pirateria
Termine che indica l’azione brigantesca di percorrere il mare con proprie navi per impadronirsi di beni altrui in vista di fini esclusivamente personali. La p. fu esercitata nel Mediterraneo sin da tempi remoti: pirati anatolici e fenici sono ricordati già a partire dal 2° millennio a.C., e documenti assiri dei secc. 8° e 7° parlano di pirati greci che si spingevano fino alle coste della Siria. In grande stile la p. venne esercitata da Policrate di Samo (m. 522 a.C.), che giunse a impiegare sino a quaranta triremi per le sue sortite. Una certa pace sul mare fu portata dalla costituzione della Lega di Delo e dal dominio incontrastato della flotta ateniese; ma, con la guerra del Peloponneso, la p. risorse. Sotto i diadochi, i pirati costituivano delle flotte regolari al servizio dei principi contendenti, e soltanto quando i Tolomei, e poi Rodi, conquistarono il dominio del mare si provvide a liberarlo dai pirati che avevano le loro sedi in Cilicia, a Creta e nell’Etolia. È importante notare che nell’antichità spesso il concetto di p. si confondeva con quello di rappresaglia, di guerra marina, ma anche di difesa del proprio commercio, talché il fenomeno veniva considerato del tutto ordinario. Nel Mediterraneo occidentale, furono abili pirati gli illirici, i liguri e specialmente gli etruschi, che si spingevano fin nei mari greci. Dal sec. 4° a.C., la difesa delle coste tirreniche fu assunta da Roma; nel 229 a.C. questa dovette inviare una flotta nell’Adriatico per combattere i pirati illirici, che furono definitivamente sconfitti soltanto al tempo di Augusto. Nel Mediterraneo orientale, la p. divenne, nei secc. 2° e 1° a.C., un fenomeno gravissimo, soprattutto dopo la caduta di Rodi; per debellarlo, Roma mise in atto numerosi tentativi, come le spedizioni in Cilicia di Lucio Licinio Murena (82 a.C.) e di Servilio Isaurico (dal 77 al 75 a.C.). Ciononostante, la p. si intensificò di nuovo durante la terza guerra mitridatica. Organizzati in forti squadre, comprendenti non più solo piccoli vascelli, ma anche triremi, i pirati che agivano in questi mari si spinsero con successo anche nel Mediterraneo occidentale; la lotta contro di loro fu affidata infine nel 67 a.C., con la legge Gabinia, a Pompeo che coi grandi mezzi a disposizione riuscì a liberarne definitivamente il mare. L’impero costituì poi le due flotte di Ravenna e di Miseno, che provvidero a esercitare funzioni di polizia marittima, così che di p., tranne che nel Mar Rosso e nel Mar Nero, non si parlò più fino al sec. 3° d.C., quando il fenomeno ricomparve quale sintomo evidente della decadenza di Roma. Nel Medioevo, movimenti di conquista e p. spesso si identificano, come nel caso dei normanni, i quali in un primo tempo apparvero più pirati in cerca di bottino che conquistatori di nuove terre, o degli arabi, che, dai loro nidi ben protetti, fin dal sec. 8° predarono gli Stati vicini, per costituirsi poi in quegli Stati barbareschi che fino al sec. 19° rappresentarono una costante minaccia per il commercio nel Mediterraneo. Fenomeno in parte differente dalla p. fu la guerra di corsa – cioè spedizioni marittime fatte da navi da guerra statali e a spese di privati armatori, ma autorizzate dallo Stato mediante speciali lettere di marca – diffusasi nel Mediterraneo a partire dai secc. 12° e 13°, e nell’Oceano Atlantico dal sec. 16°. Nell’Età moderna, la p. trovò il terreno più propizio nel Mar delle Antille, in vicinanza delle ricche colonie spagnole, sulla rotta dei galeoni carichi d’oro e d’argento. Dal sec. 19° la p. si ridusse a casi sporadici, salvo nell’Estremo Oriente (Malesia, Borneo, coste della Cina), dove fu combattuta aspramente dalle flotte inglesi. Ma la p. non è mai stata definitivamente debellata, in particolare in quest’ultima area: negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, atti di p. furono effettuati nei confronti di navi giapponesi, così come negli anni Ottanta e Novanta del 20° sec. numerose imbarcazioni di profughi vietnamiti furono oggetto di sanguinosi attacchi da parte di pirati tailandesi. Nei primi anni del 21° sec. la p. ha ripreso vigore, ricevendo impulso anche dal ridotto pattugliamento delle acque successivo alla fine del bipolarismo e dall’ulteriore sviluppo del volume dei traffici marittimi conseguente anche alla crescita delle economie asiatiche. Configurandosi in modo molto diverso da quella attiva nel Sud-Est asiatico negli ultimi decenni del secolo precedente, diretta all’assalto di navi da diporto, pescherecci e zattere di profughi, la p. odierna, dotata di armi sofisticate e imbarcazioni potentemente equipaggiate, è volta prevalentemente al sequestro di navi mercantili di grosso tonnellaggio, da cui si sviluppa una lucrosa attività di accaparramento di merci e carburante e richieste di riscatto. Le aree maggiormente colpite dal fenomeno sono i mari di Indonesia, Malaysia, Thailandia (lo Stretto di Malacca, in particolare, via commerciale strategica che collega l’Oceano Indiano all’Oceano Pacifico), Nigeria, Corno d’Africa, e più in generale tutto l’Oceano Indiano.