PISSIDE (πυξίς, pyxis)
Originariamente πυξίς deve avere indicato in genere ogni scatoletta o altro recipiente destinato a custodire oggetti di piccole dimensioni: il ted. Büchse, che evidentemente ne deriva, conserva quest'accezione; e l'affinità con πύξος (donde l'italiano "bosso") attesta essersi trattato appunto di scatolette di legno duro. Ma ben presto lo stesso nome passò a designare recipienti di argilla e di metallo destinati al medesimo scopo.
Se di antiche pissidi in legno e in metallo poco o nulla è rimasto, vi sono al contrario numerosissimi esemplari in terracotta, decorati nello stile del loro tempo, a cominciare da quelli del sec. VIII a. C., di stile geometrico, sino a quelli ellenistici del III. Frequenti sono le pissidi nelle tombe femminili, com'è naturale, trattandosi di oggetti di toletta; le scene che vi sono rappresentate alludono infatti generalmente alle cerimonie nuziali. Di età romana e cristiana restano pissidi d'avorio e osso.
Con lo stesso nome si designò nel Medioevo un ricettacolo di legno o di metallo destinato a conservare le specie eucaristiche, sia sopra l'altare, sia più tardi nei tabernacoli, nelle comunioni, e nelle benedizioni del Sacramento, chiamate per l'appunto "con la pisside", dal fatto che non si fa uso dell'ostensorio e soltanto si estrae la pisside sulla soglia del tabernacolo. Cosicché con questo nome s'indicarono sia piccoli recipienti cilindrici e poco alti, sia altri (ed è il caso ora più frequente) a forma di calice, ma con la coppa molto più vasta, e il piede meno alto d'un calice comune. La legislazione ecclesiastica in proposito è contenuta nel Rituale Romanum, tit. IV, n. 5, che è poi passato per intero nel Codex Iuris Canonici, can. 1270.
Bibl.: E. Pottier, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, IV, i, s. v. Pyxis; V. Thalhofer, Handbuch der katholischen Liturgik, 2ª ed., Friburgo 1912, I, pp. 487-490; I. Corblet, Histoire... du Sacrement de l'Eucharistie, voll. 2, Parigi 1886, passim.