TRIBUNO, Pietro
TRIBUNO (Trundomenico), Pietro. – Nato nella prima metà del IX secolo, subentrò alla fine dell’887 o all’inizio dell’888 al doge Giovanni II Particiaco che nell’autunno dell’887 era ritornato provvisoriamente al potere dopo la morte di Pietro I Candiano, ucciso il 18 settembre di quell’anno in uno scontro avvenuto nei dintorni di Macarsca in Dalmazia mentre guidava una spedizione contro i pirati slavi, annidati nei pressi della foce del fiume Narenta.
Nella documentazione coeva egli è indicato semplicemente come «Petrus dux», mentre il cognome Tribuno o anche Trundomenico con cui è conosciuto derivano rispettivamente dalla dignità tribunizia ricoperta dal padre e dal nome di quest’ultimo, che la tradizione, a partire dal cronista Giovanni Diacono che scriveva all’inizio dell’XI secolo, identifica in un Domenico tribuno, marito di Agnella nipote del doge Pietro Tradonico (Giovanni Diacono, Cronaca veneziana, a cura di G. Monticolo, 1890, p. 129). Tribuno sarebbe stato quindi legato alla famiglia di Tradonico in qualità di suo bisnipote. Nulla si conosce invece della madre.
È tuttavia da notare come ancora nel XII secolo sia attestato il cognome Trundomenico, anche se rimangono oscuri eventuali rapporti di discendenza dal doge dei membri di questa famiglia.
Con Pietro si inaugurò un nuovo sistema di elezione, affidato non più a un atto di forza con il quale una fazione prevaleva su altre imponendo il proprio candidato, come spesso era avvenuto in passato, bensì a un placito, i cui componenti erano le maggiori autorità religiose (patriarca, vescovi e abati) e laiche (giudici e primati), nonché gli abitanti della capitale, distinti in diversi ordini a seconda del loro grado sociale.
A differenza del suo predecessore, Tribuno seguì una politica di rinuncia ad avventure belliche e di mantenimento di buoni rapporti con i principali interlocutori, in particolare con l’Occidente, come dimostrato dal rinnovo, con clausole sostanzialmente immutate, tranne poche modifiche, dei privilegi di cui i veneziani godevano dai tempi di Lotario I, una cinquantina di anni prima, nell’ambito del Regno Italico e dell’ormai scomparso Impero carolingio.
Dapprima, dalla corte regia di Olona, il 7 maggio 888, a pochi mesi di distanza dalla sua incoronazione a re d’Italia, Berengario del Friuli confermava al doge quanto stabilito dai precedenti sovrani, con la sola innovazione di un censo annuo di 25 lire pavesi richiesto agli abitanti del Ducato a titolo di ricognizione di diritti di uso e di benefici dei traffici svolti da costoro nel Regno.
Poi, da Pavia, il 20 giugno 891, Guido di Spoleto, re e imperatore, anch’egli poco tempo dopo la sua consacrazione imperiale, aderendo parzialmente alle richieste presentategli dagli inviati di Tribuno, indicò con maggior precisione le procedure da seguire in caso di contrasti circa le proprietà veneziane e accordò al doge il diritto di perseguire cittadini veneti trasferitisi oltre confine, senza possibilità di opposizioni o interventi di abitanti del Regno.
Anche con l’Impero bizantino, da cui Venezia ancora dipendeva, almeno formalmente, Tribuno mantenne buone relazioni, al punto da essere insignito, dopo una decina di anni di governo, del titolo di protospatario al tempo dell’imperatore Leone VI il Saggio. Infine, anche con gli slavi non si registrarono scontri degni di nota, forse a seguito del pagamento di un tributo, al punto che Giovanni Diacono poteva scrivere riferendosi al governo di Tribuno che si trattava di «un’era di pace e di splendore» (Cronaca veneziana, cit., p. 131).
Questo stato venne meno nell’899 a seguito della prima incursione ungara. Dopo aver saccheggiato alcune località costiere facenti parte del Ducato, i magiari penetrarono nella parte meridionale della laguna puntando decisamente verso la capitale, ma, inesperti di combattimenti navali, furono sconfitti e allontanati da una flotta allestita dal doge.
Nell’anno successivo (febbraio 900), Tribuno gestì anche le conseguenze immediate dell’incursione, convocando un placito, nel corso del quale il monastero di S. Stefano di Altino, tramite il proprio abate, si fece confermare esenzioni e riconoscere vecchi privilegi di cui godeva; non chiese peraltro un risarcimento esplicito dei danni subiti, pur accennando all’incursione ungara.
Durante gli ultimi anni di vita del doge non si registrarono altri fatti degni di rilievo. A quanto pare essi furono contrassegnati soprattutto dall’impegno per lo sviluppo edilizio della capitale, avviato ancor prima dello scontro con gli ungari.
Si provvide infatti a proteggere le zone più sensibili con la costruzione di opere difensive, fra le quali una muraglia, di cui restano ancora resti, tra il vecchio castello bizantino ubicato nell’isola di Olivolo, la parte più settentrionale della città, fin oltre S. Marco, e fu stesa una grossa catena fra una sponda e l’altra del canale della Giudecca per sbarrare l’accesso al bacino di S. Marco a eventuali invasori. Si diede avvio alla costruzione di nuove chiese, venne edificato a quanto pare il campanile di S. Marco, e si collegarono fra loro isole fino ad allora separate, dando così avvio alla costruzione della civitas Rivoalti.
Tribuno morì nel 910 o 911 e venne sepolto nella chiesa di S. Zaccaria, come il suo antenato Pietro Tradonico.
Lasciò due figli, Domenico e Pietro, nessuno dei quali fu coinvolto dal padre nell’amministrazione della cosa pubblica. Il primo, a quanto pare, diventò patriarca di Grado, mentre l’altro forse premorì, lasciando un figlio, anch’egli di nome Pietro, che fu eletto vescovo di Olivolo.
Fonti e Bibl.: Giovanni Diacono, Cronaca veneziana, in Cronache veneziane antichissime, I, a cura di G. Monticolo, Roma 1890, pp. 129-131, 133, 178; Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, in MGH, Legum sectio II, Capitularia regum Francorum, II, a cura di A. Boretius - V. Krause, Hannoverae 1897, pp. 143, 147; M. Sanudo, Le vite dei dogi, a cura di G. Monticolo, in RIS, XXII, 4, Città di Castello 1900-1911, p. 123; I diplomi di Berengario I, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1903, pp. 15 s.; I diplomi di Guido e di Lamberto, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1906, p. 21; Origo civitatum Italiae seu Venetiarum (Chronicon Altinate et Chronicon Gradense), a cura di R. Cessi, Roma 1933, pp. XXVII, XXXI, XLII, 29, 45 s., 125, 134 s., 138; Andreae Danduli ducis Venetiarum Chronica per extensum descripta, a cura di E. Pastorello, in RIS, XII, 1, Bologna 1938-1958, pp. 164-166, 168, 172, 358 s.; Documenti relativi alla storia di Venezia anteriori al Mille, a cura di R. Cessi, II, Padova 1942, pp. 28-30, 33 s., 36; Venetiarum historia vulgo Petro Iustiniano Iustiniani filio adiudicata, a cura di R. Cessi - F. Bennato, Venezia 1964, pp. 50-52; V. Lazzarini, Un privilegio del doge P. T. per la badia di S. Stefano d’Altino, in Id., Scritti di paleografia e diplomatica, Padova 1969, pp. 133, 135, 137 s., 145, 147; Giovanni Diacono, Istoria Veneticorum, a cura di L.A. Berto, Bologna 1999, pp. 148-153; G.G. Caroldo, Istorii Veneţiene, I, De la originile Cetăţii la moartea dogelui Giacopo Tiepolo (1249) [Storia veneziana, I, Dalle origini della città alla morte del doge Giacomo Tiepolo (1249)], a cura di Ş.V. Marin, Bucureşti 2008, pp. 66 s.
S. Romanin, Storia documentata di Venezia, I, Venezia 1853, pp. 149 s., 152 s., 155-158, 160, 262; V. Lazzarini, I titoli dei dogi di Venezia, in Nuovo Archivio veneto, n.s., V (1903), p. 276; H. Kretschmayr, Geschichte von Venedig, I, Gotha 1905, pp. 101-104, 206, 435 s.; A. Da Mosto, I dogi di Venezia con particolare riguardo alle loro tombe, Venezia 1939, pp. 39, 213; R. Cessi, Le origini del ducato veneziano, Napoli 1951, pp. 224, 263; Id., Politica, economia, religione, in Storia di Venezia, II, Dalle origini del ducato alla IV crociata, Venezia 1958, pp. 192-195, 197, 200, 205; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Milano 1960, pp. 22, 331; R. Cessi, Venezia ducale, I, Duca e popolo, Venezia 1963, pp. 294, 298-300, 302, 304 s., 307, 315; A. Pertusi, Quedam regalia insignia. Ricerche sulle insegne del potere ducale a Venezia durante il Medioevo, in Studi veneziani, VII (1965), p. 66; A. Carile - G. Fedalto, Le origini di Venezia, Bologna 1978, pp. 36, 204; G. Ortalli, Venezia dalle origini a Pietro II Orseolo, in Storia d’Italia, I, Longobardi e bizantini, a cura di P. Delogu - A. Guillou - G. Ortalli, Torino 1980, pp. 359, 384, 392, 403; J. Norwich, Storia di Venezia, I, Dalle origini al 1400, Milano 1981, pp. 55-59, 157, 353; D. Rando, Una chiesa di frontiera. Le istituzioni ecclesiastiche veneziane nei secoli VI-XII, Bologna 1994, pp. 95, 102, 118, 261; G. Ravegnani, Bisanzio e Venezia, Bologna 2006, pp. 51, 72; Id., Il doge di Venezia, Bologna 2013, pp. 18, 49, 66, 78, 98, 159.