ZIANI, Pietro
– Nacque a Venezia qualche anno dopo la metà del XII secolo, figlio di Sebastiano (doge dal 1172 al 1178; v. la voce in questo Dizionario) e della sua seconda moglie Froyza, di cui si ignora la famiglia di origine.
Compare per la prima volta, assieme al fratello minore Giacomo, nel gennaio del 1173, pochi mesi dopo l’elezione del padre. Negli anni successivi i due fratelli subentrarono completamente a Sebastiano, impegnato nei doveri della sua carica, negli affari economici della famiglia, agendo sempre assieme – sia durante il dogado del genitore sia dopo la sua scomparsa – fino al 1185, quando separarono i loro interessi, dividendosi i beni mobili, sino ad allora gestiti in comune secondo il modello (molto diffuso a Venezia) della ‘fraterna compagnia’, finalizzato a tutelare l’unità del patrimonio tra parenti stretti, solitamente fratelli, mentre già nel 1177 erano stati divisi gli immobili.
Al di là dei rapporti con il fratello, a partire dal 1174 e fino al 1202 Ziani partecipò attivamente ai traffici con il Levante mediterraneo, finanziando varie imprese commerciali. Ma contemporaneamente, ancor molto giovane, iniziò una brillante carriera politica che lo portò a ricoprire un gran numero di cariche pubbliche. Dopo aver preso parte, a quanto pare, all’assedio di Ancona nel 1173, quattro anni più tardi, nel 1177, in occasione del congresso di Venezia, accolse assieme al fratello il papa Alessandro III nel monastero di San Nicolò di Lido e lo accompagnò in città in solenne corteo (Historia ducum..., a cura di L.A. Berto, 1999, pp. 50 s.). Subito dopo la scomparsa del padre, nel 1179 fu fra i consiglieri del doge Orio Mastropiero, vecchio amico di Sebastiano, sottoscrivendo un documento redatto in suo nome; nel 1181 prese parte a una spedizione contro Zara.
Nel 1184 fu inviato a Costantinopoli in qualità di ambasciatore, assieme al futuro doge Enrico Dandolo e a Domenico Sanudo, per ristabilire le relazioni veneto-bizantine, rimaste interrotte dopo che nel 1171 Manuele I Comneno aveva ordinato l’arresto e la confisca dei beni dei veneziani presenti nell’Impero. La missione fu coronata dal successo e nel 1185 il conflitto era ormai sanato. Durante il soggiorno a Costantinopoli, Pietro curò probabilmente anche i suoi interessi personali e tutelò quelli del monastero maschile di San Giorgio Maggiore, nella cui chiesa era sepolto il padre, agendo in qualità di advocator dell’istituto, ufficio che ancora conservava nel 1197, mentre manteneva anche stretti rapporti con il monastero femminile di San Zaccaria, come attestato nel 1195.
Tra il 1186 e il 1203 ricoprì più volte la carica di iudex comparendo in vari documenti pubblici. Nel 1187 partecipò con la somma di 90 lire, alquanto modesta rispetto alle 1000 del fratello, a un prestito statale per il finanziamento di un’altra spedizione contro Zara. A partire dal dicembre del 1189 e fino all’elezione a doge nel 1205 si fregiò inoltre del titolo di conte dell’isola di Arbe nel golfo del Quarnaro, essendo subentrato nella carica a Nicolò Michiel, figlio del doge Vitale II ucciso nel 1172.
Nel 1192 fu annoverato fra gli elettori del doge Enrico Dandolo. All’alba del XIII secolo, nel 1201, ricoprì poi la carica di podestà di Padova per la durata di un anno, a partire dal 29 giugno, giorno di san Pietro, fino al giugno del 1202. Rientrato a Venezia, non partì assieme ai componenti della flotta salpata nell’autunno di quell’anno per dare inizio alla quarta crociata, anche se era stato nominato a un incarico militare. Tre anni dopo, nella primavera del 1205, fu ancora fra i membri del Minor Consiglio, quando Venezia era governata dal vicedoge Ranieri Dandolo al posto del padre, impegnato nella crociata. Quando poi il vecchio doge morì senza più rivedere la patria nel mese di giugno di quell’anno, Ziani fu eletto doge il 5 agosto 1205 da un collegio di quaranta elettori, senza incontrare a quanto pare serie opposizioni, all’età di poco più di cinquant’anni.
Durante il suo governo, protrattosi per quasi un quarto di secolo, cominciarono a farsi sentire a Venezia gli effetti positivi della quarta crociata con la conquista di Costantinopoli e la creazione di un impero coloniale che, oltre ad alcune località costiere di particolare rilevanza strategica, comprendeva numerosi insediamenti insulari, il più importante dei quali era la grande isola di Creta, controllati direttamente dal Comune o tramite propri cittadini. Oltre al bottino immediato ottenuto a seguito del saccheggio della capitale e di altri centri, la città lagunare conobbe uno straordinario sviluppo economico dovuto alla sua condizione di assoluto privilegio nel commercio marittimo con l’Oriente e all’estensione dei suoi traffici al bacino del mar Nero, in precedenza riservato ai soli mercanti bizantini.
Il primo problema cui il doge neoeletto dovette rivolgere la propria attenzione fu la sistemazione delle nuove realtà istituzionali e sociali createsi nei territori sottratti ai bizantini. In particolare, alla morte di Enrico Dandolo, i veneziani residenti a Costantinopoli, agendo in piena autonomia rispetto alla madrepatria, avevano designato alla loro guida Marino Zeno, che aveva assunto i titoli di «podestà e dominatore di una quarta parte e mezza dell’impero di Romania», arrogandosi poteri che sarebbero spettati al solo doge. Ziani reagì emanando un decreto che autorizzava qualunque cittadino veneziano o alleato a occupare e governare qualsiasi territorio conquistato ai bizantini, rispondendo direttamente allo stesso doge, svuotando in tal modo di potere il podestà, la cui autorità fu limitata alla sola Costantinopoli.
In un secondo momento, nella primavera del 1207, inviò un sostituto nominato dal proprio governo, Ottaviano Querini, al posto di Zeno il cui mandato biennale era in procinto di scadere, evitando in tal modo che potesse ripetersi quando avvenuto due anni prima; i titoli detenuti da Zeno li assunse per sé (e i dogi li conservarono fino alla metà del XIV secolo).
Sempre nel 1207 il doge promulgò, con l’approvazione dei giudici e del Minore e Maggiore Consiglio, una legge costituzionale di fondamentale importanza, volta a disciplinare la formazione e la composizione dei principali organi del Comune grazie a due gradi di elezione (meccanismo sino ad allora adottato solamente per l’elezione ducale, a partire dall’elezione di Sebastiano Ziani nel 1172).
Negli anni successivi, Ziani gestì una rapida trasformazione dell’ordinamento burocratico-amministrativo del Comune veneziano, con la creazione di un complesso sistema di uffici – per esempio la cancelleria – e con due nuovi consigli: la Quarantia (prima attestazione nel 1223) e i Rogati (verso la fine del governo di Ziani). Si pose così rimedio all’inadeguatezza degli organi politici e istituzionali fino ad allora esistenti, e si fondarono le premesse per un adeguato sviluppo legislativo. Ziani innalzò in effetti il livello della legislazione veneziana: nel 1213 riprese le norme emanate dai suoi predecessori e le integrò, dando vita a un’organica redazione statutaria che fu poi completata nel 1223 e nel 1226. Negli ultimi tre anni del suo governo, inoltre, furono aggiunte le prime norme in materia di diritto marittimo.
Quanto alla politica internazionale, nei primi anni di governo di Ziani la partecipazione militare alla difesa dell’Impero latino di Costantinopoli, che i veneziani avevano fortemente contribuito a creare con la quarta crociata, fu piuttosto limitata, riducendosi alla conquista dei territori che erano stati assegnati a Venezia nella spartizione dell’Impero bizantino concordata fra i vincitori.
Nel 1206 salpò una flotta, comandata dall’ex vicedoge Ranieri Dandolo e da Ruggero Premarino, che occupò l’isola di Corfù all’ingresso dell’Adriatico e l’anno successivo i porti di Corone e Modone all’estremità meridionale del Peloponneso, per poi proseguire con la conquista di Creta. Quest’ultima impresa si rivelò tuttavia alquanto ardua, protraendosi per quasi un quinquennio per la resistenza opposta dagli abitanti dell’isola (appoggiati da corsari genovesi). Il dominio su Creta, pur tra ricorrenti ribellioni, fu poi assicurato negli anni successivi con la formazione di una struttura amministrativa modellata sull’esempio dell’organizzazione centrale, poi estesa agli altri insediamenti, e la creazione di un originale sistema di feudi, privi di giurisdizione, i cui titolari erano tenuti a fornire prestazioni militari su richiesta.
Nel resto dei territori sottratti ai bizantini, Ziani non riuscì invece a imporre un controllo diretto, limitandosi a ricevere giuramenti di fedeltà da parte dei nuovi dominatori, come i signori dell’Eubea e del Peloponneso, mentre la maggior parte delle isole dell’Egeo cadde sotto il dominio di famiglie veneziane che non riconoscevano la sovranità della madrepatria, i cui interessi non coincidevano necessariamente con i loro, ma semmai quella formale dell’imperatore latino.
Il più grave pericolo che Ziani dovette fronteggiare nella politica d’oltremare non fu però rappresentato dai tentativi di riconquista dei bizantini (rifugiatisi nel despotato d’Epiro e nell’Impero di Nicea), ma dall’ostilità di pisani e genovesi, che ricorrevano in prevalenza alla guerra di corsa. Sin dal 1206, e poi in via definitiva nel 1214, Ziani stipulò comunque un accordo con Pisa; con Genova fu firmato nel 1218 un trattato che pose fine alla guerra e, come per Pisa e altre nazioni occidentali, assicurò a Venezia la libertà di traffico nell’Impero latino.
Tutto sommato meno conflittuali furono le relazioni con le potenze territoriali del Mediterraneo orientale, musulmane e cristiane. Infatti, nel 1220 il podestà di Costantinopoli, Giacomo Tiepolo, agendo a nome del doge Ziani, concluse un accordo con il sultano selgiuchida ῾Ala al-Din Kayqubad, signore dell’Asia minore, mentre il suo successore Marino Michiel ricevette nel 1223 dall’imperatore latino Roberto di Courtenay il giuramento di osservanza dei patti con l’Impero. Al tempo di Ziani i mercanti veneziani potevano inoltre commerciare pacificamente nel Mediterraneo orientale, grazie a trattati stipulati con il sultanato di Aleppo a partire dal 1208 e con quello del Cairo nel 1217.
Fu appunto per non turbare queste buone relazioni che la Venezia di Ziani, malgrado le promesse fatte a Innocenzo III (con cui non fu sempre in buoni rapporti), si rifiutò di prendere parte alle crociate contro la Siria e l’Egitto promosse dal suo successore, Onorio III, e dall’imperatore Federico II di Svevia, limitandosi a una sospensione dei traffici durante i periodi di ostilità.
Diversamente le cose andarono nel settore adriatico. Qui la situazione era precipitata già nel 1183 quando Zara, per sottrarsi alla soggezione nei confronti di Venezia, fece atto di dedizione al Regno d’Ungheria, dando avvio a un conflitto durato oltre trent’anni che, dopo alterne vicende, terminò solo nel 1216.
Fu Ziani a firmare la pace con re Andrea II, che rinunciò a ogni pretesa sulla città dalmata e a condurre una politica antiveneziana. Ma fu necessario ancora un intervento armato negli anni successivi al 1225 per garantire il controllo sulle comunità costiere della sponda orientale dell’Adriatico dall’Istria fino a Corfù.
In Italia Ziani mantenne buone relazioni con l’Impero germanico, ottenendo solleciti rinnovi senza modifiche dei tradizionali privilegi di cui godevano i veneziani da parte dei titolari del momento: dapprima Ottone IV nel 1209 e poi Federico II nel 1220. I rapporti con i Comuni dell’entroterra e della costa adriatica furono invece talvolta molto tesi, a causa soprattutto della pretesa veneziana di accentrare tutto il traffico sul mercato di Rialto, isolando città rivali come Ancona e controllando gli sbocchi fluviali padani con navi armate per obbligare le merci a transitare per la laguna.
Altro motivo di frizione con privati e con enti religiosi (ma inevitabilmente anche con i Comuni cittadini) fu l’investimento di ingenti risorse finanziarie, da parte di non pochi cittadini e monasteri veneziani, in proprietà fondiarie nei territori cittadini dell’entroterra.
Esperto com’era (si ricordi la sua podesteria padovana del 1202) della realtà dell’entroterra, Ziani fronteggiò abilmente questa situazione (che talvolta precipitò in scontri aperti anche se non in guerre vere e proprie) favorendo la nomina di propri concittadini alla carica di podestà nei principali Comuni della regione.
La presenza di veneziani al governo di queste comunità attenuò i contrasti con la città lagunare e favorì la stipulazione di numerosi trattati – talvolta ineguali perché spesso non riconoscevano il principio di reciprocità a tutto vantaggio di Venezia – con i principali Comuni della regione veneta, con alcune città romagnole e marchigiane, nonché con il patriarcato di Aquileia.
La complessa costruzione politica così creata da Ziani durò fino alla sua morte ed entrò in crisi con il suo successore Giacomo Tiepolo, più attento a una politica marittima che non a una continentale.
All’inizio dell’autunno del 1228 il doge si ammalò e nel mese di settembre fece redigere il proprio testamento: nominò erede universale il figlio ancora bambino e destinò generosi legati a circa un centinaio di istituti religiosi veneziani, oltre che a parenti e ad amici. Nell’ottobre del 1229, ormai impossibilitato a svolgere le proprie funzioni, Ziani si fece sostituire da Teofilo Zeno; il 26 febbraio 1229 abdicò.
Morì due settimane dopo, il 14 marzo, poco meno che ottantenne.
Fu sepolto nella chiesa del monastero di San Giorgio Maggiore nella tomba che ospitava i resti del padre.
È tardiva leggenda che prima di morire Ziani si sia sdegnosamente rifiutato di ricevere il suo successore Tiepolo, eletto il 6 marzo, a causa delle inconsuete modalità di elezione – tramite un sorteggio – di quest’ultimo (Andreae Danduli ducis venetiarum Chronica per extensum, 1938-1958, p. 292), sebbene i due uomini collaborassero da quasi quarant’anni.
Ziani si sposò due volte. Non ebbe figli dal primo matrimonio, con una concittadina di nome Maria, alla quale l’ignoto autore dell’Historia ducum scritta qualche anno dopo la morte del doge (di cui si dimostra un deciso ammiratore), attribuisce il cognome di Basilio (Historia ducum, 1999, a cura di L.A. Berto, pp. 80 s.); ancora in vita nel primo decennio del XIII secolo, costei morì probabilmente nel 1221. Poco dopo Ziani sposò (ormai in età avanzata: era sui settant’anni) Costanza figlia di Tancredi conte di Lecce e ultimo re normanno di Sicilia.
Da questa unione nacquero un maschio, Marco, che morì nel febbraio del 1254 all’età di circa trent’anni, e due femmine: Maria che sposò un appartenente alla famiglia Barozzi ed era già morta nel 1254, e Marchesina che sposò Marco Badoer. Fu Marchesina che, alla morte di Marco, ereditò la grande fortuna degli Ziani. Morì molto anziana risultando ancora in vita ai primi del XIV secolo.
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