PISTOIA
(lat. Pistorium, Pistoriae, Pistoria)
Città della Toscana occidentale, capoluogo di provincia, situata alle pendici dell'Appennino.
Sorta come stazione lungo la via Cassia Clodia intorno alla metà del sec. 2° a.C., la città in epoca imperiale fu elevata alla condizione di municipium. Il nucleo abitato originario si estendeva nella zona dell'od. piazza dello Spirito Santo, mentre il tratto urbano della via Cassia Clodia corrisponde all'od. via degli Orafi. Non si hanno tracce sicure, invece, delle mura. Tra l'ultimo quarto del sec. 4° e i primissimi anni del successivo è databile l'inizio di una fase di prosperità della città, nel cui contesto potrebbe inserirsi anche la costruzione della primitiva cattedrale, di cui non rimane tuttavia alcuna prova archeologica sicura, ma la cui esistenza parrebbe attestata dalla presenza di un vescovo a P. alla fine del sec. 5°, come è documentato da una lettera inviata da papa Gelasio al presule di Volterra, Elpidio (PL, LIX, col. 143).Dopo un lungo periodo di probabile decadenza, di cui si ha scarsa documentazione, ma durante il quale fu conquistata dai Longobardi, alla fine del sec. 6°, P. riacquistò, a partire dalla fine del 7°, un ruolo strategico soprattutto per la sua vicinanza al limes bizantino. Prova di una più generale ripresa della città è, tra l'altro, il privilegio di coniare una moneta aurea, il tremisse, con titolo di FLAVIA PISTVRIA (Rauty, 1988, pp. 124-127). A un periodo sicuramente precedente il regno di Desiderio (757-774) risale la costruzione di una nuova cerchia muraria, il cui percorso doveva in parte differire da quello delle mura più antiche (Rauty, 1988, p. 109); il circuito, rimasto in uso fino al sec. 12°, doveva correre parallelamente al lato interno delle od. vie Pacini e delle Pappe e proseguire lungo le vie del Carmine, Abbi Pazienza, Curtatone e Montanara, Buozzi, Cavour e Palestro. Sebbene siano documentate solo posteriormente al sec. 8°, le porte che si aprivano nelle mura dovevano essere quattro: porta S. Pietro, a E; porta Putida (poi detta di S. Andrea), a N; porta Lucchese (Lucensis), a O; porta Gaialdatica (o Caldatica), a S. Notevolmente spostato più a S rispetto a quello della città romana era il centro cittadino, corrispondente all'od. piazza della Sala, dove era ubicata la curtis regia, sede del gastaldo, e da cui passava la via regis, dall'andamento irregolare, che collegava la porta S. Pietro alla porta Lucchese. A E della curtis regia vi era una vasta area demaniale sulla quale si affacciavano il guardingo e la cattedrale. Del primo dei due edifici non si conosce per il momento l'esatta posizione, ma si può escludere con sicurezza che le sue strutture siano state reimpiegate nell'attuale campanile del duomo (Gurrieri, 1968), mentre estremamente incerta appare la ricostruzione della fase longobarda della cattedrale, resti della quale sono stati identificati all'interno della chiesa attuale in occasione degli scavi condotti tra gli anni Cinquanta e Sessanta (Ferrali, 1956; 1962-1964).Delle chiese e dei monasteri probabilmente esistenti durante la dominazione longobarda non sembrerebbe essere sopravvissuta alcuna traccia, ma la loro ubicazione è identificabile sulla base delle relative ricostruzioni più tarde (S. Anastasio, S. Pietro in Cappella, S. Salvatore, S. Maria forisportam, S. Bartolomeo in Pantano, S. Pier Maggiore). Tuttavia alcune strutture rinvenute in occasione di indagini archeologiche, tra l'altro scarsamente documentate, compiute all'interno del S. Andrea sono state ritenute pertinenti a una precedente chiesa del sec. 7°-8° (Cerrato, Chelucci, 1981; Schede storiche, 1986). L'abbaziale suburbana di S. Salvatore ad Agna conserva alcuni elementi scultorei e capitelli altomedievali, reimpiegati nella costruzione romanica.Del 923 è la prima attestazione della cattedrale dei Ss. Zeno, Rufino e Felice, la cui ricostruzione in tale secolo è stata ipotizzata sulla base dei già citati ritrovamenti degli anni Sessanta (Ferrali, 1962-1964). Secondo tale ipotesi, il nuovo edificio avrebbe assunto la forma di una basilica a tre navate absidate con cripta estesa sotto l'intero presbiterio rialzato. Tuttavia su tale ricostruzione permangono molti dubbi (Marchini, 1966, p. 22). In corrispondenza dello spigolo nord-est delle mura longobarde dovette sorgere il monastero benedettino femminile di S. Mercuriale, documentato dal 945 e forse nato come istituzione monastica familiare. A esso potrebbe appartenere il rilievo con treccia di nastri, riutilizzato come architrave della porta della più tarda chiesa del complesso (L'architettura del San Mercuriale, 1989, fig. 72). In prossimità della porta settentrionale era situato, invece, un terrapieno difensivo, chiamato Castellare, su cui fu eretta la chiesa di S. Jacopo. Recenti scavi eseguiti all'interno della chiesa del sec. 12° hanno messo in luce i resti dell'abside e delle murature perimetrali dell'impianto altomedievale, forse risalente all'epoca delle incursioni ungare (La via Francigena, 1996, pp. 58-59). Del sec. 10° è, inoltre, la prima attestazione della pieve - allora suburbana - di S. Andrea, resti della cui struttura monoabsidata a tre navate sono stati rinvenuti all'interno dell'attuale chiesa romanica (Secchi, 1966, pp. 105-106; Il restauro dei monumenti, 1968, pp. 88-89).ll sec. 11° vide la nascita di una serie di borghi all'esterno delle mura longobarde. Con l'apertura nel tratto murario orientale di una quinta porta, detta Carcere e poi Guidi, fu ripristinato l'antico tracciato della via Cassia, lungo il quale si sviluppò il borgo che prese il nome dal monastero suburbano di S. Bartolomeo; un altro borgo nacque nella zona compresa tra la porta S. Pietro e la porta Gaialdatica, là dove sorsero il monastero di S. Pier Maggiore e gli ospizi dell'Ombroncello e di Memoreto; un altro ancora venne a crearsi in prossimità del castello carolingio di Ripalta; un quarto, di dimensioni più limitate, dovette formarsi all'esterno della porta settentrionale, dov'era una vasta area demaniale, detta Piunte, presso la quale erano ubicate la curia della contessa Matilde e la chiesa di S. Maria di Ripalta. La nascita di tali agglomerati pose le condizioni per un allargamento del circuito murario iniziato già nella prima metà del 12° secolo. Della nuova cerchia, decantata nella Cronica di Dino Compagni e abbattuta in seguito alla conquista della città da parte dei Fiorentini e dei Lucchesi nel 1306, sopravvive solo un tratto in borgo Albanese, ma il suo percorso è facilmente riconoscibile nell'od. tessuto urbano, in corso Gramsci, corso Fedi, corso Amendola, via Laudesi e via dei Baroni; le mura andavano poi a inglobare il lato nordorientale della cinta altomedievale, per poi chiudersi lungo via Santa. In esse si aprivano numerose porte e postierle; sul lato orientale era situata la porta di S. Leonardo, a N del monastero di S. Bartolomeo in Pantano.Tra i secc. 11° e 12° l'intervento più incisivo dal punto di vista urbanistico fu compiuto nell'area intorno alla piazza antistante la cattedrale, dove si svolgeva il mercato cittadino, sul lato meridionale della quale fu edificato il palatium dei vescovi, nelle forme di un castello feudale. A una torre preesistente, che si affacciava su una corte murata, era affiancato, infatti, un compatto corpo di fabbrica merlato in pietra, a pianta rettangolare e a due piani. Verso la fine del secolo successivo tale edificio fu sopraelevato e dotato, sui lati nord e ovest, di nuove facciate in laterizio con bifore e trifore (Rauty, 1981b). La costruzione del complesso vescovile comportò probabilmente lo spostamento a S del tracciato dell'antica via regis, sulla quale si venne ad attestare anche una nuova casa canonicale con il relativo chiostro. Di quest'ultimo soppravvivono, inglobate in moderne murature, le colonnine con capitelli ornati da aquile e da motivi vegetali, in pietra e marmi bianco e verde, di evidente derivazione dalla decorazione scultorea della cattedrale pisana (Salmi, 1928, p. 64). Da alcuni documenti del secondo decennio del sec. 12° si ha notizia di una serie di lavori edilizi di grande impegno nella cattedrale (Ferrali, 1956, p. 20; Gai, 1984a, p. 195, n. 74). Si dovette trattare di una vera e propria ricostruzione, la quale fece assumere alla chiesa la forma che ancora sostanzialmente conserva, a tre navate divise da colonne, con cripta a oratorio, ma con terminazione probabilmente triabsidata al posto dell'attuale tribuna seicentesca, con copertura a capriate e con facciata più spostata a O rispetto a quella della chiesa precedente. Tracce di rimaneggiamenti, forse in seguito all'incendio del 1202, sono evidenti, comunque, sulla parete esterna settentrionale (Redi, 1987, p. 274), la quale presenta, nella parte inferiore, una serie di arcate cieche, di tipo pisano, in muratura di arenaria e di alberese. Lo stesso tipo di articolazione, con semicolonne sorreggenti capitelli compositi marmorei al posto delle lesene, ornava in origine anche la facciata, la quale è ora nascosta dal portico tre-quattrocentesco e dalle soprastanti loggette. Queste ultime, realizzate forse in connessione con il portico (ma per la maggior parte i capitelli e le colonnine sono ottocenteschi), ripetono una suddivisione in tre ordini della parte superiore della facciata originaria, della quale sono indicativi anche le due bifore, con tarsie simili a quelle duecentesche del duomo di Prato, e il grande oculo. Indicativi di più fasi costruttive sono anche i diversi livelli dei resti di pavimentazioni in marmi bianco e verde, a motivi geometrici, visibili nelle navate, nonché le differenti pavimentazioni in cocciopesto della cripta e le sue stratificate murature. Ancora controversa è, inoltre, la questione cronologica e attributiva dei pezzi scultorei probabilmente pertinenti all'arredo del coro e del presbiterio, attualmente conservati nella cripta e in altre chiese della città. Tale materiale può essere comunque suddiviso sostanzialmente in due gruppi, dei quali quello più consistente è costituito da tredici plutei a tarsie fitogeometriche (duomo, S. Giovanni Fuorcivitas, S. Francesco) attribuibili a una maestranza bigarelliana della prima metà del sec. 13°, mentre all'altro, riconducibile a una maestranza guglielmesca della seconda metà del 12°, appartengono due lastre, vari frammenti di cornici, un capitello con teste barbate e due lastre con Visitazione, Ultima Cena e Cattura di Cristo, tutte opere conservate nel duomo (Baracchini, Filieri, 1992a, p. 176), pertinenti a un pulpito, di cui facevano parte probabilmente anche i due leoni stilofori conservati nel cortile del palazzo del Comune (Museo Civico, 1982, pp. 94-95). Intorno al 1145 fu eretta la cappella di S. Jacopo, poi distrutta, chiudendo le prime due campate della navata meridionale del duomo. Essa accoglieva le reliquie dell'apostolo Giacomo donate dall'arcivescovo di Santiago de Compostela, Diego Gelmirez (m. nel 1140).Il sobrio policromismo della cattedrale trovò maggiore sviluppo a partire dalla metà del secolo in altre chiese cittadine. L'iniziatore di tale tendenza, che assunse con il tempo la connotazione di un vero e proprio linguaggio architettonico locale, sembra essere stato Gruamonte (v. Gruamonte e Adeodato), impegnato intorno al 1166 nei lavori di ricostruzione della chiesa di S. Andrea. L'edificio, a pianta rettangolare allungata, monoabsidato e suddiviso in tre navate da colonnati con capitelli corinzi e compositi, con pilastri in prossimità del presbiterio, presenta nella parte inferiore della incompiuta facciata (restaurata di recente) una serie di arcate bicrome su colonne, inquadranti losanghe gradonate, di chiara derivazione pisana, nelle quali si aprono tre portali, di cui il maggiore conserva un architrave, originariamente policromo, firmato da Gruamonte e dal fratello Adeodato, sul quale sono scolpiti, su un fondo a racemi floreali di tradizione guglielmesca, il Viaggio dei Magi, l'Arrivo al cospetto di Erode e l'Adorazione. L'Annunciazione, la Visitazione e l'Annuncio a Zaccaria sono scolpiti da un maestro Enrico nei sottostanti capitelli di stipite. Lo stesso tipo di articolazione plastico-decorativa della facciata del S. Andrea riappare, sebbene in forme meno ricche, nella contemporanea, e altrettanto incompiuta, facciata della chiesa monastica di S. Bartolomeo in Pantano. Anche qui un'iscrizione molto controversa reca la data 1167 (Corpus Inscriptionum Pistoriensium, 1975, pp. 133-134, nr. 11), ma l'architrave del portale principale, privo di firma, con la raffigurazione dell'Incredulità di s. Tommaso al centro di una teoria di apostoli e angeli, non è concordemente attribuito a Gruamonte (Salmi, 1928, p. 83; Redi, 1987, p. 276). Le affinità con il S. Andrea non si limitano, tuttavia, agli aspetti formali, ma riguardano anche la concezione dello spazio interno ancor più sviluppato in altezza. Del tutto diverso era, invece, l'impianto del S. Giovanni Fuorcivitas, ad aula unica monoabsidata e con ampio portico del tipo di quelli di alcune chiese romaniche sarde: secondo il progetto originario le pareti esterne, a filari alternati di conci bianchi e verdi, avrebbero dovuto essere interamente articolate in più ordini di arcate e loggette. Sul fianco nord si apre un portale lunettato firmato da Gruamonte, con architrave a rilievo, dipinto, raffigurante l'Ultima Cena, che rappresenta senza dubbio la massima espressione del policromismo architettonico pistoiese, i cui echi si protrassero in città fino al Trecento. Ne è prova, per es., il campanile della cattedrale (Sanpaolesi, 1966, pp. 292-293; Gurrieri, 1968), frutto di più fasi costruttive, dalla scarna bicromia della parte basamentale alle accese zebrature delle logge superiori, realizzate tra il 13° e il 14° secolo.Delle altre chiese costruite tra il sec. 11° e il 12° entro i limiti della seconda cerchia muraria rimangono, invece, poche testimonianze. Ancora parzialmente conservate sono le strutture della chiesa di S. Jacopo in Castellare, dalla quale proviene un frammento marmoreo con la raffigurazione della Missione dell'apostolo Giacomo databile al sec. 12° e conservato al Mus. Civ. (La via Francigena, 1996, p. 56; L'ospitalità in Altopascio, 1996, p. 58), e quelle della chiesa di S. Maria di Ripalta (Ruschi, Neri Lusanna, 1992, pp. 8-9), mentre la sagrestia dell'od. chiesa gotica di S. Paolo è parte dell'aula della precedente chiesa del sec. 12° (Lapi Ballerini, 1993, p. 81). Della chiesa di S. Maria forisportam, documentata nel 1144 e demolita nel Cinquecento (Belluzzi, 1993, pp. 20-21; Rauty, 1993), rimangono, invece, solo alcune sculture. Inoltre, resti di una bifora pertinente alla facciata della chiesa romanica di S. Prospero sono visibili sulla facciata settecentesca della chiesa dei Ss. Prospero e Filippo Neri (Rauty, Rauty, 1993), mentre nell'area del S. Mercuriale sopravvive un tratto del muro perimetrale nord, databile al sec. 12°, relativo al primo probabile ampliamento del monastero (Curti, Ristori, 1987, pp. 17-20; L'architettura del San Mercuriale, 1989, p. 18). Alla fine del sec. 11° risale la fondazione del monastero benedettino di S. Pier Maggiore, cui dovette seguire anche la ricostruzione della chiesa tuttora esistente, la quale fu comunque completata nel sec. 13° e trasformata internamente nel Seicento (Gai, 1987, pp. 190-191).Per quanto riguarda l'edilizia civile, a partire dal sec. 11° furono costruite in città numerose torri e case-torri (Gai, 1981a, p. 4). Gli esempi più antichi conservati sono accomunati dal tipo di muratura in arenaria o in alberese, sempre piuttosto compatta, e dal tipo di pianta, approssimativamente rettangolare (Redi, 1989, p. 126ss.).A partire dalla metà del sec. 13° P. fu dotata di un sistema difensivo supplementare, detto delle Circole, forse consistente in una rete di fossati e di mura con porte, che inglobò le nuove aree suburbane (Herlihy, 1967, p. 92; S. Francesco, 1993, p. 42). Poche testimonianze sono indicative della presenza in città a quell'epoca di personalità artistiche provenienti da differenti aree culturali. Probabilmente opera di maestranze lombarde è la cappella di S. Niccolò, ora inglobata nel complesso vescovile, costruita agli inizi del Duecento sopra la sacrestia di S. Jacopo con un'abside pensile interamente in laterizio. Tipicamente pistoiese è, al contrario, il rivestimento marmoreo a fasce bianche e verdi dello scalone costruito, pressappoco nella medesima epoca, a ridosso della facciata dell'episcopio prospiciente la cattedrale e ora inserito nell'ampliamento trecentesco del palazzo.Particolarmente attivi in città nella prima metà del secolo furono i Bigarelli (v.). La prima opera certa di tale maestranza è il fonte battesimale tuttora conservato nel battistero trecentesco di S. Giovanni in Corte, eseguito nel 1226 da Lanfranco (Garzelli, 1969, p. 27ss.; Ascani, 1991, p. 113). Il pulpito di Guido Bigarelli in S. Bartolomeo in Pantano è tuttora oggetto di una controversa questione relativa al suo assetto originario. Ne restano due lastre raffiguranti scene cristologiche post mortem, tre lastre aniconiche e due gruppi scultorei reggi-leggio risalenti al 1250, mentre due lastre con scene dell'Infanzia di Cristo, alcuni frammenti decorativi e una seconda iscrizione recante la data 1239 avrebbero fatto parte di un altro pulpito, probabilmente eseguito dallo stesso Guido (Ascani, 1991). Va segnalata anche l'ipotesi di una comune provenienza dei rilievi da un unico ambone appositamente realizzato per S. Bartolomeo (Caleca, 1991, p. 71; Badalassi, 1995). A una maestranza bigarelliana si deve l'intera realizzazione, secondo schemi ancora tipicamente pistoiesi, della parte inferiore della facciata di S. Pier Maggiore (Filieri, 1988, p. 125; Dalli Regoli, 1992, pp. 104, 107).Ancora più complessa dovette essere la situazione culturale pistoiese della seconda metà del sec. 13°, dal momento che furono contemporaneamente presenti in città architetti e scultori di varia provenienza. Del resto, Buono di Bonaccolto, marmorario fiorentino, eresse nel 1266 - come attesta un'iscrizione, ormai quasi illeggibile, sulla cornice sottogronda dell'abside - la chiesa di S. Maria Nuova, originariamente a navata unica, ma successivamente molto trasformata, e più tardi, nel 1270, la chiesa di S. Salvatore, che ancora conserva l'aspetto duecentesco con la facciata ad arcate bicrome su colonne, simile a quelle dei più antichi esempi locali (Rauty, 1986, pp. 120, 123). Dello stesso Buono è inoltre l'architrave a girali vegetali, estremamente piatti, del portale maggiore del duomo, rifatto nel 1272 (Bacci, 1910-1912, I, p. 55). Agli stessi anni risale il pulpito eseguito da uno dei collaboratori di Nicola Pisano, fra Guglielmo (v.), nel S. Giovanni Fuorcivitas; ricomposto nel Settecento, il pulpito ha la tradizionale forma a cassa rettangolare istoriata su colonne sostenute da leoni stilofori, ma nelle scene cristologiche e nei tre gruppi reggi-leggio sono evidenti le derivazioni da modelli nicoliani. Le lastre che ornano la cassa e i leggii presentano sul fondo una decorazione in vetro dorato a motivi vegetali e con animali. Dello stesso materiale erano anche le iscrizioni sotto le singole scene, di cui restano alcuni frammenti (Giusti, in corso di stampa). Tra di esse era probabilmente anche l'iscrizione-firma di Guglielmo con la data 1270 tramandata dagli storici ottocenteschi. Gli stessi vetri compaiono inoltre negli intarsi di tre lastre frammentarie marmoree a intrecci geometrici di ascendenza islamica, conservate al Mus. Diocesano (Zajadacz Hastenrath, 1983), pertinenti alla balaustra della scala (Bertelli, 1970; Meoli Toulmin, 1977), mentre è perduto l'altare che Nicola Pisano eseguì per la cappella di S. Jacopo della cattedrale nel 1273 (Bacci, 1910-1912, I). È generalmente ritenuta opera di Nicola e di un suo collaboratore (da alcuni identificato con Lapo, da altri con Giovanni) l'acquasantiera (1270 ca.) tuttora visibile nel S. Giovanni Fuorcivitas, con la raffigurazione delle Virtù cardinali e teologali. A essa sembra ispirarsi l'acquasantiera della cattedrale, un tempo nella cappella di S. Jacopo, con le figure a mezzo busto di quattro apostoli sulla vasca, attribuibile alla scuola di Nicola e cronologicamente collocabile negli ultimi decenni del secolo (Gai, 1984a, pp. 42-43). Al primo decennio di attività di Giovanni Pisano (v.) è stata di recente ricondotta la statua lignea raffigurante un angelo che reca in mano un piatto con la testa di S. Giovanni Battista, ora al Mus. della cattedrale di San Zeno (Middeldorf-Kosegarten, 1990), proveniente da un tabernacolo trecentesco del battistero, altrimenti ritenuta opera di uno scultore francesizzante del sec. 14° o della cerchia di Francesco di Valdambrino (Carli, 1972, pp. 163-164; Gai, 1978, pp. 340-341). Probabilmente agli anni settanta del secolo risalgono anche i tre rilievi con le raffigurazioni della Madonna con il Bambino e di due angeli, rispettivamente, con un frate e con un viandante, conservati al Mus. Civ. (Museo Civico, 1982, pp. 97-98), pertinenti a un sarcofago del tipo di quelli prodotti dalla bottega di Nicola, in origine collocato in S. Maria al Prato e poi trasferito nella successiva chiesa francescana (S. Francesco, 1993, p. 61). Essi mostrano affinità con la scultura nicoliana e con quella di Giroldo da Como (Middeldorf-Kosegarten, 1978, pp. 138-139).Nell'ultimo trentennio del secolo si collocano le fondazioni dei complessi conventuali appartenenti ai nuovi Ordini monastici, entro il perimetro delle Circole. Recenti lavori di restauro hanno riportato alla luce alcune delle strutture della chiesa agostiniana di S. Lorenzo (1278-1368), a navata unica con tre cappelle terminali e copertura a capriate, ma notevolmente trasformata nel secolo scorso (Pappagallo, 1994). L'edificio di S. Francesco al Prato, costruito dai Francescani sul luogo dell'antica chiesa marchionale di S. Maria al Prato, o de Piunte, tra il 1289 e il 1367, conserva ancora, invece, il suo impianto primitivo, a croce latina, con navata coperta a capriate e transetto sporgente e coro con cinque cappelle terminali voltate a crociera (S. Francesco, 1993); lo stesso impianto è inoltre presente anche nella chiesa eretta dai Domenicani tra la seconda metà del Duecento e la fine del secolo successivo.Negli ultimi anni del Duecento fu nuovamente attivo a P. Giovanni Pisano; agli anni 1298-1301 risale infatti il pulpito di S. Andrea, opera di sintesi delle sue ricerche plastico-architettoniche ed espressive (Carli, 1986). Degli stessi anni del pulpito sono anche i due crocifissi lignei attualmente nel S. Andrea, uno dei quali è stato attribuito a Giovanni sulla base delle strette affinità con il medesimo soggetto di una delle formelle del pulpito (Seidel, 1971); l'altro, invece, proveniente dalla chiesa di S. Maria di Ripalta, è probabilmente opera della sua bottega.In seguito alla distruzione della seconda cerchia di mura operata dai Fiorentini e dai Lucchesi nel 1306, si dette avvio alla costruzione di un nuovo e più ampio circuito murario di forma trapezoidale, in buona parte conservato.Già alla fine del secolo precedente era iniziata, forse per volontà del podestà Giano della Bella, la costruzione del palazzo del Comune, o degli Anziani (Pellegrini, 1904; Gurrieri, 1995, pp. 129-139). Il nucleo iniziale, a due piani e con cortile centrale quadrato a pilastri ottagonali, fu successivamente ampliato su tre lati. Intorno alla metà del Trecento il palazzo raggiunse l'aspetto che tuttora in gran parte conserva, con la facciata in arenaria scandita, al piano terreno, dagli archi ogivali di un portico che richiama modelli padani e, ai due piani superiori, da bifore e trifore di gusto senese. Sul lato opposto della piazza comunale fu eretto nella seconda metà del Trecento il palazzo del Podestà o Pretorio. Il blocco originario a due piani con cortile centrale a pilastri è ancora riconoscibile all'interno dell'ampliamento ottocentesco, mentre all'esterno la facciata trecentesca corrisponde al tratto di parete in arenaria comprendente il portale e le prime cinque bifore, partendo da S, del primo piano (Gurrieri, 1995, pp. 169-172). Alla prima metà del secolo risale probabilmente la ristrutturazione di uno dei tre differenti corpi di fabbrica che componevano il c.d. palazzo del Capitano del popolo, a quattro grandi bifore ad archi polilobati. Tale processo di rinnovamento edilizio interessò anche il palazzo dei Vescovi, che fu all'epoca sopraelevato e ampliato verso N con la costruzione, in corrispondenza del primo piano, di un originale loggiato ad arcate gotiche in laterizio, sopra il quale furono aperte sei grandi bifore (Rauty, 1981b).Il battistero di S. Giovanni in Corte, situato forse nello stesso luogo del battistero più antico, fu realizzato in più fasi, probabilmente a partire dai primi decenni del Trecento, ma l'intervento più consistente si deve a Cellino di Nese, che diresse i lavori dal 1339 al 1359. La costruzione ottagonale con abside quadrata voltata a crociera sul lato ovest, come nel precedente fiorentino, e copertura a otto spicchi, presenta all'esterno un raffinato rivestimento marmoreo bicromo di gusto senese e portali con ricca ornamentazione scultorea. A un maestro strettamente legato a Cellino sono stati attribuiti i capitelli a fogliami e putti del portale maggiore, mentre a uno scultore di ambito pisano sono stati riferiti i rilievi con scene della Vita di s. Giovanni Battista del relativo architrave (Garzelli, 1969, p. 216ss.). Tardi ripetitori di modi pisani sono inoltre, probabilmente, gli autori delle tre statue visibili nella lunetta del medesimo portale (Gai, 1978b, p. 341).Nella prima metà del secolo si situa anche la ricostruzione della chiesa di S. Paolo (Il patrimonio artistico di Pistoia, 1967-1970). La facciata, con timpano riccamente ornato e loggetta terminale, conserva un grandioso portale cuspidato con statue di santi alla sommità e nella lunetta. In quest'ultima la figura di S. Paolo è opera firmata dello scultore pistoiese Jacopo di Matteo (Vannucci, 1987, p. 134). Dello stesso periodo è l'ampliamento della chiesa di S. Giovanni Fuorcivitas, la quale assunse la forma a semplice aula rettangolare, priva di abside (Secchi, 1966, p. 108). Davanti alla nuova facciata, rimasta incompiuta, sorse inoltre nel Trecento, al posto del precedente portico romanico, un piccolo oratorio in muratura bicroma dedicato a s. Antonio Abate (Redi, 1987). Tra il 1360 e il 1371 fu fondata anche la chiesa degli Ospedalieri di S. Antonio Abate o del Tau (Ferrali, 1972). L'edificio, l'unico interamente realizzato in pietra forte, ha una facciata estremamente semplice con portaletto gotico sormontato da un oculo (Gurrieri, 1970).La presenza di scultori senesi a P. nella prima metà del Trecento è testimoniata, oltre che dalle sculture del battistero, anche da alcuni momumenti sepolcrali tuttora conservati nella cattedrale. Di Agostino di Giovanni è, infatti, il monumento di Cino da P. (dei Sigibuldi), del 1337-1339, su cui spicca la grande figura del giurista e poeta (Carli, 1972), mentre i rilievi istoriati dell'arca di S. Atto (post 1337) e quelli del sepolcro di Baronto e Bonifacio Ricciardi (post 1348), ora murati sulla parete della controfacciata, sono ritenuti opere della sua bottega, ma nelle quali ebbe un ruolo fondamentale il figlio Giovanni. Per le sculture della tomba Ricciardi è stata avanzata anche l'ipotesi che esse siano il prodotto di una scuola locale, formatasi intorno alla metà del secolo (Carli, 1972), ma di cui comunque l'unico rappresentante sicuro sembrerebbe essere quello Jacopo di Matteo che, pressappoco in tale epoca, eseguì la statua di S. Jacopo per la parte superiore della facciata della cattedrale (Arferuoli, Historie, c. 3).
Bibl.:
Fonti inedite. - C. Fioravanti, Vacchettone (ms. del 1624), Pistoia, Arch. di Stato; P. Arferuoli, Historie delle cose più notabili seguite in Toscana, et altri luoghi, et in particolare in Pistoia (ms. del 1628), I-II, Pistoia, Arch. Capitolare, Documenti vari 16, cc. 3, 49-50.
Fonti edite. - Regesta Chartarum Pistoriensium. Alto Medioevo (493-1000), Pistoia 1973; Regesta Chartarum Pistoriensium. Canonica di S. Zenone. Secolo XI, a cura di N. Rauty, Pistoia 1985; Regesta Chartarum Pistoriensium. Vescovado. Secoli XI e XII, a cura di N. Rauty, Pistoia 1974; Regesta Chartarum Pistoriensium. Enti ecclesiastici e spedali. Secoli XI e XII, a cura di N. Rauty, P. Turi, V. Vignali, Pistoia 1979; Lo statuto dei Consoli del Comune di Pistoia. Frammento del secolo XII, a cura di N. Rauty, G. Savino, Pistoia 1975; Il Liber Censuum del Comune di Pistoia, a cura di Q. Santoli, 5 voll., Pistoia 1906-1915; Corpus Inscriptionum Pistoriensium, a cura di P. Turi, Bullettino storico pistoiese 77, 1975, pp. 129-138; 80, 1978, pp. 135-146; 81, 1979, pp. 137-142; Dino Compagni, Cronica, a cura di I. Del Lungo, in RIS2, IX, 2, 1907-1916, p. 194; M. Salvi, Delle historie di Pistoia e fazioni d'Italia, 3 voll., Roma-Pistoia-Venezia 1656-1662 (rist. anast. Bologna 1978); G. Dondori, La pietà di Pistoia in grazia della sua patria, Pistoia 1666; J.M. Fioravanti, Memorie storiche della città di Pistoia, Lucca 1758
Letteratura critica. - S. Ciampi, Notizie inedite della Sagrestia pistoiese de' belli arredi del Camposanto pisano e di altre opere di disegno dal secolo XII al XV, Firenze 1810; F. Tolomei, Guida di Pistoia per gli amanti delle Belle Arti con notizie degli architetti, scultori e pittori pistoiesi, Pistoia 1821; G. Tigri, Pistoia e il suo territorio. Pescia e i suoi dintorni, Pistoia 1854; G. Beani, La chiesa di S. Paolo Apostolo in Pistoia, Pistoia 1898; id., La cattedrale pistoiese. L'altare di S. Jacopo e la Sacrestia de' belli arredi. Appunti storici documentati, Pistoia 1903; id., S. Giovanni in Corte (Battistero di Pistoia). Appunti storici documentati, Pistoia 1904; O.H. Giglioli, Pistoia nelle sue opere d'arte, Firenze 1904; G. Pellegrini, Pistoia. Scavi archeologici in Piazza del Duomo, Notizie degli scavi di antichità, s. V, 1, 1904, pp. 241-270; P. Bacci, Gruamonte e altri maestri di pietra che lavorarono alle facciate di S. Giovanni Fuorcivitas a Pistoia, RivA 3, 1905, pp. 57-76; G. Beani, S. Giovanni Forcivitas. Appunti storici, Pistoia 1906; id., La chiesa di S. Andrea Apostolo in Pistoia. Memoria storica, Pistoia 1907; id., San Bartolomeo Apostolo, Pistoia 1907; id., Chiesa e convento di S. Domenico in Pistoia, Pistoia 1909; R. Papini, Marmorari romanici in Toscana, L'Arte 12, 1909, pp. 423-442; G. Beani, Chiesa e monastero di S. Pier Maggiore in Pistoia, Bullettino storico pistoiese 12, 1910, pp. 215-231; A. Chiti, Pistoia. Guida storico-artistica, Pistoia 1910 (19563); P. Bacci, Documenti toscani per la storia dell'arte, 2 voll., Firenze 1910-1912; M. Salmi, La questione dei Guidi, L'Arte 17, 1914, pp. 81-90; W. Biehl, Toskanische Plastik des frühen und hohen Mittelalters (Italienische Forschungen, n.s., 2), Leipzig 1926; M. Salmi, L'architettura romanica in Toscana, Milano-Roma [1926]; Toesca, Medioevo, 1927; M. Salmi, La scultura romanica in Toscana, Firenze 1928; A. Chiappelli, Della topografia antica di Pistoia, Bullettino storico pistoiese 32, 1930, pp. 174-193; 33, 1931, pp. 19-36, 80-85; C. Calzecchi, Sculture romaniche del duomo di Pistoia rinvenute durante recenti lavori, Le Arti 2, 1939-1940, pp. 104-106; A. Stanghellini, Le bellezze della chiesa risorta, Pistoia 1948; S. Ferrali, Fasti e nefasti di un monumento. Appunti di storia della cattedrale di Pistoia, Pistoia 1956; P. Turi, I restauri della chiesa di S. Bartolomeo in Pantano e il pergamo di Guido da Como, Bullettino storico pistoiese 63, 1961, pp. 317-326; S. Ferrali, Aenigmata Pistoriensia (Indagini e quesiti intorno alla cattedrale di Pistoia), ivi, 64, 1962, pp. 5-20; 65, 1963, pp. 3-25; 66, 1964, pp. 21-39; Chiese romaniche e moderne di Pistoia e diocesi, Pistoia 1964; G. Marchini, La cattedrale di Pistoia, in Il Romanico pistoiese nei suoi rapporti con l'arte romanica dell'Occidente, "Atti del I Convegno internazionale di studi medioevali di storia e d'arte, Pistoia-Montecatini 1964", Pistoia 1966, pp. 19-32; G. Morozzi, Le chiese romaniche del Monte Albano, ivi, pp. 35-45; R. Delogu, Pistoia e la Sardegna nell'architettura romanica, ivi, pp. 83-98; A. Secchi, Restauro ai monumenti romanici pistoiesi, ivi, pp. 101-111; R. Salvini, La scultura romanica pistoiese, ivi, pp. 165-182; P. Sanpaolesi, I rapporti artistici tra Pistoia ed altri centri in relazione alla civiltà artistica romanica, ivi, pp. 273-295; U. Procacci, La pittura romanica pistoiese, ivi, pp. 351-367; G. Brunetti, Indagini e problemi intorno al pulpito di Guido da Como in San Bartolomeo a Pistoia, ivi, pp. 371-380; N. Rauty, La via consolare Cassia attraverso Pistoia, Bullettino storico pistoiese 68, 1966, pp. 3-14; D. Herlihy, Medieval and Renaissance Pistoia, New Haven-London 1967 (trad. it. Pistoia nel Medioevo e nel Rinascimento, 1200-1430, Firenze 1972); Il patrimonio artistico di Pistoia e del suo territorio. Catalogo storico descrittivo, 2 voll., Pistoia 1967-1970; S. Ferrali, L'oratorio di S. Antonio Abate in Pistoia, Pistoia 1968; F. Gurrieri, Il campanile della cattedrale di Pistoia, Bullettino storico pistoiese 70, 1968, pp. 93-107; Il restauro dei monumenti dal 1944 al 1968, cat., Firenze 1968; A. Garzelli, Sculture toscane nel Dugento e nel Trecento (Raccolta pisana di saggi e studi, 28), Firenze 1969; C. Bertelli, Vetri italiani a fondo d'oro del secolo XIII, Journal of Glass Studies 12, 1970, pp. 70-78; F. Gurrieri, La chiesa di S. Antonio Abate o del Tau a Pistoia, Bullettino storico pistoiese 72, 1970, pp. 4-20; M. Seidel, La scultura lignea di Giovanni Pisano (Quaderni d'arte, 5), Firenze 1971; L. Gai, s.v. Buono di Bonaccolto, in DBI, XV, 1972, pp. 268-270; A. Secchi, La cappella di S. Jacopo a Pistoia e la ''Sacrestia dei Belli arredi'', in Il Gotico a Pistoia nei suoi rapporti con l'arte gotica italiana, "Atti del 2° Convegno internazione di studi, Pistoia 1966", Roma [1972], pp. 85-92; N. Rauty, Le finestre a crociera del Palazzo Panciatichi a Pistoia, ivi, pp. 93-101; E. Carli, Scultori senesi a Pistoia, ivi, pp. 149-164; C. Gnudi, Il pulpito di Giovanni Pisano a Pistoia, ivi, pp. 165-179; S. Ferrali, L'ordine ospitaliero di S. Antonio Abate o del Tau e la sua casa a Pistoia, ivi, pp. 181-223; M. Salmi, Due note pistoiesi, ivi, pp. 295-307; F. Gurrieri, Il Battistero di San Giovanni in Corte a Pistoia, Pistoia 1975; La chiesa di S. Jacopo in Castellare, Pistoia 1976; N. Rauty, Immagini e documenti di Pistoia tra l'800 e il '900, Pistoia 1976; F. Redi, La pieve di S. Michele in Groppoli (Quaderni pistoiesi di storia dell'arte, 4), Pistoia 1976; R. Meoli Toulmin, Pisan Geometric Pattern of Thirteenth Century and their Islamic Sources, AV 16, 1977, pp. 3-12; N. Rauty, Cenni di topografia urbana a Pistoia verso la metà del Trecento (da un inventario di beni dello spedale del Ceppo), Bullettino storico pistoiese 79, 1977, pp. 3-34; L. Gai, Interventi rinascimentali nello spedale del Ceppo di Pistoia. Ridefinizione dell'attività pistoiese di Michelozzo architetto, ivi, 1978a, pp. 71-155; id., Rapporti fra l'ambiente artistico pistoiese e fiorentino alla fine del Trecento ed ai primi del Quattrocento: riesame di un problema critico, in Egemonia fiorentina ed autonomie locali nella Toscana nord-occidentale del primo Rinascimento: vita, arte, cultura, "Atti del VII Convegno internazionale del Centro italiano di studi di storia e d'arte, Pistoia 1975", Bologna 1978b, pp. 325-349; A. Middeldorf-Kosegarten, Identifizierung eines Grabmals von Nicola Pisano. Zur Genese des Reliefsarkophags in der Toscana, MKIF 22, 1978, pp. 119-146; G. Capecchi, Vecchi ritrovamenti archeologici: uno ''scavo'' settecentesco in Piazza del Duomo a Pistoia, Bulletino storico pistoiese 81, 1979, pp. 73-82; F. Gabrieli, U. Scerrato, Gli arabi in Italia (Antica Madre), Milano 1979 (19852), p. 484; M. Bruschi, Il complesso abbaziale di S. Bartolomeo in Pistoia, Pistoia 1981; C. Cerrato, G. Chelucci, La pieve di S. Andrea in Pistoia, Pistoia 1981; L. Gai, Il secolo XIII nella storia pistoiese (Incontri pistoiesi di storia arte cultura, 5), Pistoia 1981a; id., Pistoia nella prima metà del '300 (Incontri pistoiesi di storia arte cultura, 7) Pistoia 1981b; id., L'ultimo periodo dell'autonomia comunale pistoiese (Incontri pistoiesi di storia arte cultura, 9) Pistoia 1981c; N. Rauty, Pistoia nei secoli XI e XII (Incontri pistoiesi di storia arte cultura, 3), Pistoia 1981a; id., L'antico Palazzo dei Vescovi a Pistoia (storia e restauro), Firenze 1981b; G. Capecchi, G. De Tommaso, Per la più antica storia della cattedrale pistoiese: l'area del duomo e le sue adiacenze. Contributo ad una comparazione stratigrafica del nucleo urbano di Pistoia romana, Bullettino storico pistoiese 84, 1982, pp. 7-38; Museo Civico di Pistoia. Catalogo delle collezioni, a cura di M.C. Mazzi, Firenze 1982; S. Zajadacz Hastenrath, Drei Marmorplatten von Fra Guglielmos Kanzel in Pistoia und ihr islamisches Vorbild, Pantheon 41, 1983, pp. 302-307; L. Gai, L'altare argenteo di San Jacopo nel duomo di Pistoia, Torino 1984a; id., Artigiani e artisti nella società pistoiese del Basso Medioevo. Spunti per una ricerca, in Artigiani e salariati. Il mondo del lavoro nell'Italia dei secoli XII-XV, "X Convegno internazionale del Centro di studi di storia e d'arte, Pistoia 1981", Pistoia 1984b, pp. 225-291; L'antico Palazzo dei Vescovi a Pistoia (indagini archeologiche), a cura di G. Vannini, Firenze 1985; E. Carli, Giovanni Pisano. Il pulpito di Pistoia, Milano 1986; F. Falletti, E. Spalletti, Museo della cattedrale di S. Zeno. Guida breve, Pistoia 1986; N. Rauty, Un aspetto particolare dell'attività del vescovo Ricci: il riordinamento delle parrocchie della diocesi di Pistoia, in Scipione de' Ricci e la realtà pistoiese della fine del Settecento, a cura di A. Nardi, cat. (Pistoia 1986), Pistoia 1986, pp. 99-134; Schede storiche delle parrocchie della diocesi di Pistoia, a cura di N. Rauty, Pistoia 1986; L'antico Palazzo dei Vescovi a Pistoia (I documenti archeologici), a cura di G. Vannini, Firenze 1987; F. Curti, S. Ristori, L'oppidum di Pistoia: nuove testimonianze sulle cinte murarie, Bullettino storico pistoiese 89, 1987, pp. 3-24; L. Gai, Testimonianze jacobee e riferimenti compostellani nella storia di Pistoia dei secoli XII-XIII, in Pistoia e il cammino di Santiago, "Atti del Convegno internazionale di studi, Pistoia 1984", Napoli 1987, pp. 119-230; F. Redi, L'architettura a Pistoia al tempo di S. Atto e i suoi rapporti con la cultura della Spagna mozarabica, ivi, pp. 273-312; M. Vannucci, La firma dell'artista nel Medioevo: testimonianze significative nei monumenti religiosi toscani dei secoli XI-XIII, Bollettino storico pisano 56, 1987, pp. 119-138; M.T. Filieri, L'ambone della chiesa abbaziale di Buggiano, "Atti del Convegno sull'organizzazione ecclesiastica della Valdinievole, Buggiano Castello, 1987", Buggiano 1988, pp. 113-139; G. Michelucci, A. Amendola, Pistoia. Leggere una città, Firenze 1988; N. Rauty, Storia di Pistoia (dall'Altomedioevo all'età precomunale, 406-1105), Firenze 1988; L'architettura del San Mercuriale a Pistoia. Un frammento di città, a cura di F. Gurrieri, Firenze 1989; F. Redi, Edilizia medievale in Toscana (Strutture edilizie e organizzazione dello spazio in Toscana, 1), Firenze 1989; P. Testini, G. Cantino Wataghin, L. Pani Ermini, La cattedrale in Italia, "Actes du XIe Congrès international d'archéologie chrétienne, Lyon e altrove 1986" (CEFR, 123), Città del Vaticano 1989, I, pp. 5-231: 132; A. Middeldorf-Kosegarten, ''Langiolo cholla testa di Sco Giovanni in mano''. Zum Werk Giovanni Pisanos, MKIF 34, 1990, pp. 3-68; I. Moretti, Architettura romanica vallombrosana nella diocesi medievale di Pistoia, Bullettino storico pistoiese 92, 1990, pp. 3-30; N. Andreini Galli, Palazzi pistoiesi, Lucca 1991; V. Ascani, La bottega dei Bigarelli. Scultori ticinesi in Toscana e nel Trentino nella prima metà del Duecento sulla scia degli studi di Mario Salmi, in Mario Salmi storico dell'arte e umanista, "Atti della Giornata di studio, Roma 1990", Spoleto 1991, pp. 107-134; A. Caleca, La dotta mano. Il battistero di Pisa, Bergamo 1991; M.T. Filieri, Indicazioni per un catalogo dell'architettura religiosa medievale in Valdinievole, in Alluccio da Pescia (1070 ca.-1134). Religione e società nei territori di Lucca e della Valdinievole, "Atti del Convegno, Pescia 1985", Roma 1991, pp. 303-323; P. Grifoni, La chiesa di San Pier Maggiore a Pistoia, Notizie di cantiere 3, 1991, pp. 121-128; F. Redi, Chiese medievali del Pistoiese, Cinisello Balsamo 1991; V. Torri, Die Skulpturen an der Fassade von S. Andrea in Pistoia (tesi), Univ. Hamburg 1991; C. Baracchini, M.T. Filieri, Raccontare col marmo: Guglielmo e i suoi seguaci, in Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E. Castelnuovo, cat. (Sarzana 1992), Genova 1992a, pp. 111-119; id., I pulpiti, ivi, 1992b, pp. 120-125; id., ''De ore leonis libera me Domine'', ivi, 1992c, pp. 126-129; id., Le facciate, ivi, 1992d, pp. 172-175; id., I plutei, ivi, 1992e, pp. 176-179; G. Dalli Regoli, I Guidi ''Magistri marmorum de Lumbardia'', ivi, pp. 163-171; A. Caleca, I pergami, ivi, pp. 208-209; M.G. Burresi, A. Caleca, La decorazione delle facciate, ivi, pp. 212-215; G. Dalli Regoli, Coerenza, ordine e misura di una maestranza: il pulpito di Barga e i Guidi, AM, n.s., 6, 1992, 2, pp. 91-110; S. Rigobon, Plutei pistoiesi ad opus mixtum fra XII e XIII secolo. Analisi di una tipologia (tesi), Univ. Pisa 1992; P. Ruschi, E. Neri Lusanna, Santa Maria a Ripalta. Aspetti della cultura artistica medievale a Pistoia, Firenze 1992; A. Belluzzi, Giuliano da Sangallo e la chiesa della Madonna a Pistoia, Firenze 1993; L'eredità dell'Islam. Arte islamica in Italia, a cura di G. Curatola, cat. (Venezia 1993-1994), Milano 1993; G. Ventrone Vassallo, ivi, pp. 200-201 nr. 90; I. Lapi Ballerini, La sagrestia della chiesa di San Paolo a Pistoia e le sue decorazioni, Notizie di cantiere 5, 1993, pp. 81-92; F. Rauty, N. Rauty, L'antica chiesa di S. Prospero a Pistoia, Bullettino storico pistoiese 95, 1993, pp. 109-121; N. Rauty, Tracce archivistiche per l'antica chiesa di Santa Maria Forisportam, in Centenario del miracolo della Madonna dell'Umiltà a Pistoia, "Giornate di studio, Pistoia 1992", Rastignano 1993, pp. 21-40; S. Francesco. La chiesa e il convento in Pistoia, Ospedaletto 1993; R. Cocchi, Misure difensive della città di Pistoia (1367-1371), Bullettino storico pistoiese 96, 1994, pp. 31-43; G. Pappagallo, La ex chiesa di San Lorenzo: apparati decorativi e pratiche devozionali nel XIV secolo, Il Tremisse pistoiese 19, 1994, 2-3, pp. 25-32; La chiesa pistoiese e la sua cattedrale nel tempo, a cura di A. Pacini, 4 voll., Pistoia 1994-1995; L. Badalassi, ''Auxit, transtulit, decoravit'': il pulpito di Guido da Como di San Bartolomeo a Pistoia e le sue trasformazioni, Arte lombarda, n.s., 1995, 112, pp. 6-11; L. Gai, La memoria storica e le sue immagini nella civiltà comunale di Pistoia: alcuni esempi dei secoli XII e XIII, in Il senso della storia nella cultura medievale italiana (1100-1350), "Atti del XIV Convegno internazionale del Centro italiano di studi di storia e d'arte, Pistoia 1993", Pistoia 1995, pp. 361-396; F. Gurrieri, La piazza del duomo a Pistoia, Bergamo 1995; L'ospitalità in Altopascio. Storia e funzioni di un grande centro ospitaliero. Il cibo, la medicina e il controllo della strada, a cura di A. Cenci, cat. (Altopascio 1996-1997), Lucca 1996; L. Badalassi, Peregrini, Pauperes e Infirmi. Appunti per una ricognizione iconografica sul tema del Viator, ivi, pp. 104-116; G. Millemaci, A. Patera, L'oratorio di S. Gaetano nel complesso di S. Paolo apostolo a Pistoia. Archeologia e fonti d'archivio: un esempio di ricerca interdisciplinare, Bullettino storico pistoiese 98, 1996, pp. 89-112; La via Francigena e il culto di San Jacopo a Pistoia. Culto e cultura iacopea in un centro lungo le vie di pellegrinaggio italiane fra Medioevo ed età contemporanea, a cura di L. Gai, cat., Pistoia 1996; G. Dalli Regoli, L. Badalassi, Osservazioni sulla tipologia del pulpito medievale in Toscana (XII-XIII secolo): il contributo dei Guidi, in Pulpiti medievali toscani. Storia e restauri di micro-architetture, "Atti della Giornata di studio, Firenze 1996" (in corso di stampa); A.M. Giusti, Il pulpito di San Giovanni Fuorcivitas a Pistoia: il restauro attuale e gli interventi passati, ivi.C. Nenci
Le prime testimonianze pittoriche medievali sono da individuarsi nelle deperite decorazioni murali della cripta di S. Baronto e nei frammenti d'affresco (fine sec. 12°) originariamente nella cripta del duomo (Pistoia, Mus. della cattedrale di San Zeno), opere che nulla aggiungono alla pittura romanica corrente. Lo stesso si può dire delle lunette bizantineggianti (ca. 1250) affrescate sui portali della facciata del duomo; a un Lapo de Florentia menzionato in un documento del 1260 (Procacci, 1966, pp. 363-366) si deve la sinopia con la Madonna con il Bambino e i ss. Iacopo e Zenone in origine sulla porta del lato meridionale del duomo (Pistoia, Mus. della cattedrale di San Zeno).Più interessante si presenta il coevo quadro della miniatura: gli studi hanno ormai appurato che presso il duomo, nei secc. 11° e 12°, esisteva una scuola autoctona specializzata nelle decorazioni a motivi geometrici dei capolettera, i cui prodotti più alti sono contenuti nella Bibbia casanatense (Roma, Casanat., 720, 721; Garrison, 1957-1958; Berg, 1968).L'inizio di una vera e propria corrente pittorica aperta alle novità cimabuesche si ha con l'intenso soggiorno pistoiese (1265-1276) di Coppo di Marcovaldo e del figlio Salerno. Di tutti i lavori ricordati nei documenti restano solo il celebre Crocifisso conservato nella cattedrale, un'opera in cui la critica ritiene ormai di individuare l'autografia di Salerno (Bellosi, 1991), e la tavola raffigurante S. Francesco con storie della sua vita e miracoli post mortem, già in S. Maria al Prato (Pistoia, Mus. Civ.), spettante a Coppo, in cui il volto del santo presenta ridipinture attribuibili al Maestro di S. Maria Primerana (Bellosi, 1991). A Salerno si devono ancora la Madonna con il Bambino sul pilastro sinistro dell'abside del duomo, la Crocifissione ad affresco nella sala capitolare del S. Domenico, forse l'Ascensione di Cristo (1274) nella S. Maria di Ripalta e l'affresco con Cristo alla colonna nel S. Pier Maggiore (Neri Lusanna, 1992). Un creato del sodalizio dei Marcovaldi fu Manfredino d'Alberto, o da Pistoia, attivo nel duomo nel 1280. Egli è il probabile autore degli affreschi con Cristo in gloria tra i ss. Giovanni Battista e Bartolomeo (Pistoia, S. Bartolomeo in Pantano), per i quali è stato avanzato anche il nome di Vigoroso da Siena (Conti, 1971). Nell'ambito della cultura precimabuesca instaurata dalla presenza di Coppo di Marcovaldo sono da inserire le miniature del graduale già in S. Stefano degli Agostiniani (Pistoia, Mus. Diocesano), mentre a esperienze bolognesi di fine Duecento rimandano quelle dell'antifonario proveniente da S. Francesco (Pistoia, Mus. Civ., 231; attualmente in deposito presso la Bibl. Com. Forteguerriana).L'aprirsi del Trecento vide attive a P. varie personalità locali; l'eccentrico Maestro del 1310 è la figura di spicco cui spettano le commissioni più prestigiose: il dossale per gli Umiliati (Pistoia, Mus. Civ.) e l'affresco con la Madonna e sei santi (S. Domenico, ex refettorio), mentre alla sua fase estrema pertiene il monumentale Crocifisso murale nel S. Francesco (De Marchi, 1986). Coevo al Maestro del 1310, con cui viene talvolta identificato (Donati, 1974, pp. 12-14), è Lazzarino Castelli, autore delle arcaizzanti Storie della Passione (1307) nella chiesa di S. Giovanni Fuorcivitas.Sulla metà del secolo la cultura figurativa locale subì uno scossone dovuto ai soggiorni di artisti emiliani e fiorentini. Sulle pareti della chiesa di S. Francesco furono contemporaneamente attive due grandi botteghe: quella del bolognese Dalmasio di Iacopo degli Scannabecchi, con le Storie di s. Francesco nella cappella maggiore (ante 1343), e quella di Maso di Banco con le Storie di s. Donnino e di s. Stefano nella cappella Gatteschi, mentre sulla parete sinistra della navata furono affrescati dalla stessa bottega il trittico murale con i Ss. Antonio Abate, Giovanni Battista e Francesco, il Compianto sul corpo di Cristo ed Eraclio che porta la croce (Boskovits, 1970; Neri Lusanna, 1993; Conti, 1994).Bonaccorso di Cino, in collaborazione con Alesso d'Andrea, è attivo nella volta della cappella di S. Iacopo in duomo (1347), di cui rimangono frammenti di Virtù teologali. Al primo tempo della decorazione di S. Francesco sono da ricondurre sia l'esecuzione da parte di Lippo Memmi di un polittico perduto per l'altare maggiore (1343) sia la Madonna con il Bambino e angeli (Firenze, Uffizi) dipinta intorno al 1340 da Pietro Lorenzetti per un altare della navata. A difendere la tradizione locale rimase il Maestro del 1336, l'altra forte personalità pistoiese della prima metà del Trecento: a lui spettano l'affresco con la Madonna con il Bambino nella chiesa di S. Maria delle Grazie, l'espressionistico polittico già nella parrocchiale di Popiglio (Pistoia, Mus. Diocesano), quello di Empoli (Mus. della Collegiata di S. Andrea), la S. Caterina in S. Bartolomeo in Pantano e l'affresco con la Madonna con il Bambino, angeli e santi nel palazzo del Comune di Pistoia. Sugli esempi del sincretismo bolognese-fiorentino si formò una generazione attiva fino alla fine del secolo: pittori capaci di attingere con disinvoltura al neogiottismo di Andrea di Cione - come nel caso di Giovanni di Bartolomeo Cristiani (attivo in S. Francesco, S. Giovanni Fuorcivitas, S. Domenico, nell'oratorio de' Rossi, nel duomo), di Nanni di Iacopo e di Niccolò di Tommaso (storie bibliche in S. Antonio del Tau, del 1372-1374; mentre alla fase giovanile pertiene probabilmente il ricordato trittico murale di S. Francesco) - o aperti al linguaggio tardogotico, come Antonio Vite, attivo nella sagrestia e nel capitolo di S. Francesco (Boskovits, 1975, pp. 147-149, 283-285).
In materia di oreficeria, l'altare argenteo di S. Iacopo, nell'omonima cappella del duomo, è certamente l'impresa artistica medievale di maggiore respiro a P., che vide impegnati orafi delle più importanti scuole toscane (Gai, 1984), in una sorta di palinsesto degli indirizzi dell'oreficeria medievale nella regione: dal classicismo nicolesco di Andrea di Jacopo d'Ognabene (paliotto frontale, 1316) al dolce goticismo di Gilio Pisano (S. Giacomo Maggiore in trono, 1349-1353), dagli orcagneschi Francesco Niccolai e Leonardo di Ser Giovanni (paliotti laterali, 1361-1364, 1367-1371), fino alle botteghe di Piero d'Arrigo Tedesco (ampliamento del dossale, 1380-1390), di Nofri di Buto e Atto di Piero Braccini (coronamento del dossale, 1394-1398). Quest'ultimo inoltre è l'autore di un ricco calice (1384), dorato e smaltato, di chiara derivazione senese (Pistoia, Mus. della cattedrale di S. Zeno).Nel 1378 Atto di Piero Braccini è documentato in città con il fiorentino Romolo di Salvi nella bottega dell'orefice Filippo di Andrea Baglioni a lavorare al maestoso piedistallo del reliquiario della Croce, firmato tuttavia dal solo Rombolus Salvei e datato 1379 (Pistoia, Mus. della cattedrale di S. Zeno; Cantelli, 1996, p. 89). Alla feconda stagione dell'oreficeria gotica pistoiese pertiene anche il monumentale braccio-reliquiario di S. Zenone (1369), firmato da Henricus Belandini (Pistoia, Mus. della cattedrale di S. Zeno), che sulla base della scritta dedicatoria sappiamo eseguito ad Aix-en-Provence per Luchetto Tebertelli, il quale ne fece dono alla città di P. (Cantelli, 1996, pp. 89-90).
Bibl.: S. Ciampi, Notizie inedite della Sagrestia pistoiese de' belli arredi del Camposanto pisano e di altre opere di disegno dal secolo XII al XV, Firenze 1810; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalle origine al secolo XVI, I, Genova 1870, p. 393; A. Chiappelli, Di una tavola dipinta da Taddeo Gaddi e di altre antiche pitture nella chiesa di San Giovanni Fuorcivitas di Pistoia, Bullettino storico pistoiese 2, 1900, pp. 1-6; P. Bacci, Documenti toscani per la storia dell'arte, 2 voll., Firenze 1910-1912; E.B. Garrison, Studies in the History of Mediaeval Italian Painting, III, 1, Firenze 1957-1958, pp. 33-46 (rist. London 1993); U. Procacci, La pittura romanica pistoiese, in Il Romanico pistoiese nei suoi rapporti con l'arte romanica dell'Occidente, "Atti del I Convegno internazionale di studi medioevali di storia e d'arte, Pistoia-Montecatini 1964", Pistoia 1966, pp. 351-367;K. Berg, Studies in Tuscan Twelfth-Century Illumination, Oslo 1968, pp. 186-192 (con bibl.); M. Boskovits, Due secoli di pittura murale a Prato. Aggiunte e precisazioni, Arte Illustrata 3, 1970, pp. 32-47; A. Conti, Appunti pistoiesi, Annali della Scuola normale superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofia, s. III, 1, 1971, pp. 109-124 (con bibl.); U. Procacci, Bonaccorso di Cino e gli affreschi della chiesa del Tau a Pistoia, in Giotto e il suo tempo, "Atti del Congresso internazionale per la celebrazione del VII centenario della nascita di Giotto, Assisi-PadovaFirenze, 1967", Roma 1971, pp. 349-366; Il Gotico a Pistoia nei suoi rapporti con l'arte gotica italiana, "Atti del 2° Convegno internazionale di studi, Pistoia 1966", Roma [1972]; P.P. Donati, Il punto su Manfredino d'Alberto, BArte, s. V, 57, 1972, pp. 144-153; id., La pittura pistoiese del Trecento. I. Il maestro del 1310, Paragone 25, 1974, 296, pp. 3-26; id., Per la pittura pistoiese del Trecento. II. Il maestro del 1336, ivi, 27, 1976, 321, pp. 3-15; M. Boskovits, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento, 1370-1400, Firenze 1975 (con bibl.); E. Carli, Gli affreschi del Tau a Pistoia (Quaderni d'arte), Firenze 1977 (con bibl.); L. Gai, L'altare argenteo di San Iacopo nel Duomo di Pistoia, Torino 1984 (con bibl.); R. Offner, K. Steinweg, A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting, III, 9, a cura di M. Boskovits, Firenze 1984, pp. 27-29, 170-177; A. Bacchi, Pittura del Duecento e del Trecento nel Pistoiese, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, pp. 315-324 (con bibl.); A. De Marchi, Il 'Maestro del 1310' e la fronda anti-giottesca: intorno ad un 'Crocifisso' murale, Prospettiva, 1986, 46, pp. 50-56; A. Labriola, Gli affreschi della cappella di San Nicolò nell'antico palazzo dei Vescovi a Pistoia, AC 76, 1988, pp. 247-266; L. Bellosi, Precisazioni su Coppo di Marcovaldo, in Tra metodo e ricerca. Contributi di storia dell'arte, "Atti del Seminario di studio in ricordo di Maria Luisa Ferrari, Lecce 1988", Galatina 1991, pp. 37-74 (con bibl.); id., Un Cimabue per Piero de' Medici e il 'Maestro della Pietà di Pistoia', Prospettiva, 1992, 67, pp. 49-52; E. Neri Lusanna, Santa Maria a Ripalta. Nuove testimonianze figurative nella cultura artistica medievale a Pistoia, in P. Ruschi, E. Neri Lusanna, Santa Maria a Ripalta. Aspetti della cultura artistica medievale a Pistoia, Firenze 1992, pp. 31-52 (con bibl.); id., La pittura in San Francesco dalle origini al Quattrocento, in San Francesco, la chiesa e il comune, Firenze 1993, pp. 81-164 (con bibl.); A. Conti, Maso, Roberto Longhi e la tradizione offneriana, Prospettiva, 1994, 73-74, pp. 32-45; A. Labriola, Aggiunte alla miniatura fiorentina del primo Trecento, Paragone 46, 1995, 547, pp. 3-17; E. Neri Lusanna, Pistoia, Lucca, Arezzo, in Pittura murale in Italia dal tardo Duecento ai primi del Quattrocento, a cura di M. Gregori, Bergamo 1995, pp. 82-91 (con bibl.); G. Cantelli, Storia dell'oreficeria e dell'arte tessile in Toscana dal Medioevo all'età moderna, Firenze 1996, pp. 12-14, 89-91 (con bibl.); L. Gai, Un'aggiunta all'orafo pistoiese Andrea di Jacopo d'Ognabene, Studi di storia dell'arte 7, 1996, pp. 9-63.P. Carofano