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PARISIO, Pietropaolo

di Giuseppe Marcocci - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)
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PARISIO, Pietropaolo

Giuseppe Marcocci

– Nacque a Cosenza nel 1473 da Ruggiero, magistrato, e da Covella di Francia.

Non si possiedono notizie circa la sua formazione, ma sono ben documentati gli anni di studio del diritto all’Università di Padova e poi di Bologna, dove si addottorò il 27 aprile 1499, dopo che vi si era trasferito l’anno precedente al seguito del civilista Bartolomeo Sozzini.

Intrapresa la carriera forense, probabilmente nella città natale, si sposò con Gismonda di Iacopo di Tarsi, signore di Belmonte, dalla quale ebbe un figlio, Ruggiero. La morte precoce di entrambi dovette indurlo a trasferirsi a Padova, dove forse abbracciò lo stato clericale, certamente prima di essere chiamato a Roma, nel 1514, per ricoprire l’ufficio di correttore nell’Archivio della Curia, riservato a chi aveva gli ordini sacri. Quello stesso anno fu incluso tra i nuovi docenti voluti da papa Leone X per insegnare all’Università, dove impartì lezioni di diritto civile, con uno stipendio di 80 fiorini annui. Il 1° giugno 1515 fu nominato canonico della cattedrale di Cosenza. Alla fine del 1520 accettò l’invito dell’Università di Padova, dove iniziò a tenere lezioni di diritto canonico già il 13 gennaio 1521. Ammesso nel Collegio dei dottori il 12 novembre di quell’anno, dal 21 ottobre del 1522 passò a insegnare diritto civile. In quegli anni alcuni corsi di Parisio furono pubblicati a stampa e il suo stipendio crebbe in modo sostanzioso, consacrandolo come uno dei maggiori giuristi del suo tempo. Nell’autunno del 1531, l’Università di Bologna, data l’impossibilità di far trasferire Filippo Decio da Siena, offrì a Parisio un contratto per insegnare diritto civile per quattro anni, dietro corresponsione di 1200 ducati annui, firmato a Venezia il 28 ottobre.

Assertore del metodo di Bartolo da Sassoferrato, Parisio – i cui commenti furono inclusi in varie edizioni cinquecentesche del giurista medievale – riscosse notevole successo tra gli studenti, tra i quali vi fu il famoso umanista e giurista spagnolo Antonio Agustín. Oltre alla docenza universitaria, intraprese una fortunata attività di giureconsulto, attestata dai molti responsi, che in seguito raccolse e pubblicò. Tra di essi figura il parere, redatto nella prima metà del 1533 e sottoscritto da Filippo Decio, in cui, su richiesta di papa Clemente VII, intervenne sul battesimo forzato degli ebrei in Portogallo (1497), sollevando dubbi sulla sua legittimità. Influenzò la posizione della Curia, che nella bolla Sempiterno Regi del 7 aprile 1533 giunse a dichiarare nulla la conversione di quei «nuovi cristiani» (ma si trattò di un pronunciamento senza conseguenze). Con altri consulti sullo stesso tema, il responso di Parisio fu poi pubblicato a stampa già alla metà di quell’anno (a Roma, nella Biblioteca nazionale, si conserva un esemplare con la licenza di stampa del governatore di Bologna Francesco Guicciardini, datata 3 luglio 1533). Alla metà del decennio seguente, il parere sarebbe stato allegato a un importante memoriale manoscritto presentato a papa Paolo III dai procuratori dei nuovi cristiani portoghesi (Roma, Biblioteca apostolica Vaticana, Ottob. lat. 1439, cc. 67r-82r). Scaduto il contratto con l’Università, Parisio insegnò per altri due anni diritto civile e il 27 ottobre 1536 si vide conferire la cittadinanza bolognese.

La sua carriera universitaria s’interruppe nel 1537, quando divenne uditore generale delle cause in Camera apostolica. Nominato il 2 agosto, già il 31 ottobre la sua giurisdizione fu allargata in modo notevole. L’11 gennaio 1538 fu poi eletto vescovo di Nusco, conservando tuttavia i suoi incarichi romani e amministrando attraverso vicari. Infine, il 19 dicembre 1539 fu promosso cardinale, assumendo il titolo presbiteriale di S. Balbina il 28 gennaio 1540. Uomo di fiducia di Paolo III, Parisio fu un protagonista di primo piano di un breve scorcio della storia della Chiesa. Chiamato a integrare la Commissione per la riforma della Camera apostolica, della Cancelleria e dei tribunali di Roma nel 1542, fu poi compreso tra i sei cardinali «super negotio fidei commissarios et inquisitores generales et generalissimos», che composero il nucleo originario del moderno S. Uffizio romano, istituito con la bolla Licet ab initio del 21 luglio di quell’anno. Le notizie sul suo operato come inquisitore sono esigue e non consentono una ricostruzione puntuale. Si può segnalare, tuttavia, lo stretto legame con Pietro Belo, a lungo fiscale e consultore della Congregazione del S. Uffizio, del quale Parisio era stato professore di diritto civile (Roma, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 5468, c. 242r).

Al contrario, non sono poche le informazioni sulle importanti operazioni diplomatiche in cui Parisio fu coinvolto grazie alle sue doti di «dotto e pratico canonista», come ebbe a scrivere Paolo Sarpi nell’Istoria del Concilio Tridentino. Il 16 ottobre 1542 fu nominato, insieme con i cardinali Giovanni Morone e Reginald Pole, legato pontificio a Trento, dove si attendeva l’apertura del Concilio, che tuttavia fu ancora una volta rinviata. Parisio rimase in città fino alla metà di maggio del 1543. Poi, su ordine del papa, raggiunse Bologna, da dove fu inviato come legato presso Carlo V, prendendo parte al convegno di Busseto tra l’imperatore e Paolo III (21-25 giugno). Rientrato a Roma, fu camerlengo del Sacro Palazzo per il 1544 e il 19 novembre di quell’anno fu incluso tra gli undici cardinali deputati «super rebus concilii». Una lettera del 18 febbraio 1544 inviata dall’ambasciatore portoghese Baltasar de Faria al suo re Giovanni III descrive Parisio ancora attivo a fianco dei nuovi cristiani lusitani (As Gavetas da Torre do Tombo, I, Lisboa 1960, pp. 621-624).

L’ultimo ufficio che ricoprì, in virtù di un breve papale del 4 gennaio 1545, fu quello di protettore dell’Ordine dei minimi, ma non arrivò quasi a esercitarlo.

Parisio morì a Roma il 9 maggio 1545, dopo tre giorni di agonia, assistito dal caro amico Ugo Boncompagni, futuro papa Gregorio XIII. Il decesso fu seguito da voci di un avvelenamento per la sua opposizione alla cessione di Parma e Piacenza al figlio di Paolo III, Pier Luigi Farnese. Fu sepolto nella chiesa di S. Maria degli Angeli.

Opere: Commentaria praeclara… super capitulo in presentia necnon c. quoniam contra de probationibus ac etiam super c. fraternitatis de testibus subtiliter Padua discussa (Venezia, B. Tortis, 1522); Commentaria et rescripta… in titulum de exceptionibus in secundo libro decretalium (Venezia, B. Tortis, 1522); Commentaria… in titulum de prescriptionibus (Venezia, B. Tortis, 1522); Primum [-quartum] volumen consiliorum ac responsorum… (Venezia, A. Pinzi, 1543), con varie ristampe cinquecentesche; Aurea forma appretii in regno Siciliae compendiose a variis locis recollecta (Capua, J. Sultzbach, 1547); Eximia, praeclarissima, et uberrima in IIII iuris civilis postmeridianos tractatus commentaria (Bologna, Societatem typographiae bononiensis, 1574).

Fonti e Bibl.: N. Del Re, Pier Paolo P., giurista e cardinale (1473-1545), in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XXIV (1970), pp. 465-488; K. Stow, Church, conversion, and tradition. The problem of Jewish conversion in sixteenth-century Italy, in Dimensioni e problemi della ricerca storica, II (1996), pp. 25-34; G. Marcocci, “… per capillos adductos ad pillam”. Il dibattito cinquecentesco sulla validità del battesimo forzato degli ebrei in Portogallo (1496-1497), in Salvezza delle anime, disciplina dei corpi. Un seminario sulla storia del battesimo, a cura di A. Prosperi, Pisa 2006, pp. 339-423; Id., P., Pietro Paolo, in Dizionario storico dell’Inquisizione, diretto da A. Prosperi con la collaborazione di V. Lavenia - J. Tedeschi, III, Pisa 2010, pp. 1172 s.

Vedi anche
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