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Pistoia

di Giancarlo Savino - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Pistoia

Giancarlo Savino

La città toscana, e gli avvenimenti dei primi anni del secolo XIV che la riguardano, fanno riscontro nella Commedia con l'episodio di Vanni Fucci (If XXIV 97-151 e XXV 1-15), che si conclude appunto con un'invettiva contro P. (If XXV 10 Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi / d'incenerarti sì che più non duri, / poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi?) nella quale D. utilizza, in servigio di un fiero odio municipale, una vecchia tradizione accolta anche dal Villani (I 32) secondo cui P. sarebbe stata fondata dai superstiti seguaci di Catilina dopo la disfatta subita nel gennaio del 62 a.C. Il senso delle parole di D. è che i Pistoiesi del suo tempo superavano in scelleratezza i loro stessi progenitori " stratti del sangue di Catellina ".

Sorta come piccolo municipium nel secolo II a.C. in seguito all'estensione dello stato romano a nord dell'Arno e al prolungamento della via Cassia fino a Lucca con la via Clodia, P. accolse il cristianesimo non più tardi del sec. III e dal V fu sede vescovile. Dopo averla distrutta e riedificata, i Longobardi elevarono P. al rango di città regia e ne fecero sede di un gastaldo indipendente dai duchi residenti a Lucca e a Firenze. P. acquistò così una grande importanza commerciale e politica, aumentata dalla sua posizione a confine coi territori bizantini di Bologna e dell'Esarcato. Il comune, sorto nel secolo XI, consolidò nei due secoli seguenti la sua indipendenza, rivaleggiando all'interno col Vescovado e resistendo efficacemente all'esterno contro Firenze e Lucca che la stringevano d'attorno. Ma la pressione delle due potenti vicine finì per avere il sopravvento, avvantaggiandosi soprattutto delle lotte interne della città. La scissione tra Bianchi e Neri si espresse con la divisione della famiglia dei Cancellieri e provocò, alla fine del secolo XIII, l'interessato intervento fiorentino e la fine della libertà comunale.

La cacciata dei Neri da P. (1301: Pistoia in pria d'i' Neri si dimagra, lf XXIV 143) seguita alla vittoria dei Bianchi appoggiati dai Fiorentini, il sopravvento dei Neri dopo la venuta del " paciaro " Carlo di Valois (1301-1302), la guerra condotta dal marchese Moroello Malaspina, capitano dei Lucchesi e dei Neri fiorentini, contro P. con l'assedio e l'occupazione della città (1305-1306), sono gli episodi che intessono la sinistra profezia di Vanni Fucci e rievocano la dispersione della Parte bianca e lo stesso esilio di Dante. Onde il parallelismo tra il ladro a la sagrestia d'i belli arredi (v. 138) e la città che gli fu degna tana (v. 126).

Interessa curiosamente la fortuna di D. a P. (anche se intesa a rovescio, quasi per rivalsa della rappresentazione dantesca di P. e di Vanni Fucci, cui si potrebbe aggiungere quella dell'altro pistoiese Focaccia dei Cancellieri, punito nella Caina: If XXXII 63) la storia riferita da un pur scrupoloso erudito locale, il secentista Pandolfo Arferuoli, di " quel Vanni Fucci, che il Dante Poeta Fiorentino, nel suo 24 canto dell'Inferno, finse trovare nella bolgia de' ladri, ed il quale si dice, che Dante hebbe odio particolare per un mostaccione, che detto Vanni li dette una volta nella città di Modona ". L'aneddoto è ricordato già nel 1578 da Pietro Ricciardi, ma la città è Verona. Che lo schiaffo abbia viaggiato da Verona a Modena è tipico di tutto quel che passa da una bocca all'altra.

Comunque, il culto di D. in P. conta attestazioni remote come i versi dell'Inferno e del Paradiso trascritti sulla coperta di un libro d'imbreviature di ser Ugolino Landi da città di Castello, cancelliere del comune di P. intorno al 1332, e le letture dantesche presenti nel repertorio didattico di Nofri da Siena (v.), maestro comunale di grammatica a P. nel 1382. Un Dantes in bonbicinis figura tra i libri lasciati dal Sozomeno nel 1458 all'Opera di S. Iacopo; un codice quattrocentesco del Paradiso è uno dei pochissimi testi in volgare che il dotto canonico pistoiese Girolamo Zenoni ammise nella sua libreria e che donò alla sacrestia di S. Zeno nel 1488 (oggi Arch. Capitolare C. 143); così pure ha probabili origini locali l'altro Paradiso trecentesco, il Forteguerriano D. 311 già del convento di Giaccherino. Accanto a una buona circolazione di testi danteschi vanno segnalate, nello stesso periodo, almeno la versione latina della Commedia procurata nel monastero di S. Benedetto, tra il 1427 e il 1431, dal monaco veneziano Matteo Ronto, e la lezione sul Paradiso detta dal pistoiese Alessandro Astesi in presenza di Pio II (della quale solo un frammento ci è serbato nel Rossi-Cassigoli 372 della Nazionale di Firenze).

Quanto ai secoli successivi, si può allungare il passo fino a testimonianze ottocentesche, come il monumento a D. fatto erigere da Niccolò Puccini nella sua villa di Scornio nel 1821, con epigrafe dettata da Pietro Giordani, la collaborazione data dallo scolopio Giovanni Antonelli al commento dantesco del Tommaseo, per problemi astronomici e matematici, e l'inedito commento medico-fisico della Commedia redatto dall'anatomista Filippo Civinini. Unica impresa editoriale dedicata a D. è La D.C., opera patria, sacra-morale, storica-politica, Pistoia 1837-38, che non reca il testo del poema, bensì una serie di scritti danteschi di V. Monti, D. Strocchi, G. Perticari, A.F. Ozanam riuniti anche con propri contributi da G.B. Fanelli.

Bibl. - Su P. al tempo di D. sono lettura fondamentale i primi ventiquattro capitoli delle Storie pistoresi, a c. di S.A. Barbi, in Rer. Ital. Script. XI 5, Città di Castello 1907-1927. Sulle relazioni tra D. e P., sulla fortuna e sulla presenza di cose dantesche in P., mancando un'opera complessiva, soccorrono vari contributi via via apparsi sul " Bull. Stor. Pistoiese " (che a D. ha dedicato fascicoli speciali nelle ricorrenze centenarie del 1921 e del 1965) con la firma di A. Chiappelli, G. Calisti, G. Zaccagnini, G. Bracali, R. Melani, G. Savino e di altri. Una succinta ma esauriente esposizione celebrativa è: B. Bruni, Fatti e figure pistoiesi nella vita e nell'opera di D., in " Pistoia " II (1965) 11-17. Una rassegna di documenti noti e ignoti è in Mostra dantesca nella cattedrale di P., a c. di G. Savino, Pistoia 1966.

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Vocabolario
biróldo
biroldo biróldo s. m. [etimo incerto]. – Altro nome tosc. (Lucca, Pistoia) del buristo.
quine
quine avv., ant. – Forma epitetica per qui: E q. poi lo dio d’amor stesse Con li amorosi cori in gioia e canto (Cino da Pistoia).
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