POLEMARCO (πολέμαρχος)
Era uno dei nove arconti ateniesi. Leggendaria è la notizia che, quando l'antica popolazione dell'Attica era divisa in quattro tribù gentilizie, il re di ciascuna tribù fosse assistito da un polemarco. L'istituzione della polemarchia ateniese va posta in quel periodo nel quale, indebolendosi la monarchia, le attribuzioni militari, già pertinenti al re, passarono a un magistrato. In origine il polemarco, rappresentante di una nobiltà che il decadere della monarchia aveva reso potente, era il comandante dell'esercito e aveva la suprema direzione della guerra. Più tardi il suo ufficio andò progressivamente scemando d'importanza, essendo passato agli strateghi, capi militari delle tribù (v. cima: La città greca), l'effettivo comando delle forze armate. Tuttavia sui primi del sec. V a. C. il polemarco ha ancora prerogative di stretto carattere militare: ha un posto d'onore nello schieramento di battaglia e diritto al voto, con gli strateghi, sulle decisioni di guerra. Va ricordato che a Maratona, secondo il racconto di Erodoto, bilanciandosi i voti degli strateghi favorevoli e contrarî al partito dell'offensiva sostenuto da Milziade, il voto del polemarco Callimaco decise l'attacco contro i Persiani. In seguito le attribuzioni del polemarco vennero ancora ridotte; gli fu tolta, infatti, ogni effettiva ingerenza nelle cose militari. Le funzioni che gli spettavano nell'età degli oratori, ancorché non molto importanti e, nella sostanza, di funzionario borghese, erano pur tuttavia molteplici.
Attribuzioni amministrative. - Il polemarco ha cura dei figli dei caduti in guerra. Esercita sui rapporti familiari dei meteci quella sorveglianza che sulle famiglie dei cittadini è affidata all'arconte.
Attribuzioni sacrali. - Ordina i giuochi funebri in onore dei caduti in guerra; fa i sacrifici di rito a questi e ad Armodio e Aristogitone. Sacrifica anche ad alcune divinità guerriere.
Attribuzioni giurisdizionali. - Essendo passata agli strateghi la giurisdizione sui reati militari, nel foro del polemarco, nel cui ufficio è stata notata l'analogia con quello del praetor peregrinus a Roma, s'iniziano le cause in cui sia attore o convenuto un meteco, un ἰσοπελής, un πρόξρνος.
Sono in particolare di competenza del polemarco la γραϕὴ ἀποστασίου e la δίκη ἀποστασίου. La prima è un'azione pubblica, sulla cui portata le opinioni sono discordi: secondo alcuni (Lipsius), veniva esperita contro il meteco privo di un patrono, la cui assistenza negli atti della vita pubblica era prescritta dalla legge; secondo altri (Wilamowitz, Clerc, Hommel), che negano (a ragione, come la più recente dottrina ritiene) l'esistenza di un tale obbligo in Atene, è un'azione contro il meteco il quale risultasse iscritto nel registro dei meteci, senza che un cittadino al momento dell'iscrizione avesse prestato garanzia per lui (sulla questione e la relativa bibliografia, v. meteci). La δίκη ἀποστασίου è un'azione privata contro il liberto (ἀπελεύϑερος), il quale non compie i suoi doveri verso l'antico padrone.
La sede del polemarco si trovava in un ufficio detto Epiliceo ('Επιλύκειον). Vi è dissenso sull'ubicazione di esso: secondo alcuni (Busolt, Lipsius), sarebbe un edificio in aperta campagna nei pressi del Liceo (un ginnasio fuori della città, da cui avrebbe tratto il nome), sede tradizionale del polemarco sino dall'età in cui esso era l'effettivo comandante militare; secondo altri (De Sanctis), l'Epiliceo sorgeva nell'agorà (v.), come gli altri edifici pubblici, e il nome ne sarebbe derivato non già, come Aristotele suggerisce, da un polemarco, Epilico, che l'avrebbe ricostruito in luogo dell'antico, ma da un antichissimo eroe o dio di questo nome.
Bibl.: G. Busolt-H. Swoboda, Griechische Staatskunde, II, 2ª ed., Monaco 1926, p. 1074, 1093 segg.; J. H. Lipsius, Das attische Recht u. Rechtverfahren, Lipsia 1905-15, I, pp. 63 segg.; II, i, p. 369 segg.; II, ii, p. 621 segg.; G. De Sanctis, 'Ατϑίς, 2ª ed., Torino 1912, p. 125 segg. e passim. Si veda in particolare la bibliografia sotto la voce meteci.