ROSANO, Pietro
– Nacque a Napoli il 25 dicembre 1846 da Giuseppe e da Marianna Vinzi.
Il padre, originario di Caivano, laureato in legge, era segretario della Real Casa Santa dell’Annunziata di Aversa; accanito filoborbonico, dopo l’Unità d’Italia fu arrestato varie volte per motivi politici e trascorse in prigione diversi anni fino alla scarcerazione finale, nel febbraio del 1867.
Frattanto, il giovane Rosano frequentava il liceo presso il Collegio dei gesuiti ad Aversa. Alla fine del 1865 cominciò a praticare l’ambiente teatrale e a stampare fino al maggio successivo una Rivista teatrale, che gli costò debiti e rimproveri in famiglia, già prostrata economicamente per le vicende del padre. Forse anche per sfuggire a questa situazione, nel giugno del 1866 si arruolò – con il grado di sergente nonostante la giovanissima età – fra le truppe garibaldine che si portarono nel Tirolo per partecipare alla terza guerra d’indipendenza. Il 21 luglio fu ferito a una caviglia nella battaglia di Bezzecca e fu portato all’ospedale di Brescia, da cui poté tornare a casa in settembre. Un mese dopo si trasferì a Milano, dove strinse amicizia con il giovane giornalista napoletano Eugenio Torelli-Viollier, futuro fondatore del Corriere della sera, poi vagabondò tra Firenze (allora capitale), Torino, Venezia e Milano, sostenendosi con traduzioni dal francese. Nel 1867 tornò a Napoli e si innamorò della giovane Francesca Grandinetti, che gli fu promessa in sposa a patto che si sistemasse professionalmente. Perciò in due anni di studi intensissimi conseguì la laurea in giurisprudenza. Nell’estate del 1870, tuttavia, il tutore della sua fidanzata negò il matrimonio a causa delle cattive condizioni economiche della famiglia Rosano. Disperato per questa decisione e probabilmente anche per la recente morte del padre, il 1° settembre 1870 Rosano tentò il suicidio con un colpo di pistola in testa; ma la pallottola si conficcò nell’osso e fu estratta alcuni giorni dopo. Finalmente nel settembre del 1871 sposò Francesca Grandinetti, con la quale ebbe sette figli: Giuseppe, Carlo, Luigi, Maria (moglie dell’avvocato Ferdinando Ferri), Anna (moglie dell’ingegnere Pietro Municchi), Laura e Beatrice.
Fece pratica forense nello studio di Nicola Amore, già questore di Napoli, che era uno dei penalisti più in vista della città e cominciò a esercitare la professione intorno al 1873.
Dei primi suoi anni di avvocato non ci sono notizie; restano però tre allegazioni forensi, pubblicate tra quell’anno e il 1875: Pel sacerdote Raffaele Spinelli accusato di tentata falsificazione in carta-moneta, Napoli 1873 (coautore E. Pessina); Per Giovanni Della Volpe imputato di assassinio per premeditazione ed agguato e di omicidio commesso per assicurare la propria immunità, Napoli 1874 (coautore R. Figliolia); Osservazioni in difesa di Agostino Freda di Prata, Avellino 1875.
Il suo primo processo importante riguardò l’uccisione del capitano Giovanni Fadda (1879): difese la moglie Raffaella Saraceni, accusata di esserne la mandante, che però – nonostante una celebre sua arringa – fu condannata.
Anche sulla sua attività di avvocato negli anni Ottanta non si hanno molte notizie: si conosce l’allegazione forense Pel sig. Dionigi Giannattasio imputato di stupro violento, Napoli 1884 (coautore G. Trevisani).
Frattanto, Rosano aveva iniziato la carriera politica: fu deputato al Parlamento pressoché ininterrottamente dal 1882 fino alla morte. Già nel 1880 si era presentato alle elezioni, tenutesi con il sistema uninominale, nel collegio di Aversa, ma era stato battuto da Cesare Golia. Il 29 ottobre 1882 – cambiata la legge elettorale – si candidò per la XV legislatura nel collegio plurinominale di Caserta II (che riuniva gli ex collegi uninominali di Aversa, Capua, Piedimonte d’Alife, Sessa Aurunca e Teano) risultando il quarto degli eletti (su cinque) con 4598 voti. Egli si avvantaggiò del fatto che la nuova legge quasi quadruplicava il numero degli elettori, favorendo perciò gli uomini di Sinistra, e consentiva di esprimere più preferenze rendendo fondamentale il gioco delle alleanze. Nel suo caso fu decisivo l’appoggio di Francesco De Renzis, uomo politico di punta della provincia casertana, sostenitore di Agostino Depretis, primo degli eletti nel medesimo collegio. Anche Rosano si schierò in Parlamento con il capo della Sinistra storica.
Dalla lettura degli Atti parlamentari non scaturisce un impegno importante in quel periodo. Pochi gli interventi di rilievo: nel febbraio del 1885 nella discussione sul disegno di legge di riordino delle ferrovie si pronunciò contro l’aumento delle tariffe per il trasporto dei prodotti agricoli; nel febbraio del 1886 presentò un emendamento per modificare un articolo della legge di riordino dell’imposta fondiaria. In occasione dell’approvazione della legge di perequazione fondiaria (marzo 1886), da lui considerata dannosa per il Mezzogiorno, decise di schierarsi all’opposizione e di passare con Francesco Crispi.
Il 23 maggio 1886 fu confermato nello stesso collegio di Caserta II, battendo anche De Renzis e risultando il primo degli eletti con 7604 voti. Fu inizialmente all’opposizione di Depretis e – dopo la morte di questi, nel 1887 – sostenne Crispi sia nel primo sia nel secondo dei suoi governi, fra il luglio del 1887 e il febbraio del 1891.
Durante la XVI legislatura svolse interventi su temi importanti: in particolare nel luglio del 1887 presentò un emendamento alla tariffa doganale per aumentare il dazio sull’importazione di grano dal 3% al 5% del valore; nel 1888 si pronunciò nella discussione del progetto di legge sul nuovo codice penale (discorsi del 29 maggio e del 1° giugno), che fu approvato l’anno successivo; nel 1890 si occupò del personale di pubblica sicurezza e delle circoscrizioni giudiziarie.
Fu rieletto per la XVII legislatura il 23 novembre 1890, primo nel consueto collegio di Caserta II. Questa volta i voti furono 10.116, a dimostrazione del grande prestigio raggiunto. Si collocò all’opposizione del governo di Antonio Starabba, marchese di Rudinì, e si avvicinò a Giovanni Giolitti, che lo inserì nel suo primo governo, nel maggio 1892, come sottosegretario agli Interni. Iniziava così una collaborazione con Giolitti, che divenne presto una grande amicizia sia sul piano politico sia sul piano personale, come testimoniato dalle numerose lettere intercorse tra i due. Dopo la successiva, prematura conclusione della legislatura, Rosano – cambiata nuovamente la legge elettorale – fu rieletto il 6 novembre 1892 per la XVIII legislatura nel collegio uninominale di Aversa, dove risultò unico candidato e fu confermato sottosegretario nel governo Giolitti. Ricoprì la carica fino al novembre del 1893, quando il ministero cadde, travolto dallo scandalo della Banca Romana. Passò pertanto all’opposizione del terzo dicastero Crispi. Nel maggio del 1894 fu accusato di avere indotto i funzionari di polizia a sottrarre documenti nelle perquisizioni da lui ordinate negli uffici della Banca Romana. Presentò allora (31 maggio) le dimissioni da deputato, adducendo motivi personali. Le dimissioni furono respinte e gli fu concesso un congedo di tre mesi. Nel dicembre reiterò le dimissioni e il collegio elettorale di Aversa fu dichiarato vacante; ma di lì a poco tornò in Parlamento in occasione delle elezioni anticipate del 26 maggio 1895, essendo ancora una volta candidato unico. Continuò a collocarsi all’opposizione prima del quarto governo Crispi e poi dei governi di Rudinì. Lo stesso avvenne dopo le elezioni per la XX legislatura (marzo 1897), in cui risultò eletto per la sesta volta al Parlamento (sempre in una competizione incontesa), nei confronti dei governi di fine secolo (quarto di Rudinì e primo e secondo governo di Luigi Girolamo Pelloux).
Frattanto aveva continuato a praticare la professione forense. Negli anni Novanta difese anche il Banco di Napoli e il proprietario dell’Ansaldo di Genova: Discorso dell’avv. Pietro Rosano in difesa del Banco di Napoli parte civile nella causa della Banca provinciale di Bari, Napoli 1891; In difesa del signor Ferdinando Maria Perrone, Napoli 1898 (coautore L. D’Apel). Altra allegazione di quegli anni fu la Difesa della parte civile nel processo a carico di Raffaele Marcarelli e Pasquale Imbucci, Napoli 1897 (coautori R. Ungaro e F. Ferri, genero di Rosano).
Il 2 marzo 1900 in Parlamento votò contro Pelloux con gli altri amici politici di Giolitti. Questa scelta gli costò la rielezione il 16 giugno 1900, quando prese 977 voti contro i 1220 del suo avversario Gerardo Capece Minutolo, sostenuto dal ministero dell’Interno e di conseguenza dagli organi dell’amministrazione periferica dello Stato. L’anno successivo l’elezione fu annullata dalla Camera dei deputati; le nuove elezioni (9 giugno 1901) furono vinte da Rosano, che risultò candidato unico e fu appoggiato dal nuovo ministro dell’Interno, Giolitti, del governo presieduto da Giuseppe Zanardelli. In quegli anni egli era «il maggior punto di forza dell’influenza giolittiana nella rappresentanza parlamentare meridionale e i suoi vasti rapporti professionali, di amicizia, di interessi e di parentela riuscirono particolarmente utili per ricostruire agli inizi del secolo le fila della presenza giolittiana nel Mezzogiorno» (Barbagallo, 1976, pp. 82 s.). Perciò fu tra i maggiori avversari della commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Giuseppe Saredo, che a inizio secolo – dopo la campagna di stampa del giornale socialista La Propaganda nel 1899 – denunciò gli intrecci affaristici-malavitosi presenti nell’amministrazione comunale di Napoli, i brogli e le compravendite di voti, individuando come principali protagonisti del malaffare il deputato giolittiano Aniello Alberto Casale e l’ex sindaco Celestino Summonte.
Rosano mobilitò contro la commissione Saredo gran parte della stampa napoletana e, in particolare, Il Mattino di Edoardo Scarfoglio, autore di feroci attacchi nei confronti dell’inchiesta. Secondo il senatore Carmine Senise, Rosano, «per sempre più ingraziarsi la massa dei pregiudicati e compromessi» attaccò Saredo «con spiegazioni bugiarde e notizie non fondate sulla realtà dei fatti» (p. 87). Stretti erano i rapporti con esponenti della malavita: «L’aspetto più delicato della posizione politica del Rosano era costituito [...] dagl’intimi rapporti intrattenuti, per uno stretto intreccio di interessi politici e di motivi professionali, con i più noti rappresentanti in Parlamento della camorra napoletano-casertana – come il Casale, [Gennaro] Aliberti e [Giuseppe] Romano – e della mafia siciliana, come [Raffaele] Palizzolo» (p. 83).
Espressione di quei rapporti con la malavita fu appunto la celebre difesa di Palizzolo, deputato siciliano in odore di mafia, accusato di essere il mandante dell’omicidio, avvenuto nel 1893, di Emanuele Notarbartolo, ex direttore del Banco di Sicilia, che aveva risanato l’istituto mettendo un freno alle spericolate operazioni finanziarie dei suoi dirigenti, tra i quali Palizzolo. Nel 1903 la sua partecipazione al processo, davanti alla Corte d’assise di Bologna (a cui era collegata l’amplissima Memoria in difesa di Raffaele Palizzolo, Roma 1903, scritta da Rosano insieme ad altri sei avvocati), fu duramente criticata sia da avversari politici sia da opinionisti di sponda giolittiana. Scrisse, ad esempio, Carlo Romussi, direttore del Secolo, in una lettera all’amico Giolitti: «Questa difesa [...] è la condanna dell’avvocato secondo la morale [...] perché all’esercizio della difesa deve presiedere l’onestà. [...] Ciò dà il diritto di chiamare disonesti quelli come il Rosano» (Dalle carte di Giovanni Giolitti, a cura di G. Carocci, II, 1962, p. 338).
In altri importanti processi dei primi anni del secolo, tenuti nei più disparati tribunali del Paese, Rosano fu chiamato a far parte di prestigiosi collegi di difesa, come traspare dalle allegazioni forensi scritte insieme a vari colleghi: Per la Ditta E. & G.Giampietro [...] contro Conti cav. Berardino [...] e creditori opponenti, Pescara 1901; Per la nobildonna Giovannina Appolloni Capuis (appellante) contro i nobili signori Agostino, Paolo, Luigi e Luisa Appolloni (appellati), Pisa 1901; Pei signori Ruffo contro il Comune di Montescaglioso, Napoli 1902; Quinta memoria in difesa del Comune di Campobasso contro l’impresa ingegnere Adolfo Stefani, Caserta 1902; Per la parte civile sig. Salvatore Quintieri contro la signora Caterina Morelli, Napoli 1902. Solo Rosano firmò l’allegazione In difesa del comm. Roberto Cattaneo, Torino 1903.
Come parlamentare in quei primi anni del Novecento si distinse soprattutto per essere stato relatore, nel giugno del 1902, di due leggi per Napoli, approvate a larga maggioranza: per il completamento delle opere di risanamento della città e per un prestito della Cassa depositi e prestiti di nove milioni e mezzo per il riassetto del bilancio comunale.
Il 3 novembre 1903, quando il processo Palizzolo era ancora in corso, Rosano fu nominato ministro delle Finanze nel secondo ministero Giolitti, ma fu attaccato dai socialisti, in particolare da La Propaganda, per un episodio della sua vita che risaliva al 1894, quando si era adoperato – dietro pagamento di 4000 lire – per ottenere la liberazione dal domicilio coatto del socialista Giovanni Bergamasco. A suo dire, si trattava del pagamento di una regolare parcella professionale, mentre, secondo Bergamasco, egli aveva «ricevuto questi soldi non come avvocato ma come influente deputato» (Barbagallo, 1976, p. 168).
Il 9 novembre 1903 Rosano, oppresso da quelle «immeritate calunnie» (Casertano, 1907, p. 40), e probabilmente sconvolto anche per alcuni gravi problemi familiari, si suicidò con un colpo di pistola al cuore nella sua casa di Napoli.
Il suicidio destò una grande impressione, con le inevitabili polemiche verso i giornali e i politici che avevano dato credito alle accuse.
Scritti e discorsi. Oltre ai testi citati si segnalano: Discorso agli elettori di Aversa, Roma 1892; Lettera diretta ai signori elettori del collegio politico di Aversa, Napoli 1894; Discorso pronunziato nel comizio elettorale del 23 maggio 1895 in Aversa, Aversa 1895; Discorso per l’inaugurazione del monumento ai caduti nella battaglia del 1° ottobre 1860 nei Ponti della valle in Maddaloni, letto il 1° ottobre 1899, Napoli 1899; Commemorazione di mons. Michele Natale afforcato nel 20 agosto 1799 in Napoli, Napoli 1899; Commemorazione di re Umberto I, promossa dall’amministrazione della provincia di Napoli, Napoli 1901; La laguna di Lesina e le sue questioni, Napoli 1903.
Fonti e Bibl.: Un’ampia e documentata biografia è quella di A. Casertano, P. R. nella vita e nelle opere, Napoli 1907, a cui si sarebbero rifatti gli autori di molte successive brevi biografie di circostanza (tra le quali è il caso di ricordare quella di A. Lauri, in Dizionario dei cittadini notevoli di Terra di Lavoro, Sora 1915, ad vocem). Ampollosa e inconcludente è quella di M. Limoncelli, P. R., in L’eloquenza, III (1913), 1-2, pp. 37-66. La sua attività parlamentare risulta dalla consultazione di: Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/pietro-rosano-18461225#nav. I dati sulle elezioni sono tratti da: Camera dei Deputati, Mappa delle elezioni nel Regno d’Italia, http://dati.camera.it/ apps/elezioni/#. Gli intensi rapporti con Giolitti, ricordati da tutta la vastissima bibliografia sullo statista piemontese traspare chiaramente dalle lettere intercorse tra i due, riportate da: G. Natale, Giolitti e gli italiani, Milano 1949, pp. 247, 250, 258, 278, 297 s., 302, 304, 307, 312, 319, 322-325, 328 s., 349 s., 353, 392, 401, 410, 412, 449, 508, 562, 567-587; Dalle carte di Giovanni Giolitti. Quarant’anni di politica italiana, I, L’Italia di fine secolo 1885-1900, a cura di P. D’Angiolini, Milano 1962, ad ind.; II, Dieci anni al potere 1901-1909, a cura di G. Carocci, Milano 1962, ad indicem. Sul suo ruolo nella politica napoletana: F. Barbagallo, Stato, parlamento e lotte politico-sociali nel Mezzogiorno, 1900-1914, Napoli 1976, ad ind.; Id., Il Mattino degli Scarfoglio (1892-1928), Milano 1979, ad ind.; L. Musella, Relazioni, clientele, gruppi e partiti nel controllo e nell’organizzazione della partecipazione politica (1860-1914), in Storia d’Italia, Le regioni dall’Unità ad oggi, La Campania, a cura di P. Macry - P. Villani, Torino 1990, pp. 733-790; Id., Napoli. Dall’Unità a oggi, Roma 2010, ad indicem. Sullo scalpore destato dal suicidio, ricordato in tanti testi sull’Italia del periodo e in tutta la stampa dell’epoca, si sofferma in partic. A. Labriola, Storia di dieci anni 1899-1909, Milano 1910, pp. 222-225. Un’autorevole testimonianza sulle accuse ricevute e il conseguente suicidio è in G. Giolitti, Memorie della mia vita, Milano 1922, pp. 186-188.