse la direzione dell’orto botanico e l’anno successivo quella della stazione sperimentale agraria.
Pirotta rimase a Modena fino al 1883, anno in cui, per diretto interessamento di Guido Baccelli, ministro della Pubblica Istruzione, venne chiamato a ricoprire la cattedra presso l’Ateneo romano. Consapevole che il trasferimento, data la sua giovane età, non era avvenuto senza sollevare critiche, Pirotta si adoperò a fugarle dimostrando una sorprendente capacità di lavoro e di organizzazione. Fondò una rivista, l’Annuario del R. Istituto botanico di Roma, intesa come strumento per la diffusione di tutte le parti della scienza botanica e come occasione di pubblicazione per gli allievi del laboratorio. Grazie alla rivista, Pirotta riuscì a incrementare in breve tempo anche la biblioteca dell’Istituto, la cui dotazione originaria era di fatto costituita dall’esigua collezione di libri e di opuscoli posseduti da Giuseppe De Notaris. Dopo dieci volumi, l’Annuario prese il nome di Annali di botanica, assumendo una veste molto più agile e meno vincolata alle ricerche del laboratorio; dal 1903, inoltre, prese a uscire regolarmente. Oltre alla rivista dell’Istituto, assieme a Ottone Penzig e ad Antonino Borzì, Pirotta fondò la rivista Malpighia, che iniziò le pubblicazioni nel 1887.
Parallelamente Pirotta profuse energie per risolvere la questione della sede dell’Istituto, ospitato, in via provvisoria, in una grande sala che era stata la sagrestia della chiesa di S. Lorenzo in Panisperna. Il progetto fu votato nel 1887 e realizzato due anni dopo, nei pressi di via Milano. Seguì l’istituzione di un erbario coloniale, per cui Pirotta nominò conservatore Achille Terracciano, al quale nel 1892 fu affidato il compito, in collaborazione con il giardiniere Agostino Pappi, di studiare in loco la flora dell’Eritrea. Quando nel 1914 Pasquale Baccarini istituì a Firenze l’Erbario coloniale italiano, Pirotta scelse di trasferirvi l’anno successivo le dotazioni romane.
Appena giunto a Roma, aveva esplicitato l’intenzione di dotare l’Istituto di un congruo orto botanico, che allora era confinato in una striscia rettangolare di circa un ettaro e mezzo, a ridosso delle abitazioni in via Palermo; si fece così assegnare una porzione di terreno annesso a palazzo Corsini, in via della Lungara. Si trattava di undici ettari pressoché incolti, che Pirotta, coadiuvato dai giardinieri Giambattista Canneva e Paolo Mauri, riuscì in breve a trasformare in uno splendido orto.
La sua prodigiosa capacità organizzativa non rimase confinata nell’Ateneo romano. Nel 1906, in concomitanza del Congresso dei naturalisti italiani, riuniti in quell’occasione a Milano dalla Società italiana di scienze naturali, si propose come firmatario per avanzare l’istituzione di quella che l’anno successivo si costituì come Società italiana per il progresso delle scienze (SIPS) con l’intento di rinverdire i fasti dei congressi degli scienziati italiani tenutisi nel XIX secolo. Fu anche presidente del Comitato nazionale per la protezione dei monumenti naturali, membro del Consiglio della Federazione italiana promontibus, e uno degli artefici della creazione del Parco nazionale dell’Abruzzo. Fu socio fondatore, più volte vicepresidente, e presidente nei trienni 1912-14 e 1915-17 della Società botanica italiana. Andato in pensione nel 1928, l’anno dopo fu nominato accademico d’Italia e passò gli ultimi anni della sua attività intento a promuovere il settore dell’ecologia agraria.
Morì il 3 agosto 1936 a Roma.
Ingegno poliedrico e versatile, Pirotta cominciò a pubblicare affrontando temi di pertinenza della geologia in Una escursione geologica a Casteggio e in Sulla costituzione geologica della Valle di Staffora nell’Oltrepo pavese, entrambi usciti a Pavia nel 1875, e questioni schiettamente fitopatologiche in una manciata di note pubblicate fra il 1874 e il 1876, anno in cui diede alle stampe anche il primo lavoro micologico, Elenco dei funghi della provincia di Pavia, uscito nel Nuovo giornale botanico italiano. In questi anni legati alla permanenza pavese, pubblicò una serie di saggi di argomento zoologico, e segnatamente sui Miriapodi, Molluscoidi, Libellulidi, Ortotteri, e sui fenomeni di albinismo nei Rettili. Approfondì le ricerche sui fenomeni parassitari concentrando l’attenzione soprattutto sulle malattie dei vitigni. Durante il triennio modenese si concentrò ancora su questioni di micologia, pubblicando, nel 1881, nella rivista Michelia, in collaborazione con Pier Andrea Saccardo e Ottone Penzig, la Bibliografia della micologia italiana come introduzione ad una flora micologica d’Italia; assieme a Giuseppe Gibelli, pubblicò la Flora del Modenese e del Reggiano (Modena 1882).
Con il trasferimento a Roma, Pirotta aveva mutato ambiti di indagine, abbandonando in primo luogo le ricerche crittogamiche e micologiche, mancando il sostegno di un laboratorio a esse specificatamente dedicato. Con l’aiuto di una nutrita compagine di allievi, gli anni romani furono comunque teatro di una vasta gamma di nuove ricerche, che investirono i settori della morfologia interna, anatomia, istologia e citologia, di fisiologia vegetale, di sistematica, di geografia botanica, teratologia e biologia fiorale. Fondamentale fu il saggio Sulla struttura del seme nelle Oleaceae, uscito nel 1884 nell’Annuario, indicato in seguito come un «modello di analisi» (Dolcher, in 100 anni di richerche botaniche..., 1988, p. 222). Assieme a Luigi Buscalioni studiò l’origine e la differenziazione degli elementi vascolari primari nella radice delle Monocotiledoni, e affrontò successivamente, in collaborazione con Michele Puglisi, l’interessante fenomeno teratologico a carico delle fasciazioni di Bunias Orientalis. In connessione all’erbario coloniale, Pirotta mise in cantiere la pubblicazione di una Flora della Colonia Eritrea. Secondo il piano originario doveva essere suddivisa in tre parti; riuscì a stampare solo tre capitoli della prima, che furono ospitati fra il 1903 e il 1908 nell’Annuario. Vi venivano studiate sessantadue famiglie a opera, oltre che dello stesso Pirotta, di Emilio Chiovenda, Riccarda Almagià, Beatrice Armari, Ernesta Di Capua, Paolo Boselli e Fabrizio Cortesi. Coadiuvato ancora da Fabrizio Cortesi, illustrò gli esemplari raccolti nella regione di Himalaya e Caracorùm nel corso della spedizione di Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi, nel 1909.
In questo volgere di anni, in occasione delle riunioni della SIPS, Pirotta volle cimentarsi con la scrittura di una serie di interventi di solida e raffinata divulgazione scientifica, fra cui La chimica fisiologica e la biologia vegetale (Roma 1908); Hanno le piante organi dei sensi? (Roma 1911); al medesimo sforzo furono ricondotti anche altri saggi comparsi in altre sedi, tra cui L’alternanza di generazioni nelle piante superiori, in Natura, III (1912), pp. 375-383; Organicazione ed Organizzazione, in Bios, I (1913), pp. 49-54; L’ontogenesi delle piante, in Scientia, XXI (1917), pp. 30-40; L’origine di nuove specie secondo la teoria dell’incrocio, in Rivista di biologia, I (1919), pp. 24-45.
Un discorso a parte merita la vasta produzione di Pirotta in seno alla storia della disciplina botanica, coltivata con raffinatezza esegetica e sorretta peraltro da una spiccata bibliofilia; ancora utilissimi risultano i sondaggi compiuti con Emilio Chiovenda: Intorno ad alcuni Erbari antichi romani, in Malpighia, XIII (1897), pp. 275-367, 453-517; Illustrazione di alcuni erbarii antichi romani. II. Gli Erbarii di Liberato Sabbati, ibid., XVI (1902), pp. 49-157; Flora Romana. Parte I. Bibliografia e storia, in Annuario dell’Istituto Botanico Roma, X (1900-1901), pp. 1-304; L’opera botanica dei primi Lincei, in Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconto dell’adunanza solenne del 5 giugno 1904, CCCI (1904), pp. 108-118. Culmine di questa laboriosa costola degli studi di Pirotta fu l’edizione delle Tabulae Phytosophycae di Federico Cesi (Roma 1904), che costituirono a un tempo una sfida sia sul piano della capacità di immergersi in una materia così spigolosa, quale in effetti è la dottrina botanica del fondatore dell’Accademia lincea, sia sul piano squisitamente editoriale, vista la complessità architettonica delle tavole stesse, improntate a una elaborata tecnica divisiva lulliana.
Dopo il pensionamento, Pirotta rimase scientificamente attivo, pubblicando il manuale Fisiologia vegetale (Torino 1929) che costituì la degna sintesi dei tanti decenni di ricerche.
Opere. Per un elenco completo delle pubblicazioni soccorre Carano, 1938, pp. 407-412; la documentazione dell’attività come membro della Reale Accademia d’Italia è compulsabile in Reale Accademia d’Italia. Inventario dell’Archivio, a cura di P. Cagiano de Azevedo - E. Gerardi, Roma 2005, pp. 20, 23, 206, 246, 256 s., 326.
Fonti e Bibl.: E. Carano, Onoranze tributate (al Prof. P.R. P.) in occasione del 75° compleanno e abbandono dell’insegnamento, in Annali di botanica, 1928, n. 18, pp. 1-6; [Anonimo], P.R. P., in Annuario della Reale Accademia d’Italia, II (1929-1930), pp. 281-292; E. Carano, La botanica in Roma e nel Lazio, in Le scienze fisiche e biologiche in Roma e nel Lazio, Roma 1933, pp. 215-217; Id., Commemorazione del Socio nazionale P.R. P., in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, s. 4, 1937, n. 25, pp. 56-65; O. Mattirolo, R. P., in Atti della Reale Accademia delle scienze di Torino. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, LXXII (1937), pp. 299-308; G.B. Traverso, P.R. P., in Atti dell’Istituto botanico dell’Università di Pavia, s. 4, IX (1937), pp. III-XIV; [Anonimo], P.R. P., in Nuovo Giornale botanico italiano, n. s., 1938, n. 45, pp. 629-638; A. Béguinot, Botanica, Milano 1938, ad ind.; E. Carano, P.R. P., in Annali di botanica, 1938, n. 21, pp. 384-412; 100 anni di ricerche botaniche in Italia (1888-1988), a cura di F. Pedrotti, Firenze 1988 (in partic. E. Maugini, La Società botanica italiana: vicende storiche, pp. 60 ss.; T. Dolcher, I lavori di embriologia vegetale in Italia negli ultimi cento anni, pp. 222-223; R.E.G. Pichi Sermolli, Il contributo degli italiani alla conoscenza delle flore extra-europee (Pteridophyta e Spermatophyta), I, Note introduttive, Africa, pp. 1021 s., 1030, 1043; II, Asia, Malesia, Australia, Oceania, America, p. 1048; C. Lenzi Grillini, Cento anni di editoria botanica in Italia, pp. 1074-1076, 1090, 1102 s.); L. Maffi, Storia di un territorio rurale. Vigne e vini nell’Oltrepò Pavese. Ambiente, società, economia, Milano 2010, pp. 99, 103 s.; Id., Natura docens: vignaioli e sviluppo economico dell’Oltrepò pavese nel XIX secolo, Milano 2012, pp. 40 s.